ddust home

D-DUST: dal Politecnico satelliti e IA per lo studio delle polveri sottili

Condizioni climatiche ed estesa antropizzazione del territorio rendono la Pianura Padana una delle regioni più inquinate d’Europa nonostante le emissioni siano paragonabili, in realtà, a quelle di altre aree sviluppate. In cima agli agenti inquinanti più critici troviamo il particolato, ovvero le polveri sottili.

L’esposizione a lungo termine a elevate concentrazioni di particolato aumenta la percentuale di patologie cardiovascolari e respiratorie. Industrie, traffico e riscaldamento domestico sono tra le principali cause di emissione di polveri sottili. Tuttavia, anche gli allevamenti intensivi e le attività agricole possono contribuire a diffondere questo pericoloso inquinante, e ad oggi sono ancora pochi gli studi che sono stati condotti.

Il progetto D-DUST (Data-driven moDelling of particUlate with Satellite Technology aid) vuole colmare questo divario fornendo importanti dati per indagare l’impatto che le emissioni derivanti da attività agricole e zootecniche hanno sulla nostra salute. D-DUST, finanziato dal bando “Data Science for Science e Society” di Fondazione Cariplo, schiera il Politecnico di Milano, Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale (DICA) come capofila, con la collaborazione della Fondazione Politecnico di Milano, il Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria (DEIB) e l’Università degli Studi dell’Insubria (DiSAT) come partner scientifici.

Maria Antonia Brovelli, docente di Sistemi Informativi Geografici che coordina il progetto, ha spiegato che

Il progetto D-DUST sperimenterà nuove procedure analitiche e predittive dei meccanismi di generazione e diffusione delle polveri sottili dal comparto agricolo. Sono procedure basate esclusivamente sull’ingente patrimonio di dati e osservazioni ambientali oggi disponibili come open data, con particolare attenzione al potenziale contributo delle nuove missioni satellitari dedicate al monitoraggio della qualità dell’aria.

Lo studio verrà inoltre condotto anche grazie all’utilizzo delle piattaforme satellitari Sentinel del programma europeo Copernicus, tra cui il satellite Sentinel 5P che fornisce misurazioni open data su scala globale dei principali inquinanti atmosferici, unito allo studio di modelli predittivi spaziali basati su tecniche di machine learning. Lo sviluppo dei modelli sarà coadiuvato dai dati derivanti dalle stazioni fisse di monitoraggio a terra della rete di ARPA Lombardia e dai dati delle campagne di rilevamento e caratterizzazione chimica del particolato combinati con quelli relativi alla diffusione delle malattie cardiovascolari e respiratorie.

La ricerca mira a potenziare la conoscenza a livello locale delle polveri sottili anche nelle aree non coperte dalle stazioni di misurazioni a terra, al fine di fornire stime e previsioni replicabili e spendibili nel monitoraggio e nell’analisi dell’esposizione della popolazioni a tale inquinante.

sottolinea ancora la professoressa Brovelli.

Parallelamente alla ricerca descritta, saranno organizzate attività didattico-educative che coinvolgeranno principalmente gli studenti degli istituti medi superiori agrari attraverso seminari di sensibilizzazione e partecipazione diretta alle campagne di monitoraggio. Si prevede di coinvolgere anche organizzazioni no-profit e fondazioni attive in progetti di ricerca, educazione e divulgazione sulle tematiche ambientali.

Scopri tutto sulla ricerca politecnica di frontiera e sui temi definiti dalla Commissione Europea nell’ambito del Recovery Plan. Visita il sito Next Generation EU del Politecnico di Milano.

Credits home/header: ansa.it

enhance home

ENHANCE: il Politecnico per la parità di genere e la diversità

“La consapevolezza del divario di genere è un primo passo al quale devono seguire azioni concrete non solo all’interno delle nostre università, ma a livello esteso e nel contesto internazionale. L’importanza di costruire reti, come ENHANCE, e di aderire a cause comuni aumenta la nostra capacità di influenzare i decisori

Così la prorettrice Donatella Sciuto commenta il risultato del primo rapporto annuale sulla diversità e la parità di genere all’interno di ENHANCE, l’alleanza formata a partire dal 2020 da 7 università di eccellenza (tra cui il Politecnico) che vuole promuovere la parità di genere e la diversità all’interno degli istituti di istruzione superiore.

