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Giovani ricercatori al Poli, girone “eccellenza”: puntata 2

Etica, salute, fisica dei processi ultraveloci, esplorazione spaziale, energia e sostenibilità: sono solo alcuni dei temi portati avanti dai giovani ricercatori del Politecnico di Milano, nell’ottica sempre più centrale della ricerca responsabile e dell’impatto delle tecnologie nella società.

La Commissione europea in particolare è uno dei maggiori alleati della ricerca in Ateneo in questo senso e offre diversi strumenti per il reclutamento di giovani e bravi ricercatori con un profilo internazionale. Uno dei più importanti è quello dei grant “Marie Curie Individual Fellowship”: assegni di ricerca dedicati a giovani ricercatori che si occupano di temi cruciali per la società.  

Dal 2014, attraverso il programma europeo Horizon 2020, il Politecnico ha accolto 24 ricercatori MSCA fellows. Sei di loro iniziano il loro progetto al Poli nel 2021: ve li raccontiamo.

DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA E STUDI URBANI

Cosa significa essere un soggetto nel XXI secolo? Se lo chiede Diletta De Cristofaro, 34 anni. Il suo progetto, SCRAPS: writing the Sleep CRisis: 24/7 cAPitalism and neoliberal Subjectivity , studierà quella che medici e psicologi in tutto il mondo chiamano “crisi del sonno”. La ricercatrice analizzerà opere di narrativa, saggistica e cultura digitale per indagare l’impatto dei tempi della produttività sulla salute e la relazione tra salute individuale e ideologie neoliberiste.

DilettaDeCristofaro

La sua base sarà il META, gruppo di ricerca del Politecnico che si occupa di questioni filosofiche, epistemologiche, etiche e sociali relative ai processi della scienza, della tecnologia e dell’innovazione.

De Cristofaro ha una laurea in filosofia a Milano e un dottorato in studi americani in Inghilterra, dove ha vissuto e fatto ricerca 10 anni prima di approdare al Politecnico: “è il posto giusto per esplorare il rapporto tra essere umano e tecnologia – commenta De Cristofaro – rapporto fondante delle nostre identità”.

È una dei ricercatori che si sono appoggiati alla MSCA Master Class del Politecnico, un percorso che affianca i migliori post-doc da tutto il mondo che vogliono candidarsi a un grant Marie Curie e scelgono il nostro Ateneo come host institution: “è stata un’opportunità inestimabile. Attraverso questa masterclass, ho sviluppato una comprensione più approfondita dell’applicazione e del processo di valutazione MSCA e ho appreso i migliori suggerimenti e strategie che mi hanno aiutato a dare forma a un’applicazione di successo”, ha commentato la ricercatrice.       

DIPARTIMENTO DI MATEMATICA

Anche Michele Loi arriva da un background umanistico: 42 anni, laurea in filosofia a Cagliari e dottorato alla Luiss di Roma. Da 5 anni In Svizzera, prima in ETH e poi all’Università di Zurigo, si occupa di etica applicata ai dati, in particolare dati medici, big data e algoritmi.

“I dati non sono tutto”, commenta Loi. “Il modo in cui si guarda ai dati porta a conclusioni diverse. E non si basa soltanto su considerazioni scientifiche ma anche morali. Sono le nostre idee, i nostri valori che ci dicono come leggere i dati per tirarne fuori un giudizio sull’equità dell’algoritmo”.

Il dibattito è particolarmente rilevante in rifermento all’assistenza clinica, dove gli algoritmi di apprendimento automatico vengono utilizzati per migliorare le diagnosi, le scelte terapeutiche e, in generale, le azioni del sistema sanitario. Proprio su questo si concentrerà il progetto MSCA di Loi: “Fair predictions in health”.

MicheleLoi

Poiché infatti i modelli di apprendimento automatico dipendono dalle informazioni raccolte storicamente, le popolazioni che hanno subito o subiscono discriminazioni strutturali rischiano ulteriori danni a causa di proiezioni imprecise che, per esempio, possono determinare scelte inique nell’allocazione di risorse, rafforzando le disuguaglianze nell’accesso ai servizi della salute.

