Il Politecnico di Milano è la migliore università italiana nella classifica delle migliori università al mondo per il settimo anno consecutivo, secondo QS World University Rankings 2022.
Nella classifica mondiale generale si piazza al 142° posto; ottimo risultato poi per quanto riguarda l’Employer Reputation, cioè l’opinione che i datori di lavoro hanno degli Alumni, che fa schizzare il Poli al 67° posto nel mondo. Merito della preparazione degli Alumni, secondo il rettore Ferruccio Resta, che commenta: “È proprio in questo momento di incertezza che dobbiamo mettere in moto le migliori energie del paese, quelle dei giovani. Le imprese lo sanno e sono al nostro fianco”.
L’analisi QS University Ranking analizza 1300 tra le migliori università al mondo e tiene conto di vari indicatori: il Politecnico, come si è visto, è particolarmente forte nell’Employer Reputation un sondaggio internazionale in cui 40 mila datori di lavoro indicano quali sono le università dalle quali preferiscono assumere talenti.
Il “secondo capitolo” dell’indagine di QS è il Ranking by Subject, che uscirà nei primi mesi del prossimo anno. La classifica by Subject del 2020 ci ha visto al 5° posto in Design, al 10° in Architettura e al 20° in Ingegneria, nel mondo; ancora primo in Italia. (Scopri i dettagli sul QS ranking by subject del 2020 su MAP #9 a questo link).
Alumni Politecnico di Milano, attraverso la community e le diverse attività ed eventi, offre infinite opportunità di contatto, relazioni professionali e confronto tra gli ex studenti del tuo Ateneo.
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Qual è la visione politecnica sulle grandi sfide della società del futuro?
Un viaggio alla scoperta del Centro di Technology Foresight del Politecnico di Milano assieme alla prof. Cristiana Bolchini e il prof. Paolo Trucco, membri del comitato scientifico del Centro.
È stato inaugurato a Milano l’ADI Design Museum, nuovo riferimento internazionale del design, allestito dagli architetti e designer Ico Migliore e Mara Servetto, docenti del Politecnico, insieme all’Alumnus Italo Lupi, icona del design Made in Italy.
Credits: Adi Design Museum
Con più di 5000 metri quadri e circa 2000 oggetti in mostra (gli oggetti vincitori del prestigioso Compasso d’Oro dal 1954 a oggi), è il più grande museo in Europa dedicato a questo tema e conferma il ruolo della città di Milano come capitale internazionale del Design.
La panchina E-lounge disegnata da Antonio Lanzillo, premiata con il Compasso d’Oro 2020.Hannes, la mano protesica firmata da tre Alumni che ha ricevuto il XXVI Compasso d’Oro
UN MUSEO IN EVOLUZIONE
«Abbiamo definito – spiegano Migliore, Servetto e Lupi, a loro volta vincitori di compassi d’oro – una sequenza ritmata e articolata di scenari di racconto piuttosto che mere strutture espositive, per rendere il museo un “museo narrante”, capace di essere luogo inclusivo di approvvigionamento e arricchimento personale e sociale». L’obiettivo è quello di valorizzare il Made in Italy e il ruolo del premio Compasso d’Oro, nato dall’idea del grande politecnico Gio Ponti, con un’esposizione che ci parla del passato e del presente e che continuerà a evolvere accogliendo i nuovi oggetti premiati, in una sorta di racconto del mondo e della società attraverso il design.
Credits: Adi Design Museum
ADI MUSEUM E “LA CITTÀ DEI 15 MINUTI”
Per gli spazi del Museo è stato recuperato un luogo storico degli anni ’30, ex area industriale tra via Ceresio e via Bramante, nel quartiere di Porta Volta, secondo il progetto curato dagli architetti Giancarlo Perotta (anche lui Alumnus del Politecnico) e Massimo C. Bodini.
Accanto alla mostra permanente, il museo ospita temporanee di approfondimento e iniziative trasversali destinate al grande pubblico, per contribuire alla diffusione e valorizzazione della cultura del design a livello nazionale e internazionale.
Ma, tra i suoi vari primati, c’è anche quello di essere il primo museo italiano a collegarsi all’idea di “città dei 15 minuti”, un’idea di città più sostenibile nei ritmi e nel rapporto con l’ambiente.
Non solo un museo internazionale ma anche, quindi, un museo di quartiere, facilmente raggiungibile, con un ruolo di aggregazione sul territorio: un luogo dove incontrarsi, condividere esperienze, costruendo una comunità di interesse radicata intorno alla cultura e alla sostenibilità come motore per la riqualificazione dei quartieri, la riduzione dell’inquinamento e la creazione di aree socialmente ed economicamente inclusive.
Il MAP è la rivista degli Alumni del Politecnico di Milano. È una mappa per ritrovare, scoprire e conoscere tutto quello che è nato, partito e cresciuto nel nostro Ateneo. Qui sotto trovi un articolo correlato: se ti piace quello che stai vedendo, sostienici. Potrai ritirare la tua copia gratuitamente.
Il Politecnico di Milano è la prima università italiana a diventare partner della New European Bauhaus, l’iniziativa dell’Unione europea che ha l’obiettivo di avvicinare i cittadini al Green Deal europeo – il programma per rendere sostenibile l’economia dell’UE-, trasformandolo in un’esperienza culturale, positiva e concreta.
Credits europa.eu
L’iniziativa vuole fare in modo che i cittadini vivano un’esperienza diretta di come la trasformazione in senso “green” e “digital” possa migliorare la qualità di vita di ciascuno, definendo futuri modi di vivere in modo interdisciplinare e costruendo un dialogo tra arte, cultura, inclusione sociale, scienza e tecnologia.
