Simone Callegari, Alumnus Ingegneria dei Materiali e Nanotecnologie 2015, riceve il CERN Alumni Champion Award per i suoi contributi sul blog del CERN durante il periodo della pandemia.
Ilaria Marelli, designer e Alumna Architettura, ha ricevuto il Wallpaper Design Awards 2022 nella categoria Best Outdoor Living per il suo il divano Calipso, “the floating sofa”, progettato per Ethimo.
Andrea Bernasconi, Fabio Biondani, Luca Capoferri, Alberto Favier, Federico Gualdoni, Carlo Riboldi, Lorenzo Trainelli, Carmen Velarde Lopez de Ayala, gli inventori di HYBRIS: batterie strutturali per velivoli elettrici
Luca Magagnin, Gabriele Panzeri, Eugenio Gilbertini, Alessandra Accogli, Matteo Salerno, Luca Bertoli, inventori di SINERGY, batteria a celle di flusso metallo-polisolfuri.
Paolo Asti, Carlo Carone, Sonia Calzoni, Massimo Roj, Margherita Carabillò, Pasquale Francesco Mariani Orlandi: gli Alumni alla testa di 7 progetti premiati da Urban File.
Gli Alumni Naomi Hasuike, Luca Catrame e Andrea Sechi fanno parte del team di Makio Hasuike & Co che ha creato LAMBROgio
Nel team di lavoro che ha progettato E-Worker c’è l’Alumnus Felice Contessini
Eduardo Staszowski è tra gli editor di Designing in Dark Times, “un libro e una nuova collana per avviare una riflessione sulle ragioni e le responsabilità del design oggi”.
Credits: vitra.comCredits: fiamitalia.itCredits: Gianluca Ripa on TwitterCredits: GoliathCredits: www.innovazionesociale.orgCredits: Andrea SechiCredits: Merlo GroupCredits: ADI
LUGLIO
La prof. Maria Prandini è eletta presidente della International Federation of Automatic Control.
Credits: Politecnico di Milano
AGOSTO
Manfredi Rizza porta a casa il podio per l’Italia ai campionati europei di Monaco nella canoa – K2 200m maschile.
Pietro Ravasi vince con gli Sharks lo scudetto di campioni d’Italia nel powerchair hockey.
Foto di: Sharks Monza, Marco Mancinelli e Mirco Esposto
SETTEMBRE
Eleonora Andreis e Mariachiara Gallia, ricercatrici politecniche, premiate con la prestigiosa Amelia Earhart Fellowship.
Annalisa Andaloro, Giulia Rossi, Maria Vittoria Trussoni sono le 3 politecniche nella classifica Fortune 40 under 40.
Credits: FORTUNE Italia
Biennale 2023: gli Alumni e architetti Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni, Nicola Campri, Veronica Caprino e Claudia Mainardi, nel collettivo Fosbury Architecture vincono il progetto del Padiglione Italia.
Giorgia Lupi vince il National Design Award for Communication Design.
Credits: Giorgia Lupi on Instagram
OTTOBRE
L’architetto Rajendra Kumar, Alumnus del Politecnico di Milano, selezionato tra i Most Admired Education Influencers in India.
Alla presenza di Sergio Mattarella, sono stati premiati i vincitori Eni Award 2022. Tra questi, le pluripremiate Sinergy Flow, creata da tre Alumni e ricercatori politecnici e Ricehouse, start-up dell’Alumna e architetta Tiziana Monterisi.
Credis: eni.com
NOVEMBRE
L’Alumna Elena Bottinelli, laureata in ingegneria e Head of innovation and digitalization del Gruppo San Donato, è stata inserita nella lista delle 50 Most Powerful Women della rivista Fortune Italia.
Credits: FORTUNE Italia
DICEMBRE
Paola Scarpa, Alumna Ingegneria gestionale, è una delle vincitrici del premio internazionale Standout Woman Award, premio internazionale dedicato alle donne che per talento, coraggio, sensibilità e determinazione, si sono contraddistinte per loro azioni e che potranno essere esempio alle nuove generazioni.
È stata inaugurata al Campus Leonardo la nuova Palazzina Lerici, quella che da oggi verrà conosciuta come “Edificio 3A”.
L’intervento potenzia gli spazi del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, donando alla comunità politecnica ulteriori aree di qualità per vivere ancora più pienamente il nostro campus.
Il nuovo edificio è stato realizzato nell’area di 1.278 mq tra gli edifici 3 e 5 e via Celoria, prima occupata dall’antico edificio Lerici costruito tra gli anni ’40 e ‘50 del secolo scorso.
A pianta rettangolare, la nuova costruzione si sviluppa su un piano seminterrato, due piani fuori terra e copertura finale piana con solai impostati a quote diverse. La composizione dei volumi ha permesso di realizzare tre livelli di coperture a verde, su cui sono stati piantati nove nuovi alberi ad alto fusto.
L’edificio è caratterizzato da facciate continue in vetro e pannelli opachi, con murature a vista in blocchi di calcestruzzo e finiture a intonaco colorato.
La facciata verso via Celoria è a verde intensivo, in modo da creare continuità in verticale con le terrazze a giardino.
All’inaugurazione erano presenti il Rettore Ferruccio Resta, il Prorettore Delegato Emilio Faroldi, il Direttore Generale Graziano Dragoni, il Direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale Alberto Guadagnini e l’Architetto Daniel Marcaccio dell’Area Tecnico Edilizia, responsabile del progetto.
