Nano-fattorini consegnano i farmaci nel corpo, solo dove servono

Il Politecnico è ai vertici delle classifiche mondiali delle università anche grazie alla ricerca scientifica di frontiera che porta avanti nei suoi laboratori. I protagonisti di questo primato italiano sono i circa 3500 scienziati e ricercatori del Politecnico. Tra i temi più caldi ci sono ovviamente quelli legati alla trasformazione sistemica verso la neutralità climatica; e poi il mondo del digitale, dell’esplorazione spaziale, delle life sciences, i movimenti abbracciati dal New European Bauhaus, le nuove frontiere nello studio della materia…  In particolare i giovani ricercatori immettono nuova linfa nel sistema della ricerca e fanno crescere filoni scientifici innovativi. Il Politecnico investe in attività mirate proprio a incentivare l’arrivo di giovani scienziati di eccellenza. Tra i molti, quest’anno accogliamo dodici nuovi giovani ricercatori e ricercatrici tra i migliori della loro generazione, che arrivano al Politecnico di Milano grazie al programma Marie Skłodowska-Curie Actions (MSCA) fellowship. Ve li presentiamo… in rigoroso ordine d’appello.

FEDERICA SEBASTIANI studia la relazione tra struttura e funzione di bio-colloidi e sistemi biomimetici: negli ultimi anni si è occupata di drug delivery, il processo che consente alle medicine di raggiungere zone del corpo colpite da patologie. “La formulazione di nanocarrier (cioè particelle nanometriche che trasportano i farmaci) ha attirato una crescente attenzione negli ultimi decenni. In particolare, la possibilità di combinare funzionalità terapeutiche e di imaging in un’unica nanopiattaforma (teranostica) è stata ampiamente esplorata per far progredire gli approcci terapeutici e promuovere la transizione dalla medicina convenzionale alla medicina personalizzata”. Sebastiani studierà nanocarrier lipidici per la consegna genica.

Scopri di più: tutti i ricercatori Marie Skłodowska-Curie Actions (MSCA) del 2023 su MAP 12

Al via il 161° anno accademico del Politecnico di Milano

Fondato il 29 novembre 1863, il Politecnico di Milano festeggia quest’anno i suoi 160 anni, un traguardo che segna un percorso di innovazione, formazione e ricerca nel corso del quale l’Ateneo ha contribuito in modo significativo allo sviluppo tecnologico, sociale ed economico del Paese. 

Oggi, in occasione di questo anniversario, l’Ateneo continua a guardare in avanti, affermandosi come punto di riferimento per l’innovazione, che in questo momento storico non può che essere rappresentata anche dall’Intelligenza Artificiale.

160 anni di storia ci hanno insegnato che la vera innovazione si basa sulla consapevolezza del passato e sulla visione del futuro

dichiara la Rettrice del Politecnico di Milano, Donatella Sciuto.

Oggi, più che mai, siamo chiamati a progettare il futuro, a guidare il cambiamento e a rispondere alle sfide globali che ci attendono. Il Politecnico di Milano da oltre 50 anni è impegnato nello studio dell’AI. Ora l’Ateneo si afferma come un grande centro per l’intelligenza artificiale, con un approccio trasversale e pervasivo all’interno di tutti gli ambiti di ricerca e innovazione. L’intelligenza artificiale rappresenta un cambiamento di paradigma, e come università abbiamo la responsabilità di formare le nuove generazioni a un uso consapevole della tecnologia.

Alla cerimonia di inaugurazione del 161° Anno Accademico oltre alla Rettrice Donatella Sciuto, sono intervenuti Veronica Marrocu, Presidentessa del Consiglio degli Studenti del Politecnico di Milano, Mariarosaria Taddeo, Professoressa di Digital Ethics and Defence Technologies della Oxford University, Roberto Viola, Direttore Generale per le Politiche Digitali della Commissione Europea, Giuseppe Sala, Sindaco di Milano, Attilio Fontana, Presidente della Regione Lombardia, Iliana Ivanova, Commissaria per l’Innovazione Ricerca Cultura Istruzione e Gioventù della Commissione Europea.