Per farlo, la New European Bauhaus prevede il coinvolgimento diretto della cittadinanza su una piattaforma dedicata, per accelerare la transizione verde, contribuire alla ripresa e garantire una migliore convivenza per tutti, sfruttando il patrimonio esistente di conoscenze, esperienze e capacità per ricercare nuove visioni, idee e soluzioni.
Nella pratica, il progetto agevolerà il dialogo tra esperti, imprese e istituzioni per rendere gli spazi di vita di domani più economici e accessibili, mobilitando progettisti, architetti, ingegneri, scienziati, studenti e menti creative di tutte le discipline per ripensare un modo di vivere sostenibile in Europa e nel mondo.
COSA FARÀ IL POLITECNICO IN QUESTO PROGETTO?
In qualità di partner, il Politecnico di Milano si impegnerà in tre macro aree:
creerà occasioni di dibattito e confronto che possano essere di stimolo per generare idee nuove idee intorno a questi temi;
identificherà progetti, pratiche o concetti ispiratori;
raccoglierà i bisogni e le aspettative dei cittadini.
Gli Alumni del Politecnico di Milano sono un supporto fondamentale per la crescita dell’Ateneo in Italia e in un contesto internazionale. Rappresentano l’eccellenza politecnica nel mondo, sono parte fondamentale dello sviluppo sociale e tecnologico del Paese. Se ti piacciono le nostre attività, puoi donare per sostenerle.
Due chiacchere informali con i fondatori per capire cos’è, come è nato, come funziona, ma soprattutto perché da cinque anni continua a crescere con nuove idee e nuovi membri. Parliamo di supply chain, ma parliamo anche di una community di Alumni e Alumnae del nostro Politecnico.
Cristina Rossi-Lamastra, Delegata del Direttore del Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano per le Relazioni con Alumni e Alumnae intervista Luca Saporetti e Luigi Binelli, fondatori del Club Alumni “Supply Chain Management & Logistics”
Cristina: Iniziamo allora! Da chi è composto questo Club? Luca & Luigi: Siamo un gruppo di director che lavorano in giro per il mondo nell’ambito della supply chain, della logistica e delle operations con responsabilità rilevanti e globali. Amiamo confrontarci supportati dalla faculty del Politecnico di Milano su tematiche relative al nostro lavoro, sia tra di noi, con una cadenza di 4-6 mesi, sia condividendo una volta all’anno la nostra esperienza con tutta la community del Politecnico di Milano. Nel fare questo abbiamo una particolare attenzione alla relazione con gli studenti e le studentesse.
Cristina: Presentatevi e diteci perché lo fate. Tra l’altro siete sempre impegnati in giro per il mondo, in una delle call di organizzazione se ricordo bene Luigi era collegato dalla Polonia e Luca da Singapore. Luca: Io sono Luca Saporetti, faccio il global Vice President della Supply Chain di una grande azienda del Medical Device (Livanova), quotata al Nasdaq e con quartier generale a Londra, prima gestivo la logistica e il planning del gruppo Campari. Quando ci siamo laureati con Alessandro Perego – ora Direttore del Dipartimento di Ingegneria Gestionale – e un gruppo di amici (ad esempio, Alberto Lupano a quel tempo in Coca Cola, Marco Radaelli, Alberto DelGrossi) una volta al mese, mangiando una pizza, facevamo quello che definivamo il “logistic point”. Uno scambio informale in cui chi in quel periodo aveva fatto l’esperienza più interessante la condivideva con gli altri. Lo spirito iniziale della “condivisione dell’esperienza” è rimasto lo stesso. Poi con gli anni l’evento si era un po’ perso, io ero andato a lavorare in Svizzera, Alberto in Olanda e poi a Dubai, Alessandro era sempre più impegnato con la sua attività di ricercatore e docente del Politecnico di Milano. Nel frattempo, tutti avevamo messo su famiglia e non eravamo più neo-laureati con contratto di formazione, ma persone con posti di responsabilità. Inoltre, il gruppo si allargava ed era sempre più difficile trovare pizzerie abbastanza capienti da contenere tutti. Circa 5 anni fa, il Politecnico ha avviato una serie di iniziative per valorizzare la community dei suoi Alumni e, in questo contesto, ci venne chiesto di raccontare l’esperienza del “logistic point” a una reunion di laureati e laureate di Ingegneria Gestionale. Apparve così evidente la voglia di riprendere tale esperienza supportati dal Politecnico e dalla sua School of Management (SoM). In particolare, si sono attivamente impegnati nel progetto Nora Marabelli, allora responsabile Alumni Relations della SoM e vari docenti dell’area di riferimento, come Marco Melacini, Andrea Sianesi, Federico Caniato, Alessandro Brun e, naturalmente, Alessandro Perego, che nel frattempo era stato eletto Direttore del Dipartimento di Ingegneria Gestionale. Oggi il gruppo ha ripreso slancio grazie all’attività di Valentina Goglio, nuova responsabile Alumni Relations e della nomina di Cristina Rossi a Delegata del Direttore per Alumni Relation. In tutto questo ho sempre lavorato in strettissimo contatto con Luigi Binelli che con me ha fondato e fatto crescere il Club. L’inizio è stato impegnativo e divertente. Mi animava ricostruire quello spirito di community che avevo incontrato sia in SDA Bocconi sia al MIT di Boston (quest’ultimo mi è rimasto nel cuore: ogni volta che per lavoro sono lì vicino torno sempre a qualche loro evento), il senso di appartenenza e riconoscenza verso il Politecnico che tanto mi ha insegnato, e amore incondizionato verso la supply chain. Come una volta mi disse un manager dell’area HR “lei è fortunato: fa per lavoro quello che farebbe anche nel tempo libero per amore”.