Abbiamo avuto anni turbolenti (a dir poco). Lungi dall’essere spaesati, gli Alumni del Poli cavalcano le onde di questa complessità: pianificando dove si può, preparandosi a repentini cambi di scenario e scommettendo (ma con cognizione di causa!) sul prossimo trend. E sulla tecnologia: dal deep tech all’IoT, dalla manifattura 4.0 alla piena automazione, dall’evoluzione dei servizi alla rivoluzione delle telecomunicazioni… “WHAT, NOW?” è una serie di interviste a Alumni in posizioni apicali nel panorama delle imprese, della cultura e della tecnologia, che si chiedono: cosa dobbiamo aspettarci, adesso?
—
Il bisnonno faceva impastatrici per lavorare la pasta. Dalle trafilatrici agli impianti per la lavorazione di cavi in metallo, il passo è tutt’altro che breve: oltre 120 anni di storia, per la precisione. Oggi MFL, fondata da Mario Frigerio nel 1897, è una multinazionale di ingegneria con 450 dipendenti, un fatturato consolidato di 100 milioni di euro e sedi, oltre che in Italia, anche in Germania, Spagna, Cina e Stati Uniti. Il core business è la progettazione e produzione di macchinari per la produzione di cavi, fili e funi di acciaio, alluminio e rame. Macchinari prodotti interamente in Europa ed esportati in tutto il mondo.
“Cavi, funi e fili di metallo si trovano ovunque”, ci spiega l’ing. Lucia Frigerio (bisnipote di Mario e Alumna in Ingegneria Meccanica), oggi alla guida del gruppo, rimasto sempre nelle mani della famiglia attraverso numerose trasformazioni. Si trovano ovunque, letteralmente: nelle pagliuzze delle spugne, nelle grucce per gli armadi (a Milano si chiamano “omètti”), nei cavi che fanno funzionare ascensori, gru, funivie, montacarichi, nei muri delle nostre case e nel cemento armato, nei ponti, e ancora in qualsiasi apparecchio elettronico, nelle reti di distribuzione di energia, nelle reti di telecomunicazione.
“C’è l’acciaio a basso tenore di carbonio che è usato nelle produzioni a basso valore aggiunto, appunto quelle domestiche che hai citato come le spugne, ma anche i carrelli per il supermercato, chiodi ecc. L’acciaio a alto tenore di carbonio è usato soprattutto nel mondo delle costruzioni. Rame e alluminio invece nel mondo delle telecomunicazioni e della trasmissione di potenza, sia reti energetiche che veicoli”. Sono i fili di cui è intessuto il mondo che abbiamo costruito intorno a noi. MFL group produce le macchine per “filarli”.
MACCHINARI CHE COSTANO MILIONI DI EURO NON SI VENDONO TUTTI I GIORNI
“Un impianto come il nostro ha una durata media di 30 anni, infatti non è che ne vendiamo tutti i giorni. Ovviamente copriamo manutenzione e retrofitting, li diamo per scontati, ma il nostro mercato principale, oggi, serve l’aumento di capacità produttiva dei nostri clienti (appunto i produttori di questi fili, come per esempio Prysmian, un gigante cresciuto in un mercato frammentato come quello italiano). Sono materiali che si consumano, quindi la produzione è costante”. E il mercato anche. Costante, affidabile e prevedibile, o almeno lo è stato fino a un paio di anni fa. Ma Frigerio non si è fatta cogliere impreparata. “La nuova frontiera della manifattura è di servitizzare le macchine. Cioè, ti vendo l’asset, ma questo asset è dotato della capacità di darti delle informazioni preziose tanto quanto il prodotto che producono”.
Di per sé, non è una novità: è una tendenza che nasce già negli anni ‘70, ma naturalmente la quantità e qualità dei dati che possiamo raccogliere oggi sono infinitamente più ricche. In potenza, quanto meno. Ed è un mondo in crescita. “Sapendo questo, sono anni che lavoriamo per arricchire ancora l’insieme di informazioni che le nostre macchine possono restituire, in modo di aiutare sia i nostri clienti sia noi a prendere delle decisioni strategiche. La novità in questo tipo di manifattura è che non vogliamo dare un servizio one-shot, ma una sorta di abbonamento, sul modello delle società high-tech e deep-tech”.
MFL (courtesy of Lucia Frigerio)
FORSE NON ABBIAMO ANCORA COLTO CHE COSA PUÒ FARE LA MANIFATTURA SE VA IN CLOUD
Secondo questo modello, spiega Frigerio, MFL gestirebbe i server con i dati estratti dalle macchine connesse.
“Oltre vendere il macchinario, otterremmo un ricavo ricorrente sulla stessa vendita, in cambio di informazioni in real time sul funzionamento, per esempio per diagnostica o previsione del rischio, e di interventi tempestivi in caso di segnalazione automatica di problemi. Questo è il prossimo futuro, se pensiamo nel breve termine. Pensando a uno step ancora successivo, a un medio termine (5-10 anni), questo investimento ci avrà permesso di raccogliere moltissime informazioni. E quindi usarle per strutturare degli algoritmi predittivi, non solo per rilevare tempestivamente i problemi ma per anticiparli, per pianificare investimenti strategici, per avviare campagne di ricerca e sviluppo”.
Il “WHAT, NOW?”, quindi, va nella direzione di una sempre maggiore interazione tra manifattura e intelligenza artificiale. “Sì, ma non solo. Il punto è l’interazione uomo-macchina, o meglio, sistema-macchina. Non è più una questione di automazione della manifattura, ma di condivisione di razionalizzazione di tutta la filiera produttiva, da chi estrae la materia prima, all’acciaieria, attraverso di noi che fabbrichiamo le macchine, al produttore di cavo e infine a chi lo usa: tutta la catena del valore beneficerebbe di questa regia. E oggi non esiste”.
