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Lauree politecniche d’eccellenza: nasce Agricultural engineering

A partire dal prossimo anno scolastico il polo territoriale di Cremona del Politecnico di Milano ospiterà il nuovo corso di laurea magistrale in Agricultural engineering, organizzato con la collaborazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Il Politecnico di Milano è il primo Ateneo italiano a rispondere con un corso di studi alle nuove esigenze che le aziende e le organizzazioni del settore agricolo hanno evidenziato negli ultimi anni.

Per farlo ha creato un percorso formativo dedicato specificamente al settore agricolo e agroalimentare, finalizzato a formare figure professionali indispensabili per affrontare le sfide future di un settore fondamentale e distintivo per l’Italia e per l’Unione Europea.

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Credits: www.age.polimi.it
AGRICULTURAL ENGINEERING: GLI OBIETTIVI

Questo progetto si inserisce in un contesto in grande sviluppo: negli ultimi tre anni la crescita media annua dell’Agricoltura 4.0 (la cosiddetta “agricoltura di precisione”, nata grazie all’utilizzo di tecnologie digitali 4.0) in Italia è stata del 104% (Osservatorio Smart Agrifood, 2021), mentre la ricerca di una sempre maggiore sostenibilità, ambito dove l’Unione Europea è leader, sta creando nuove spinte innovative.

“Il nostro obiettivo è formare ingegneri operanti nel settore agro-industriale dotati di una visione sistemistica – ha dichiarato Gianni Ferretti, prorettore del Polo di Cremona –, ossia un approccio allo studio e alla implementazione di soluzioni applicative basato su una visione complessiva dei vari aspetti multidisciplinari delle filiera tecnologici, agronomici, ambientali, sulla capacità di modellare e gestire le interazioni fra i vari componenti, supportati da conoscenze di base del settore”.

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Credits: www.age.polimi.it

Il corso di laurea in Agricultural engineering è tra i pochi al mondo del suo genere e nasce dalla volontà di dare la giusta attenzione a temi come l’innovazione e la sostenibilità e dall’interazione di centinaia di aziende che negli ultimi anni hanno collaborato nelle ricerche in quest’ambito insieme al Politecnico di Milano.

“Sempre più attori del settore, in tutte le posizioni della filiera, – spiega Filippo Renga, direttore dell’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano – hanno evidenziato la necessità di nuove competenze in grado di affrontare e coniugare le sfide future del settore: innovazione tecnologica, sostenibilità e collaborazione”

Credits home:  www.age.polimi.it

Il MAP è la rivista degli Alumni del Politecnico di Milano. È una mappa per ritrovare, scoprire e conoscere tutto quello che è nato, partito e cresciuto nel nostro Ateneo. Qui sotto trovi un articolo correlato: se ti piace quello che stai vedendo, sostienici. Potrai ritirare la tua copia gratuitamente.

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European Inventor Award 2021, finalista l’Alumnus Marco Donolato

Marco Donolato, Alumnus ingegneria fisica, è inventore di un sistema innovativo in grado di rilevare malattie infettive, inclusa la febbre Dengue, Zika e il SARS-CoV-2. Il test richiede solo una goccia di sangue e produce risultati accurati in meno di 10 minuti, consentendo un trattamento tempestivo dei pazienti.

È molto facile da utilizzare, è economico e richiede pochissima formazione per il personale medico, il che lo rende particolarmente adatto a contesti a basso reddito e paesi in via di sviluppo. È una delle 3 invenzioni finaliste nella categoria “Ricerca” dell’European Inventor Award 2021, premio annuale dell’Ufficio europeo dei brevetti agli inventori che hanno dato un contributo significativo all’innovazione, all’economia e alla società.

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Credits www.epo.org
COME FUNZIONA

Il dispositivo si chiama BluBox ed è stato sviluppato da BluSense Diagnostics, la start-up che Donolato ha co-fondato con il collega e Alumnus Filippo Bosco, in Danimarca, nel 2014.

