Il riscaldamento globale è (anche) un problema da ingegneri

“Dobbiamo agire adesso”: uno studio dell’Alumnus Lorenzo Rosa individua una strategia europea per rimuovere 200 milioni di tonnellate di CO2 all’anno

Per fronteggiare l’emergenza climatica, l’Europa dovrebbe raggiungere la carbon neutrality entro il 2050: è un obiettivo ambizioso, ma non irraggiungibile, spiega l’Alumnus Lorenzo Rosa, ricercatore internazionale attualmente di stanza all’ETH di Zurigo, inserito nella classifica dei “30 under 30” di Forbes per le sue ricerche innovative su riscaldamento globale e sostenibilità.

“Possiamo arrivarci in due modi: il primo è quello di utilizzare fonti di energia a impatto zero (o quasi) come eolico e solare, in sostanza eliminando l’emissione di CO2 dai nostri processi produttivi; ma, realisticamente, dobbiamo ammettere che ci sono settori industriali in cui questa possibilità è ancora lontana, basti pensare al trasporto aereo o alle industrie dell’acciaio e del cemento e all’agricoltura. Noi dobbiamo agire adesso: dove non si può decarbonizzare, è necessario bilanciare le emissioni di CO2. Piantare foreste serve, ma non basta: bisogna rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera nel momento in cui viene emessa”.

Uno studio a firma di Rosa, insieme a un altro Alumnus del Politecnico, Marco Mazzotti, è stato recentemente pubblicato sulla prestigiosa Energy & Environmental Science. “Assessment of carbon dioxide removal potential via BECCS in a carbon-neutral Europe” descrive i risultati dei ricercatori che hanno analizzato per la prima volta le potenzialità di una strategia di rimozione della CO2 su scala europea. 

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Credits Lorenzo Rosa
CATTURARE L’ANIDRIDE CARBONICA

“Ovunque possibile, è sempre meglio utilizzare fonti di energia a impatto zero, ma, dove non è applicabile, la bioenergia è una fonte preferibile ai combustibili fossili perché è rinnovabile. Resta il problema della raccolta e stoccaggio dell’anidride carbonica, che oggi, per la maggior parte, viene invece rilasciata nell’atmosfera. BECCS (Bioenergy with Carbon Capture and Storage) è una tecnologia di Carbon Dioxide Removal (CDR), cioè rimozione dell’anidride carbonica, conosciuta ma ancora poco applicata: esistono due o tre grossi impianti negli USA, uno in UK e qualche piccolo impianto pilota in Europa”.

Consiste nel catturare la CO2 prodotta dai processi di combustione e nella sua raccolta in siti di stoccaggio sotterranei, almeno a 800 metri sotto la superficie, dove resta intrappolata e non può essere rilasciata in atmosfera.

Questo studio quantifica le potenzialità di questa tecnologia e ne analizza le ricadute ambientali e industriali “con una risoluzione al km”: descrive quindi le attuali disponibilità di biomassa dei paesi europei, gli impianti e le infrastrutture già presenti sul territorio, i risultati che possiamo aspettarci e anche i potenziali rischi che un eventuale “mercato del carbonio” avrebbe in termini di consumo di suolo e biodiversità.

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Credits Photo by Marek Piwnicki on Unsplash
UN EQUILIBRIO DELICATO

La bioenergia si ottiene dalla combustione di biomassa: legname, per esempio, o coltivazioni come i residui agricoli, ma anche rifiuti organici. La biomassa come fonte di energia è preferibile ai combustibili fossili, sia perché è rinnovabile, sia perché è più semplice sequestrare (cioè raccogliere) la CO2 biogenica.

BECCS associa produzione di bioenergia alla rimozione dell’anidride carbonica all’origine, nello stesso impianto, evitandone il rilascio in atmosfera. “Gli obiettivi di decarbonizzazione potrebbero indirizzare il mercato energetico verso la bioenergia”, ci spiega il ricercatore.

“Sarebbe auspicabile, ma comporta dei problemi. Se diventasse molto conveniente produrre energia da biomassa, il rischio è che interi territori vengano sottratti alle foreste o alla coltivazione per produrre questo combustibile. Sta già accadendo, e i risvolti sono drammatici in termini di deforestazione e aumento dei prezzi del cibo, un problema che non farà che crescere nei prossimi decenni con l’aumentare della popolazione terrestre e che interessa anche dinamiche geopolitiche molto delicate tra paesi produttori e paesi consumatori”.

Lo studio mette in luce alcuni di questi aspetti e indirizza la strategia verso l’impiego di biomassa già disponibile come scarto industriale, agricolo e urbano: per esempio, gli scarti delle coltivazioni (tutta la parte della pianta che non viene utilizzata per produrre cibo o foraggio), il trattamento di rifiuti e acque reflue, i rifiuti organici e il letame dagli allevamenti, rendono disponibile una certa quantità di biomassa utilizzabile per produrre energia.

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Credits: www.rinnovabili.it
QUESTIONE DI NUMERI

Per rispettare la scadenza del 2050, è necessario rimuovere 7.5 miliardi di tonnellate di CO2, ovvero circa 250 milioni all’anno per 30 anni, che equivale a mitigare il 5% delle emissioni annue di anidride carbonica.

“5% è l’obiettivo minimo: alcune stime dicono che, per mettere al sicuro il pianeta, serve una rimozione molto più drastica, del 30%. Il 5% però è quello che ci permetterebbe di guadagnare tempo”.

Lo studio dimostra che il potenziale di questa tecnologia in Europa sarebbe in grado di rimuovere 200 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, sufficiente a coprire la soglia del 5%, ma la distribuzione di questo potenziale non è uniforme sul territorio europeo.

“Pochi paesi hanno abbastanza biomassa per raggiungere la propria quota di neutralizzazione delle emissioni tramite BECCS. Altri paesi potrebbero importarla, ma, naturalmente, questo comporterebbe un’ulteriore produzione di CO2 per il trasporto di questo materiale”.

E in Italia? “In Italia si emettono quasi 400 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. La biomassa già disponibile per la produzione energetica permetterebbe di mitigare solo il 2% delle emissioni (i dati sono del 2018). Rimane un 3% minimo: quindi l’Italia dovrà sviluppare altre strategie di cattura del carbonio alternative”.

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Credits infobuildenergia.it

Credits header: planetarenewables.com

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