Il prof. Alberto Guadagnini vince la prestigiosa Darcy Medal 2024

«Ho sognato tante volte di ricevere questo premio, uno tra i più prestigiosi a livello internazionale nel campo dell’idrologia. Anzi, a essere sincero non l’ho solo sognato, ci ho anche pensato spesso, in particolare mentre assistevo alle lecture plenarie di coloro che sono stati premiati prima di me». Alberto Guadagnini, vicerettore per la ricerca al Politecnico di Milano e docente di Idraulica presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, ammette che aggiudicarsi la Medaglia Henry Darcy 2024 dell’European Geosciences Union era una delle sue massime ambizioni. «Parliamo dell’organizzazione leader in Europa nel settore delle scienze della terra, planetarie e spaziali», dice il professore, che riceverà fisicamente l’importante riconoscimento durante l’Assemblea Generale dell’EGU, in programma dal 14 al 19 aprile prossimi a Vienna – anche se la notizia è già ufficiale. «Quando mi è stato comunicato che mi avrebbero assegnato la Darcy Medal, credevo fosse uno scherzo. Poi ho capito che era tutto vero e mi sono emozionato tantissimo: sono molte le tappe del percorso ultratrentennale – iniziato nel 1991 – che mi ha condotto sin qui, eppure mi sono reso conto di quanto il mio mestiere, lungi dal venirmi a noia, non abbia smesso di appassionarmi. Questo premio, oltre a essere un grande riconoscimento, è una grandissima responsabilità: ora mi sento ancora più motivato a portare avanti le linee di ricerca avviate negli ultimi anni».


LE LEGGI FISICHE DEL SOTTOSUOLO
I temi spaziano dall’idrologia stocastica al flusso e al trasporto multifase, dalle risorse idriche ed energetiche nel sottosuolo al trasporto reattivo. «In sostanza mi occupo di acque sotterranee e, nella fattispecie, dello stato qualitativo di acquiferi a grande scala, ossia alla scala delle singole città o regioni, e di utilizzo delle risorse energetiche nel sottosuolo. Risorse convenzionali e non, laddove per non convenzionale intendo, per esempio, la fratturazione idraulica e l’estrazione di gas. In tale contesto una delle domande di fondo è: quanto può impattare un intervento legato alle risorse energetiche nel sottosuolo – dalla geotermia al gas agli idrocarburi allo stoccaggio di anidride carbonica – sulla qualità di acquiferi la cui acqua può essere usata a scopo potabile, cioè per bere, o per l’irrigazione agricola o a fini industriali?”. Facile intuire quanto tali studi siano rilevanti per le politiche ambientali e per l’auspicata transizione ecologica, dal momento che l’utilizzo responsabile delle risorse e la preservazione della qualità dell’acqua sono fondamentali per garantire un ambiente sano e sostenibile. «Uno dei punti di rilievo – spiega Guadagnini – è quantificare i possibili rischi legati alla contaminazione delle acque sotterranee e, nel caso si verifichi un evento di contaminazione, cercare un rimedio, ovvero capire cosa fare per ripristinare il buono stato dell’acqua nel sottosuolo. Ma come? Personalmente mi sono concentrato sulle leggi fisiche che stanno alla base di questo genere di processi. Perché ritengo che solo il continuo incremento delle nostre conoscenze in questo ambito, quindi relativamente a tutto ciò che regola il comportamento e lo stato qualitativo dell’acqua in un ambiente complesso e mutevole come il sottosuolo, possa fornire un solido fondamento per la progettazione di interventi che permettano di gestire le risorse idriche nella maniera più sostenibile possibile».


COSA ACCADE NEL CUORE DELLA TERRA? CE LO DICE LA PROBABILITÀ
L’idea è che la ricerca di base sia essenziale alla ricerca applicata, ragion per cui Guadagnini si è approcciato alla seconda senza tralasciare la prima, ossia quella da cui era partito a inizio carriera. Se non si portasse avanti la ricerca di base, quella applicata non avrebbe più idee e concetti nuovi da sfruttare per le proprie indagini mirate, in ultima istanza, alla risoluzione di problemi concreti e reali. E vale anche il contrario, visto che a sua volta la ricerca applicata può favorire la scoperta di nuovi fenomeni e stimolare ulteriormente quella di base. È un ciclo virtuoso. Entrando nel dettaglio degli studi specifici del professore originario di Verona, classe ’64, questo ha significato, in primis, partire dalla conoscenza della fisica di base sui mezzi porosi, vale a dire suoli o sistemi artificiali quali, per esempio, membrane e affini, concepiti ad hoc grazie alle tecnologie più avanzate. «Anche la nostra pelle è un mezzo poroso, sia chiaro, semplicemente io mi occupo di altre tipologie di mezzi porosi», precisa lui, che si è successivamente focalizzato sullo sviluppo di schemi teorici di tipo probabilistico. «Uno degli aspetti affascinanti dei sistemi idrici sotterranei è che sono ricchi di processi fisici, dal flusso di fluidi – non importa si tratti di sola acqua, di mix di acqua e gas, di acqua e idrocarburi o altro – all’interazione del terreno con i composti chimici disciolti all’interno di questi fluidi, composti che provocando tutta una serie di reazioni geochimiche possono finire per trasformare completamente la natura del sistema. A me interessava studiare non solo la natura di quei processi fisici, ho anche cercato di identificare questi ultimi mediante un’appropriata formulazione matematica e di comprendere come impiegare i dati così raccolti nella realtà all’interno di modelli previsionali. È qui che, visto che non si possono avere così tanti dati su ciò che accade a mille o duemila metri di profondità, interviene lo sviluppo di modelli teorici costruiti considerando il concetto di probabilità, che ci fornisce una misura della possibilità che un evento si verifichi».
RICERCA PER LA SOSTENIBILITÀ E LA TRANSIZIONE ECOLOGICA
Nel concreto, si potrebbe avere bisogno di calcolare la probabilità che in un terreno la concentrazione di una data sostanza superi un determinato livello, provocando effetti nocivi sull’ambiente. Oppure, in caso di contaminazione intorno a un pozzo da cui si estrae acqua potabile da distribuire alla popolazione, potremmo dover verificare dopo quanto tempo l’effetto contaminante potrebbe ripercuotersi sulla qualità dell’acqua estratta dal pozzo stesso. Sono solo due esempi, i progetti di ricerca che ha coordinato Guadagnini sono numerosi: si va dall’analisi delle aree di influenza dei pozzi di emungimento sotterraneo all’identificazione di modalità di protezione delle sorgenti idriche naturali, dallo studio dell’effetto combinato dei cambiamenti climatici e delle attività antropiche sulle risorse idriche sotterranee all’indagine relativa al modo in cui l’anidride carbonica immagazzinata nel sottosuolo possa influenzare quest’ultimo e la preservazione dell’acqua. «Le applicazioni della ricerca sono potenzialmente infinite. Parlando di transizione ecologica, stiamo anche studiando alcuni contaminanti emergenti che sono di fatto prodotti farmaceutici: attualmente sono alla guida di un progetto europeo connesso alla propagazione nelle acque sotterranee di particolari fluidi di contrasto usati nelle risonanze magnetiche. Questo perché tali contrast media agents, pur essendo innocui per l’organismo, quando vengono espulsi e finiscono nell’ambiente possono dare luogo a prodotti il cui effetto non è ancora chiaro».
Diplomato al liceo classico e poi iscrittosi a Ingegneria Civile «perché ho sempre provato una forte attrazione per la matematica e le scienze applicate», Guadagnini afferma che per far fronte alla forte competizione nel suo settore servono «il talento individuale, tanto impegno e un ecosistema che sostenga le attività di ricerca». Da questo punto di vista «le infrastrutture e le opportunità che offre il Politecnico di Milano sono eccezionali – osserva –, a partire dalla vitalità dell’ambiente per arrivare alla possibilità di sviluppare ricerche in completa autonomia, anche creando laboratori sperimentali supportati dall’Ateneo». E aggiunge: «Non c’è intervento dell’uomo sull’ambiente che non comporti rischi. Per come la vedo io, è importante essere consapevoli di quei rischi e saperli quantificare includendo l’incertezza associata al nostro livello di comprensione. Così che poi si possa procedere con lo sviluppo di nuove tecnologie ed eventualmente, a livello politico, compiere valutazioni informate per affrontare le sfide che di volta in volta ci si presentano davanti nel mondo reale».