“Il mio obiettivo è quello di sviluppare un framework di lavoro condiviso che permetta di tradurre alcuni assunti morali in vincoli di programmazione. Questi assunti morali devono essere resi espliciti e comunicati in modo comprensibile agli stakeholders. Dovremo identificare una serie di problemi di equità nei modelli utilizzati, ad esempio, per prevedere come un paziente reagirà ad una cura e capire come collegare alcuni principi etici con alcune formulazioni matematiche tipiche della computer science.

Vorrei anche lavorare alla costituzione di un “Fairness Lab”, un laboratorio che visualizzi i possibili significati e modi diversi di leggere i dati sotto la guida di principi etici. Per questo ho scelto il Poli: mi sono reso conto che, per poter dare un reale contributo alla società, da filosofo mi devo confrontare con persone che si occupano di matematica e statistica. Oggi non è possibile fare etica senza confrontarsi con ciò che è matematicamente impossibile”.

DIPARTIMENTO DI FISICA

Maurizio Reduzzi, 33 anni, Alumnus ingegneria fisica e PhD, dopo il Politecnico ha lavorato a UC Berkeley, California, e all’ICFO – The Institute of Photonic Sciences di Barcellona. Si è sempre occupato di fisica dei processi ultraveloci (in particolare di attosecond science), disciplina in cui il Politecnico è storicamente all’avanguardia.

Questo ha riportato Reduzzi alla sua Alma Mater con un grant MSCA per il progetto HETRUSQ: HETeRoaromatic biomolecules Ultrafast Spectroscopy in liQuids. Lavorerà all’interno del gruppo del prof. Nisoli (abbiamo raccontato il suo progetto ERC, Tomatto, nel numero 9 di MAP).

“Tomatto si occupa di studiare processi di charge transfer su scala temporale molto breve (da pochi femtosecondi a poche decine di attosecondi) in materia organica”, spiega Reduzzi. “Con HETRUSQ userò tecniche simili, con l’obiettivo di esplorare l’interazione, sulle stesse scali temporali estreme di TOMATTO, tra le molecole e il loro ambiente circostante naturale, l’acqua”.

Gli esperimenti riguarderanno soprattutto molecole eteroaromatiche che costituiscono i componenti fondamentali del DNA e di tanta parte della materia organica. Il passaggio finale sarà quello di paragonare i risultati degli studi in stato gassoso con quelli in ambiente liquido, al quale le molecole reagiscono.

“Sarà cruciale lo sviluppo della tecnologia ottica, che ci permetterà di sintetizzare impulsi di luce accordabili in frequenza nell’ultravioletto allo stato dell’arte (della durata di pochi femtosecondi). L’integrazione di questa sorgente di luce con un monocromatore per l’estremo ultravioletto (strumento molto avanzato già presente nei laboratori del prof. Nisoli) consentirà studi di spettroscopia risolta in tempo che non sono mai stati realizzati prima”.

MaurizioReduzzi

Armando Genco, 32 anni, ha studiato ingegneria dei materiali all’Università del Salento, ha fatto il dottorato al Centro di ricerca per le nanotecnologie di Lecce e il post-doc alla University of Sheffield.

È esperto di polaritoni, particelle composte da un fotone e un eccitone (ossia un elettrone energeticamente eccitato in un materiale luminescente) che, in condizioni molto particolari, all’interno di dispositivi di dimensione micro- o nanometrica, possono legarsi.

“Questo tipo di condizione si chiama regime di accoppiamento forte”, spiega Genco. “Ha delle caratteristiche che si possono sfruttare per ottenere sorgenti di luce coerente (laser) con materiali innovativi e a bassa soglia, che richiedono pochissima energia: le potenziali ricadute nel mondo delle telecomunicazioni e del computing, per esempio, sono molto promettenti sia in termini di velocità che di impatto ambientale”.