Il rapporto (che potete leggere qui), in particolare, evidenzia il potenziale degli atenei coinvolti nel rendere le opportunità accademiche accessibili a tutti e nel promuovere inclusione e pari opportunità come valori principali nelle proprie strategie.

enhance
Credits: Martin Braun

GLI OBIETTIVI DI ENHANCE

Gli obiettivi principali del rapporto sono tre, che permettono di identificare le sfide comuni da affrontare e di monitorare i miglioramenti portati dalle azioni implementate:

  1. incoraggiare e sostenere studenti e studentesse e giovani ricercatori e ricercatrici con meno opportunità di intraprendere e completare con successo un percorso di laurea STEM, nonché di partecipare a progetti di mobilità;
  2. offrire ai gruppi sottorappresentati e svantaggiati strumenti di empowerment;
  3. sviluppare risorse formative correlate alla diversità e alla parità di genere da utilizzare presso gli istituti di formazione superiore, promuovendo la sensibilizzazione rispetto a questi temi.

“Nonostante la popolazione femminile sia sottorappresentata in molte delle attività svolte presso le nostre università, le iniziative ENHANCE hanno raggiunto una parità di genere degna di nota, con il 54% di partecipazione maschile e il 46% di partecipazione femminile”.

spiega Melih Özkardes, che coordina il gruppo di lavoro dedicato a Diversità e Parità di Genere all’interno di ENHANCE. E aggiunge:

“La consapevolezza della diversità e della parità di genere in un gruppo aumenta le probabilità di sviluppare idee innovative e consente di lavorare in un clima di maggior benessere”.

LE INIZIATIVE DEL POLITECNICO

Per conoscere, coltivare e valorizzare la diversità della comunità politecnica, l’Ateneo in questi ultimi anni ha sviluppato diverse iniziative che si sono inserite a pieno titolo nella visione supportata da Enhance.

Tra queste, c’è il POP – Pari Opportunità Politecniche, il programma strategico con cui il Politecnico di Milano si impegna per garantire un ambiente di studio e lavoro che rispetti le identità di genere, le diverse abilità, le culture e provenienze. Il programma POP si sviluppa lungo 5 linee di azione strategiche: identità di genere, cultura, nazione e religione, orientamento sessuale, diverse abilità e benessere psicologico.

All’interno del POP, si aggiungono anche iniziative per promuovere le materie STEM tra le ragazze delle scuole superiori, come Girls@Polimi, delle borse di studio per future immatricolate ai corsi di ingegneria con bassa percentuale femminile (Meccanica, Elettronica e Informatica), che mettono a disposizione delle candidate meritevoli 8000 euro ciascuna, ripetibili per i tre anni della laurea, oltre all’alloggio gratuito.

Sempre alle scuole superiori è anche rivolto EnginHERing, il progetto per avvicinare le studentesse alla scelta della facoltà di ingegneria attraverso le parole e le esperienze appassionate di studentesse, ricercatrici e Alumnae del Politecnico ci raccontano la realtà, ancora poco esplorata, delle ingegnere.

Puoi sostenere anche tu le borse di studio Girls@Polimi con una donazione a partire da 10 euro. Clicca qui.

Credits header e home: Martin Braun

simone callegari home

L’Alumnus Callegari vince il premio del CERN 2021

Simone Callegari, Alumnus Ingegneria dei Materiali e Nanotecnologie 2015, ha ricevuto il CERN Alumni Champion 2021 Award per i suoi contributi sul blog del CERN durante il periodo della pandemia. 