Nuovi sensori da montare sui treni per la salvaguardia di ponti e ferrovie

Il Politecnico è ai vertici delle classifiche mondiali delle università anche grazie alla ricerca scientifica di frontiera che porta avanti nei suoi laboratori. I protagonisti di questo primato italiano sono i circa 3500 scienziati e ricercatori del Politecnico. Tra i temi più caldi ci sono ovviamente quelli legati alla trasformazione sistemica verso la neutralità climatica; e poi il mondo del digitale, dell’esplorazione spaziale, delle life sciences, i movimenti abbracciati dal New European Bauhaus, le nuove frontiere nello studio della materia…  In particolare i giovani ricercatori immettono nuova linfa nel sistema della ricerca e fanno crescere filoni scientifici innovativi. Il Politecnico investe in attività mirate proprio a incentivare l’arrivo di giovani scienziati di eccellenza. Tra i molti, quest’anno accogliamo dodici nuovi giovani ricercatori e ricercatrici tra i migliori della loro generazione, che arrivano al Politecnico di Milano grazie al programma Marie Skłodowska-Curie Actions (MSCA) fellowship. Ve li presentiamo… in rigoroso ordine d’appello.

CHARIKLEIA STOURA si occupa della caratterizzazione dei profili di rugosità nei binari ferroviari sulla base dei dati di vibrazione dei treni in servizio. Attualmente, per monitorare lo stato strutturale dei ponti, vengono eseguite ispezioni visive o vengono installati dispositivi di misurazione direttamente sui ponti, un sistema che comporta costi elevati e un gran numero di ore-lavoro. Stoura mira a sviluppare una metodologia che utilizzi sensori a basso costo da installare sui treni in servizio, che viaggiano su tutti i ponti della rete ferroviaria a intervalli frequenti, raccogliendo dati in continuazione e in modo sistemico: un tipo di monitoraggio che va nella direzione di una la completa digitalizzazione della manutenzione dell’infrastruttura ferroviaria. Questo, a sua volta, può fornire preziose informazioni e promuovere decisioni informate in merito alla manutenzione regolare dei sistemi ferroviari e alle condizioni operative ottimali (ad esempio, la velocita dei treni).

Scopri di più: tutti i ricercatori Marie Skłodowska-Curie Actions (MSCA) del 2023 su MAP 12

Tre designer Polimi vincono il XIII Premio Nazionale per l’Innovazione

La mano artificiale Hannes è parte di un sistema protesico di derivazione robotica concepito e sviluppato dal laboratorio congiunto Rehab Technologies IIT – Inail. Il design industriale di Hannes è stato curato dagli Alumni del Politecnico di Milano Lorenzo de Bartolomeis, Gabriele Diamanti e Filippo Poli, fondatori di ddpstudio, a cui è stato consegnato oggi il “Premio dei Premi”. Il team di lavoro era già stato vincitore del Premio Innovazione ADI e della XXVI edizione del Compasso d’Oro per il design industriale del dispositivo, che si contraddistingue oltre che per l’alto tasso di innovazione anche per la bellezza e l’equilibrio formale del suo disegno. Scopri la storia di Hannes a questo link

Attraverso un lavoro di studio e ibridazione tra varie discipline, la mano protesica si caratterizza per un mix di proporzioni, posture ed ergonomia che la rendono estremamente funzionale e in armonia con il corpo del paziente. Il design finale è stato raggiunto grazie un’iterazione continua con le competenze tecniche, cliniche e robotiche dei ricercatori dell’Istituto Italiano di tecnologia e del Centro Protesi Inail e di un percorso di trial che ha coinvolto clinici e paziente fin dalle prime fasi del progetto.

La cerimonia si è svolta il 19 dicembre 2023 presso il CNR di Roma alla presenza del Ministro per la Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo e del Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini. Il Premio Nazionale per l’Innovazione “Premio dei Premi” è stato istituito con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 7 aprile 2008, su concessione del Presidente della Repubblica Italiana, presso la Fondazione COTEC, per celebrare la Giornata Nazionale dell’Innovazione. Obiettivo del Premio è riconoscere ed evidenziare annualmente la capacità d’innovazione di imprese, università, amministrazioni pubbliche, singoli inventori, anche al fine di favorire la crescita della cultura dell’innovazione nel Paese.

Il meglio del Design italiano, made in Polimi

La selezione dell’ADI DESIGN INDEX 2023 raccoglie i migliori prodotti e servizi di tutti i settori del design italiano, scelti annualmente da ADI come preselezione per il Premio Compasso d’Oro, il più antico e autorevole premio di disegno industriale al mondo, che si tiene ogni 2 anni.