Luigi: io sono Luigi Binelli, una vita – 23 anni – passati nell’italianissimo gruppo Artsana sempre in ruoli di responsabilità crescente nel mondo della supply chain e delle operations. Da 2 anni sono diventato Chief Supply Chain Officier di MTD, un nuovo gruppo che produce e commercializza Medical Devices, noto per il marchio PIC. Mi sono immediatamente innamorato dell’idea avere una community in cui potersi scambiare idee ed esperienze in modo assolutamente informale e divertente con persone che arrivano da settori differenti; sicuro di trovare tra gli alumni e le alumnae professionisti di grande competenza. Ho dato subito la disponibilità, senza pensarci tanto, certo di poter ritrovare tanti amici e animato dalla gratitudine che ho sempre avuto per il Politecnico di Milano per avermi dato quella forma mentis che mi ha permesso di diventare quello che sono.
Cristina: Potete fare degli esempi degli argomenti trattati nel Club? Luca & Luigi: Ciascun incontro verte su un tema specifico, di volta in volta diverso: si parte da un inquadramento accademico tenuto da un docente particolarmente esperto dell’argomento, poi il tema viene sviscerato da due o più membri del Club che offrono dei business case interessanti. Ad esempio, abbiamo trattato argomenti come la pianificazione globale con Luxottica e Syngenta, il “mestiere” della supply chain con Campari e Burberry , la supply chian nel fashion con Bulgari e Hugo Boss, la complessità delle operations con Pirelli e Chicco Artsana. Abbiamo anche affrontato gli argomenti più attuali della nostra professione, come la sostenibilità con Heineken e il Banco Alimentare della Lombardia, le consegne dell’ultimo miglio con Amazon e Just Eat, mentre nell’ultimo anno abbiamo dedicato due incontri alla gestione della emergenza Covid-19 raccontata, con differenti prospettive, da chi l’ha gestita in prima persona. Abbiamo sempre un occhio di riguardo per il made in Italy che è sempre scuola di eccellenza come il Politecnico. A questo proposito amo (ndr: Luca) raccontare che al MIT di Boston nella prima lezione sul disegno delle reti distributive mi presentarono il Caso Barilla.
Cristina: Da quali realtà aziendali arrivano i membri del Club? Luca & Luigi: Abbiamo riscontrato con piacere che gli Alumni e le Alumne sono molto versatili e li troviamo in tantissime aziende differenti. Abbiamo tante eccellenze Italiane come Pirelli, Barilla, Prysmian, Campari, Bulgari, Zambon, ma anche tanti gruppi globali fra cui Amazon, Heineken, LivaNova, Sandoz, Syngenta, Levis’s, Hugo Boss. La lista è molto lunga e, come si vede, molto varia: spazia dalla moda all’industria manifatturiera, dal “pharma” all’alimentare per arrivare alle aziende di servizi e del lusso. Una tale varietà è una grande ricchezza per il nostro Club.
Cristina: Quali difficoltà avete incontrato e come le avete superate? Luigi & Luca: Con Luigi abbiamo sempre avuto le idee chiare di cosa cercavamo. Volevamo confrontarci tra persone esperte su problemi attuali, farlo in modo informale e riservato, in un clima che favorisse il networking, la semplicità, il rigore scientifico, in un ambito di community con persone che hanno in comune l’aver frequentato il Politecnico. È stato e continua a essere molto difficile “non fare entrare” chi voleva “vendere” sia fumo sia prodotti; è normale, infatti, che una community così selezionata e di un profilo cosi alto attiri “venditori”. Li abbiamo allontanati, rinunciando anche a location amene per gli incontri e pranzi con cuochi blasonati. Siamo per natura persone semplici e concrete, come spesso sono gli ingegneri. Il nostro punto di forza è la nostra forma mentis e la nostra dedizione al lavoro. Ad oggi, ci stiamo aprendo verso coloro che hanno tutti i titoli e l’esperienza per partecipare a questa community, anche se non necessariamente alumni del Politecnico. L’altra difficoltà iniziale era trovare un format che interessasse contemporaneamente gli studenti e le studentesse del Politecnico e i global director che gestiscono team di 1.000 persone. Alla fine, come detto, abbiamo disegnato due tipi di momenti di interazione. Abbiamo due-tre incontri all’anno, riservati alla community degli iscritti, pensati per un pubblico senior e poi abbiamo eventi di divulgazione, aperti e diretti anche a studenti e studentesse. Nell’ultimo di questi eventi, tenutosi on line, a gennaio 2021, abbiamo avuto più di 200 partecipanti. Quando serve uniamo questi due format.