SE VOLEVI SOLO COMPRARE UNA MACCHINA, TI TROVI NEL SECOLO SBAGLIATO
Perché non esiste?, chiediamo a Frigerio. “La tecnologia per farlo c’è, ma serve un cambio di mentalità, di paradigma. Proporre la vendita di servizi digitali, per chi è un produttore di macchine, è complicato: perché tu sei abituato a vendere “ferro”. Da lì, a vendere un servizio digitale impalpabile, ne corre. E prima di convincere il cliente, che pure è abituato a comprare “ferro” e che spesso in fabbrica non ha nemmeno il 56 K, devo convincere i miei venditori che il prodotto principale non è più la macchina ma il servizio, il cloud, la regia di filiera. È quella la direzione in cui voglio portare il gruppo”. E come sta andando? “Bene, per gli obiettivi che ci siamo posti in questi primi anni: cioè, fare il pitch, come dicono gli americani, innumerevoli volte, a prescindere dalla situazione.
Lo sforzo dei miei commerciali è stato quello di capire che non importa se il cliente è interessato o no, noi dobbiamo proporre questa regia, e soprattutto dobbiamo capire come viene recepita. È l’unico modo in cui si può avere la sensazione di come andare sul mercato. 20 anni fa, fatto 100 il valore di una macchina, il cliente percepiva che il 90% era costituito dal mezzo e il 10% dall’automazione. Oggi la proporzione è 30% il mezzo, 30% l’automazione e 30% i servizi. È il caso Tesla: non la compro per la meccanica, che è brutta, fatta male, si rompe. La compro perché è un computer con 4 ruote e mi offre dei servizi, e sono questi servizi che io pago annualmente. Il concetto è quello: siamo ancora in una fase molto precoce, ancora prima che embrionale. Ma ci abbiamo scommesso tanto e abbiamo investito in una società terza che si occupa proprio di questo. Stiamo seminando, prima o poi il fiore nascerà sicuramente”.
NESSUN PRODOTTO SARÀ PIÙ MERCE DI SCAMBIO: I PRODUTTORI VENDERANNO SERVIZI, CONNESSIONE, INTERAZIONE
Quindi la prossima rivoluzione tecnologica, secondo Frigerio, non sarà una tecnologia o un insieme di tecnologie, ma l’integrazione reale e completa di tecnologie che già esistono. Un salto molto più lungo di quello che possiamo immaginarci quando, semplicemente, pensiamo alla guida autonoma o ai computer quantistici. E, a proposito di Tesla, tradizionalmente il mercato dell’automotive è quello che spinge l’innovazione industriale, una sorta di cartina tornasole del progresso tecnologico. Ma è ancora così?
“Secondo me no”, conclude Frigerio: “l’automotive sta perdendo questo primato. Non perché ce ne sia un altro, ma perché non ci sarà più nessun prodotto capace di essere all’avanguardia. Il tempo di produrlo ed è già obsoleto. Il prodotto fisico sarà una commodity, il vero prodotto vendibile sarà il nostro modo di interagirci”.
Abbiamo avuto anni turbolenti (a dir poco). Lungi dall’essere spaesati, gli Alumni del Poli cavalcano le onde di questa complessità: pianificando dove si può, preparandosi a repentini cambi di scenario e scommettendo (ma con cognizione di causa!) sul prossimo trend. E sulla tecnologia: dal deep tech all’IoT, dalla manifattura 4.0 alla piena automazione, dall’evoluzione dei servizi alla rivoluzione delle telecomunicazioni… “WHAT, NOW?” è una serie di interviste a Alumni in posizioni apicali nel panorama delle imprese, della cultura e della tecnologia, che si chiedono: cosa dobbiamo aspettarci, adesso?
—
Il bisnonno faceva impastatrici per lavorare la pasta. Dalle trafilatrici agli impianti per la lavorazione di cavi in metallo, il passo è tutt’altro che breve: oltre 120 anni di storia, per la precisione. Oggi MFL, fondata da Mario Frigerio nel 1897, è una multinazionale di ingegneria con 450 dipendenti, un fatturato consolidato di 100 milioni di euro e sedi, oltre che in Italia, anche in Germania, Spagna, Cina e Stati Uniti. Il core business è la progettazione e produzione di macchinari per la produzione di cavi, fili e funi di acciaio, alluminio e rame. Macchinari prodotti interamente in Europa ed esportati in tutto il mondo.
“Cavi, funi e fili di metallo si trovano ovunque”, ci spiega l’ing. Lucia Frigerio (bisnipote di Mario e Alumna in Ingegneria Meccanica), oggi alla guida del gruppo, rimasto sempre nelle mani della famiglia attraverso numerose trasformazioni. Si trovano ovunque, letteralmente: nelle pagliuzze delle spugne, nelle grucce per gli armadi (a Milano si chiamano “omètti”), nei cavi che fanno funzionare ascensori, gru, funivie, montacarichi, nei muri delle nostre case e nel cemento armato, nei ponti, e ancora in qualsiasi apparecchio elettronico, nelle reti di distribuzione di energia, nelle reti di telecomunicazione.
“C’è l’acciaio a basso tenore di carbonio che è usato nelle produzioni a basso valore aggiunto, appunto quelle domestiche che hai citato come le spugne, ma anche i carrelli per il supermercato, chiodi ecc. L’acciaio a alto tenore di carbonio è usato soprattutto nel mondo delle costruzioni. Rame e alluminio invece nel mondo delle telecomunicazioni e della trasmissione di potenza, sia reti energetiche che veicoli”. Sono i fili di cui è intessuto il mondo che abbiamo costruito intorno a noi. MFL group produce le macchine per “filarli”.