Quest’anno sono 238 i progetti che “ce l’hanno fatta” e sono entrati nell’INDEX 2023. Insieme alla selezione del 2022, chiudono un ciclo particolarmente importante: quello che prepara alla XXVIII edizione del Compasso d’Oro, che si terrà nel 2024 nel 70° anniversario dell’istituzione del premio, nato nel 1954 da un’idea dell’Alumnus Politecnico Gio Ponti grazie al sostegno di Rinascente.

I PROGETTI DEGLI STUDENTI

Il Design è una disciplina particolare. Esistono grandi nomi, star e maestri che ne popolano l’Olimpo; ma la creatività è imprevedibile e non è raro che anche i giovanissimi vengano ammessi in questo Pantheon. In particolare, la Targa Giovani è il premio che la giuria del Compasso D’Oro riserva a giovani designer, che partecipano con progetti, autoproduzioni, studi o ricerche oggetto di tesi o di esame finale. Dei 19 progetti ammessi alla selezione 2023, 8 vengono dalla Scuola di Design del Politecnico di Milano.

Scoprili qui https://dipartimentodesign.polimi.it/it/news/219

In un’intervista a Interni Magazine, il prof. Francesco Zurlo sottolinea: “Tra le 19 selezioni per Targa Giovani ci sono pochi prodotti tradizionali associati e molta ricerca e sperimentazione”. Il prof. Zurlo è preside della Scuola del Design del Politecnico di Milano e membro del comitato scientifico dell’Osservatorio permanente del design ADI, l’organismo si occupa della selezione dei prodotti candidati all’INDEX. Nell’intervista pone l’accento su due elementi particolari di questa edizione: la sostenibilità e l’inclusività, leitmotiv delle riflessioni del design italiano contemporaneo e del pensiero politecnico.

DECINE DI ALUMNI POLITECNICI TRA LE ECCELLENZE DEL DESIGN

La Scuola e il Dipartimento di Design sono presenti anche nella selezione generale con progetti, prodotti e lavori di ricerca. Insieme a loro, tantissimi Alumni, designer e progettisti che hanno presentato lavori individuali o – molto più spesso – collaborativi. Sempre di più infatti il design affronta la complessità in modo collaborativo e interdisciplinare. Non solo oggetti – bellissimi – come spesso siamo abituati a immaginare il design: una bella lampada, o una sedia o un abito; ci sono anche gli oggetti d’autore, ma tra le scelte dell’ADI Design Index 2023 fanno capolino tanti progetti di design dei servizi, per il sociale e la comunicazione, progetti editoriali piattaforme online e app. È la fotografia di trend che va sempre più radicandosi e che fa emergere il ruolo del Design come disciplina riformatrice e innovatrice dei processi, oltre che interprete del classico binomio forma-funzione.

Abbiamo provato a rintracciare tutti i progettisti, Alumni del Politecnico di Milano, coinvolti nell’ADI Design Index 2023. Abbiamo passato al setaccio tutti i progetti e ne abbiamo scovati, chi protagonista e chi in veste di “side-kick”, oltre 50. Ma di sicuro ce ne sarà sfuggito qualcuno. Contiamo sulla Community degli Alumni, come sempre, per colmare questa lacuna. Ricordiamo anche che il Design è disciplina collaborativa per eccellenza, ragione per cui spesso gli oggetti e i progetti che presentiamo sono opere a più mani.

Dopo questo doveroso disclaimer, vediamo cosa ci mostra questa fotografia del Design contemporaneo.

Il Design per l’Abitare è tradizionalmente la categoria più nutrita:

  • ALINE, serie di rubinetteria ad alta tecnologia, ma con rifinitura manuale, progettata dal designer Marco (Alumnus Architettura 1976);
  • CABANON, che interpreta lo spirito originale della sauna da un progetto di Rodolfo Dordoni (Alumnus Architettura 1979), scomparso nell’agosto 2023.
  • Da Dordoni anche GHISA, collezione di radiatori in alluminio.
  • Ilaria Marelli (Alumna Architettura 1997) presenta COMO, collezione di sul tema del fuoco negli esterni, sviluppata su prodotti monomaterici per una facile dismissione a fine vita.
  • Firmata da Antonio Citterio (Alumnus Architettura 1975) troviamo ESOSOFT, collezione di sedute modulabili.
  • ICON, di Marcello Ziliani (Alumnus Architettura 1988), è una collezione di sedute adattabili e avvolgenti.
  • INGIRO, di Lorenzo Damiani (Alumnus Architettura 1999), è un sistema di doccia posizionabile ovunque e azionabile con un tocco del piede;
  • LEVA, maniglia dal minimo impatto visivo e ambientale, arriva dallo studio Park Associati, fondato da Filippo Pagliani (Alumnus PhD Ingegneria 2008), e Michele Rossi (Alumnus Architettura 1991).
  • Piero Lissoni (Alumnus Architettura 1985) declina il tema della seduta con MJNA,
  • Come anche Alessandro Stabile (più giovane, si laurea al Poli in Disegno Industriale nel 2007), con OTO CHAIR e TACO.
  • Lissoni ci porta anche POCHETTE, poltrona pensata per l’adattabilità.
  • La poltrona REEF, di Michele Menescardi (Alumnnus Disegno Industriale 2004), progettata in ogni componente con un’impostazione ecosostenibile e circolare.
  • OPTICAL TRIPS, è collezione di piastrelle dello studio Meneghello Paolelli, fondato dagli Alumni Marco Paolelli (Design del Prodotto) e Sandro Meneghello (Disegno Industriale), entrambi laureati nel 2004.
  • Patricia Urquiola (Alumna Architettura 1989) porta la collezione di tavoli SIMOON, ottenuti dal recupero e dalla valorizzazione degli scarti di lavorazione del vetro di Murano.
  • Da una collaborazione di Paolo Belloni (Alumnus Architettura 1993) nascono WALL BOX BE-T stazione di ricarica pensata per uso domestico, e la sorella WALL BOX BE-D (nella categoria Design per il lavoro).
  • Un posto d’onore spetta al Design per l’Illuminazione, che apriamo con CHIAROSCURA, lampada da terra che sperimenta un arricchimento funzionale del luminator per emettere solo luce indiretta verso l’alto. È firmata da Alberto Meda, designer nato nel 1945 e laureato in Ingegneria Meccanica al Politecnico di Milano nel 1969.
  • Paolo Rizzatto (nato nel 1941 e laureato in Architettura nel 1965, porta FIGAROQUA FIGAROLÀ, sistema di illuminazione senza vincoli ispirato alla tradizionale lampada a candela.
  • MINI GEEN-A, di Ferruccio Laviani Alumnus Architettura 1986) reinterpreta la lampada da lettura.
  • Ancora da Dordoni, NILE è una lampada-scultura la cui composizione di volumi guarda all’equilibrio tra gli opposti.
  • Per il Design per la Mobilità, citiamo THEFALCON, bicicletta stampata in 3D by Romolo Stanco (Alumnus Architettura 2000);
  • SP110, di Lissoni, un’imbarcazione nata dalla ricerca sulle tecnologie a basso impatto ambientale (SP sta per Smart Performance);
  • V100 MANDELLO, moto concepita per il centesimo anniversario di Piaggio, dotata di aerodinamica adattiva, che porta il timbro di Marco Lambri (Alumnus Architettura 1998).