Callegari vi ha lavorato come ricercatore dal 2017 al 2019, collaborando a progetti ingegneristici di natura internazionale. In particolare ha ricoperto il ruolo di R&D Project Engineer sulle operazioni legate al Large Hadron Collider (l’acceleratore di particelle utilizzato per ricerche sperimentali nel campo della fisica delle particelle). L’esperienza nei suoi anni al CERN lo ha poi spinto a scrivere i tre articoli sul blog del CERN sul tema “Science and Engineering Stories”, per i quali è stato premiato (quiqui e qui per leggerli). 

simone callegari
Credits: Simone Callegari 

“Sono felice di aver finalmente ricevuto il mio premio CERN Alumni Champion 2021 e di vivere un momento così significativo nella mia carriera – commenta Simone Callegari su Linkedin -. Questo significa molto per me, perché è arrivato dopo un periodo così bello della mia carriera e anche per i risultati ottenuti durante la difficile situazione di pandemia, come il blog Science and Engineering Stories. Sono grato che Rachel, insieme agli Alumni del CERN, abbia dato valore ai miei sforzi e mi abbia fatto sentire parte di questa generosa comunità che è stata così fondamentale nel sostenermi negli ultimi mesi. 
Dare il mio piccolo contributo alla scienza è stata finora un’esperienza così eccitante e gratificante per la quale sono molto grato. Sentirsi supportati nelle nostre comunità è davvero fondamentale per dare seguito ai sogni mantenendo sempre le proprie passioni.” 

Il tema della premiazione è stata “Research Matters”, ed è dedicata ai ricercatori del CERN per il loro impatto sul mondo e per le loro brillanti carriere. 

Credits home: Simone Callegari 
Credits header: Focus 

tombe giapponesi home

Se Indiana Jones fosse stato un politecnico

C’è ancora molto da scoprire sul nostro passato e le nuove tecnologie ci vengono incontro, facendo luce su misteri finora irrisolti. Uno dei più affascinanti e remoti riguarda il periodo Kofun della storia del Giappone, tra il III e il VII secolo d.C., noto per le enormi tombe a tumulo (chiamate appunto Kofun) che, secondo la tradizione, custodiscono i resti terreni dei primi, leggendari imperatori e dignitari del Giappone.

Sono tra i monumenti più grandi mai costruiti e fino ad oggi poco studiati, perché sono rigorosamente protetti dal governo giapponese ed è vietato anche per i ricercatori avvicinarvisi. Non esistono nemmeno fonti scritte, d’epoca o più moderne, a cui fare riferimento per scoprirne di più.

Quindi le studiamo da lontano: con occhi satellitari, usando la tecnica del remote sensing (telerilevamento), il gruppo del Politecnico di Milano guidato dai ricercatori Giulio Magli, Norma Baratta e Arianna Picotti ha potuto osservare per primo, nella sua interezza, la forma, le dimensioni e l’orientamento di queste costruzioni, che richiamano enormi buchi della serratura.

NintokuTomb
Copyright © National Land Image Information (Color Aerial Photographs), Ministry of Land, Infrastructure, Transport and Tourism

SATELLITI PER SBIRCIARE DAL BUCO DELLA SERRATURA DEL TEMPO

In particolare, per la prima volta i ricercatori hanno potuto “esplorare” il tumulo più grande e misterioso: il maestoso Daisen Kofun, lungo 486 metri e alto circa 36 metri, attribuito al leggendario imperatore nipponico Nintoku, il sedicesimo nella storia del Giappone.
Il telerilevamento ha permesso di studiare l’orientamento di oltre cento Kofun e verificare che esiste “una connessione di tutti i corridoi d’ingresso con l’arco di cielo dove il Sole e la Luna sono visibili tutti i giorni dell’anno”. Il Daisen Kofun invece è orientato “verso l’arco del Sole nascente/splendente”, dove – durante il solstizio d’inverno – nasce il Sole.

NintokuTomb
Daisen Kofun, veduta aerea (©Ministero del Territorio, Infrastrutture, Trasporti e Turismo)

“Lo studio dell’orientamento delle tombe antiche è un potente strumento per comprendere meglio gli aspetti cognitivi della religione e del potere nelle società antiche”, si legge nell’articolo pubblicato dai ricercatori sulla prestigiosa rivista Remote Sens (qui il link all’articolo completo). Gli antichi imperatori giapponesi collegavano all’origine mitica della loro dinastia, proprio al Sole, la divinità ritenuta discendente dalla Dea Sole Amaterasu.