MACCHINARI CHE COSTANO MILIONI DI EURO NON SI VENDONO TUTTI I GIORNI
“Un impianto come il nostro ha una durata media di 30 anni, infatti non è che ne vendiamo tutti i giorni. Ovviamente copriamo manutenzione e retrofitting, li diamo per scontati, ma il nostro mercato principale, oggi, serve l’aumento di capacità produttiva dei nostri clienti (appunto i produttori di questi fili, come per esempio Prysmian, un gigante cresciuto in un mercato frammentato come quello italiano). Sono materiali che si consumano, quindi la produzione è costante”. E il mercato anche. Costante, affidabile e prevedibile, o almeno lo è stato fino a un paio di anni fa. Ma Frigerio non si è fatta cogliere impreparata. “La nuova frontiera della manifattura è di servitizzare le macchine. Cioè, ti vendo l’asset, ma questo asset è dotato della capacità di darti delle informazioni preziose tanto quanto il prodotto che producono”.
Di per sé, non è una novità: è una tendenza che nasce già negli anni ‘70, ma naturalmente la quantità e qualità dei dati che possiamo raccogliere oggi sono infinitamente più ricche. In potenza, quanto meno. Ed è un mondo in crescita. “Sapendo questo, sono anni che lavoriamo per arricchire ancora l’insieme di informazioni che le nostre macchine possono restituire, in modo di aiutare sia i nostri clienti sia noi a prendere delle decisioni strategiche. La novità in questo tipo di manifattura è che non vogliamo dare un servizio one-shot, ma una sorta di abbonamento, sul modello delle società high-tech e deep-tech”.
MFL (courtesy of Lucia Frigerio)
FORSE NON ABBIAMO ANCORA COLTO CHE COSA PUÒ FARE LA MANIFATTURA SE VA IN CLOUD
Secondo questo modello, spiega Frigerio, MFL gestirebbe i server con i dati estratti dalle macchine connesse.
“Oltre vendere il macchinario, otterremmo un ricavo ricorrente sulla stessa vendita, in cambio di informazioni in real time sul funzionamento, per esempio per diagnostica o previsione del rischio, e di interventi tempestivi in caso di segnalazione automatica di problemi. Questo è il prossimo futuro, se pensiamo nel breve termine. Pensando a uno step ancora successivo, a un medio termine (5-10 anni), questo investimento ci avrà permesso di raccogliere moltissime informazioni. E quindi usarle per strutturare degli algoritmi predittivi, non solo per rilevare tempestivamente i problemi ma per anticiparli, per pianificare investimenti strategici, per avviare campagne di ricerca e sviluppo”.
Il “WHAT, NOW?”, quindi, va nella direzione di una sempre maggiore interazione tra manifattura e intelligenza artificiale. “Sì, ma non solo. Il punto è l’interazione uomo-macchina, o meglio, sistema-macchina. Non è più una questione di automazione della manifattura, ma di condivisione di razionalizzazione di tutta la filiera produttiva, da chi estrae la materia prima, all’acciaieria, attraverso di noi che fabbrichiamo le macchine, al produttore di cavo e infine a chi lo usa: tutta la catena del valore beneficerebbe di questa regia. E oggi non esiste”.
SE VOLEVI SOLO COMPRARE UNA MACCHINA, TI TROVI NEL SECOLO SBAGLIATO
Perché non esiste?, chiediamo a Frigerio. “La tecnologia per farlo c’è, ma serve un cambio di mentalità, di paradigma. Proporre la vendita di servizi digitali, per chi è un produttore di macchine, è complicato: perché tu sei abituato a vendere “ferro”. Da lì, a vendere un servizio digitale impalpabile, ne corre. E prima di convincere il cliente, che pure è abituato a comprare “ferro” e che spesso in fabbrica non ha nemmeno il 56 K, devo convincere i miei venditori che il prodotto principale non è più la macchina ma il servizio, il cloud, la regia di filiera. È quella la direzione in cui voglio portare il gruppo”. E come sta andando? “Bene, per gli obiettivi che ci siamo posti in questi primi anni: cioè, fare il pitch, come dicono gli americani, innumerevoli volte, a prescindere dalla situazione.
Lo sforzo dei miei commerciali è stato quello di capire che non importa se il cliente è interessato o no, noi dobbiamo proporre questa regia, e soprattutto dobbiamo capire come viene recepita. È l’unico modo in cui si può avere la sensazione di come andare sul mercato. 20 anni fa, fatto 100 il valore di una macchina, il cliente percepiva che il 90% era costituito dal mezzo e il 10% dall’automazione. Oggi la proporzione è 30% il mezzo, 30% l’automazione e 30% i servizi. È il caso Tesla: non la compro per la meccanica, che è brutta, fatta male, si rompe. La compro perché è un computer con 4 ruote e mi offre dei servizi, e sono questi servizi che io pago annualmente. Il concetto è quello: siamo ancora in una fase molto precoce, ancora prima che embrionale. Ma ci abbiamo scommesso tanto e abbiamo investito in una società terza che si occupa proprio di questo. Stiamo seminando, prima o poi il fiore nascerà sicuramente”.