L’Alumnus che porta l’innovazione in Burkina Faso

Leggiamo spesso storie di cervelli in fuga, menti brillanti che se ne vanno dai propri Paesi per cercare fortuna all’estero. Quella di Arsène Héma, co-fondatore del laboratorio di fabbricazione digitale InViis Lab, è la storia di un uomo che ha lasciato il suo Paese senza abbandonarlo mai davvero, ma con l’idea di studiare all’estero per poi tornare in Africa e mettere in pratica quanto appreso. Specializzatosi nel 2009 con un master in telecomunicazione al Politecnico e tornato in Burkina Faso nel 2010, Héma ammette che la sua idea iniziale “era quella di fare l’insegnante, non certo l’imprenditore”. Arrivando al Poli ha poi capito che una cosa non escludeva l’altra, e così ha deciso di aprire in Burkina Faso l’azienda “InViis Lab”, in collaborazione con Hubert N’Do che gestisce gli aspetti commerciali dell’impresa. Questo FabLab (un laboratorio di fabbricazione digitale) mette a disposizione di studenti e imprenditori attrezzature tecnologiche all’avanguardia per migliorare le loro competenze e dare vita alle loro idee innovative, accompagnandoli nello sviluppo di prototipi finanziabili e modelli di business sostenibili.

Gli inizi al Politecnico

Héma è nato e cresciuto in Costa d’Avorio, ma i suoi genitori sono del Burkina Faso. Dopo gli studi in elettronica, si interessa all’ambito della ricerca e lo sviluppo (nel 2004 per la mia tesi avevo sviluppato un telefono, ci racconta): “Un amico spagnolo mi parla del Politecnico di Milano: faccio richiesta per una borsa di studio tramite la Fondazione Rui e a settembre 2005 arrivo a Milano”, spiega. Superato il trauma del “freddo” (in Costa d’Avorio ero a 35 gradi, quando sono arrivato ce n’erano 17! Non avevo mai sentito un clima così freddo, sorride), inizia l’avventura italiana: “Ho dovuto imparare l’italiano da zero, ed ero iscritto a un master in telecomunicazione: il livello era alto, e la maggior parte degli altri studenti aveva già frequentato il Politecnico per la prima laurea”, racconta. “Inoltre la borsa di studio non copriva tutto, per cui ho dovuto lavorare e imparare a non procrastinare”.

L’incontro con Decina e il ritorno in Africa

Un incontro decisivo è quello con il professore Maurizio Decina: “Mi ha fatto capire che potevo essere un insegnante e un imprenditore, proprio come lui”, racconta Héma. Così, alla fine del suo percorso al Politecnico, Héma torna in Africa: “I miei genitori avevano deciso di tornare a vivere in Burkina Faso, io sono passato con l’idea di salutarli ma alla fine non me ne sono più andato: ho imparato a conoscere l’ambiente che, anche se vicino alla Costa d’Avorio, è molto diverso”. Forte dell’esperienza maturata a Milano, Héma lavora a sostegno di altri imprenditori, poi in ambito biomedico come responsabile delle operazioni, e infine come professore di tecnologia dello sviluppo dei servizi di telecomunicazioni all’università in Burkina Faso (incarico che mantiene tutt’ora).