Sfrutta la tecnologia Immuno-Magnetic Assay: un raggio laser passa attraverso un campione di sangue miscelato con nanoparticelle magnetiche sintetizzate per legarsi a un bersaglio biologico, per esempio agli anticorpi di un virus; un lettore ottico rileva le dinamiche di clustering delle nanoparticelle e identifica la presenza del bersaglio biologico. È in grado di quantificare la concentrazione di virus nel sangue del paziente in circa 10 minuti.

La start-up ha recentemente messo a punto una versione di BluBox che consente di rilevare la presenza di anticorpi COVID-19 in 5-7 minuti.  Il test verrà lanciato nei prossimi giorni in alcuni ospedali italiani. 

«Il kit per eseguire il test – ha spiegato Donolato, come si legge Il Sole 24 Ore – nasce con l’obiettivo di essere un sistema economico, ma veloce e accurato e richiede poca formazione per il personale medico. Il test per il Covid-19 sarà commercializzato da metà maggio e venduto a ospedali pubblici e cliniche in Europa». «Marco Donolato e il suo team hanno dimostrato come è possibile combinare diversi filoni di ricerca per fornire soluzioni ad alcuni dei più grandi problemi di salute globale – ha commentato il Presidente dell’European Patent Office, António Campinos, annunciando i finalisti dell’edizione 2021 dell’European Inventor Award –. Potenzialmente potrebbe avere un impatto molto significativo sulla salute di alcune delle persone più vulnerabili del mondo».

Credits header: www.epo.org

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I progetti finanziati dal 5 per mille: MakingMEV

Ogni anno migliaia di donatori, soprattutto Alumni, scelgono di devolvere al Politecnico di Milano il loro 5 per mille. Queste donazioni immettono nuove energie nella ricerca e in particolare servono a finanziare progetti ad alto impatto sociale e a promuovere giovani ricercatori.

Tra questi progetti c’è anche MakingMEV (Multiple Emergency Ventilator), una completa rivisitazione del supporto emergenziale alla ventilazione respiratoria: un ventilatore in grado di supportare la respirazione di 10 pazienti contemporaneamente, intrinsecamente sicuro e personalizzato per ciascun paziente, in grado di prevenire il danno da ventilatore meccanico.

IL PROGETTO SPIEGATO DALL’ALUMNUS E RICERCATORE BENIAMINO FIORE

MakingMEV ha l’obiettivo di realizzare il primo prototipo completamente funzionale del ventilatore, validarne la funzionalità in laboratorio e analizzarne la realistica potenzialità di trasferimento alla clinica.

«L’iter per portare una nuova tecnologia in clinica passa attraverso una procedura ben codificata di approvazione da parte degli organismi regolatori», spiega l’Alumnus, e ricercatore del Politecnico di Milano, Beniamino Fiore. «Nell’arco dei prossimi 18 mesi ci prefiggiamo di compiere il primo di questi passi, ovvero la validazione del prototipo in laboratorio, che si eseguirà sia qui al Politecnico, sia presso il Policlinico di Milano, utilizzando dei simulatori per replicare la risposta biomeccanica respiratoria dei pazienti trattati».

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Photo by Adhy Savala on Unsplash

MakingMEV nasce in un contesto multidisciplinare: «Nel progetto – spiega Fiore – lavorano ricercatori di tre Dipartimenti del Politecnico che mettono a disposizione competenze sinergiche di bioingegneria, ingegneria meccanica, automazione e ingegneria gestionale. Il team è completato dal personale del reparto di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale Maggiore Policlinico, che dà al progetto il suo contributo di ricerca a titolo del tutto volontario».

Il progetto (di cui abbiamo parlato nel numero 8 e numero 9 del MAP) ha già riscosso l’interesse di diverse Istituzioni di utilità sociale e di Enti attivi nella promozione di progetti ad alta sostenibilità.