Cristina: Diteci qualcosa di più su formato degli incontri del Club Abbiamo consolidato un formato che riteniamo molto efficace, pensato per professionisti e professioniste che hanno spesso agende fitte di impegni e, quindi, poco tempo a disposizione. Ci si ritrova quindi nel tardo pomeriggio. Prima della pandemia, gli incontri si tenevano in presenza, spesso nell’impresa di uno dei membri della community che ci presentava un caso di studio. Abbiamo avuto modo di osservare da vicino la filiera di recupero del Banco Alimentare della Lombardia, i magazzini di Amazon e Artsana, il centro ricerche di Prysmian. Intorno alle 19.00 ci si fermava ad ascoltare le testimonianze di manager ed esperti e si concludeva con un bel dibattito, davanti a una cena informale moderata da un membro della faculty SoM, che fa ricerca sull’argomento trattato. Ad oggi, abbiamo avuto il piacere di avere 8 differenti moderatori e moderatrici. Con la pandemia siamo passati al formato online. Gli incontri stanno funzionando anche in questa forma: abbiamo avuto una buona partecipazione e siamo stati in grado di organizzare anche eventi ludici in remoto, come una degustazione di vini, consegnati a casa dei partecipanti. Passata l’emergenza contiamo di adottare un formato “misto”, così da dare la possibilità anche a coloro che sono lontani di prendere parte virtualmente agli eventi.
Cristina: Cosa rappresenta il Club per il Politecnico? Il Club è un elemento importante del più ampio progetto “AlumniPolimi” che intende rafforzare i legami ex-studenti e ex-studentesse e consolidarne il senso di appartenenza alla loro Alma Mater. All’interno di questo ampio progetto si è compresa l’importanza di creare dei “gruppi ” attorno a specifici ambiti di interesse, pensati come centri di conoscenza, confronto e condivisione di esperienze. Il Club è maturato proprio in questo contesto: è il primo nato e il più longevo nell’ambito della School of Management del Politecnico di Milano, che si sta impegnando per crearne altri. Oggi è certamente un centro attivo e un riferimento per chi opera in ambito supply chain e logistica, un forum per lo scambio di competenze, esperienze, idee e informazioni fra chi lavora nel settore.
Cristina: Come è possibile partecipare? La partecipazione al Club è su invito, occorre far parte della comunity degli Alumni del Politecnico di Milano ed essere appassionati dei temi del Club. Si può inviare una richiesta di adesione, che verrà condivisa con il board del Club, a Valentina Goglio (alumnirelations@mip.polimi.it).
La ricerca promuove innovazione nei programmi di “slum upgrading” attraverso la sperimentazione multidisciplinare di azioni a lungo periodo rivolte a mitigare la vulnerabilità igienico sanitaria strutturale degli abitanti del quartiere di Chamanculo a Maputo, coniugando progetti igienico sanitari e ambientali in forma olistica e sistemica.
La recente pandemia ha evidenziato la vulnerabilità della popolazione che vive a Chamanculo, che tuttavia era preesistente a causa della mancanza di servizi sanitari, così come ha fatto emergere l’inadeguatezza della gestione dei rifiuti, il limitato approvvigionamento d’acqua sicura, sia negli ambiti privati che pubblici, e l’impossibilità di garantire un’adeguata igiene personale.
HANDS si propone di attivare un “Laboratorio Sociale” dedicato alla produzione di Polichina, il liquido igienizzante Made in Politecnico; e di promuovere una migliore gestione dei rifiuti e un modello di produzione energetica appropriato sia alla scala urbana che domestica, trasferendo infine competenze tecnologiche a stakeholder locali.
«Immaginiamo un sistema automatizzato poco più grande di una macchinetta da caffè», spiega l’Alumnus e ricercatore Mattia Sponchioni, «a questo colleghiamo quattro serbatoi diversi contenenti gli elementi per produrre la Polichina: acqua, etanolo, acqua ossigenata e glicerolo. Si imposta una precisa quantità e il sistema la produce. Ambiamo ad arrivare ad un prototipo da installare in alcuni punti nevralgici di Chamanculo: una scuola, una piazza, un mercato». Delle vere e proprie stazioni di rifornimento quindi, da integrare con un sistema di gestione intelligente dei rifiuti generatisi in seguito all’emergenza sanitaria: dalle mascherine ai dispenser di Polichina.
Credits Nguyen Dang Hoang Nhu on Unsplash
Nel “Laboratorio Sociale” si sperimenteranno inoltre nuovi metodi di produzione di energia elettrica per l’alimentazione dei distributori di Polichina e per l’approvvigionamento locale delle materie prime da fonti rinnovabili in situ.
In questa particolare situazione, l’uso di Polichina ha un impatto positivo anche in termini di risparmio di acqua.
«Riduciamo il consumo dalla scala dei litri a quella dei millilitri», commenta Sponchioni, «nel lavaggio delle mani si consumano litri di acqua potabile, con la Polichina basta una nebulizzazione di pochi millilitri, andando a risparmiare oltre il 95% di acqua che, soprattutto nei luoghi più degradati e dove c’è il pericolo di altre patologie come la tubercolosi, scarseggia».
«La scienza non ha genere: il motivo per cui alle bambine a volte non piace è perché non vengono incoraggiate. Per questo il Politecnico da anni organizza eventi aperti ai più piccoli (tra cui La notte dei ricercatori), per spiegare loro in maniera semplice cos’è la ricerca scientifica».
Così parla ad Elle la prorettrice del Politecnico di Milano e delegata alla Ricerca e alla Diversity Donatella Sciuto, intervistata sui mestieri delle STEM che, ancora oggi, ricevono una resistenza culturale imposta dalla società, che continua a vedere queste professioni come “cose da uomini”.
«Nell’immaginario collettivo le professioni tecniche sono forse ancora un dono naturale per gli uomini, una grande conquista per le donne. Capita ancora che le donne ingegnere sentano il bisogno di giustificare o sminuire il proprio ruolo. Credo che il vero passo in avanti verrà compiuto quando la maggior parte di noi penserà che la scelta di dedicarsi a una professione tecnica sia, semplicemente, un’aspirazione legittima. Una risposta alla curiosità, all’interesse e ai desideri della persona», come scritto dalla prorettrice nella prefazione del libro “Alumnae. Ingegnere e tecnologie”.