Il progetto MSCA di Genco, ENOSIS: ENhancing and prObing Strong light-matter Interactions in 2D materials by ultrafaSt optical techniques, studierà le proprietà dei materiali 2D (cioè dello spessore di pochi atomi) e in particolare l’accoppiamento tra 2 strati diversi di questi materiali in relazione alla possibilità di creare le condizioni per l’emissione di polaritoni: “In regime di accoppiamento forte e in funzione dell’angolo di twist (cioè torsione reciproca), questi bi-layers possono creare condizioni molto favorevoli per produrre luce coerente tramite polaritoni. Per andare avanti nella mia ricerca avevo bisogno di una prospettiva nel campo della spettroscopia ultrafast, per guardare cosa succede a elettroni e fotoni poche decine di femtosecondi dopo l’accoppiamento, e il gruppo del prof. Cerullo al Politecnico è all’avanguardia in questo campo”.

Oggi ancora pochi gruppi al mondo hanno studiato materiali 2D con angolo “twistato” e servono tecniche di caratterizzazione specifiche per questi dispositivi: per studiarli, Genco si appoggerà alla tecnica “hyperspectral imaging” (sfruttando un brevetto del Poli), che permette di ottenere una analisi spettrale della luce per ogni singola lunghezza d’onda in modo quasi simultaneo per ogni punto del campione analizzato.

ArmandoGenco
DIPARTIMENTO DI SCIENZE E TECNOLOGIE AEROSPAZIALI


Mirko Trisolini
, 32 anni, si occupa di dinamica di corpi celesti, satelliti e detriti spaziali, in particolare del moto di frammenti e particelle attorno a corpi minori del nostro Sistema Solare, come asteroidi e comete.

Dopo la laurea all’Università di Pisa e il dottorato all’Università di Southampton, ha iniziato a collaborare con il gruppo di ricerca della prof.ssa Colombo al Politecnico, dove ha ottenuto un post-doc e ha messo le basi per il progetto MSCA CRADLE (Collecting Asteroid-Orbiting Samples: enabling a safer, sustainable, and autonomous exploration of asteroids).

MirkoTrisolini

“Ho scelto il Politecnico come host institution per l’esperienza e il background tecnico del gruppo di ricerca in cui sono inserito e le radicate collaborazioni, anche internazionali, a cui ha accesso”: Trisolini, infatti, lavorerà con l’Università di Padova e l’Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA) allo sviluppo di un sistema innovativo e autonomo per l’estrazione di materiali rari e preziosi che potrebbero trovarsi all’interno di asteroidi e comete.

“Poter esplorare la composizione di questi corpi celesti ci permetterà di migliorare la conoscenza del Sistema Solare, ma anche di imparare come sfruttare le risorse dello spazio: risorse minerarie, per esempio, ma anche vitali per future missioni con equipaggio, come l’acqua che potrebbe trovarsi sotto la superficie”.

Lo step intermedio del progetto porterà Trisolini a sviluppare modelli più precisi per la raccolta e il comportamento in orbita dei materiali estraibili dagli asteroidi, con tecniche di image processing e ricostruzione delle caratteristiche delle particelle. Lo sviluppo di questi modelli e algoritmi aiuterà a migliorare l’autonomia dei satelliti per le missioni a lungo raggio.

DIPARTIMENTO DI CHIMICA, MATERIALI E INGEGNERIA CHIMICA

Un’altra delle maggiori sfide del nostro tempo è quella della transizione energetica e, in particolare, di mettere a punto processi di produzione che siano “energeticamente intelligenti”. Di questo si occupa Mark Bajada, 30 anni: laurea in chimica e fisica alla University of Malta, master in ingegneria energetica a Cambridge, dove ha proseguito anche con il dottorato focalizzandosi sulla fotosintesi artificiale.