«L’idea è nata durante l’onda pandemica italiana di inizio 2020. Tuttavia, in un panorama di più ampio respiro, si prevede un beneficio per situazioni emergenziali in generale, e per i sistemi sanitari meno organizzati di Paesi in via di sviluppo», e aggiunge «MakingMEV è stata la nostra risposta all’emergenza, il nostro modo di dire: “facciamo qualcosa di concreto!“».

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Politecnico e OHB Italia: “Produrre acqua sulla Luna da oggi è realtà”

Produrre acqua sulla superficie della Luna è oggi possibile grazie ad un processo chimico-fisico che permette di estrarre l’ossigeno dalla regolite (sabbia lunare), come dimostrato dagli esperimenti condotti dal Politecnico di Milano e OHB Italia.

Il progetto, realizzato nell’ambito della missione dimostrativa ISRU (In-Situ Resource Utilisation), ideato e finanziato da ESA, Agenzia Spaziale Europea e con l’importante contributo di ASI, Agenzia Spaziale Italiana è un tassello fondamentale per la colonizzazione dello spazio, e in particolare della Luna.

La capacità degli esseri umani di sapere produrre acqua sulla superficie lunare è di primaria importanza per la sopravvivenza di equipaggi per lunghi periodi di tempo. Questa capacità produttiva svincola inoltre le future colonie dall’uso di sistemi che richiederebbero un continuo rifornimento da parte della Terra.

“Il risultato ottenuto dal Politecnico di Milano e da OHB Italia – afferma la professoressa Michèle Lavagna del Politecnico di Milano alla guida del progetto apre nuove stimolanti prospettive nell’ambito dell’esplorazione lunare e di una presenza umana permanente e sostenibile. Si tratta di un processo che presenta elementi innovativi di matrice squisitamente italiana che pone il nostro Paese in una posizione di rilevanza internazionale nello scenario delle prossime attività di esplorazione umana extra-terrestre.”

COME FUNZIONA IL PROCESSO DI PRODUZIONE DELL’ACQUA SULLA LUNA

Il processo di estrazione avviene utilizzando un impianto realizzato e installato ai laboratori del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali del Politecnico. Questo impianto, dopo essere stato “alimentato” con sabbia simulante il suolo lunare, è riuscito a produrre dell’acqua, estraendo ossigeno dagli ossidi presenti nei minerali che compongono il terreno della Luna.

“Produrre ossigeno in ambiente lunare  – dichiara Roberto Aceti, Alumnus in Ingegneria aeronautica e Amministratore Delegato di OHB Italia –  testimonia come la stretta collaborazione tra scienza, ricerca universitaria e imprese possa portare a sviluppare un prodotto industriale di altissimo valore tecnologico in grado di cambiare le prospettive del nostro futuro oltre a riconfermare le altissime competenze spaziali dell’Italia sulla scena mondiale.”

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Credits header: Photo by NASA on Unsplash

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Formazione, inclusione, ricerca: i pilastri per la ripartenza per il Poli

Il Politecnico di Milano ha stanziato 10 milioni di euro per il piano di ripartenza post-Covid. Gli investimenti riguardano l’innovazione della didattica, il potenziamento del diritto allo studio e i laboratori di innovazione e ricerca.

«Dopo aver affrontato l’emergenza – dichiara il Rettore Ferruccio Resta a Il Sole24Oreil Politecnico di Milano si è adoperato in questi ultimi mesi in un grande lavoro di rivalutazione e di riprogettazione. Un atto doveroso per ridefinire il posizionamento e l’attrattività dell’ateneo; per ragionare sull’università del futuro e accelerare processi di innovazione in risposta a nuovi bisogni; per consolidare il rapporto con la città e il territorio, con le imprese e le realtà internazionali. Il danno più grande che potremmo fare a noi stessi e ai nostri studenti è quello di non riuscire a trasformare questo momento, seppur drammatico, in un elemento di vantaggio».