Il gruppo di ricerca è guidato da Giulio Magli, astrofisico e archeoastronomo specializzato nello studio delle relazioni tra l’architettura delle antiche civiltà, il paesaggio e la volta celeste, docente di Archeoastronomia al Politecnico di Milano.

progetto rose home

Il Politecnico nel progetto di ricerca per chi ha perso l’olfatto

Sono iniziati i lavori di ROSE, il progetto finanziato dall’Unione europea che vede il Politecnico come uno dei sette partner europei protagonisti.  

Il progetto ROSE si rivolge a quelle persone affette da una perdita dell’olfatto totale o parziale (anosmia e iposmia) e ha come obiettivo sviluppare le tecnologie necessarie per dare loro sostegno. A differenza di altri sistemi sensoriali, ad oggi non esiste un modo per ripristinare parzialmente o totalmente il senso dell’olfatto, una volta danneggiato. 

In questo contesto si inserisce il progetto ROSE, che a questo scopo combinerà discipline come nanotecnologia, microtecnologia, biotecnologia, design meccanico, neurochirurgia, olfatto clinico, neuroscienze e psicologia cognitiva, con l’obiettivo di verificare la fattibilità di una protesi olfattiva miniaturizzata che combini micro sensori di odori e stimolatori neurali

Si calcola infatti che la perdita dell’olfatto colpisca circa il 20% della popolazione mondiale, con un incremento recente dovuto alla pandemia di Covid-19, dal momento che circa 1 contagiato su 2 registra anosmia o iposmia tra i suoi sintomi. 

progetto rose
Credits: meafarma

IL RUOLO DEL POLITECNICO NEL PROGETTO ROSE 

Il nostro Ateneo ha un ruolo fondamentale nello sviluppo del progetto: sotto la guida delle professoresse Marina Carulli e Monica Bordegoni del Dipartimento di Meccanica, il Politecnico svilupperà dei recettori olfattivi miniaturizzati su misura e dovrà progettare, testare e produrre prototipi di protesi olfattive miniaturizzate, utilizzando tecnologie di stampa 3D

Il progetto è finanziato con oltre 3 milioni di € dall’Unione Europea nell’ambito del programma H2020 Pathfinder Pilot. I partecipanti, oltre al Politecnico, sono Lyon Neuroscience Research Center (CNRS, France), Technische Universität Dresden (Germania), Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne (Svizzera), Aryballe (Francia), Aristotelio Panepistimio Thessalonikis (Grecia) e CEA LETI (Francia). 

Scopri tutto sulla ricerca politecnica di frontiera e sui temi definiti dalla Commissione Europea nell’ambito del Recovery Plan. Visita il sito Next Generation EU del Politecnico di Milano.

home coni

Politecnico e CONI: accordo quadro per ricerca e formazione

Politecnico di Milano e CONI – Comitato Olimpico Nazionale Italiano hanno firmato un accordo quadro per la formazione di studenti e laureati e lo svolgimento di attività di ricerca nel settore dell’impiantistica sportiva.  

L’accordo, siglato in un incontro presso il nostro Ateneo, prevede una collaborazione quadriennale per la promozione iniziative formative e percorsi di apprendimento che consentano a studenti e laureati di ampliare le proprie conoscenze relative alla realizzazione e alla gestione di infrastrutture sportive, anche grazie allo svolgimento di esercitazioni di laboratorio, progetti ed elaborati di laurea. 

CONI
Credits: polimi.it

Grazie all’accordo sarà anche possibile condurre studi e ricerche finalizzati all’innovazione tecnologica del settore e saranno erogate nuove risorse e corsi per l’aggiornamento professionale degli operatori del CONI. 