Apriamo la categoria Design per il Lavoro:

  • JOVENA® di Studio Volpi, di cui citiamo, tra i molti Alumni che ne fanno parte, Patrizio Cionfoli (Alumnus Disegno Industriale 1999): è un dispositivo medico composto da un carrello con un’unità che, mediante appositi manipoli, permette differenti trattamenti: microchirurgia non invasiva, diatermia e contrazione combinate in un’unica sorgente a radiofrequenza per raggiungere i muscoli e gli strati più profondi.
  • KSA è una famiglia di impianti industriali per grandi volumi di produzione a tecnologia PVD (Physical Vapor Deposition), che sostituisce processi galvanici più inquinanti in settori come l’automotive.
  • È firmata da Lorenzo De Bartolomeis (Disegno Industriale 2005). PERFECT BREATH, contributo di Giuseppe Modeo (Alumnus Architettura 2006), è un dispositivo di filtrazione dell’aria che evita l’accumulo di batteri e muffe.
  • CANCELLATO UNIFORM , di Diletta Cancellato (Alumna Design della Moda 2012) nella categoria Design per la Persona, è una linea di abbigliamento per piccoli e grandi che combina le competenze artigianali con le nuove tecnologie di maglieria 3D: abiti capaci di adattarsi a ogni fisico, età, genere e abilità fisica.
  • ECO+ RACE CAR, linea di automobiline per bambini a partire dai 12 mesi, nasce da una collaborazione di Bice Dantona (Alumna Design della Comunicazione 2011).
  • Lorenzo Palmieri (Alumnus Architettura 1993) presenta NEMO, pianoforte verticale dal fronte curvo.
  • VENUSIA è collezione di gioielli firmata da Elena Salmistraro (Alumna Disegno Industriale 2008).
  • Per il Food Design abbiamo FARFALLA, schiaccianoci progettato nel 1998 da Enzo Mari e rimasto finora inedito (Enzo Mari);
  • LAVAZZA TINY ECO, per la quale citiamo Angelica Rella (Alumna Design del Prodotto 2015);
  • PIETRO GRINDERS, macinacaffè di Valerio Cometti (Alumnus Ingegneria Meccanica 2001).
  • Nella categoria Design dei Materiali e dei Sistemi Tecnologici: IDRO ROYALE, finitura monocomponente a base d’acqua di Raffaella Mangiarotti (Alumna Architettura 1991);
  • MATHERA, pannello prodotto utilizzando esclusivamente legno a fine vita, di Diego Grandi (Alumnus Architettura 1999);

Usciamo dal corporeo con il Service Design:

  • ESPERTO RISPONDE, con lo zampino di Giacomo Flaim (Alumnus Design della Comunicazione 2019), è un servizio de Il Sole 24 Ore che permette ai lettori del giornale di porre quesiti su temi fiscali e giuridici direttamente a esperti del settore.
  • Dallo studio Dotdotdot, fondato da Laura Dellamotta e Giovanna Gardi, Alumnae in Architettura laureate nel 2002, l’Alumnus in Disegno Industriale (2003) Fabrizio Pignoloni e il ricercatore Alessandro Masserdotti, arriva FONDAZIONE LUIGI ROVATI PLATFORM, sistema digitale ideato per il nuovo Museo d’arte della Fondazione.
  • NEXI PLANET CARE è un servizio disponibile tramite l’app Nexi Pay, che contribuisce a sensibilizzare gli utenti in materia di scelte di acquisto sostenibili: lo citiamo perché l’amministratore delegato di Nexi è Paolo Bertoluzzo, Alumnus Ingegneria Gestionale 1990, e, visti i tempi, ci sembrava importante.
  • E, a proposito: SOSTENIBILITÀ 10 E LODE è un mazzo di 96 carte ideato, come strumento di team building sul tema della sostenibilità aziendale, da Nicoletta Crisponi (Alumna Disegno Industriale 2011).
  • Nel Design per il Sociale, SHERLOCK, CONCIERGE INCLUSIVO, è un un oggetto destinato agli ipovedenti gravi, che permette di acquisire tramite descrizioni audio informazioni su luoghi di ricezione turistica: com’è organizzata una stanza, dove sono le prese elettriche, com’è disposto il bagno ecc. È opera del collettivo Hackability, lo citiamo perché il co-founder è un Alumnus: Francesco Rodighiero, Disegno Industriale 2003.
  • Nella categoria Ricerca per l’Impresa vediamo il BESTIARIO DI INTELLIGENZA ARTIFICIALE, libro per adulti e bambini che racconta l’intelligenza artificiale attraverso le storie di otto creature immaginarie, di Francesca Fiocchi (Alumna Disegno Industriale 2008);
  • CANDIDATE EXPERIENCE HUB, un processo di selezione del personale fondato sul design thinking, di Amploom (azienda fondata da Serena Leonardi, Alumna Product Service System Design 2013);
  • COLLABORATION MAXIMIZER, una collaborazione con Medici Senza Frontiere di Roberta Tassi (Alumna Design della Comunicazione 2008): si tratta di un nuovo modello di lavoro per un’organizzazione umanitaria non governativa;
  • E infine POLARIS®, elaborazione infografica pensata da Lorenzo De Bartolomeis per definire la continua ricerca del metodo di lavoro in un gruppo.