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Credits La Repubblica
INNOVAZIONE DELLA DIDATTICA

Innovazione negli strumenti e nei contenuti, come ci spiega anche Lamberto Duò, delegato del Rettore alla didattica, nell’ultimo numero di MAP. Valorizzando l’esperienza di quest’ultimo anno ma sulla scia di una riflessione già in atto da tempo, le attenzioni dell’Ateneo sono rivolte alle tecnologie sperimentate ogni giorno da docenti e studenti nelle aule del Politecnico di Milano per ripensare l’organizzazione dell’insegnamento trovando un equilibrio tra didattica a distanza ed esperienza in aula, riducendo le ore di lezione frontale e promuovendo momenti progettuali a gruppi in presenza.

Saranno anche promossi progetti pilota in alcune direzioni strategiche, come ad esempio la co-docenza con atenei internazionali. Un forte investimento infine riguarderà inoltre la creazione di nuovi spazi per la socializzazione e il benessere di studenti e lavoratori.

LABORATORI

L’Ateneo ha inoltre varato un piano di potenziamento dei laboratori di ricerca: tecnologie per lo spazio, comunicazioni quantistiche, materiali, stampe 3D di materiali biologici sono alcuni dei settori che oggi rappresentano una priorità in termini di investimento.

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Laboratorio Modelli LaBora

Le sperimentazioni vanno anche nella direzione dell’utilizzo di laboratori in “digital-twin” (ovvero con simulazione digitale del laboratorio fisico grazie alla realtà aumentata). Due esempi di innovazione in questo senso sono il nuovo Laboratorio Modelli, che accoglie tecnologie per la progettazione uniche nel panorama universitario europeo, e l’ampliamento di Polifab, la più grande camera bianca per lo studio e la realizzazione di microsensori per l’intelligenza artificiale (ve ne abbiamo parlato su MAP 7), che verrà trasferito dal campus Leonardo presso il nuovo hub di innovazione del Parco dei Gasometri, in Bovisa.

Gli Alumni sono una colonna portante del piano strategico del Politecnico di Milano. Aiutaci anche tu a sostenere l’Ateneo donando il tuo 5 per mille. Scopri come fare.

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Credits home: https://www.italicom.net/istituzioni/universita/imq-e-politecnico-di-milano-insieme-per-la-ricerca-scientifica-e-la-formazione/

International Digital Talks | Post-pandemic scenarios for USA

In periodo post pandemia quale sarà il ruolo della tecnologia nelle nostre nuove vite?

Cosa vuol dire formare le persone in questo new normal? Che competenze serviranno?

Nel Digital Talk organizzato dal Chapter North America in collaborazione con Alumni Politecnico di Milano e MIP Politecnico di Milano risponderemo a queste domande assieme a:

Paolo Juvara | VP of Engineering & CIO, Google Cloud
Elena Pacenti | Dean School of Design, NewSchool of Architecture & Design
Alessandro Treccani | Senior VP, HR Luxottica North America – Operation, Distribution, Logistic

Modera Tommaso Agasisti | Associate Dean, International at MIP Politecnico di Milano Graduate School of Business, Professor of Public Management at Politecnico di Milano School of Management

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TECH BUS: Poli, ATM e Comune di Milano innovano con la guida assistita

Politecnico di Milano, ATM e Comune di Milano, insieme a Vodafone e IBM, annunciano TECH BUS, il primo filobus sviluppato attraverso un innovativo progetto di ricerca sulla mobilità che implementa tecnologie cloud ibride connesse alla rete 5G per la guida assistita.

“La mobilità è un settore chiave per lo sviluppo e per la crescita del territorio e delle città, crocevia tra tecnologia d’avanguardia e servizi di precisione – afferma Ferruccio Resta, Rettore del Politecnico di Milano. – Qui si giocano alcune delle grandi sfide del futuro. Milano, come altre realtà al mondo, diventa teatro di una sperimentazione che unisce le competenze dell’università alle tecnologie messe a disposizione da alcune grandi aziende, con le quali il Politecnico di Milano opera in sinergia da tempo. Un progetto che vuole diventare un dimostratore delle tecnologie per una mobilità sostenibile e sicura”.