Il suo progetto MSCA, SSEFR: Single-Site Electrocatalytic Flow Reactor for C-C Coupling, ha l’obiettivo di individuare e creare nuovi materiali in grado di convertire energia da fonti rinnovabili in energia chimica per risolvere i problemi di intermittenza associati alle energie rinnovabili.

MarkBajada

“La fornitura in eccesso potrebbe essere diretta e immagazzinata in un legame chimico stabile. Tuttavia, per raggiungere questo obiettivo, sono necessari elettrocatalizzatori efficienti e selettivi”. Bajada lavorerà su catalizzatori di tipo single site, “un campo di studio nuovo e stimolante”.

Il primo obiettivo sarà quello di progettare e sviluppare una comprensione di sistemi elettrocatalitici single-site che possano essere prodotti con materiali economici e disponibili, privi di metalli preziosi.
Il passaggio successivo sarà quello di progettare reattori a flusso catalitico che utilizzino questo tipo di carburante al posto delle celle elettrochimiche convenzionali: l’obiettivo è progettare un modello di reattore più efficiente per la produzione di carburanti da fonti rinnovabili senza rischi di oscillazioni della disponibilità.

“Ho scelto il Politecnico per l’eccellente reputazione: mi interessa la cultura italiana e questo è il posto migliore per quello che voglio fare”.

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Lauree politecniche d’eccellenza: nasce Agricultural engineering

A partire dal prossimo anno scolastico il polo territoriale di Cremona del Politecnico di Milano ospiterà il nuovo corso di laurea magistrale in Agricultural engineering, organizzato con la collaborazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Il Politecnico di Milano è il primo Ateneo italiano a rispondere con un corso di studi alle nuove esigenze che le aziende e le organizzazioni del settore agricolo hanno evidenziato negli ultimi anni.

Per farlo ha creato un percorso formativo dedicato specificamente al settore agricolo e agroalimentare, finalizzato a formare figure professionali indispensabili per affrontare le sfide future di un settore fondamentale e distintivo per l’Italia e per l’Unione Europea.

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Credits: www.age.polimi.it
AGRICULTURAL ENGINEERING: GLI OBIETTIVI

Questo progetto si inserisce in un contesto in grande sviluppo: negli ultimi tre anni la crescita media annua dell’Agricoltura 4.0 (la cosiddetta “agricoltura di precisione”, nata grazie all’utilizzo di tecnologie digitali 4.0) in Italia è stata del 104% (Osservatorio Smart Agrifood, 2021), mentre la ricerca di una sempre maggiore sostenibilità, ambito dove l’Unione Europea è leader, sta creando nuove spinte innovative.

“Il nostro obiettivo è formare ingegneri operanti nel settore agro-industriale dotati di una visione sistemistica – ha dichiarato Gianni Ferretti, prorettore del Polo di Cremona –, ossia un approccio allo studio e alla implementazione di soluzioni applicative basato su una visione complessiva dei vari aspetti multidisciplinari delle filiera tecnologici, agronomici, ambientali, sulla capacità di modellare e gestire le interazioni fra i vari componenti, supportati da conoscenze di base del settore”.

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Credits: www.age.polimi.it

Il corso di laurea in Agricultural engineering è tra i pochi al mondo del suo genere e nasce dalla volontà di dare la giusta attenzione a temi come l’innovazione e la sostenibilità e dall’interazione di centinaia di aziende che negli ultimi anni hanno collaborato nelle ricerche in quest’ambito insieme al Politecnico di Milano.

“Sempre più attori del settore, in tutte le posizioni della filiera, – spiega Filippo Renga, direttore dell’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano – hanno evidenziato la necessità di nuove competenze in grado di affrontare e coniugare le sfide future del settore: innovazione tecnologica, sostenibilità e collaborazione”

Credits home:  www.age.polimi.it

Il MAP è la rivista degli Alumni del Politecnico di Milano. È una mappa per ritrovare, scoprire e conoscere tutto quello che è nato, partito e cresciuto nel nostro Ateneo. Qui sotto trovi un articolo correlato: se ti piace quello che stai vedendo, sostienici. Potrai ritirare la tua copia gratuitamente.