202 scienziate e scienziati del Poli nella classifica dei migliori al mondo

Lo ha stabilito la World’s Top 2% Scientist ranking, la classifica mondiale delle scienziate e degli scienziati con livello più elevato di produttività scientifica, elaborata dalla Stanford University in collaborazione con Elsevier e con il database per la ricerca scientifica mondiale “Scopus”.  La classifica è il risultato di uno studio di bibliometria, scienza che utilizza tecniche matematiche e statistiche per analizzare la quantità, la qualità e la diffusione delle pubblicazioni all’interno delle comunità scientifiche. Gli autori hanno analizzato dati relativi a circa 9 milioni di ricercatori provenienti da università e centri di ricerca di tutto il mondo.

Tra questi, circa 204 mila scienziati si sono distinti per autorevolezza scientifica e oggi rappresentano appunto il 2% dei migliori. Circa 5700 di questi lavorano (o hanno lavorato per la maggior parte della loro carriera) in Italia, 202 al Politecnico di MilanoConfronta i dati scaricabili a questo link

I calcoli sono stati eseguiti utilizzando tutti i profili degli autori Scopus al 1° ottobre 2023. Gli scienziati sono classificati in 22 campi scientifici e 174 sottocampi, dall’acustica alla zoologia. Per ogni ricercatore vengono valutate le citazioni e il relativo h-index, un indice che misura la prolificità e l’impatto scientifico di un autore, basandosi sia sul numero delle pubblicazioni sia sul numero di citazioni ricevute. Per ogni ricercatore viene poi calcolato un indicatore composito che si concentra sulla rilevanza, più che sul semplice numero delle pubblicazioni, e include informazioni sulla co-paternità e sulle posizioni dell’autore (singolo, primo, ultimo autore). Ogni profilo viene infine analizzato e confrontato con gli altri con avanzate tecniche di machine learning, per produrre risultati confrontabili tra le diverse aree scientifiche.

I 203 SCIENZIATI DEL POLI NEL 2% DEI MIGLIORI AL MONDO

Aerospazio e aeronautica, chimica analitica, organica, inorganica, nucleare e ingegneria chimica, materiali, ingegneria meccanica e trasporti, matematica applicata e generale, fisica applicata, intelligenza artificiale, ingegneria automobilistica, ingegneria biomedica, edilizia e costruzioni, business e management, ingegneria civile, hardware e computer architecture, design, ingegneria elettrica ed elettronica, energia, ingegneria ambientale, geologia e geomatica, ingegneria industriale e automazione, telecomunicazioni, ottica, optoelettronica e fotonica, polimeri, software engineering, strategic, defence & security studies, pianificazione urbana e territoriale. In questi campi, i ricercatori del Politecnico di Milano sono tra i migliori al mondo. Eccoli:

Tommaso Agasisti, Economics |  Andrea Aliverti, Respiratory System |  Edoardo Amaldi, Nuclear & Particle Physics |  Francesco Amigoni, Artificial Intelligence & Image Processing |  Gianfranco Angelino, Energy |  Danilo Ardagna, Artificial Intelligence & Image Processing |  M. Astolfi, Energy |  Sara Bagherifard, Materials |  Piero Baraldi, Strategic, Defence & Security Studies |  Luigi Barazzetti, Geological & Geomatics Engineering |  Luciano Baresi, Artificial Intelligence & Image Processing |  Giuseppe Baselli, Biomedical Engineering |  Stefano Beretta, Mechanical Engineering & Transports |  Alberto Berizzi, Energy |  Andrea Bernasconi, Materials |  Luca Bertolini, Building & Construction |  Giorgio Besagni, Mechanical Engineering & Transports |  Luigi Biolzi, Building & Construction |  Fabio Biondini, Civil Engineering |  Sergio Bittanti, Industrial Engineering & Automation |  Daniele Bocchiola, Environmental Engineering |  Cristiana Bolchini, Computer Hardware & Architecture |  Gabriella Bolzon, Mechanical Engineering & Transports |  Andrea Bonarini, Artificial Intelligence & Image Processing |  Benedetto Bozzini, Energy |  Francesco Braghin, Automobile Design & Engineering |  Marco Brambilla, Artificial Intelligence & Image Processing |  Angelo M. Brambilla, Electrical & Electronic Engineering |  Elisabetta Brenna, Organic Chemistry |  Matteo Bruggi, Applied Mathematics |  S. Bruni, Automobile Design & Engineering |  Enrico Cagno, Energy |  Roberto Camagni, Urban & Regional Planning |  Stefano Campanari, Energy |  Roberta Capello, Urban & Regional Planning |  Edoardo Capello, Materials |  Antonio Capone, Networking & Telecommunications |  Valter Carvelli, Materials |  Siro Casolo, Mechanical Engineering & Transports |  Carlo Cercignani, Fluids & Plasmas |  Stefano Ceri, Artificial Intelligence & Image Processing |  Giulio Cerullo, Optics |  Sergio Cerutti, Biomedical Engineering |  Federico Cheli, Automobile Design & Engineering |  Vittorio Chiesa, Business & Management |  Paolo Chiesa, Energy |  Pasquale Ciarletta, Mechanical Engineering & Transports |  Lorenzo Codecasa, Electrical & Electronic Engineering |  Patrizio Colaneri, Industrial Engineering & Automation |  Marcello Colledani, Industrial Engineering & Automation |  Pierluigi Colombi, Materials |  Massimo G. Colombo, Business & Management |  F. Colombo, General Mathematics |  Bianca Maria Colosimo, Industrial Engineering & Automation |  Claudia Comi, Mechanical Engineering & Transports |  Stefano Consonni, Energy |  Alberto Corigliano, Mechanical Engineering & Transports |  Dario Coronelli, Civil Engineering |  Sergio Cova, Optoelectronics & Photonics |  Loredana Cristaldi, Electrical & Electronic Engineering |  Rinaldo Cubeddu, Optics |  Gianpaolo Cugola, Artificial Intelligence & Image Processing |  A. Cuoci, Energy |  Gabriele D’antona, Electrical & Electronic Engineering |  Gianluca D’Errico, Energy |  Florian Daniel, Artificial Intelligence & Image Processing |  Carlo De Michele, Environmental Engineering |  Sandro De Silvestri, Optoelectronics & Photonics |  Giuseppe Della Valle, Optics |  Luigi T. DeLuca, Aerospace & Aeronautics |  Ali Gökhan Demir, Materials |  Marco di Prisco, Building & Construction |  Giorgio Diana, Civil Engineering |  L. Dozio, Materials |  Lorenzo Fagiano, Industrial Engineering & Automation |  Roberto Sebastiano Faranda, Energy |  Tiziano Faravelli, Energy |  Liberato Ferrara, Building & Construction |  Alessandro Ferrero, Electrical & Electronic Engineering |  Giancarlo Ferrigno, Biomedical Engineering |  Marco Finazzi, Applied Physics |  Pio Forzatti, Physical Chemistry |  A. Frassoldati, Energy |  Piero Fraternali, Artificial Intelligence & Image Processing |  Carlo Albino Frigo, Biomedical Engineering |  Alfonso Fuggetta, Software Engineering |  Maurizio Stefano Galimberti, Polymers |  Pietro G. Gambarova, Civil Engineering |  Fabio Ganazzoli, Polymers |  Franca Garzotto, Artificial Intelligence & Image Processing |  Filippo Gazzola, General Mathematics |  Carmelo Gentile, Civil Engineering |  Carlo Ghezzi, Software Engineering |  Massimo Ghioni, Optoelectronics & Photonics |  Marco Giglio, Materials |  Giuseppina Gini, Artificial Intelligence & Image Processing |  Giancarlo Gioda, Geological & Geomatics Engineering |  Antonio Giuffrida, Energy |  M. Grasselli, General Mathematics |  Gianmarco Griffini, Polymers |  Gianpiero Groppi, Physical Chemistry |  Mario Guagliano, Materials |  Alberto Guardone, Aerospace & Aeronautics |  Andrea Virgilio Guarnieri, Geological & Geomatics Engineering |  D. Ielmini, Applied Physics |  Hamid Reza Karimi, Industrial Engineering & Automation |  Andrea L. Lacaita, Applied Physics |  Guglielmo Lanzani, Applied Physics |  Pier Luca Lanzi, Artificial Intelligence & Image Processing |  Paolo Laporta, Optics |  Alberto Leva, Industrial Engineering & Automation |  Sonia Leva, Energy |  Salvatore Levantino, Electrical & Electronic Engineering |  Luca Lietti, Physical Chemistry |  Maria Pina Limongelli, Civil Engineering |  Giorgio Locatelli, Energy |  Stefano Longhi, Optics |  Marco Lovera, Industrial Engineering & Automation |  Giovanni Lozza, Energy |  Elena Lucchi, Building & Construction |  Ennio Macchi, Energy |  Giuseppe Macchiarella, Networking & Telecommunications |  Paolo Maffezzoni, Electrical & Electronic Engineering |  Vittorio Magni, Optoelectronics & Photonics |  Giulio Maier, Mechanical Engineering & Transports |  Luca Mainardi, Biomedical Engineering |  Erfan Maleki, Materials |  Flavio Manenti, Energy |  Ezio Manzini, Design Practice & Management |  Giampaolo Manzolini, Energy |  Stefano Mariani, Mechanical Engineering & Transports |  M. Marseguerra, Energy |  M. Martinelli, Optoelectronics & Photonics |  Pierangelo Masarati, Aerospace & Aeronautics |  Emilio Matricciani, Networking & Telecommunications |  Domenico Mazzeo, Energy |  Marco Mehl, Energy |  Stefano Valdo Meille, Polymers |  Andrea Mele, Organic Chemistry |  Andrea Melloni, Optoelectronics & Photonics |  Pierangelo Metrangolo, Organic Chemistry |  Francesco Migliavacca, Biomedical Engineering |  Gabriele Milani, Civil Engineering |  Francesco Minisci, Organic Chemistry |  Massimo Morbidelli, Chemical Engineering |  Francesco Morichetti, Optoelectronics & Photonics |  Luca Mottola, Networking & Telecommunications |  G. Natta, Polymers |  Michele Norgia, Electrical & Electronic Engineering |  Roberto Nova, Geological & Geomatics Engineering |  Angelo Onorati, Energy |  A. 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Sensori e materiali “auto aggiustanti” per proteggere il patrimonio culturale