Credits: forbes.it

Il progetto, appena partito e in fase di sperimentazione, nasce nell’ambito del Joint Research Lab per la mobilità urbana elettrica autonoma e connessa (JRL), un ecosistema che comprende università, industria e istituzioni: la sua missione primaria è implementare la guida autonoma e la creazione di un circuito urbano con un’infrastruttura smart e tecnologicamente avanzata, che permetta il transito di veicoli sperimentali per migliorare gli spostamenti dei cittadini e dei visitatori della città.

Si tratta di un banco di prova per Milano, da sempre in prima fila come città green e di innovazione, da portare avanti insieme ai leader della ricerca (Politecnico di Milano e Fondazione Politecnica), delle tecnologie (IBM e Vodafone) e dei trasporti (ATM Milano). È il primo passo del percorso verso la guida autonoma, con l’obiettivo di elevare ancora di più i livelli di regolarità e sicurezza del trasporto pubblico locale.

COME FUNZIONA LA TECNOLOGIA DEI TECH BUS?

Il primo TECH BUS sarà un filobus della linea 90/91 dell’ATM, scelta perché gran parte del suo percorso avviene in corsia preferenziale dedicata, e sarà riconoscibile dai colori blu e indaco, che rappresentano l’evoluzione tecnologica, e il verde, che rappresenta la sostenibilità ambientale del mezzo a trazione elettrica.

TECH BUS
Credits: https://www.comune.milano.it/

A livello tecnologico, la comunicazione V2I (Vehicle to Infrastructure) permetterà il dialogo tra i sensori intelligenti a bordo del bus e infrastrutture stradali come semafori, lampioni e pensiline. Questo continuo flusso di informazioni è garantito dalla rete 5G di Vodafone e le interfacce applicative di IBM, che parallelamente consentono la continua disponibilità di informazioni aggiuntive come la presenza di ingorghi, ostacoli, persone vicine alle strisce pedonali ai sistemi di bordo e al conducente, per supportarne la guida in sicurezza.

TECH BUS rappresenta un ulteriore progresso nello scacchiere della New Urban Mobility, che coniuga tecnologia e sostenibilità verso l’avanguardia del trasporto pubblico milanese.

La sperimentazione è appena iniziata, ma la tabella di marcia attualmente prevede che fra due anni il progetto si possa estendere agli altri filobus della flotta ATM in servizio sulla linea 90/91.

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Credits home: allaguida.it

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Il riscaldamento globale è (anche) un problema da ingegneri

Per fronteggiare l’emergenza climatica, l’Europa dovrebbe raggiungere la carbon neutrality entro il 2050: è un obiettivo ambizioso, ma non irraggiungibile, spiega l’Alumnus Lorenzo Rosa, ricercatore internazionale attualmente di stanza all’ETH di Zurigo, inserito nella classifica dei “30 under 30” di Forbes per le sue ricerche innovative su riscaldamento globale e sostenibilità.

“Possiamo arrivarci in due modi: il primo è quello di utilizzare fonti di energia a impatto zero (o quasi) come eolico e solare, in sostanza eliminando l’emissione di CO2 dai nostri processi produttivi; ma, realisticamente, dobbiamo ammettere che ci sono settori industriali in cui questa possibilità è ancora lontana, basti pensare al trasporto aereo o alle industrie dell’acciaio e del cemento e all’agricoltura. Noi dobbiamo agire adesso: dove non si può decarbonizzare, è necessario bilanciare le emissioni di CO2. Piantare foreste serve, ma non basta: bisogna rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera nel momento in cui viene emessa”.

Uno studio a firma di Rosa, insieme a un altro Alumnus del Politecnico, Marco Mazzotti, è stato recentemente pubblicato sulla prestigiosa Energy & Environmental Science. “Assessment of carbon dioxide removal potential via BECCS in a carbon-neutral Europe” descrive i risultati dei ricercatori che hanno analizzato per la prima volta le potenzialità di una strategia di rimozione della CO2 su scala europea. 