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European Inventor Award 2021, finalista l’Alumnus Marco Donolato

Marco Donolato, Alumnus ingegneria fisica, è inventore di un sistema innovativo in grado di rilevare malattie infettive, inclusa la febbre Dengue, Zika e il SARS-CoV-2. Il test richiede solo una goccia di sangue e produce risultati accurati in meno di 10 minuti, consentendo un trattamento tempestivo dei pazienti.

È molto facile da utilizzare, è economico e richiede pochissima formazione per il personale medico, il che lo rende particolarmente adatto a contesti a basso reddito e paesi in via di sviluppo. È una delle 3 invenzioni finaliste nella categoria “Ricerca” dell’European Inventor Award 2021, premio annuale dell’Ufficio europeo dei brevetti agli inventori che hanno dato un contributo significativo all’innovazione, all’economia e alla società.

marco donolato
Credits www.epo.org
COME FUNZIONA

Il dispositivo si chiama BluBox ed è stato sviluppato da BluSense Diagnostics, la start-up che Donolato ha co-fondato con il collega e Alumnus Filippo Bosco, in Danimarca, nel 2014.

Sfrutta la tecnologia Immuno-Magnetic Assay: un raggio laser passa attraverso un campione di sangue miscelato con nanoparticelle magnetiche sintetizzate per legarsi a un bersaglio biologico, per esempio agli anticorpi di un virus; un lettore ottico rileva le dinamiche di clustering delle nanoparticelle e identifica la presenza del bersaglio biologico. È in grado di quantificare la concentrazione di virus nel sangue del paziente in circa 10 minuti.

La start-up ha recentemente messo a punto una versione di BluBox che consente di rilevare la presenza di anticorpi COVID-19 in 5-7 minuti.  Il test verrà lanciato nei prossimi giorni in alcuni ospedali italiani. 

«Il kit per eseguire il test – ha spiegato Donolato, come si legge Il Sole 24 Ore – nasce con l’obiettivo di essere un sistema economico, ma veloce e accurato e richiede poca formazione per il personale medico. Il test per il Covid-19 sarà commercializzato da metà maggio e venduto a ospedali pubblici e cliniche in Europa». «Marco Donolato e il suo team hanno dimostrato come è possibile combinare diversi filoni di ricerca per fornire soluzioni ad alcuni dei più grandi problemi di salute globale – ha commentato il Presidente dell’European Patent Office, António Campinos, annunciando i finalisti dell’edizione 2021 dell’European Inventor Award –. Potenzialmente potrebbe avere un impatto molto significativo sulla salute di alcune delle persone più vulnerabili del mondo».

Credits header: www.epo.org

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I progetti finanziati dal 5 per mille: MakingMEV

Ogni anno migliaia di donatori, soprattutto Alumni, scelgono di devolvere al Politecnico di Milano il loro 5 per mille. Queste donazioni immettono nuove energie nella ricerca e in particolare servono a finanziare progetti ad alto impatto sociale e a promuovere giovani ricercatori.

Tra questi progetti c’è anche MakingMEV (Multiple Emergency Ventilator), una completa rivisitazione del supporto emergenziale alla ventilazione respiratoria: un ventilatore in grado di supportare la respirazione di 10 pazienti contemporaneamente, intrinsecamente sicuro e personalizzato per ciascun paziente, in grado di prevenire il danno da ventilatore meccanico.

IL PROGETTO SPIEGATO DALL’ALUMNUS E RICERCATORE BENIAMINO FIORE

MakingMEV ha l’obiettivo di realizzare il primo prototipo completamente funzionale del ventilatore, validarne la funzionalità in laboratorio e analizzarne la realistica potenzialità di trasferimento alla clinica.