Il contatto con Fondazione Aurora

Come spesso accade, è un amico in comune – Cleophas Adrien Dioma − che permette a Marta Sachy, direttrice di Fondazione Aurora ETS (un’organizzazione che si occupa di rafforzamento di iniziative imprenditoriali in Africa), e Arsène Héma di conoscersi: “La fondazione stava seguendo un progetto di accesso all’acqua nell’ovest del Burkina Faso, precisamente nel villaggio di cui sono originari i miei genitori”, ci spiega Héma. “Cercavano qualcuno che li supportasse nell’accompagnamento dell’impresa di perforazione avviata anche grazie al supporto di Fondazione Aurora, occupandosi in particolare delle relazioni con gli enti locali. E così ho conosciuto Marta”.
“Il lavoro di Arséne è davvero importante perché fa da ponte, anche culturale, tra Fondazione Aurora, l’impresa e le istituzioni africane”, afferma Sachy.

La nascita di InViis Lab

Quando Héma parla a Sachy di InViis Lab, Fondazione Aurora decide di collaborare. L’azienda è stata già presentata, tramite la Fondazione, due volte in Italia, la prima alla Borsa Valori a Milano, la seconda a Roma nell’ambito dell’Italia-Africa Business Week. “Il nome InViis Lab deriva dal latino in viis – in strada, in giro con la gente − ma anche dal latino vernacolare oltre il traguardo, oltre l’attesa”, ci spiega Héma.


“Il nostro obiettivo a InViis non è inventare cose nuove: vogliamo ispirarci a realtà che esistono già e migliorarle, evitando di commettere gli stessi errori”, sottolinea Héma. Per ora l’azienda si specializza in tre ambiti: elettronica, internet delle cose (di cui fanno parte, per capirci, smartphone e elettrodomestici intelligenti) e telecomunicazione.

Risolvere problemi concreti

“Vogliamo sviluppare progetti che rispondano a dei bisogni concreti della realtà locale del Burkina Faso, come l’agricoltura e la piscicoltura: la nostra idea è trovare soluzioni tecnologiche ma concrete per semplificare la vita ai lavoratori e aiutarli a guadagnare di più”, ci spiega Héma.
Oltre ad aiutare chi ha un’idea da sviluppare, InViis offrirà anche una formazione riconosciuta, rilasciando certificati validi anche al di fuori del Burkina Faso. “Il nostro sogno più grande è che InViis Lab diventi un punto di riferimento per la ricerca e lo sviluppo di innovazioni”, afferma Héma.

Chi può partecipare e quando si inaugura

Chi può usufruire dei servizi di InViis Lab? “Non c’è un minimo di età né di studi per proporre la propria idea: se è buona, la ascoltiamo”, risponde Héma. “Ci sarà un comitato scientifico che farà una prima scrematura, e poi offriremo diversi livelli di membership dedicati a studenti universitari, a privati o a imprese”.
InViis Lab si rivolge infatti a tre principali target di clienti:

  • il programma di membership è pensato per innovatori autonomi e permette di utilizzare direttamente la strumentazione del laboratorio, tra cui stampanti 3D, PC, frese CNC e incisori laser, stazioni di saldatura, oscilloscopi e multimetri, e kit di apprendimento Arduino;
  • studenti e dipendenti di imprese private e di uffici pubblici potranno ricevere corsi di formazione professionale e workshop per sviluppare competenze digitali e imprenditoriali, anche attraverso partenariati con università e centri di ricerca;
  • forti delle loro competenze ICT e business, il team di Arsène offrirà inoltre servizi di ricerca e sviluppo, ottimizzazione, prototipazione e validazione per conto di aziende e start-up con idee innovative.

InViis Lab ha avviato i primi progetti ad agosto 2023, in particolare la programmazione e installazione di un set di pannelli LED per un istituto bancario a Ouagadougou, anche grazie al supporto di tre tirocinanti di università di ingegneria locali. “Se tutto andrà bene, contiamo di passare alla produzione e commercializzare di questi e altri progetti già dopo un anno di test: risolverebbero problemi molto importanti in Burkina Faso, facendo inoltre risparmiare al governo parecchi soldi”, spiega Héma.

Come possiamo supportare?