Lorenzo rosa
Credits Lorenzo Rosa
CATTURARE L’ANIDRIDE CARBONICA

“Ovunque possibile, è sempre meglio utilizzare fonti di energia a impatto zero, ma, dove non è applicabile, la bioenergia è una fonte preferibile ai combustibili fossili perché è rinnovabile. Resta il problema della raccolta e stoccaggio dell’anidride carbonica, che oggi, per la maggior parte, viene invece rilasciata nell’atmosfera. BECCS (Bioenergy with Carbon Capture and Storage) è una tecnologia di Carbon Dioxide Removal (CDR), cioè rimozione dell’anidride carbonica, conosciuta ma ancora poco applicata: esistono due o tre grossi impianti negli USA, uno in UK e qualche piccolo impianto pilota in Europa”.

Consiste nel catturare la CO2 prodotta dai processi di combustione e nella sua raccolta in siti di stoccaggio sotterranei, almeno a 800 metri sotto la superficie, dove resta intrappolata e non può essere rilasciata in atmosfera.

Questo studio quantifica le potenzialità di questa tecnologia e ne analizza le ricadute ambientali e industriali “con una risoluzione al km”: descrive quindi le attuali disponibilità di biomassa dei paesi europei, gli impianti e le infrastrutture già presenti sul territorio, i risultati che possiamo aspettarci e anche i potenziali rischi che un eventuale “mercato del carbonio” avrebbe in termini di consumo di suolo e biodiversità.

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Credits Photo by Marek Piwnicki on Unsplash
UN EQUILIBRIO DELICATO

La bioenergia si ottiene dalla combustione di biomassa: legname, per esempio, o coltivazioni come i residui agricoli, ma anche rifiuti organici. La biomassa come fonte di energia è preferibile ai combustibili fossili, sia perché è rinnovabile, sia perché è più semplice sequestrare (cioè raccogliere) la CO2 biogenica.

BECCS associa produzione di bioenergia alla rimozione dell’anidride carbonica all’origine, nello stesso impianto, evitandone il rilascio in atmosfera. “Gli obiettivi di decarbonizzazione potrebbero indirizzare il mercato energetico verso la bioenergia”, ci spiega il ricercatore.

“Sarebbe auspicabile, ma comporta dei problemi. Se diventasse molto conveniente produrre energia da biomassa, il rischio è che interi territori vengano sottratti alle foreste o alla coltivazione per produrre questo combustibile. Sta già accadendo, e i risvolti sono drammatici in termini di deforestazione e aumento dei prezzi del cibo, un problema che non farà che crescere nei prossimi decenni con l’aumentare della popolazione terrestre e che interessa anche dinamiche geopolitiche molto delicate tra paesi produttori e paesi consumatori”.

Lo studio mette in luce alcuni di questi aspetti e indirizza la strategia verso l’impiego di biomassa già disponibile come scarto industriale, agricolo e urbano: per esempio, gli scarti delle coltivazioni (tutta la parte della pianta che non viene utilizzata per produrre cibo o foraggio), il trattamento di rifiuti e acque reflue, i rifiuti organici e il letame dagli allevamenti, rendono disponibile una certa quantità di biomassa utilizzabile per produrre energia.

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Credits: www.rinnovabili.it
QUESTIONE DI NUMERI

Per rispettare la scadenza del 2050, è necessario rimuovere 7.5 miliardi di tonnellate di CO2, ovvero circa 250 milioni all’anno per 30 anni, che equivale a mitigare il 5% delle emissioni annue di anidride carbonica.

“5% è l’obiettivo minimo: alcune stime dicono che, per mettere al sicuro il pianeta, serve una rimozione molto più drastica, del 30%. Il 5% però è quello che ci permetterebbe di guadagnare tempo”.