All’evento per la firma dell’accordo hanno partecipato Giovanni Malagò, Presidente del CONI, Ferruccio Resta, Rettore del Politecnico, Emilio Faroldi, Responsabile Scientifico dell’accordo per il Politecnico, e Francesco Calvetti, Delegato del Rettore per le Attività Sportive. 

Ti può interessare anche: Il nuovo Giuriati: cuore atletico del Politecnico di Milano 

mars2020 home

A proposito di viaggi spaziali: siamo su Marte (anche grazie a un Alumnus)

Il progetto Mars2020 inizia a prendere forma nel 2012, dopo l’atterraggio, o meglio, l’ammartaggio, del rover Curiosity. Ci sono voluti quasi dieci anni per perfezionare il design, fare calcoli, proiezioni, test e partorire, alla fine, il rover Perseverance, ammartato lo scorso 18 febbraio 2021.

Marco Dolci, ingegnere e Alumnus del Politecnico di Milano, è uno dei 1000 ingegneri, scienziati e ricercatori che hanno contribuito a dar vita a Perseverance, e ci racconta così la sua esperienza:

«Dalla bozza iniziale, fino a poter toccare il rover con le mani e vedere che funziona come ci si aspetta… è come prendersi cura di un bambino che cresce», «Come genitori, nella sua avventura noi siamo sempre lì per lui, che però segue la sua strada e va lontano. È un parallelismo che vale anche nell’apprezzamento al dettaglio delle piccole cose che Perseverance fa, ogni giorno. Tra i giornalisti e nella società c’è sempre la tendenza a chiederci quale sia la sua ultima grande scoperta; ma per gente che ci lavora ogni giorno da quasi 10 anni, ogni passetto che fa è un evento grande: dietro c’è il lavoro di tante persone che ci hanno pensato, che ci hanno fatto innumerevoli test, che non hanno dormito, affinché quel singolo passo fosse possibile».

mars2020 marco dolci
Credits: https://www.jpl.nasa.gov/

Perseverance è una specie di geologo robotico e studia le rocce e le proprietà minerali del suolo marziano, su scale che vanno da 1 m a 1 mm di grandezza. Il secondo obiettivo tocca una delle grandi domande dell’astrobiologia: c’è mai stata vita su Marte?

Un altro compito importante di Perseverance è la raccolta di campioni di suolo, roccia e atmosfera per una eventuale futura missione di Mars sample return: il cui obiettivo sarebbe quello di poter riportare questi campioni sulla Terra per poterli analizzare.

E infine, pensando ancora più in grande, Perseverance è su Marte anche per preparare l’esplorazione umana: sono previsti infatti alcuni esperimenti specifici che permetteranno di capire se sia possibile utilizzare risorse marziane per rendere il pianeta più abitabile per un’eventuale missione con «veri esseri umani a bordo».

mars2020
Credits: https://mars.nasa.gov/

Dolci si occupa del sotto-sistema robotico del rover e, in particolare, dei due manipolatori, il braccio robotico esterno e quello interno. Il design è molto simile a quello di Curiosity (un design collaudato aiuta a minimizzare i rischi) ma ci sono alcune importanti differenze. Il sotto-sistema robotico di Perseverance, progettato da Dolci, è il più complesso mai mandato dall’uomo al di là dell’orbita terrestre per poter esplorare il sistema solare.

«È composto da due parti – ci spiega l’ingegnere – Una parte è il braccio robotico di circa 2 metri, che porta, sull’estremità, una torretta con strumenti scientifici per le analisi e una trivella per raccogliere campioni. Una volta che il campione è raccolto, il braccio si piega verso il rover e deposita il campione nella “pancia” di Perseverance. All’interno del rover c’è un altro braccio robotico che prende il campione, lo inserisce in un tubo, lo esamina e lo mette al sicuro, con l’idea di lasciarlo sul suolo marziano per un’eventuale futura missione di recupero».

pannelli anti rumore home

Dall’Alta Scuola Politecnica il pannello-labirinto che imprigiona il rumore

Una nuova invenzione in grado di rivoluzionare la tecnologia acustica per l’attenuazione dei rumori: si tratta di pannelli antirumore in grado di assorbire le onde sonore, basati su “metamateriali labirintici”. Questi metamateriali, così definiti perché hanno potenzialità superiori a quelle dei materiali convenzionali, hanno una particolare struttura “a labirinto” che permette all’onda acustica di riflettersi più volte al loro interno, riducendosi progressivamente fino a cancellarsi. 