È possibile contribuire alla buona riuscita di questo progetto? “Certo, condividendo questo articolo e spargendo la voce sulle attività di InViis Lab: con le vostre reti di contatti potrete aiutarci a stabilire nuove opportunità di collaborazioni e partnership internazionali, contribuendo quindi alla crescita dell’azienda” risponde Héma. “Invitiamo inoltre a mettersi in contatto con noi anche chi volesse supportare InViis Lab contribuendo agli investimenti che stiamo svolgendo per attrezzare ulteriormente il laboratorio, soprattutto con strumenti che offrano più mobilità per poter testare soluzioni sul campo”.

Contatti InViis Lab
Arsene Hèma – arsene.hema@inviis.com
Hubert N’Do – hubert.ndo@inviis.com

880 Alumni (al Poli e online) alla 12° edizione della Convention Alumni

“Ogni giorno al Poli si lavora per fare cose che abbiano un impatto positivo, per migliorare il mondo in cui viviamo e il modo in cui viviamo. È questa la nostra vera e unica missione: ed è quello che ci trascina a studiare, insegnare, lavorare, fare, con grande passione”,

così apre la discussione Enrico Zio, presidente Alumni Politecnico di Milano, che dà il via a un momento di approfondimento e confronto tra le alte cariche di ateneo e la community degli Alumni.

683 Alumni hanno partecipato all’evento dal vivo, affollando l’aula magna del Politecnico di Milano – oltre 200 hanno seguito e commentato la discussione online. Avere un impatto, si scopre, non è affatto una banalità. Specialmente quando il timone è puntato saldamente nella direzione di una crescita sostenibile:

“vuol dire per prima cosa prendersi cura delle persone e dell’ambiente in cui si trovano”

commenta la rettrice Donatella Sciuto, al suo primo anno in questa veste sul palco degli Alumni. Da un’esigenza di sostenibilità, spiega, “nascono sfide importanti a cui la ricerca deve dare risposta. Le tecnologie nei materiali, nell’architettura e nel design sono diretto a creare un ambiente sostenibile per il futuro, quello che lasceremo ai giovani”.

Le prossime generazioni sono al centro del discorso: è con questa prospettiva sul futuro che Sciuto invita a considerare “l’altra faccia della medaglia” dello sviluppo, per esempio il grande impatto energetico delle tecnologie di machine learning, giusto per dirne una, e introduce a tutti i livelli del discorso accademico, dalla ricerca, alla didattica, al rapporto con il territorio, una dimensione etica che ci porti a ragionare sul nostro impatto nel mondo.

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Il pilota automatico che ci porta nello spazio

Il Politecnico è ai vertici delle classifiche mondiali delle università anche grazie alla ricerca scientifica di frontiera che porta avanti nei suoi laboratori. I protagonisti di questo primato italiano sono i circa 3500 scienziati e ricercatori del Politecnico. Tra i temi più caldi ci sono ovviamente quelli legati alla trasformazione sistemica verso la neutralità climatica; e poi il mondo del digitale, dell’esplorazione spaziale, delle life sciences, i movimenti abbracciati dal New European Bauhaus, le nuove frontiere nello studio della materia…  In particolare i giovani ricercatori immettono nuova linfa nel sistema della ricerca e fanno crescere filoni scientifici innovativi. Il Politecnico investe in attività mirate proprio a incentivare l’arrivo di giovani scienziati di eccellenza. Tra i molti, quest’anno accogliamo dodici nuovi giovani ricercatori e ricercatrici tra i migliori della loro generazione, che arrivano al Politecnico di Milano grazie al programma Marie Skłodowska-Curie Actions (MSCA) fellowship. Ve li presentiamo… in rigoroso ordine d’appello.