NESSUN PRODOTTO SARÀ PIÙ MERCE DI SCAMBIO: I PRODUTTORI VENDERANNO SERVIZI, CONNESSIONE, INTERAZIONE
Quindi la prossima rivoluzione tecnologica, secondo Frigerio, non sarà una tecnologia o un insieme di tecnologie, ma l’integrazione reale e completa di tecnologie che già esistono. Un salto molto più lungo di quello che possiamo immaginarci quando, semplicemente, pensiamo alla guida autonoma o ai computer quantistici. E, a proposito di Tesla, tradizionalmente il mercato dell’automotive è quello che spinge l’innovazione industriale, una sorta di cartina tornasole del progresso tecnologico. Ma è ancora così?
“Secondo me no”, conclude Frigerio: “l’automotive sta perdendo questo primato. Non perché ce ne sia un altro, ma perché non ci sarà più nessun prodotto capace di essere all’avanguardia. Il tempo di produrlo ed è già obsoleto. Il prodotto fisico sarà una commodity, il vero prodotto vendibile sarà il nostro modo di interagirci”.
Firmato il Protocollo d’Intesa per la realizzazione dell’intervento di rigenerazione urbana sostenibile e di qualità nell’area milanese “Bovisa-Goccia-Villapizzone”.
L’intervento, che tra gli altri vede coinvolto l’architetto Renzo Piano, interessa una superficie di circa 325.000 mq, di proprietà del Comune di Milano (circa 234.000 mq) e del Politecnico (circa 91.000 mq) con l’obiettivo di riqualificare l’ambito di Bovisa-Goccia.
Varie le azioni in programma:
Nuovo campus universitario: il Politecnico di Milano prevede la realizzazione di interventi di riqualificazione all’interno dell’area al fine di realizzare un parco scientifico/polo dell’innovazione e l’ampliamento degli spazi dell’attuale Campus Bovisa con aree dedicate a servizi per gli studenti e la cittadinanza.
Scuole civiche: nell’ambito di Bovisa-Goccia è prevista la realizzazione di 2 edifici destinati a Fondazione Milano – Scuole Civiche con l’obiettivo di concentrare in un unico polo le scuole civiche della città.
Rete delle stazioni di Bovisa e Villapizzone: si prevede il miglioramento delle connessioni tra le due stazioni ferroviarie e tra queste e i nuovi insediamenti previsti all’interno della Goccia tramite un nuovo sistema integrato di collegamenti ciclopedonali, tranviari e stradali.
Foresta urbana: si prevede la realizzazione di un grande parco pubblico urbano entro il 2030, rifunzionalizzando le aree verdi esistenti e programmando nuove piantumazioni in un processo innovativo di riforestazione.
Il Protocollo di Intesa è stato siglato dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, dal Ministero dell’università e della Ricerca, Politecnico di Milano, Regione Lombardia, Comune di Milano, FNM, Rete Ferroviaria Italiana (Gruppo FS).
Forbes li definisce “gli Ingegneri del silenzio”: sono Luca D’Alessandro, Giovanni Capellari e Stefano Caverni, tre Alumni e ricercatori politecnici e fondatori della startup Phononic Vibes, nata nel 2018 come spin off del Politecnico di Milano e recentemente vincitrice di un round di investimento da 6 milioni.
Alla base di questa rapida ascesa c’è un’invenzione (e 12 brevetti): un dispositivo modulare per l’isolamento di vibrazioni a bassa frequenza ed ampio spettro, in sostanza pannelli antirumore e antivibrazioni fatti di “metamateriali labirintici” in grado di assorbire le onde sonore e meccaniche. Questi metamateriali sono creati artificialmente con proprietà elettromagnetiche peculiari che li differenziano dagli altri materiali, le cui caratteristiche macroscopiche non dipendono solo dalla loro struttura molecolare, ma anche dalla loro geometria realizzativa.
Hanno una particolare struttura “a labirinto” che permette all’onda di riflettersi più volte al loro interno, riducendosi progressivamente fino a cancellarsi. Le sue strutture periodiche sono realizzate con materiali di comune utilizzo nei campi di ingegneria civile e meccanica, quali acciaio e calcestruzzo, o anche plastiche di recupero stampate in 3D. Possono essere organizzate in moduli affiancati gli uni agli altri per la creazione di vere e proprie barriere isolanti. Il dispositivo è quindi in grado di limitare la propagazione di vibrazioni, sia elastiche che acustiche, generate da traffico, macchinari ed impianti, con l’obiettivo di contenere sia danni strutturali agli edifici sia i rumori tipici dell’ambiente urbano. Fonte: Polilink
EFFICACI, BELLI ED ECONOMICI
La particolare struttura dei pannelli Phononic Vibes viene stampata 3D con plastiche di scarto e permette un abbattimento delle vibrazioni superiore di diversi ordini di grandezza rispetto a quello ottenuto con le tecnologie attualmente disponibili sul mercato a con costi nettamente inferiori. È in grado di cancellare molti tipi di rumori: dai suoni a media frequenza, tipici del parlato e di alcuni strumenti musicali, fino a quelli a bassa frequenza, causati dai motori. Anche i settori di applicazione sono diversi, dall’edilizia all’automotive, fino agli impieghi domestici.
Scrive Forbes che la tecnologia ha superato l’esame di quella che viene definita “l’Harvard dei trasporti”, cioè la Deutsche Bahn, la compagnia ferroviaria tedesca. “Abbiamo sviluppato per loro un pannello trasparente e altamente assorbente da usare nei luoghi attorno a stazioni o binari, in alternativa alle pareti di acciaio attualmente utilizzate per ridurre l’impatto acustico”, racconta D’Alessandro. “Una vetrata fa tutt’altro effetto nello spazio urbano, ma di solito il vetro riflette il suono, non lo assorbe”. A differenza di quello prodotto da Phononic Vibes.