Il Politecnico è ai vertici delle classifiche mondiali delle università anche grazie alla ricerca scientifica di frontiera che porta avanti nei suoi laboratori. I protagonisti di questo primato italiano sono i circa 3500 scienziati e ricercatori del Politecnico. Tra i temi più caldi ci sono ovviamente quelli legati alla trasformazione sistemica verso la neutralità climatica; e poi il mondo del digitale, dell’esplorazione spaziale, delle life sciences, i movimenti abbracciati dal New European Bauhaus, le nuove frontiere nello studio della materia…  In particolare i giovani ricercatori immettono nuova linfa nel sistema della ricerca e fanno crescere filoni scientifici innovativi. Il Politecnico investe in attività mirate proprio a incentivare l’arrivo di giovani scienziati di eccellenza. Tra i molti, quest’anno accogliamo dodici nuovi giovani ricercatori e ricercatrici tra i migliori della loro generazione, che arrivano al Politecnico di Milano grazie al programma Marie Skłodowska-Curie Actions (MSCA) fellowship. Ve li presentiamo… in rigoroso ordine d’appello.

NIKI TROCHOUTSOU si occupa, ci racconta, di un patrimonio culturale a rischio: “Terremoti, conflitti bellici e cambiamenti climatici minacciano la sua integrità strutturale e, di conseguenza, la nostra identità. L’ammodernamento strutturale è fondamentale per la protezione del patrimonio costruito e per garantirne la resilienza. Gli attuali sistemi di riparazione potrebbero guastarsi prematuramente e le loro prestazioni a lungo termine non sono garantite, rendendo quindi necessario un monitoraggio continuo e costoso prima che la sicurezza sia compromessa. Il mio progetto svilupperà sistemi di malta rinforzata con tessuti di nuova generazione e sistemi di auto-rilevamento, in grado di “sentire” il danno e guarire le crepe senza l’intervento umano”.

Scopri di più: tutti i ricercatori Marie Skłodowska-Curie Actions (MSCA) del 2023 su MAP 12

I Mhackeroni che vincono a Las Vegas (si tratta di hackeraggio… per gioco!)

Mario Polino ha 33 anni e tanti capelli neri e ricci che raccontano un’originalità che si esprime attraverso il saper fare l’hacker: ovvero, saper violare un sistema informatico per saperlo proteggere. È ricercatore in Cyber security del dipartimento di Elettronica Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, nonché capitano del team Mhackeroni, un gruppo interuniversitario di circa 60 persone dove il Poli, con il team interno “Tower of Hanoi”, è il maggiormente rappresentato.