Sempre ad Elle, Sciuto parla del futuro dei nuovi professionisti e nuove professioniste delle STEM, che privilegerà sempre più un approccio interdisciplinare, unendo quello “matematico” a quello “umanistico”: al giorno d’oggi infatti non bastano solo le competenze tecnologiche per sviluppare nuove tecnologie.
«Servono capacità innovativa, creatività e un approccio umanistico, perché bisogna essere in grado di capire l’impatto sociale e personale di ciò che si realizza».
È questo il caso delle professioni in crescita, come quelle nell’ambito della cybersecurity, che richiedono competenze informatiche ma anche gestionali e di diritto, insegnate al Politecnico in due corsi magistrali (Ingegneria Informatica e Cyber Risk Strategy and Governance), e lo studio e la gestione della mobilità efficiente per i cittadini, approfondita nel corso di laurea in Mobility Engineering, che unisce competenze tecnologiche a quelle di logistica e pianificazione.
IL BILANCIO DI GENERE: UN’ISTANTANEA DELL’ATENEO E LE AZIONI ADOTTATE RISPETTO ALLA PROSPETTIVA DI GENERE
In accordo con le azioni strategiche del Politecnico di Milano a favore di una maggiore diversità e inclusione, il Bilancio di Genere scatta ogni anno un’istantanea dell’Ateneo rispetto alla prospettiva di genere nei percorsi di studio e di lavoro, tra gli studenti e all’interno del corpo docente e del personale tecnico-amministrativo.
Da questa analisi emergono le politiche e le azioni positive da mettere in atto per favorire le pari opportunità, tracciando così nuovi traguardi e punti di arrivo.
Nel libro “ALUMNAE, Ingegnere e tecnologie” abbiamo raccolto le storie di 67 ingegnere della nostra community. L’obiettivo? Raccontare un insieme di esempi positivi per le ragazze “STEM” di oggi e di domani. Questo libro è una delle tante iniziative creata da Alumni Politecnico di Milano. Se ti piacciono le nostre attività, puoi donare per sostenerle.
La pandemia ci costringe a reinventare i paradigmi secondo i quali viviamo, lavoriamo, abitiamo, pensiamo: il design ha un ruolo centrale in questo processo.
Su questo tema, docenti, professionisti ed Alumni del Politecnico di Milano si confrontano sulla cultura del progetto: come riorientare la riflessione alla luce dell’attualità? Attraverso conversazioni di 30 minuti, promosse e realizzatedal POLIMI Design System del Politecnico di Milano con il coinvolgimento di designer da tutto il mondo, 48 ospiti hanno sviluppato i propri interventi intorno a un termine, parola chiave considerata significativa nella definizione del progetto e dei suoi cambiamenti.
Vi proponiamo i punti di vista degli Alumni che hanno partecipato a questo giro del mondo in 24 ore.
Intro | IN-EQUALITY
Il primo appuntamento è con gli Alumni Alessandro Biamonti, Alessandro Deserti, Anna Barbara e Matteo Ingaramo che hanno aperto l’evento dialogando sul termine In-Equality.
ILHA
L’Alumna Francesca Piredda ha dialogato con Susana Gonzaga e le Alumnae Elisa Bertolotti e Valentina Vezzani sul concetto di “Ilha” nel mondo del Design.
VULNERABILIDADE
Le professoresse e Alumnae Beatrice Villari e Carla Cipolla dialogano sul concetto di “vulnerabilidade” nel Design.
DISRUPTION
Davide Fassi, professore associato al Politecnico di Milano, conversa con l’Alumna Teresa Franqueira, professoressa associata all’Universidade de Aveiro sul tema “disruption” – la “rottura”- nel Design e nell’era post-Covid.
SPECULATION
Francesco Scullica, Alumnus, professore ordinario e membro della giunta dipartimento di design del Politecnico di Milano dialoga con Francesca Murialdo, Alumna del Politecnico e professoressa alla Middlesex University sul concetto di “speculation”.
BOUNDARIES
Alessandro Biamonti, Alumnus e Design researcher al Politecnico di Milano, conversa sui boundaries nel Design con l’Alumna Elena Pacenti, dean della School of Design at NewSchool.
APAPACHAR
Silvia Maria Gramegna, Alumna e Postdoctoral researcher al Politecnico di Milano, intervista Erik Ciravegna, Alumnus del Politecnico e professore di Design alla Pontificia Universidad Católica de Chile sul significato di “apapachar” e di come si può accogliere nel mondo post-pandemico.
PEOPLE
Alessandro Biamonti, Alumnus e Design researcher al Politecnico di Milano, dialoga con Mauro Porcini, Alumnus, Senior Vice President e Chief Design Officer di PepsiCo su “people”, ovvero su come il mondo del lavoro post-pandemia e del Design potranno in futuro focalizzarsi davvero sulle persone.
DATUM
Beatrice Villari, Alumna e professoressa al Dipartimento di Design al Politecnico di Milano, e Paolo Ciuccarelli, Alumnus al Politecnico e professore alla Northeastern University conversano sul concetto di “datum”.
PASSIONE
Alessandro Biamonti, Alumnus e Design researcher, conversa con Raffaella Colombo, Alumna e professoressa del Politecnico di Milano sul significato di “passione”.