GLI ALUMNI FONDATORI
L’esperienza di Phononic Vibes è uno dei tanti esempi di come il trasferimento tecnologico del Politecnico di Milano ha un impatto concreto sul tessuto produttivo ad alta tecnologia, portando fuori dai laboratori e dentro al mondo industriale i risultati di attività di ricerca.
Giovanni Capellari ha ottenuto il titolo di dottore di ricerca presso il Politecnico di Milano nel 2018 con una tesi in Machine Learning, lavorando e trascorrendo alcuni mesi presso l’università ETH di Zurigo. Stefano Caverni ha conseguito la laurea specialistica in Ingegneria Civile, ad indirizzo Strutture, nel 2017 con tesi di laurea nel campo dei metamateriali.
Luca D’Alessandro ha conseguito il PhD al Politecnico di Milano con un periodo all’estero all’MIT di Boston, specializzandosi nel campo dei metamateriali e dell’ottimizzazione di strutture periodiche per l’isolamento acustico e vibrazionale. Proprio la tesi di dottorato di Luca è stata il punto di partenza della startup. Dopo aver partecipato a Switch2Product, l’Innovation Challenge del Politecnico di Milano, Luca decide di intraprendere questo percorso imprenditoriale coinvolgendo i due founder Giovanni, collega di dottorato e Stefano, collaboratore e tesista al Politecnico di Milano. Una crescita rapida che vede oggi il team operativo composto da 10 persone. Fonte: Fondazione Politecnico di Milano, “Il coraggio di innovare”
Alfio Quarteroni, direttore del MOX (Laboratory of Modelling and Scientific Computing) e professore del Politecnico di Milano, è stato insignito del premio Lagrange 2023 dall’ICIAM, il Consiglio Internazionale per la Matematica Industriale e Applicata.
Il Premio Lagrange viene assegnato ogni 4 anni e fornisce un riconoscimento internazionale a quei matematici che hanno dato un contributo eccezionale alla matematica applicata e per i lavori innovativi nel campo dell’analisi numerica nel corso della loro carriera.
“Il Premio ICIAM Lagrange 2023 – si legge sul sito dell’ICIAM – viene assegnato ad Alfio Quarteroni per il suo lavoro innovativo nei metodi agli elementi finiti e spettrali, nei metodi di decomposizione del dominio, nei metodi discontinui di Galerkin, nella soluzione numerica delle equazioni di Navier-Stokes incomprimibili, nella modellazione multifisica e multiscala, con applicazioni alla fluidodinamica, alla geofisica, al cuore umano e al sistema circolatorio, all’epidemia di Covid-19, nonché al miglioramento delle prestazioni sportive per la competizione velica America’s Cup.”
Quarteroni nel 2022 si era già qualificato come primo matematico d’Italia e 48esimo nel mondo nella classifica “Top mathematics scientist” pubblicata dalla società Research.com, che elabora la classifica sulla base del numero di lavori dei luminari, citati nelle ricerche scientifiche. Il professore del Politecnico è stato infatti citato 38.000 volte negli articoli di ricercatori nazionali e internazionali.
Il Premio Lagrange 2023 sarà assegnato durante la cerimonia di apertura del Congresso internazionale di matematica industriale e applicata, ICIAM 2023, che si terrà a Tokyo dal 20 al 25 agosto 2023.
La novità è che quest’estate è iniziata la sperimentazione in ambiente urbano: per i prossimi mesi, 10 esemplari di YAPE si aggireranno liberamente (o quasi) all’interno di UpTown, il nuovo distretto residenziale high-tech nel quartiere di Cascina Merlata a Milano. “Stiamo lavorando alla costruzione di quell’ecosistema collaborativo e iper-connesso che oggi caratterizza le moderne Smart City”, ha dichiarato Vincenzo Russi, Alumnus, CEO di e-Novia e Presidente di YAPE, “a cominciare dalla possibilità di offrire veicoli innovativi per la mobilitazione di merci. Progetto che in Italia, ma anche in Europa, deve tenere conto della particolare configurazione delle città, molto diverse, per esempio, da quelle americane. Il nostro drone autonomo è pensato proprio per potersi muovere dai vicoli medievali fino alle complesse topologie delle città italiane ed europee, abilitando una delivery veramente sostenibile”.
Ne abbiamo parlato anche con Enrico Silani, Alumnus, Chief of Entrepreneur di e-Novia e Managing Director della neonata YAPE S.R.L.: è lui che ha preso in mano le redini dallo sviluppo del prototipo alla creazione dell’azienda. “L’autorizzazione alla sperimentazione di YAPE”, ci spiega “è il risultato della collaborazione tra il Dipartimento per la trasformazione digitale, il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili e il Comune di Milano, nell’ambito di Sperimentazione Italia, la sandbox normativa che consente a startup, imprese, università e centri di ricerca di sperimentare progetti innovativi attraverso una deroga temporanea alle norme vigenti”.
Enrico SilaniVincenzo Russi
#1: SE VUOI COMPRARNE UNO PER CASA…
Ci chiediamo prima di tutto a chi sia rivolto il drone YAPE: è pensato per essere venduto anche ai privati? “Non ci siamo dati un limite, ma la risposta più corretta è no: YAPE è pensato per far parte del sistema logistico, anche per un motivo di costo. In genere, i costi nell’ambito dell’elettronica digitale seguono una curva che vede riduzioni significative legate alla potenza di calcolo dei sistemi. Nell’ultimo anno però questo trend si è modificato e i costi si sono moltiplicati a parità di prestazioni. Quindi siamo in una situazione in cui è impossibile fare previsioni”.