«L’iter per portare una nuova tecnologia in clinica passa attraverso una procedura ben codificata di approvazione da parte degli organismi regolatori», spiega l’Alumnus, e ricercatore del Politecnico di Milano, Beniamino Fiore. «Nell’arco dei prossimi 18 mesi ci prefiggiamo di compiere il primo di questi passi, ovvero la validazione del prototipo in laboratorio, che si eseguirà sia qui al Politecnico, sia presso il Policlinico di Milano, utilizzando dei simulatori per replicare la risposta biomeccanica respiratoria dei pazienti trattati».

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Photo by Adhy Savala on Unsplash

MakingMEV nasce in un contesto multidisciplinare: «Nel progetto – spiega Fiore – lavorano ricercatori di tre Dipartimenti del Politecnico che mettono a disposizione competenze sinergiche di bioingegneria, ingegneria meccanica, automazione e ingegneria gestionale. Il team è completato dal personale del reparto di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale Maggiore Policlinico, che dà al progetto il suo contributo di ricerca a titolo del tutto volontario».

Il progetto (di cui abbiamo parlato nel numero 8 e numero 9 del MAP) ha già riscosso l’interesse di diverse Istituzioni di utilità sociale e di Enti attivi nella promozione di progetti ad alta sostenibilità.

«L’idea è nata durante l’onda pandemica italiana di inizio 2020. Tuttavia, in un panorama di più ampio respiro, si prevede un beneficio per situazioni emergenziali in generale, e per i sistemi sanitari meno organizzati di Paesi in via di sviluppo», e aggiunge «MakingMEV è stata la nostra risposta all’emergenza, il nostro modo di dire: “facciamo qualcosa di concreto!“».

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Politecnico e OHB Italia: “Produrre acqua sulla Luna da oggi è realtà”

Produrre acqua sulla superficie della Luna è oggi possibile grazie ad un processo chimico-fisico che permette di estrarre l’ossigeno dalla regolite (sabbia lunare), come dimostrato dagli esperimenti condotti dal Politecnico di Milano e OHB Italia.

Il progetto, realizzato nell’ambito della missione dimostrativa ISRU (In-Situ Resource Utilisation), ideato e finanziato da ESA, Agenzia Spaziale Europea e con l’importante contributo di ASI, Agenzia Spaziale Italiana è un tassello fondamentale per la colonizzazione dello spazio, e in particolare della Luna.

La capacità degli esseri umani di sapere produrre acqua sulla superficie lunare è di primaria importanza per la sopravvivenza di equipaggi per lunghi periodi di tempo. Questa capacità produttiva svincola inoltre le future colonie dall’uso di sistemi che richiederebbero un continuo rifornimento da parte della Terra.

“Il risultato ottenuto dal Politecnico di Milano e da OHB Italia – afferma la professoressa Michèle Lavagna del Politecnico di Milano alla guida del progetto apre nuove stimolanti prospettive nell’ambito dell’esplorazione lunare e di una presenza umana permanente e sostenibile. Si tratta di un processo che presenta elementi innovativi di matrice squisitamente italiana che pone il nostro Paese in una posizione di rilevanza internazionale nello scenario delle prossime attività di esplorazione umana extra-terrestre.”

COME FUNZIONA IL PROCESSO DI PRODUZIONE DELL’ACQUA SULLA LUNA

Il processo di estrazione avviene utilizzando un impianto realizzato e installato ai laboratori del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali del Politecnico. Questo impianto, dopo essere stato “alimentato” con sabbia simulante il suolo lunare, è riuscito a produrre dell’acqua, estraendo ossigeno dagli ossidi presenti nei minerali che compongono il terreno della Luna.

“Produrre ossigeno in ambiente lunare  – dichiara Roberto Aceti, Alumnus in Ingegneria aeronautica e Amministratore Delegato di OHB Italia –  testimonia come la stretta collaborazione tra scienza, ricerca universitaria e imprese possa portare a sviluppare un prodotto industriale di altissimo valore tecnologico in grado di cambiare le prospettive del nostro futuro oltre a riconfermare le altissime competenze spaziali dell’Italia sulla scena mondiale.”