Etica, salute, fisica dei processi ultraveloci, esplorazione spaziale, energia e sostenibilità: sono solo alcuni dei temi portati avanti dai giovani ricercatori del Politecnico di Milano, nell’ottica sempre più centrale della ricerca responsabile e dell’impatto delle tecnologie nella società.
Dal 2014, attraverso il programma europeo Horizon 2020, il Politecnico ha accolto 24 ricercatori MSCA fellows. Sei di loro iniziano il loro progetto al Poli nel 2021: ve li raccontiamo.
DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA E STUDI URBANI
Cosa significa essere un soggetto nel XXI secolo? Se lo chiede Diletta De Cristofaro, 34 anni. Il suo progetto, SCRAPS: writing the Sleep CRisis: 24/7 cAPitalism and neoliberal Subjectivity , studierà quella che medici e psicologi in tutto il mondo chiamano “crisi del sonno”. La ricercatrice analizzerà opere di narrativa, saggistica e cultura digitale per indagare l’impatto dei tempi della produttività sulla salute e la relazione tra salute individuale e ideologie neoliberiste.
La sua base sarà il META, gruppo di ricerca del Politecnico che si occupa di questioni filosofiche, epistemologiche, etiche e sociali relative ai processi della scienza, della tecnologia e dell’innovazione.
De Cristofaro ha una laurea in filosofia a Milano e un dottorato in studi americani in Inghilterra, dove ha vissuto e fatto ricerca 10 anni prima di approdare al Politecnico: “è il posto giusto per esplorare il rapporto tra essere umano e tecnologia – commenta De Cristofaro – rapporto fondante delle nostre identità”.
È una dei ricercatori che si sono appoggiati alla MSCA Master Class del Politecnico, un percorso che affianca i migliori post-doc da tutto il mondo che vogliono candidarsi a un grant Marie Curie e scelgono il nostro Ateneo come host institution: “è stata un’opportunità inestimabile. Attraverso questa masterclass, ho sviluppato una comprensione più approfondita dell’applicazione e del processo di valutazione MSCA e ho appreso i migliori suggerimenti e strategie che mi hanno aiutato a dare forma a un’applicazione di successo”, ha commentato la ricercatrice.
DIPARTIMENTO DI MATEMATICA
Anche Michele Loi arriva da un background umanistico: 42 anni, laurea in filosofia a Cagliari e dottorato alla Luiss di Roma. Da 5 anni In Svizzera, prima in ETH e poi all’Università di Zurigo, si occupa di etica applicata ai dati, in particolare dati medici, big data e algoritmi.
“I dati non sono tutto”, commenta Loi. “Il modo in cui si guarda ai dati porta a conclusioni diverse. E non si basa soltanto su considerazioni scientifiche ma anche morali. Sono le nostre idee, i nostri valori che ci dicono come leggere i dati per tirarne fuori un giudizio sull’equità dell’algoritmo”.
Il dibattito è particolarmente rilevante in rifermento all’assistenza clinica, dove gli algoritmi di apprendimento automatico vengono utilizzati per migliorare le diagnosi, le scelte terapeutiche e, in generale, le azioni del sistema sanitario. Proprio su questo si concentrerà il progetto MSCA di Loi: “Fair predictions in health”.
Poiché infatti i modelli di apprendimento automatico dipendono dalle informazioni raccolte storicamente, le popolazioni che hanno subito o subiscono discriminazioni strutturali rischiano ulteriori danni a causa di proiezioni imprecise che, per esempio, possono determinare scelte inique nell’allocazione di risorse, rafforzando le disuguaglianze nell’accesso ai servizi della salute.
“Il mio obiettivo è quello di sviluppare un framework di lavoro condiviso che permetta di tradurre alcuni assunti morali in vincoli di programmazione. Questi assunti morali devono essere resi espliciti e comunicati in modo comprensibile agli stakeholders. Dovremo identificare una serie di problemi di equità nei modelli utilizzati, ad esempio, per prevedere come un paziente reagirà ad una cura e capire come collegare alcuni principi etici con alcune formulazioni matematiche tipiche della computer science.
Vorrei anche lavorare alla costituzione di un “Fairness Lab”, un laboratorio che visualizzi i possibili significati e modi diversi di leggere i dati sotto la guida di principi etici. Per questo ho scelto il Poli: mi sono reso conto che, per poter dare un reale contributo alla società, da filosofo mi devo confrontare con persone che si occupano di matematica e statistica. Oggi non è possibile fare etica senza confrontarsi con ciò che è matematicamente impossibile”.
DIPARTIMENTO DI FISICA
Maurizio Reduzzi, 33 anni, Alumnus ingegneria fisica e PhD, dopo il Politecnico ha lavorato a UC Berkeley, California, e all’ICFO – The Institute of Photonic Sciences di Barcellona. Si è sempre occupato di fisica dei processi ultraveloci (in particolare di attosecond science), disciplina in cui il Politecnico è storicamente all’avanguardia.
“Tomatto si occupa di studiare processi di charge transfer su scala temporale molto breve (da pochi femtosecondi a poche decine di attosecondi) in materia organica”, spiega Reduzzi. “Con HETRUSQ userò tecniche simili, con l’obiettivo di esplorare l’interazione, sulle stesse scali temporali estreme di TOMATTO, tra le molecole e il loro ambiente circostante naturale, l’acqua”.
Gli esperimenti riguarderanno soprattutto molecole eteroaromatiche che costituiscono i componenti fondamentali del DNA e di tanta parte della materia organica. Il passaggio finale sarà quello di paragonare i risultati degli studi in stato gassoso con quelli in ambiente liquido, al quale le molecole reagiscono.