CARMINE GIORDANO lavora sulla simulazione delle dinamiche del sistema solare. “Migliaia di navicelle permeeranno il sistema solare nel giro di pochi anni. Tuttavia, non esiste un pilota automatico nello spazio e tutto necessita ancora del controllo da terra. Contemporaneamente, c’è un enorme interesse per i corpi minori, come gli asteroidi o le comete, sia per motivi di esplorazione (possono darci informazioni preziose sull’origine del sistema solare e sulla vita sulla Terra) sia per motivi economici (sono fatti di materiali rari utili nelle applicazioni terrestri). Il mio progetto nasce partendo da questi due problemi e mira a sviluppare algoritmi di guida e controllo autonomi per i CubeSat in prossimità di corpi minori, utilizzando schede di calcolo a bassa potenza e ad alte prestazioni.”

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Dal Poli, lotta ai tumori radioresistenti

Il Politecnico è ai vertici delle classifiche mondiali delle università anche grazie alla ricerca scientifica di frontiera che porta avanti nei suoi laboratori. I protagonisti di questo primato italiano sono i circa 3500 scienziati e ricercatori del Politecnico. Tra i temi più caldi ci sono ovviamente quelli legati alla trasformazione sistemica verso la neutralità climatica; e poi il mondo del digitale, dell’esplorazione spaziale, delle life sciences, i movimenti abbracciati dal New European Bauhaus, le nuove frontiere nello studio della materia…  In particolare i giovani ricercatori immettono nuova linfa nel sistema della ricerca e fanno crescere filoni scientifici innovativi. Il Politecnico investe in attività mirate proprio a incentivare l’arrivo di giovani scienziati di eccellenza. Tra i molti, quest’anno accogliamo dodici nuovi giovani ricercatori e ricercatrici tra i migliori della loro generazione, che arrivano al Politecnico di Milano grazie al programma Marie Skłodowska-Curie Actions (MSCA) fellowship. Ve li presentiamo… in rigoroso ordine d’appello.

Caterina Brighi

CATERINA BRIGHI ci racconta: “I tumori cerebrali aggressivi hanno una prognosi estremamente sfavorevole. La recidiva è causata da particolari proprietà biologiche di alcune regioni cerebrali, che le rendono resistenti ai trattamenti attuali. L’ipossia tumorale (bassa ossigenazione) e la principale causa di resistenza alla radioterapia nei tumori cerebrali ed e legata alla prognosi sfavorevole del paziente. Contrastare efficacemente l’ipossia tumorale richiede la somministrazione selettiva di dosi più elevate di radiazioni limitandone al contempo la tossicità, difficile con i trattamenti radioterapici convenzionali. Con il mio progetto miro a migliorare il trattamento con radiazioni per i tumori cerebrali aggressivi combinando l’imaging quantitativo MRI/PET, per caratterizzare in modo non invasivo le regioni di ipossia tumorale, e la radioterapia con ioni carbonio, per fornire dosi più elevate di radiazioni a quelle regioni, risparmiando il tessuto sano circostante. Questa strategia fornirà una distribuzione più efficace della dose di radiazioni, offrendo l’opportunità di migliorare i risultati di sopravvivenza e la qualità della vita dei pazienti”.

Scopri di più: la collaborazione di ricerca con il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica (CNAO), una delle sole sei strutture al mondo che utilizza l’adroterapia con protoni e ioni carbonio per trattare pazienti con tumori radioresistenti

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Come si rompono i tessuti del nostro corpo? Scopriamolo (per aggiustarli)

Il Politecnico è ai vertici delle classifiche mondiali delle università anche grazie alla ricerca scientifica di frontiera che porta avanti nei suoi laboratori. I protagonisti di questo primato italiano sono i circa 3500 scienziati e ricercatori del Politecnico. Tra i temi più caldi ci sono ovviamente quelli legati alla trasformazione sistemica verso la neutralità climatica; e poi il mondo del digitale, dell’esplorazione spaziale, delle life sciences, i movimenti abbracciati dal New European Bauhaus, le nuove frontiere nello studio della materia…  In particolare i giovani ricercatori immettono nuova linfa nel sistema della ricerca e fanno crescere filoni scientifici innovativi. Il Politecnico investe in attività mirate proprio a incentivare l’arrivo di giovani scienziati di eccellenza. Tra i molti, quest’anno accogliamo dodici nuovi giovani ricercatori e ricercatrici tra i migliori della loro generazione, che arrivano al Politecnico di Milano grazie al programma Marie Skłodowska-Curie Actions (MSCA) fellowship. Ve li presentiamo… in rigoroso ordine d’appello.