Lo studio dimostra che il potenziale di questa tecnologia in Europa sarebbe in grado di rimuovere 200 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, sufficiente a coprire la soglia del 5%, ma la distribuzione di questo potenziale non è uniforme sul territorio europeo.

“Pochi paesi hanno abbastanza biomassa per raggiungere la propria quota di neutralizzazione delle emissioni tramite BECCS. Altri paesi potrebbero importarla, ma, naturalmente, questo comporterebbe un’ulteriore produzione di CO2 per il trasporto di questo materiale”.

E in Italia? “In Italia si emettono quasi 400 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. La biomassa già disponibile per la produzione energetica permetterebbe di mitigare solo il 2% delle emissioni (i dati sono del 2018). Rimane un 3% minimo: quindi l’Italia dovrà sviluppare altre strategie di cattura del carbonio alternative”.

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Credits infobuildenergia.it

Credits header: planetarenewables.com

Unconventional Digital Talks | Lorenzo Petrangeli intervista Tommaso Loiacono e Matteo Marzorati

Lorenzo Petrangeli intervista Tommaso Loiacono e Matteo Marzorati, co-founders di Cordens Interactive.

I due Alumni sono creatori di Vesper, primo videogioco dell’azienda, in uscita quest’anno e uno dei 5 titoli finalisti al Red Bull Indie Forge 2020.

Quali sono le tappe per passare da un’idea di videogioco al primo prototipo, quanto costa e quali professionalità sono necessarie per farlo nascere e farlo conoscere?

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Due Alumnae a capo della start up dei tessuti ottenuti dal marmo

MARM\MORE è il prodotto di una start up sostenibile “made in Polimi” e incubata in Polihub chiamata Fili Pari: le due fondatrici sono Alice ZantedeschiFrancesca Pievani, Alumnae in Design per il Sistema Moda.

“Oggi oltre il 30% del marmo lavorato finisce in scarto. A volte molto di più. Una quantità altissima se pensiamo che si tratta di una materia nobile che in alcuni casi viene riutilizzata per fini di riqualificazione ambientale ma in altri finisce direttamente in discarica”, spiega Zantedeschi a Repubblica.

L’idea delle due Alumnae è di usare il marmo poco prima che diventi rifiuto speciale (rifiuti derivanti da attività produttive di industrie e aziende, gestiti e smaltiti da aziende autorizzate allo smaltimento), quando è ancora puro e utilizzabile. Da qui nasce MARM\MORE, un materiale realizzato in polvere di marmo impermeabile, traspirante e antivento, creato per i tessuti.

“Abbiamo cercato di abbracciare i valori dell’economia circolare, generando una sinergia tra due settori, quello tessile e quello lapideo, che non avevano mai comunicato fino a oggi”.

Fili Pari, nata nel 2020, ha consolidato una partnership industriale con un’azienda vicino a Lecco, che fornisce lo “scarto” del marmo che viene poi usato in capi di abbigliamento che coniugano stile, innovazione e performance tecniche.

Proprio qualche settimana fa è stata presentata Fili Pari Collection, la nuova collezione Spring Summer 2021 rainwear, dalle linee pulite ed essenziali, realizzata in Italia.

La particolarità?

“Per questa collezione abbiamo accoppiato il nostro tessuto di marmo al nylon riciclato. Le colorazioni sono totalmente naturali grazie alla presenza della polvere di marmo al suo interno per oltre il 50% della spalmatura.” dichiara Zantedeschi.

NON SOLO ABBIGLIAMENTO

Il futuro si preannuncia favorevole per l’attività delle due Alumnae: stanno studiando modi per applicare il tessuto anche nel footwear ed è prevista una collaborazione con il marchio dell’arredamento di lusso Bentley Home, per la realizzazione di una serie di sedute che useranno MARM\MORE come rivestimento degli imbottiti.

Credits home:  capolettera.com

Il MAP è la rivista degli Alumni del Politecnico di Milano. È una mappa per ritrovare, scoprire e conoscere tutto quello che è nato, partito e cresciuto nel nostro Ateneo. Qui sotto trovi un articolo correlato: se ti piace quello che stai vedendo, sostienici. Potrai ritirare la tua copia gratuitamente.