“Sarà cruciale lo sviluppo della tecnologia ottica, che ci permetterà di sintetizzare impulsi di luce accordabili in frequenza nell’ultravioletto allo stato dell’arte (della durata di pochi femtosecondi). L’integrazione di questa sorgente di luce con un monocromatore per l’estremo ultravioletto (strumento molto avanzato già presente nei laboratori del prof. Nisoli) consentirà studi di spettroscopia risolta in tempo che non sono mai stati realizzati prima”.
Armando Genco, 32 anni, ha studiato ingegneria dei materiali all’Università del Salento, ha fatto il dottorato al Centro di ricerca per le nanotecnologie di Lecce e il post-doc alla University of Sheffield.
È esperto di polaritoni, particelle composte da un fotone e un eccitone (ossia un elettrone energeticamente eccitato in un materiale luminescente) che, in condizioni molto particolari, all’interno di dispositivi di dimensione micro- o nanometrica, possono legarsi.
“Questo tipo di condizione si chiama regime di accoppiamento forte”, spiega Genco. “Ha delle caratteristiche che si possono sfruttare per ottenere sorgenti di luce coerente (laser) con materiali innovativi e a bassa soglia, che richiedono pochissima energia: le potenziali ricadute nel mondo delle telecomunicazioni e del computing, per esempio, sono molto promettenti sia in termini di velocità che di impatto ambientale”.
Il progetto MSCA di Genco, ENOSIS: ENhancing and prObing Strong light-matter Interactions in 2D materials by ultrafaSt optical techniques, studierà le proprietà dei materiali 2D (cioè dello spessore di pochi atomi) e in particolare l’accoppiamento tra 2 strati diversi di questi materiali in relazione alla possibilità di creare le condizioni per l’emissione di polaritoni: “In regime di accoppiamento forte e in funzione dell’angolo di twist (cioè torsione reciproca), questi bi-layers possono creare condizioni molto favorevoli per produrre luce coerente tramite polaritoni. Per andare avanti nella mia ricerca avevo bisogno di una prospettiva nel campo della spettroscopia ultrafast, per guardare cosa succede a elettroni e fotoni poche decine di femtosecondi dopo l’accoppiamento, e il gruppo del prof. Cerullo al Politecnico è all’avanguardia in questo campo”.
Oggi ancora pochi gruppi al mondo hanno studiato materiali 2D con angolo “twistato” e servono tecniche di caratterizzazione specifiche per questi dispositivi: per studiarli, Genco si appoggerà alla tecnica “hyperspectral imaging” (sfruttando un brevetto del Poli), che permette di ottenere una analisi spettrale della luce per ogni singola lunghezza d’onda in modo quasi simultaneo per ogni punto del campione analizzato.
DIPARTIMENTO DI SCIENZE E TECNOLOGIE AEROSPAZIALI
Mirko Trisolini, 32 anni, si occupa di dinamica di corpi celesti, satelliti e detriti spaziali, in particolare del moto di frammenti e particelle attorno a corpi minori del nostro Sistema Solare, come asteroidi e comete.
“Ho scelto il Politecnico come host institution per l’esperienza e il background tecnico del gruppo di ricerca in cui sono inserito e le radicate collaborazioni, anche internazionali, a cui ha accesso”: Trisolini, infatti, lavorerà con l’Università di Padova e l’Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA) allo sviluppo di un sistema innovativo e autonomo per l’estrazione di materiali rari e preziosi che potrebbero trovarsi all’interno di asteroidi e comete.
“Poter esplorare la composizione di questi corpi celesti ci permetterà di migliorare la conoscenza del Sistema Solare, ma anche di imparare come sfruttare le risorse dello spazio: risorse minerarie, per esempio, ma anche vitali per future missioni con equipaggio, come l’acqua che potrebbe trovarsi sotto la superficie”.
Lo step intermedio del progetto porterà Trisolini a sviluppare modelli più precisi per la raccolta e il comportamento in orbita dei materiali estraibili dagli asteroidi, con tecniche di image processing e ricostruzione delle caratteristiche delle particelle. Lo sviluppo di questi modelli e algoritmi aiuterà a migliorare l’autonomia dei satelliti per le missioni a lungo raggio.
DIPARTIMENTO DI CHIMICA, MATERIALI E INGEGNERIA CHIMICA
Un’altra delle maggiori sfide del nostro tempo è quella della transizione energetica e, in particolare, di mettere a punto processi di produzione che siano “energeticamente intelligenti”. Di questo si occupa Mark Bajada, 30 anni: laurea in chimica e fisica alla University of Malta, master in ingegneria energetica a Cambridge, dove ha proseguito anche con il dottorato focalizzandosi sulla fotosintesi artificiale.
Il suo progetto MSCA, SSEFR: Single-Site Electrocatalytic Flow Reactor for C-C Coupling, ha l’obiettivo di individuare e creare nuovi materiali in grado di convertire energia da fonti rinnovabili in energia chimica per risolvere i problemi di intermittenza associati alle energie rinnovabili.
“La fornitura in eccesso potrebbe essere diretta e immagazzinata in un legame chimico stabile. Tuttavia, per raggiungere questo obiettivo, sono necessari elettrocatalizzatori efficienti e selettivi”. Bajada lavorerà su catalizzatori di tipo single site, “un campo di studio nuovo e stimolante”.
Il primo obiettivo sarà quello di progettare e sviluppare una comprensione di sistemi elettrocatalitici single-site che possano essere prodotti con materiali economici e disponibili, privi di metalli preziosi. Il passaggio successivo sarà quello di progettare reattori a flusso catalitico che utilizzino questo tipo di carburante al posto delle celle elettrochimiche convenzionali: l’obiettivo è progettare un modello di reattore più efficiente per la produzione di carburanti da fonti rinnovabili senza rischi di oscillazioni della disponibilità.