ALESSANDRA BONFANTI si occupa di meccanica dei materiali soffici, con focus sui materiali biologici, sia animali che vegetali, un ambito conosciuto come Mechanobiology: si focalizza sulla risposta dei componenti biologici – dalla scala subcellulare al tessuto – a segnali meccanici per la regolazione di processi biologici – come sviluppo, fisiologia e malattie. Un esempio è quello dei tessuti epiteliali sottoposti a sforzi meccanici durante i processi fisiologici: gli alveoli si gonfiano durante la respirazione, le cellule epiteliali dei vasi sanguigni sono soggette a sforzi dovuti al flusso di sangue, l’intestino si contrae e rilassa durante la digestione. Quando questi tessuti si rompono, l’individuo sviluppa uno stato patologico. Attraverso la combinazione di avanzate strumentazioni sperimentali, come quella dell’Organ-on-Chip, e nuovi modelli micromeccanici, Bonfanti intende migliorare la comprensione di come i tessuti funzionano e di come possono rompersi, con un prevedibile impatto su cure personalizzate e sviluppo di nuovi trattamenti.

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Centro di Ricerca Gianfranco Ferré: un patrimonio italiano

“Con emozione mi ritrovo oggi a parlare agli studenti di quella che molti anni fa è stata la mia facoltà, dove sono entrato con le idee piuttosto confuse”, è il 14 marzo 1997 e siamo al Politecnico di Milano, nell’aula di Teorie e Tecniche dell’Architettura. A parlare è lo stilista Gianfranco Ferré. “In questi venticinque anni, ogni mia creazione ha almeno un briciolo – e spesso molto di più – di quanto ho imparato al Politecnico di Milano”. Nel 2007 Ferré torna al Poli, a parlare al corso di laurea in Design della Moda: “Ogni progetto d’abito prende avvio da una fase bidimensionale – quella dell’idea fermata sul foglio in forma di disegno – ma implica già in partenza il confronto con la tridimensionalità della figura umana. Questo è il presupposto perché l’abito assolva la sua funzione di oggetto d’uso, ovvero di prodotto calibrato sulla realtà del vivere”. Tra gli studenti quel giorno c’è Federica Vacca, oggi docente e ricercatrice al Poli e direttrice vicaria del Centro di Ricerca Gianfranco Ferré: “Ricordo bene quelle sue parole, – dice Vacca. – Fu la sua ultima lezione, pochi giorni prima di lasciarci”

La storia del Centro inizia nel 2021, a seguito della donazione al Politecnico, da parte della famiglia Ferré, dell’archivio e della sede della Fondazione Gianfranco Ferré di via Tortona a Milano. Lo spazio è stato progettato dall’architetto Franco Raggi, Alumnus anche lui, compagno di studi e amico di Ferré. Contiene, fra l’altro, 22.000 disegni originali, 15.000 foto di sfilate e 12.000 di pubblicità, oltre a 3500 abiti e accessori. Un patrimonio che, nelle mani del Poli, è un punto di partenza: per esempio, il Dipartimento di Design, – nello specifico, il laboratorio di Density Design, che si occupa principalmente di Big Data e di data visualization, spiega Federica Vacca, – sta lavorando alla ricostruzione della piattaforma dell’archivio. Il Dipartimento di Matematica sta invece sviluppando modelli matematici “per decodificare le forme dell’abito e dei processi che, grazie alla costruzione di teoremi, illustrino come da una geometria base si possa giungere a un volume”. Esempio di queste forme e un abito di alta moda della collezione autunno-inverno 1987 che domina la scena di una delle sale, indossato da un manichino. L’abito è stato scelto come archetipo per alcune ricerche in collaborazione con il Dipartimento di Meccanica perché, racconta Vacca, “racchiude tanti dei principi progettuali di Ferré. Un volume architettonico generato dalla composizione geometrica”. Insieme al Dipartimento di Meccanica è in corso un lavoro di virtualizzazione a partire da un processo di reverse engineering per studiare e rielaborare il capo stesso e arrivare alla creazione di un suo gemello digitale.