Anche il costo delle materie prime, per non parlare dell’elettronica, varia di settimana in settimana. Come si orienta un’analisi di mercato, una strategia o anche semplicemente un preventivo per un potenziale cliente, in una situazione di questo tipo? “I preventivi variano in funzione di operazioni commerciali, ormai vale per tutti i venditori, dal concessionario ai provider di servizi. Il prezzo lo fa il venditore, in funzione dei tempi che il cliente è disposo ad attendere. Si va caso per caso e, se il cliente ha stabilito con noi un contratto che definisce un prezzo, noi lo dobbiamo gestire anche se le condizioni cambiano. Qualche volta capita che il prezzo concordato sia al di sotto del costo di produzione e in quel caso apriamo una negoziazione con il cliente, per capire se sia disposto a mediare. Che è un po’ quello che si fa anche con i nostri fornitori.
È un problema molto complesso di ingegneria gestionale che ci porta fino al punto di rivedere le architetture hardware e software dei nostri sistemi, individuando alcuni componenti che sono più disponibili di altri sul mercato in modo da poter rimodulare tutto in base alla necessità. Questo ci permette di tenere sotto controllo il prezzo del prodotto”.
Credits: courtesy of YAPE
#2: IN CASO DI SINISTRO, IL DRONE HA RAGIONE?
O, in altre parole, chi gli dà la patente? “La patente non gli serve: prima di tutto, perché ha una cilindrata inferiore ai 50 cc. YAPE ancora non è classificato dal codice della strada, ma concettualmente oggetti di questo tipo sono a metà tra un pedone, nel senso che del pedone ereditano le regole di circolazione, e mezzi come le carrozzine elettriche (per quanto riguarda ingombri e potenze). E poi non c’è un umano che lo guida, ma un’intelligenza artificiale. Sarà la sperimentazione tecnica a raccogliere i dati per capire se YAPE è in grado di circolare in sicurezza in un’area pubblica.”.
Ma cosa succede, per esempio, se YAPE passa col rosso? Anche qui, la domanda è troppo umana: è molto difficile che un’intelligenza artificiale commetta un’infrazione così banale, perché è dotata di sensori e algoritmi che possono gestire un gran numero di situazioni prevedibili come questa.
#3: DEVO TENERGLI APERTE LE PORTE DELL’ASCENSORE?
Diverso invece è chiedersi come il drone si comporti con i diversi terreni e ostacoli: per esempio, prende l’ascensore o le scale?
“Non pensiamo agli ascensori di vecchia generazione, per la maggior parte in circolo oggi, che richiederebbero a YAPE di avere un braccio estraibile per pigiare bottoni collocati ad altezza uomo (ricordiamo che YAPE è alto circa mezzo metro). È invece pensato per interagire con sistemi in grado di scambiarsi messaggi, come smart building e sistemi IoT, per esempio potrebbe chiamare l’ascensore via Bluetooth.
Salire le scale e premere dei pulsanti si può certamente fare, dal punto di vista tecnico, ma aggiunge livelli di complessità che rischiano di compromettere la convenienza economica di YAPE. È tutta una questione di rapporto tra costi e benefici. Il quartiere di Cascina Merlata è di nuova generazione e è in sé una sperimentazione di smart city, quindi per YAPE diventa più semplice”.
Credits: courtesy of YAPE
#4: SI ASPETTA CHE GLI DIA IL BUONGIORNO?
Cosa succede se YAPE viene colpito da una palla perché ci sono bimbi che giocano in cortile? O se incontra una persona a ridotta mobilità? Come sono le prime interazioni con pedoni e altri utenti della strada? “Distinguiamo tra interazioni naturali con persone o oggetti, come automobilisti e motociclisti, da quelli che sono tentativi di incursione di sicurezza o vandalismo. L’interazione naturale è una delle cose più studiate e abbiamo anche un progetto di ricerca con il Politecnico per la modellizzazione dei comportamenti dei pedoni di fronte a ostacoli che si muovono rispetto a ostacoli passivi. Il risultato principale che stiamo rilevando è che YAPE viene accolto molto positivamente: è una novità e quindi genera curiosità.
Poi c’è il tema del design: YAPE è stato disegnato in modo da avere connotati amichevoli e empatici. Torniamo al caso dell’ascensore. È un problema che ci poniamo anche con i nostri “fellow humans”: come mi devo comportare con chi mi sta intorno? Si aspetta che io parli? Devo stare zitto? Tant’è che stiamo implementando il sistema di interazione vocale perché YAPE possa dare informazioni cadenziate su quello che sta facendo”.
REGOLA #5: E SE C’È UN IMPREVISTO?
Cosa succede se qualcuno lo aggredisce? “YAPE è dotato di una serie di algoritmi per rilevare sollevamento da terra, tentativi di scasso, intrusione, manomissione e urti. Ha un track GPS e è in contatto continuo con una control room, che consente agli operatori di ricevere segnali d’allarme, controllare lo stato di telemetria e avere accesso a una parte di comando da remoto. Ma anche qui non parliamo veramente di “imprevisti”.