“Ho scelto il Politecnico per l’eccellente reputazione: mi interessa la cultura italiana e questo è il posto migliore per quello che voglio fare”.
A partire dal prossimo anno scolastico il polo territoriale di Cremona del Politecnico di Milano ospiterà il nuovo corso di laurea magistrale in Agricultural engineering, organizzato con la collaborazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Il Politecnico di Milano è il primo Ateneo italiano a rispondere con un corso di studi alle nuove esigenze che le aziende e le organizzazioni del settore agricolo hanno evidenziato negli ultimi anni.
Per farlo ha creato un percorso formativo dedicato specificamente al settore agricolo e agroalimentare, finalizzato a formare figure professionali indispensabili per affrontare le sfide future di un settore fondamentale e distintivo per l’Italia e per l’Unione Europea.
Credits: www.age.polimi.it
AGRICULTURAL ENGINEERING: GLI OBIETTIVI
Questo progetto si inserisce in un contesto in grande sviluppo: negli ultimi tre anni la crescita media annua dell’Agricoltura 4.0(la cosiddetta “agricoltura di precisione”, nata grazie all’utilizzo di tecnologie digitali 4.0) in Italia è stata del 104% (Osservatorio Smart Agrifood, 2021), mentre la ricerca di una sempre maggiore sostenibilità, ambito dove l’Unione Europea è leader, sta creando nuove spinte innovative.
“Il nostro obiettivo è formare ingegneri operanti nel settore agro-industriale dotati di una visione sistemistica – ha dichiarato Gianni Ferretti, prorettore del Polo di Cremona –, ossia un approccio allo studio e alla implementazione di soluzioni applicative basato su una visione complessiva dei vari aspetti multidisciplinari delle filiera tecnologici, agronomici, ambientali, sulla capacità di modellare e gestire le interazioni fra i vari componenti, supportati da conoscenze di base del settore”.
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Il corso di laurea in Agricultural engineering è tra i pochi al mondo del suo genere e nasce dalla volontà di dare la giusta attenzione a temi come l’innovazione e la sostenibilità e dall’interazione di centinaia di aziende che negli ultimi anni hanno collaborato nelle ricerche in quest’ambito insieme al Politecnico di Milano.
“Sempre più attori del settore, in tutte le posizioni della filiera, – spiega Filippo Renga, direttore dell’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano – hanno evidenziato la necessità di nuove competenze in grado di affrontare e coniugare le sfide future del settore: innovazione tecnologica, sostenibilità e collaborazione”.
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Il MAP è la rivista degli Alumni del Politecnico di Milano. È una mappa per ritrovare, scoprire e conoscere tutto quello che è nato, partito e cresciuto nel nostro Ateneo. Qui sotto trovi un articolo correlato: se ti piace quello che stai vedendo, sostienici. Potrai ritirare la tua copia gratuitamente.
Marco Donolato, Alumnus ingegneria fisica, è inventore di un sistema innovativo in grado di rilevare malattie infettive, inclusa la febbre Dengue, Zika e il SARS-CoV-2. Il test richiede solo una goccia di sangue e produce risultati accurati in meno di 10 minuti, consentendo un trattamento tempestivo dei pazienti.
È molto facile da utilizzare, è economico e richiede pochissima formazione per il personale medico, il che lo rende particolarmente adatto a contesti a basso reddito e paesi in via di sviluppo. È una delle 3 invenzioni finaliste nella categoria “Ricerca” dell’European Inventor Award 2021, premio annuale dell’Ufficio europeo dei brevetti agli inventori che hanno dato un contributo significativo all’innovazione, all’economia e alla società.
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COME FUNZIONA
Il dispositivo si chiama BluBox ed è stato sviluppato da BluSense Diagnostics, la start-up che Donolato ha co-fondato con il collega e Alumnus Filippo Bosco, in Danimarca, nel 2014.
Sfrutta la tecnologia Immuno-Magnetic Assay: un raggio laser passa attraverso un campione di sangue miscelato con nanoparticelle magnetiche sintetizzate per legarsi a un bersaglio biologico, per esempio agli anticorpi di un virus; un lettore ottico rileva le dinamiche di clustering delle nanoparticelle e identifica la presenza del bersaglio biologico. È in grado di quantificare la concentrazione di virus nel sangue del paziente in circa 10 minuti.
La start-up ha recentemente messo a punto una versione di BluBox che consente di rilevare la presenza di anticorpi COVID-19 in 5-7 minuti. Il test verrà lanciato nei prossimi giorni in alcuni ospedali italiani.
«Il kit per eseguire il test – ha spiegato Donolato, come si legge Il Sole 24 Ore – nasce con l’obiettivo di essere un sistema economico, ma veloce e accurato e richiede poca formazione per il personale medico. Il test per il Covid-19 sarà commercializzato da metà maggio e venduto a ospedali pubblici e cliniche in Europa». «Marco Donolato e il suo team hanno dimostrato come è possibile combinare diversi filoni di ricerca per fornire soluzioni ad alcuni dei più grandi problemi di salute globale – ha commentato il Presidente dell’European Patent Office, António Campinos, annunciando i finalisti dell’edizione 2021 dell’European Inventor Award –. Potenzialmente potrebbe avere un impatto molto significativo sulla salute di alcune delle persone più vulnerabili del mondo».
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