Polino ci ha raccontato di una vittoria italiana in una competizione molto prestigiosa aperta a tutti, non solo alle università. Si è tenuta ad agosto 2023 a Las Vegas e si chiama Hack a-Sat, ovvero “hackera un satellite”. È organizzata dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti che ha lanciato un vero e proprio satellite nello spazio, e si è svolta durante la conferenza DEF CON 31 (10-13 agosto 2023) a Las Vegas. L’ente organizzatore (Air Force Research Laboratory) di questa competizione, per capire il livello, è lo stesso che ha ideato il sistema GPS.

Alla competizione hanno preso parte oltre 300 team di tutto il mondo ma solo cinque sono arrivati alla finale di Las Vegas: quello italiano, uno tedesco, uno polacco e due misti USA-UK.

“Queste competizioni non sono solo di attacco-violazione, spesso sono anche di difesa, cioè proteggere dei sistemi individuando e rafforzando le zone vulnerabili. Si tratta, in pratica, di cercare o proteggere dei dati sensibili

Nel caso della competizione a Las Vegas la situazione era di attacco. Ecco cosa dovevano fare i cinque team: “Dovevamo violare la sicurezza del satellite in orbita, cioè dovevamo riuscire a controllarlo e a fargli scattare delle fotografie nelle varie Red Zone”.

“Tecnicamente – ha aggiunto Polino – si è trattato di scrivere dei programmi per far credere al satellite di sorvolare una zona free invece che una delle red zone”.


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Chi è Federica Fragapane, la Designer italiana che espone al MoMa di New York

Nell’era dei Big Data, discipline come information design e data visualization sono di cruciale importanza per rendere comprensibile e sfruttabile la quantità enorme di informazioni di cui disponiamo in ogni settore dello scìbile umano. Lo sa bene Federica Fragapane, che dopo la laurea in Design della Comunicazione al Politecnico di Milano è riuscita a costruirsi un avvincente percorso in questo ambito professionale, diventando un punto di riferimento per la progettazione di infografiche per La Lettura, l’inserto culturale del Corriere della Sera, e arrivando a collezionare collaborazioni con altre testate, da Scientific American a BBC Science Focus, e con un ampio ventaglio di enti, associazioni e aziende che va da Google all’ONU. Mai, però, la 35enne si sarebbe aspettata che tre sue visualizzazioni di dati sarebbero state acquisite dal Dipartimento di Architettura e Design del MoMa di New York come parte della collezione permanente del museo. Una grande soddisfazione, merito di un approccio creativo e sperimentale basato sulla rappresentazione della complessità anche attraverso interfacce visuali diverse dai tradizionali grafici a barre, a torta, cartesiani o a istogramma, e sull’idea che l’estetica conti quanto i contenuti.

L’idea è di suggerire graficamente aspetti tendenzialmente esclusi dall’analisi puramente statistica, che, pur nel suo rigore scientifico, rischia di celare le tante sfaccettature della complessità del reale in cui siamo calati e la relatività del nostro sguardo. Eloquente, a tal proposito, la scelta di Federica di disegnare foglie dalle tinte autunnali in uno dei progetti selezionati dal MoMa, Land Defenders, uscito sul magazine Atmos a corredo di un’inchiesta della giornalista Yessenia Funes e dedicato agli ambientalisti uccisi in Brasile tra il 2015 e il 2019. O ancora, quella di tratteggiare una sorta di serpente rosso per visualizzare i livelli di concentrazione di CO2 nell’atmosfera. Si tratta di puntare su quelle che Fragapane definisce «parole visive, non meno importanti di quelle testuali e in grado, con il loro potere evocativo, di dar vita a un racconto visuale aperto anche alla dimensione emotiva».

«Dopo l’università ho lavorato per qualche anno presso Accurat, studio di information design con sede a Milano e a New York, e già lì avevo respirato aria di sperimentazione», dice Fragapane. «Quando, poi, sono diventata freelance, seguendo l’istinto, ossia passando un sacco di tempo al computer e tra i libri in cerca di ispirazioni visive, ma senza voler necessariamente definire uno stile preciso, mi sono ritrovata a essere attratta soprattutto da ciò che aveva a che fare con la natura e con il mondo degli organismi viventi. Da quel momento ho iniziato a usare figure organiche, morbide, lontane da quelle che popolano solitamente le infografiche, e col tempo questa si è trasformata in una pratica consapevole e significativa. Per me quelle forme non sono solo belle, ma servono a richiamare due concetti: da un lato, la vita dietro i dati stessi, il fatto che dietro ai numeri e alle percentuali che rappresento ci sono spesso storie di persone o di ecosistemi, un’umanità, un “vivente”, che io credo sia essenziale restituire graficamente; dall’altro, la relatività, non neutralità e imperfezione di quei dati, che, al di là dell’affidabilità delle fonti cui ricorro, sono inevitabilmente frutto di una ricerca umana».

Qualcuno obietterà che questo approccio possa minare la percezione di scientificità da parte dell’utente, ma per Fragapane è un falso problema. «Penso serva onestà intellettuale nel dichiarare che c’è sempre qualcuno dietro alla raccolta ed elaborazione di dati. Il che per me non mina l’autorevolezza di uno studio. Anzi, quell’onestà può contribuire fortemente a instaurare un rapporto di fiducia nei confronti dei numeri e della scienza». Alla base, la convinzione che in ogni progetto di information design chiarezza e bellezza espositiva debbano intrecciarsi adattandosi, al contempo, al target di riferimento. «È una questione di cura nei confronti di ciò che si fa e di attenzione verso il gruppo di persone a cui ti rivolgi. Inoltre, quando lo scopo di un’indagine è divulgativo, amo pensare che un’infografica esteticamente piacevole possa diventare un invito alla lettura e all’approfondimento. L’estetica non è un vezzo, un momento finale di rifinitura: è parte integrante del processo di comunicazione».

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Photo Credit: Wild Mazzini

Ecco gli scienziati italiani dietro al premio Nobel per la fisica 2023

Quella degli attosecondi è una delle storie scientifiche più importanti degli ultimi 100 anni. Una di quelle storie in cui qualcosa sembra impossibile… finché non viene fatto. È anche una di quelle storie che raccontano bene come una scoperta scientifica sia frutto di sforzi collettivi da parte di una comunità di scienziati che lavorano insieme, per decenni, anche a distanza (e lo facevano anche quando non era mainstream).

Ed è una storia che nel 2023 culmina (ma non finisce) con l’assegnazione del Premio Nobel per la Fisica a tre scienziati: Pierre Agostini, Ferenc Krausz e Anne L’Huillier, “per i metodi sperimentali che generano impulsi ad attosecondi di luce per lo studio delle dinamiche degli elettroni nella materia”. A seguito di questa assegnazione, sono emersi i contributi di altri scienziati che hanno fortemente contribuito alle recenti scoperte, e in particolare uno che ci riguarda molto da vicino.