È, piuttosto, una questione di risk assesment, riguarda il rapporto rischi/benefici. È chiaro che non ci si può proteggere da tutto: tecnicamente tutto è fattibile, ma costruire un dispositivo con i sistemi antintrusione di un bancomat per consegnare un pacco di piccole dimensioni non è conveniente. Non ci pensiamo, ma lo stesso vale quando a eseguire delle operazioni sono gli esseri umani. Vediamo quotidianamente situazioni in cui il corriere che ci consegna i pacchi lascia il furgone aperto o la bicicletta incustodita per salire a farsi firmare l’avvenuta consegna, assumendosi un margine di rischio e lasciando i beni incustoditi per un breve tempo.
Quando parliamo di temi legati alla sicurezza, avere a che fare con una macchina ci porta a farci delle domande che ignoriamo nel caso di procedure che invece prevedono l’intervento umano, anche se in realtà sono pertinenti. Quando demandiamo la responsabilità a un computer, istintivamente ci poniamo domande che invece, nel caso di operatori umani, gli utilizzatori non si pongono più”.
Susan, Giulia C., Sara, Lucrezia, Federica, Chiara, Susanna, Francesca S., Anna, Beatrice, Ludovica, Raffaella, Giulia D., Virginia e Francesca P. sono le studentesse vincitrici delle 15 borse di studio assegnate quest’anno nell’ambito di Girls@Polimi, il progetto del Politecnico di Milano nato per sostenere le studentesse che, dopo aver concluso le scuole superiori, decidono di intraprendere un percorso nel campo delle discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics).
Le studentesse sono state premiate durante un evento tenutosi giovedì 29 settembre alla presenza della Prof.ssa Donatella Sciuto, Prorettrice del Politecnico di Milano, e dei donatori.
Le ragazze, tutte immatricolate a corsi di ingegneria con una bassa presenza femminile, ricevono borse di studio del valore di 8.000€/anno l’una, con possibilità di rinnovo per i successivi due anni di studio. Per questa edizione le borse sono state finanziate da 9 aziende (Gruppo Autostrade per l’Italia, Bain & Company Italy, Banco BPM, Eurofins Foundation, Fastweb, Intesa Sanpaolo, Leonardo, Gruppo Nestlé in Italia, NHOA) dall’Ateneo stesso e da donazioni di singoli individui, alumni del Politecnico di Milano.
Girls@Polimi è un’iniziativa di Gender POP, una delle linee di azione previste dal programma strategico Pari Opportunità Politecniche con il quale l’Ateneo si impegna per garantire un ambiente di studio e lavoro inclusivo e rispettoso dell’unicità di tutti e tutte.
Puoi sostenere anche tu le borse di studio Girls@Polimi con una donazione a partire da 10 euro. Clicca qui.
È avvenuto nella notte tra il 26 e il 27 settembre l’impatto tra la sonda NASA DART (Double Asteroid Redirection Test), che viaggiava a circa 25000 km/h, e l’asteroide Dimorphos, il più piccolo del sistema binario Didymos. La missione DART rappresenta il primo tentativo di verificare sperimentalmente la capacità di deviare la traiettoria di un asteroide in rotta di collisione con la Terra mediante un impatto controllato a massima velocità con una sonda spaziale progettata per schiantarsi contro il corpo celeste e provocarne lo spostamento.
Fondamentale per il successo della missione è il contributo fornito dal piccolo satellite denominato LICIACube (Light Italian Cubesat for Imaging of Asteroids), sonda tutta italiana e primo veicolo Europeo di classe CubeSat a viaggiare nello spazio profondo, lontano dall’ambiente protetto terrestre.
LICIACube, infatti, dopo essersi staccato lo scorso 12 settembre dalla sonda madre DART, è transitato a poche decine di chilometri di distanza dall’asteroide colpito a una velocità di 6-7 km/s, affrontando la nuvola di frammenti per poterne acquisire immagini e riprendere, con le sue camere di bordo, il cratere formatosi, al meglio della risoluzione possibile, consentendo di raccogliere dati fondamentali per lo studio del piccolo corpo celeste e unico testimone della dinamica dell’urto con Dimorphos.
Al successo di questa avveniristica missione voluta dall’Agenzia Spaziale Italiana, hanno contribuito i ricercatori del gruppo di ricerca ASTRA della professoressa Michèle Lavagna, Giovanni Zanotti, Michele Ceresoli e Andrea Capannolo del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali del Politecnico di Milano, che si sono occupati nei mesi passati del delicatissimo compito di definire la traiettoria di rilascio di LICIACube e in queste settimane a valle del rilascio, di riprogettare le manovre di correzione della traiettoria in accordo con i dati che la piccola sonda continuamente ha mandato a Terra, collaborando costantemente con il personale dell’Agenzia Spaziale Italiana, dell’Università di Bologna, di Argotec e del Jet Propulsion Laboratory.
In questi giorni, dunque, i nostri ricercatori hanno monitorato la traiettoria del satellite italiano, gestendo le manovre da svolgere con il piccolo motore di bordo per consentirgli di evitare i detriti generati dall’impatto e di puntare, al contempo, gli strumenti di bordo in maniera ottimale, per acquisire il maggior numero di immagini possibile da inviare a Terra agli scienziati dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, coordinati dalla dottoressa Elisabetta Dotto, responsabile scientifico della missione.
LICIA, precursore tecnologico e missione unica nel suo genere, apre la strada all’impiego di satelliti di piccola taglia per missioni spaziali altamente sfidanti; al contempo rappresenta un esempio di successo e di proficua collaborazione tra il mondo della ricerca e della piccola industria nazionale, coordinato dall’Agenzia Spaziale Italiana, confermando l’eccellenza delle competenze tecnico-scientifiche del nostro Paese e la professionalità dei nostri giovani ricercatori in un’arena internazionale di altissimo profilo,
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