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Nuovo traguardo per il Politecnico nelle classifiche internazionali

Il corso di laurea magistrale in Management Engineering – Ingegneria gestionale, erogato dalla Scuola di Ingegneria Industriale e dell’informazione del Politecnico di Milano, conferma anche quest’anno la propria presenza nel Ranking “Masters in Management 2023” ottenendo un nuovo riconoscimento dal Financial Times.

Nonostante l’ingresso di 21 nuove Scuole, il programma migliora di 7 posizioni rispetto al 2022 e sale al 70esimo posto collocandosi tra i primi 9 tra quelli erogati da Università tecniche.

Tra i criteri che hanno consentito questo avanzamento ci sono il Weighted Salary, il Salary increase, il Value for money – rapporto qualità-prezzo del programma – e la International course experience – calcolata sul numero di scambi e internship, della durata di almeno un mese, tenute in location diverse da quella in cui ha sede la Scuola.

Il corso vede ogni anno circa 900 ingressi, di cui circa il 20% è rappresentato da studenti internazionali.

L’offerta didattica, erogata in lingua inglese, offre numerose possibilità di svolgere un’esperienza di scambio e mobilità internazionale: oltre al programma Erasmus, le Doppie Lauree in collaborazione con prestigiose università straniere e speciali programmi di durata variabile, da pochi giorni a scambi annuali.

Oltre 350 studenti ogni anno decidono di provare un’esperienza all’estero e altrettanti allievi sono accolti in scambio contribuendo a fare del nostro Campus un ambiente sempre più internazionale.

Progettare in modo sostenibile: il matematico che studia vento e onde

Il Politecnico è ai vertici delle classifiche mondiali delle università anche grazie alla ricerca scientifica di frontiera che porta avanti nei suoi laboratori. I protagonisti di questo primato italiano sono i circa 3500 scienziati e ricercatori del Politecnico. Tra i temi più caldi ci sono ovviamente quelli legati alla trasformazione sistemica verso la neutralità climatica; e poi il mondo del digitale, dell’esplorazione spaziale, delle life sciences, i movimenti abbracciati dal New European Bauhaus, le nuove frontiere nello studio della materia…  In particolare i giovani ricercatori immettono nuova linfa nel sistema della ricerca e fanno crescere filoni scientifici innovativi. Il Politecnico investe in attività mirate proprio a incentivare l’arrivo di giovani scienziati di eccellenza. Tra i molti, quest’anno accogliamo dodici nuovi giovani ricercatori e ricercatrici tra i migliori della loro generazione, che arrivano al Politecnico di Milano grazie al programma Marie Skłodowska-Curie Actions (MSCA) fellowship. Ve li presentiamo… in rigoroso ordine d’appello.

EDOARDO BOCCHI si occupa di analisi delle equazioni differenziali alle derivate parziali che sorgono nella meccanica dei fluidi e nelle interazioni fluido-struttura. La sua ricerca al Politecnico di Milano, spiega, mira a migliorare la comprensione delle infrastrutture di attuale interesse globale attraverso l’analisi matematica di due problemi di interazione fluido-struttura: la stabilità dei ponti sospesi sotto l’azione del vento e l’impatto delle onde oceaniche sulle colonne d’acqua oscillanti (OWC).