Le menti dietro questa nuova tecnologia sono sei studenti dell’Alta Scuola Politecnica, il programma internazionale che riunisce i migliori studenti e studentesse del Politecnico di Milano e del Politecnico di Torino: Leonardo Bettini studente Ingegneria Aeronautica), Venus Hasanuzzaman Kamrul (Alumnus Ingegneria Fisica 2021), Emanuele Musso (Alumnus Ingegneria Meccanica 2021), Fabio Nistri (studente Ingegneria dei Materiali e Nanotecnologie), Davide Piciucco (Alumnus Ingegneria Civile 2021) e Matteo Zemello (Alumnus Ingegneria Aeronautica 2021). 

Credits: Alta Scuola Politecnica

Oltre dalla particolare struttura, i nuovi pannelli sono caratterizzati da leggerezza ed economicità, e vengono creati attraverso la stampa 3D, utilizzando plastiche di scarto. I rumori cancellabili sono molto vari: dai suoni a media frequenza, tipici del parlato e di alcuni strumenti musicali, fino a quelli a bassa frequenza, causati dai motori. Anche i settori di applicazione sono diversi, dall’edilizia all’automotive, fino agli impieghi domestici. 

Il progetto è stato testato e validato al Dipartimento Energia-DENERG “Galileo Ferraris” del Politecnico di Torino e ha coinvolto, in veste di partner industriale, Phononic Vibes, impresa nata nel 2018 come spin-off del Politecnico di Milano; proseguirà ora nell’ambito del percorso di ricerca europeo FET – Boheme, coordinato dall’Università di Trento e in cui sono coinvolti tra gli altri, il Politecnico di Torino, l’Imperial College di Londra e il Politecnico Federale di Zurigo (ETH). 

Scopri tutto sulla ricerca politecnica di frontiera e sui temi definiti dalla Commissione Europea nell’ambito del Recovery Plan. Visita il sito Next Generation EU del Politecnico di Milano.

Credits home: corriere.it

Credits header: Alta Scuola Politecnica

Polimove home

Politecnico is “making history”: trionfo per PoliMOVE

In Italia, lo sport universitario non è tradizionalmente molto seguito, ma lo scorso 7 gennaio è successa una cosa che potrebbe cambiare questa situazione. Potrebbe anche succedere che un giorno, tra qualche decennio, ricorderemo il 2022 per la nascita di un nuovo sport.

COSA È SUCCESSO?

Per chi non lo sapesse, il CES – Consumer Electronics Show è la più grande fiera dell’elettronica al mondo, che si tiene una volta all’anno, ogni gennaio, a Las Vegas, dal 1967. Lì hanno visto la luce alcuni prodotti entrati nella storia: per dirne uno, nel 1970, il videoregistratore. Le tecnologie che pervadono le nostre vite si svelano sempre, con un discreto anticipo, al CES.

Nel 2022 c’è stata la 55° edizione (dal 5 all’8 di gennaio). Il videoregistratore è un ricordo lontano. Viviamo in un mondo di intelligenza artificiale, realtà aumentata e ibrida, auto a guida autonoma… Un mondo in cui il Politecnico ha un posto d’onore. Nell’ambito del CES si è corsa il 7 gennaio la prima gara testa-a-testa tra auto senza pilota, l’Autonomous Challenge, organizzata dall’Energy Systems Network (ente no profit che ha lanciato anche la Indy Autonomous Challenge). Ha coinvolto i team di corsa delle migliori università al mondo ed è stata l’Italia, col Politecnico di Milano, ad aggiudicarsi il primo premio di 150 mila euro (qui la news del Politecnico).