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Giovani ricercatori al Poli, girone “eccellenza”: puntata 1

La ricerca scientifica e tecnologica al Politecnico di Milano ha diverse fonti di finanziamento: in quanto Ateneo pubblico, una gran parte dei fondi proviene dal Ministero; sempre maggiore importanza stanno acquisendo però anche i finanziamenti “esterni”, cioè quelli che provengono da istituzioni o da imprese, che pesano per circa 142 milioni di euro all’anno (un terzo del finanziamento totale della ricerca).

Tra le istituzioni più coinvolte nel finanziamento alla ricerca c’è la Commissione europea. Dal 2014, attraverso il programma Horizon 2020 e Horizon Europe, il Politecnico ha ricevuto circa 221 milioni di euro dalla Commissione, che hanno finanziato 497 progetti di ricerca.

La maggior parte sono progetti di collaborazione tra diversi centri di ricerca. Una parte invece è dedicata ai ricercatori di eccellenza: tra questi, il Politecnico ha accolto 43 ERC e 30 Marie Curie Postdoctoral Fellowship. Si tratta di “grant” che vengono concessi a singoli ricercatori per progetti particolarmente promettenti, che riguardano campi scientifici di frontiera o tecnologie emergenti con grande potenziale di innovazione e di interesse collettivo.

Gli ERC sono destinati a ricercatori affermati, già ai vertici dei loro campi scientifici (se vi interessa scoprire di più sui progetti ERC che portano avanti la ricerca scientifica di frontiera al Politecnico di Milano: ne abbiamo parlato su MAP qui, qui e qui). I grant Marie Curie sono destinati invece alla “seconda generazione” e sono pensati per incentivare i giovani ricercatori che si occupano di questi temi cruciali.

I giovani ricercatori che si candidano per una “Marie Curie Postdoctoral Fellowship” (MSCA-PF) possono presentare una proposta progettuale in collaborazione con enti accademici o non accademici europei e sotto la supervisione di un responsabile scientifico che ne faccia parte.

I migliori atenei attirano i candidati migliori, anche grazie al supporto dei supervisor: scienziati “più anziani”, con esperienza nel campo specifico, in grado di guidare i vincitori nei vari step del progetto di ricerca, che di solito dura 2 o 3 anni.

Attirare giovani ricercatori con un profilo internazionale è importante per il Politecnico, come spiega Donatella Sciuto, prorettrice e delegata del rettore alla Ricerca, in un’intervista ad Alumni: “iniettano nuova linfa nel sistema della ricerca. Hanno passione, energia, nuove idee e tempo da dedicare verticalmente e intensamente a problemi e temi molto specifici. Nel piano strategico 2017-2020 avevamo l’obiettivo di assumere 100 nuovi ricercatori, obiettivo che è stato raggiunto e superato. Per il triennio 2020-2022, prevediamo di incrementare il numero dei ricercatori di un ulteriore 20%”.

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MSCA MASTER CLASS

Per farlo, il Poli ha avviato un programma di talent development per sostenere i giovani e renderli più competitivi nell’acquisizione di grant europei e in generale sul panorama internazionale della ricerca. Una delle azioni previste dal piano strategico è la MSCA Master Class, un percorso di formazione pensato per i potenziali MSCA Postdoc, che possono ottenere supporto dall’Ateneo e da supervisor esperti durante la fase di scrittura della proposta e di sottomissione della stessa in risposta alla call della Commissione Europea.

Solo i migliori candidati vengono ammessi alla Master Class, che massimizza le loro possibilità di successo e allo stesso tempo li incentiva a appoggiarsi al Politecnico di Milano.

Dal 2014 sono 30 i grantee MSCA che hanno scelto il Politecnico per sviluppare le loro attività di ricerca. Ve li raccontiamo nella prossima puntata!

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