Al Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano, Mauro Nisoli è professore ordinario di fisica della materia e direttore del laboratorio Attosecond Research Center. È un pioniere della fisica degli attosecondi e il lavoro del suo gruppo di ricerca è alla base degli esperimenti che hanno portato alla generazione e alla caratterizzazione di impulsi luminosi “estremamente brevi”, della durata di un miliardesimo di miliardesimo di secondo, utilizzati per studiare il moto degli elettroni all’interno di atomi e molecole.

Gli abbiamo chiesto di raccontarci questa storia: ecco come è andata.

UN GRUPPO DI FISICI VUOLE “VEDERE” COME SI MUOVONO GLI ELETTRONI ALL’INTERNO DELLA MATERIA DOPO L’INTERAZIONE CON LA LUCE

La storia di questo Nobel – e dell’attosecondo – inizia negli anni ’80. Inizia perché alcuni scienziati si sono messi in testa di voler guardare cosa succede all’interno delle molecole – e degli atomi – quando colpite da un impulso di luce breve e di elevata energia. Ma c’è un problema: gli elettroni si muovono più velocemente di quanto le nostre strumentazioni riescano a cogliere con gli strumenti dell’epoca. Mentre il moto degli atomi si svolge sulla scala temporale dei femtosecondi (un femtosecondo è pari a un milionesimo di miliardesimo di secondo, ovvero 10-15 secondi), gli elettroni si muovono molto più velocemente, sulla scala temporale degli attosecondi, cioè 10-18 secondi. Quindi, se vogliamo essere in grado di seguire (e misurare) il moto degli elettroni, dobbiamo utilizzare impulsi laser con durate inferiori al femtosecondo.

Solo che… non si possono produrre impulsi di luce con durate inferiori ad un ciclo ottico, che è determinato dalla lunghezza d’onda della luce. In genere, un laser a femtosecondi produce impulsi nella regione del visibile o del vicino infrarosso. Per poter generare impulsi ad attosecondi bisogna prima accorciare la lunghezza d’onda della luce. Negli anni ’80, pare ancora un’impresa impossibile. E invece…

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Lotta ai tumori: La fotonica che troviamo in sala operatoria

Il Politecnico è ai vertici delle classifiche mondiali delle università anche grazie alla ricerca scientifica di frontiera che porta avanti nei suoi laboratori. I protagonisti di questo primato italiano sono i circa 3500 scienziati e ricercatori del Politecnico. Tra i temi più caldi ci sono ovviamente quelli legati alla trasformazione sistemica verso la neutralità climatica; e poi il mondo del digitale, dell’esplorazione spaziale, delle life sciences, i movimenti abbracciati dal New European Bauhaus, le nuove frontiere nello studio della materia…  In particolare i giovani ricercatori immettono nuova linfa nel sistema della ricerca e fanno crescere filoni scientifici innovativi. Il Politecnico investe in attività mirate proprio a incentivare l’arrivo di giovani scienziati di eccellenza. Tra i molti, quest’anno accogliamo dodici nuovi giovani ricercatori e ricercatrici tra i migliori della loro generazione, che arrivano al Politecnico di Milano grazie al programma Marie Skłodowska-Curie Actions (MSCA) fellowship. Ve li presentiamo… in rigoroso ordine d’appello.

ANDREA LILIANA PACHECO TOBO mira a fare da pioniere nello sviluppo di metodi di spettroscopia e termometria basati sulla fotonica, applicati a soluzioni cliniche, per distinguere il tessuto sottoposto a necrosi coagulativa e/o ipertermia dal normale tessuto sano durante la rimozione del tumore tramite ablazione termica. Per raggiungere questo obiettivo, ci racconta,  “1) studierò concentrazioni endogene di biomarcatori ottici utili a differenziare i margini di ablazione; 2) svilupperò un phantom tissutale per ricreare i gradienti termici e le proprietà ottiche delle principali zone di ablazione tissutale; 3) condurrò studi osservazionali per raccogliere dati in situ su animali sottoposti a trattamento oncologico con ablazione laser; e 4) svilupperò algoritmi di acquisizione ed elaborazione dei dati per la rilevazione del margine di ablazione sulla base dei risultati delle misure spettrometriche e termometriche acquisite sia con i fantocci che con gli studi sugli animali”. La tecnologia da sviluppare può ridurre al minimo la distruzione del tessuto sano circostante le lesioni e ottenere al contempo una sezione completa del tumore.

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Nano-fattorini consegnano i farmaci nel corpo, solo dove servono

Il Politecnico è ai vertici delle classifiche mondiali delle università anche grazie alla ricerca scientifica di frontiera che porta avanti nei suoi laboratori. I protagonisti di questo primato italiano sono i circa 3500 scienziati e ricercatori del Politecnico. Tra i temi più caldi ci sono ovviamente quelli legati alla trasformazione sistemica verso la neutralità climatica; e poi il mondo del digitale, dell’esplorazione spaziale, delle life sciences, i movimenti abbracciati dal New European Bauhaus, le nuove frontiere nello studio della materia…  In particolare i giovani ricercatori immettono nuova linfa nel sistema della ricerca e fanno crescere filoni scientifici innovativi. Il Politecnico investe in attività mirate proprio a incentivare l’arrivo di giovani scienziati di eccellenza. Tra i molti, quest’anno accogliamo dodici nuovi giovani ricercatori e ricercatrici tra i migliori della loro generazione, che arrivano al Politecnico di Milano grazie al programma Marie Skłodowska-Curie Actions (MSCA) fellowship. Ve li presentiamo… in rigoroso ordine d’appello.

FEDERICA SEBASTIANI studia la relazione tra struttura e funzione di bio-colloidi e sistemi biomimetici: negli ultimi anni si è occupata di drug delivery, il processo che consente alle medicine di raggiungere zone del corpo colpite da patologie. “La formulazione di nanocarrier (cioè particelle nanometriche che trasportano i farmaci) ha attirato una crescente attenzione negli ultimi decenni. In particolare, la possibilità di combinare funzionalità terapeutiche e di imaging in un’unica nanopiattaforma (teranostica) è stata ampiamente esplorata per far progredire gli approcci terapeutici e promuovere la transizione dalla medicina convenzionale alla medicina personalizzata”. Sebastiani studierà nanocarrier lipidici per la consegna genica.

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