“UNA VITTORIA STORICA”

La stampa nazionale e internazionale che si sta occupando dell’argomento concorda su questa definizione.

E dal mondo:

polimove
Credits: repubblica.it

IL SORPASSO

Riassunto delle puntate precedenti: il Team PoliMOVE, guidato dal professor Sergio Savaresi del Dipartimento di Elettronica Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, è una squadra che quest’anno ha vinto tutto, o quasi. Gli straordinari risultati raggiunti sono anche frutto della collaborazione con e-Novia, che sostiene la squadra in qualità di main sponsor, Fluentis e Movyon, in veste di supporting sponsor. Del team è anche partner l’Università dell’Alabama.

Tra marzo e ottobre 2021, durante i test e le gare di qualificazione a bordo di una automobile virtuale, PoliMOVE domina sugli avversari, oltre 30 team universitari da tutto il mondo che hanno partecipato all’Indy Autonomous Challenge (un po’ il “prequel” della gara del 7 gennaio). Lo scorso 23 ottobre, le scuderie scendono in pista con macchine reali per la finale.

Le auto utilizzate per la gara sono vetture Dallara AV-21, le più avanzate auto da corsa a guida autonoma esistenti. Tutte uguali, per tutte le scuderie. Quello che cambia è solo il “pilota” alla guida, l’intelligenza artificiale. Il nostro ha un nome e (nelle intenzioni dei programmatori) un volto: AS.CAR.I. (acronimo di AutonomouS CAR Intelligence), in omaggio al grande pilota italiano.

Il 23 ottobre AS.CAR.I. manca l’oro per un soffio, a causa di un guasto alla macchina che lo manda fuori pista, aggiudicandosi però il record di velocità del campionato: 252 km/h. Le Dallara sono infatti le più avanzate auto a guida autonoma al mondo, ma non sono ancora perfette: “Il motore è andato in panne nel momento in cui abbiamo raggiunto la massima velocità”, spiega Savaresi, che al momento non sa esattamente cosa sia successo. Al primo posto, la scuderia tedesca TUM, della Technical University of Munich.

Lo stesso guasto limita i risultati di PoliMOVE anche a dicembre 2021, durante una corsa in solitaria effettuata per battere il record di velocità assoluto per un veicolo a guida autonoma. AS.CAR.I. ce la fa per pochissimo: con 283,18 km/h, o 175.96 mph, supera il Roborace’s speed record (175,49 mph) registrato da Guinness and UK Timing Association nel 2019. Guarda il video del record: World’s Fastest Autonomous Racecar – PoliMOVE Speed Record.

Credits: gazzetta.it

Siamo riusciti a individuare la natura del guasto: si verificava una sovracorrente che spegneva il motore. Tutti i team avrebbero avuto lo stesso problema, se la macchina di un altro team avesse raggiunto quella velocità, si sarebbe spenta come la nostra. Stavamo andando troppo forte per lei. Abbiamo finalmente capito dove stesse il problema e gli organizzatori lo hanno, su nostra indicazione, rimosso in tempo per la nuova gara del 7 gennaio 2022“.

Stavolta, una vera competizione testa a testa: mentre a Indianapolis le macchine scendevano in pista una alla volta (per limitare il coefficiente di difficoltà di una competizione così nuova e imprevedibile) alla finale di Autonomous Challenge @ CES vediamo il primo testa a testa della storia tra piloti artificiali a quelle velocità, ancora una volta PoliMOVE in finale contro i tedeschi di TUM. Una sfida a colpi di sorpassi, in cui alla fine trionfa il team politecnico:

“Una pietra miliare nella storia della guida autonoma: due auto lanciate a 280 km all’ora, che quasi si sfiorano. Ma stavolta non sono riusciti a starci dietro”, commenta un raggiante Savaresi dopo la vittoria.

Rivedi gli highlights della gara
Credits: Sergio Savaresi e Indy Autonomous Challenge

IL PROSSIMO PASSO

Questo anno glorioso per la scuderia politecnica è quasi alla fine: l’ultimo passo, tra qualche settimana, sarà il tentativo di battere nuovamente il record mondiale.

“Puntiamo ai 200 mph, 320/330 km/h”. E l’anno prossimo? “Triplete: primi alla simulation race, primi all’Indy e primi al CES”, scherza Savaresi, ma sa che, nello sport, non si canta vittoria troppo presto: “Scherzi a parte, è importante rimanere tra i primi, poi a volte si vince, a volte si perde. Certo è che ormai non possiamo più nasconderci: siamo quelli da battere”. Un po’ di numeri: la macchina costa 600.000 euro, di cui 300 mila sovvenzionati da ESN e 300 mila attraverso sponsor e donazioni. Oltre ai costi vivi della trasferta, senza contare gli assegni di ricerca dei dottorandi nel team, una trentina tra ingegneri dell’automazione, informatici, elettronici, della telecomunicazione, meccanici. “Bisogna farlo bene. Serve un budget da 1 milione di euro all’anno”.

IL FUTURO È EPICO: UMANI CONTRO INTELLIGENZA ARTIFICIALE

“In generale, il motorsport ha sempre avuto la funzione di anticipare le tecnologie dell’automotive” spiega Savaresi, tornando serio dopo l’emozione. “Si provano in pista soluzioni avveniristiche, magari un po’ pericolose, che possono anche fallire, si sperimentano in un contesto controllato a rischio contenuto, e poi si trasferisce l’esperienza nelle automobili di serie. Tutte le tecnologie dell’auto sono passate dal motorsport: sviluppo dei motori, aerodinamica, materiali, eccetera. Tutte, tranne i controlli automatici. L’intelligenza artificiale (quella che ha dato origine all’ABS, al controllo di trazione, al controllo di stabilità…) viene sistematicamente bandita dalle federazioni perché sottrae importanza al ruolo del pilota. Per questo motivo, c’è un enorme divario tra tecnologia della F1, la massima espressione del motorsport, e le auto di serie: queste ultime sono molto più raffinate. Ma l’auto autonoma è la chiave di volta di una rivoluzione che nei prossimi 10-15 anni investirà il mondo della mobilità cambiando per sempre il modo in cui ci spostiamo (ma anche in cui viviamo). Questa rivoluzione richiede un grosso salto tecnologico: lo sviluppo di un’auto completamente autonoma. Quindi, serve un campo di sperimentazione”.

Questo è il senso della nascita di un nuovo sport, l’autonomous motorsport. Che un giorno potrebbe portare a uno scontro tra un Ascari in carne ed ossa e uno artificiale:

Nel futuro immagino un campionato in cui si sfideranno uomo e macchina. Fra 10 anni, forse, ogni scuderia di F1 avrà una macchina pilotata artificialmente e una macchina con pilota umano”.

E chi vincerà?, chiediamo: “Bella domanda. Qualcuno dice che andrà a finire come con gli scacchi, dove a un certo punto l’intelligenza artificiale ha superato le nostre capacità di calcolo e da quel momento in poi ha vinto sempre. Ma guidare una macchina non è come fare una partita a scacchi, non si esaurisce in un numero finito di combinazioni. Mi aspetto che tra una decina d’anni l’AI sia in grado di competere con un pilota umano. Poi, ci vorranno altri 10-20 anni affinché le macchine ci superino. Ma, a quel punto, bisogna tenere in mente che l’AI ha un vantaggio su di noi che non c’entra nulla con la capacità di calcolo: la sua capacità di percepire il mondo a 360° con una quantità di stimoli sensoriali che non possiamo eguagliare con i nostri sensi naturali. Per continuare a competere, svilupperemo l’augmented human: doteremo i piloti umani di percezione aumentata. Non sappiamo ancora come, ma la tecnologia darà all’uomo una percezione paragonabile a quella della macchina: a quel punto la gara sarà nuovamente aperta. La mente umana e quella artificiale si sfideranno ad armi pari”.

Puoi sostenere questo progetto con una donazione. Dona ora

Credits header: quattroruote.it

Credits home: therobotreport.com