Il MAP è la rivista degli Alumni del Politecnico di Milano. È una mappa per ritrovare, scoprire e conoscere tutto quello che è nato, partito e cresciuto nel nostro Ateneo. Qui sotto trovi un articolo correlato: se ti piace quello che stai vedendo, sostienici. Potrai ritirare la tua copia gratuitamente.

Credits header: Photo by NASA on Unsplash

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Formazione, inclusione, ricerca: i pilastri per la ripartenza per il Poli

Il Politecnico di Milano ha stanziato 10 milioni di euro per il piano di ripartenza post-Covid. Gli investimenti riguardano l’innovazione della didattica, il potenziamento del diritto allo studio e i laboratori di innovazione e ricerca.

«Dopo aver affrontato l’emergenza – dichiara il Rettore Ferruccio Resta a Il Sole24Oreil Politecnico di Milano si è adoperato in questi ultimi mesi in un grande lavoro di rivalutazione e di riprogettazione. Un atto doveroso per ridefinire il posizionamento e l’attrattività dell’ateneo; per ragionare sull’università del futuro e accelerare processi di innovazione in risposta a nuovi bisogni; per consolidare il rapporto con la città e il territorio, con le imprese e le realtà internazionali. Il danno più grande che potremmo fare a noi stessi e ai nostri studenti è quello di non riuscire a trasformare questo momento, seppur drammatico, in un elemento di vantaggio».

ferruccio resta
Credits La Repubblica
INNOVAZIONE DELLA DIDATTICA

Innovazione negli strumenti e nei contenuti, come ci spiega anche Lamberto Duò, delegato del Rettore alla didattica, nell’ultimo numero di MAP. Valorizzando l’esperienza di quest’ultimo anno ma sulla scia di una riflessione già in atto da tempo, le attenzioni dell’Ateneo sono rivolte alle tecnologie sperimentate ogni giorno da docenti e studenti nelle aule del Politecnico di Milano per ripensare l’organizzazione dell’insegnamento trovando un equilibrio tra didattica a distanza ed esperienza in aula, riducendo le ore di lezione frontale e promuovendo momenti progettuali a gruppi in presenza.

Saranno anche promossi progetti pilota in alcune direzioni strategiche, come ad esempio la co-docenza con atenei internazionali. Un forte investimento infine riguarderà inoltre la creazione di nuovi spazi per la socializzazione e il benessere di studenti e lavoratori.

LABORATORI

L’Ateneo ha inoltre varato un piano di potenziamento dei laboratori di ricerca: tecnologie per lo spazio, comunicazioni quantistiche, materiali, stampe 3D di materiali biologici sono alcuni dei settori che oggi rappresentano una priorità in termini di investimento.

labora
Laboratorio Modelli LaBora

Le sperimentazioni vanno anche nella direzione dell’utilizzo di laboratori in “digital-twin” (ovvero con simulazione digitale del laboratorio fisico grazie alla realtà aumentata). Due esempi di innovazione in questo senso sono il nuovo Laboratorio Modelli, che accoglie tecnologie per la progettazione uniche nel panorama universitario europeo, e l’ampliamento di Polifab, la più grande camera bianca per lo studio e la realizzazione di microsensori per l’intelligenza artificiale (ve ne abbiamo parlato su MAP 7), che verrà trasferito dal campus Leonardo presso il nuovo hub di innovazione del Parco dei Gasometri, in Bovisa.

Gli Alumni sono una colonna portante del piano strategico del Politecnico di Milano. Aiutaci anche tu a sostenere l’Ateneo donando il tuo 5 per mille. Scopri come fare.

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Credits home: https://www.italicom.net/istituzioni/universita/imq-e-politecnico-di-milano-insieme-per-la-ricerca-scientifica-e-la-formazione/

International Digital Talks | Post-pandemic scenarios for USA

In periodo post pandemia quale sarà il ruolo della tecnologia nelle nostre nuove vite?

Cosa vuol dire formare le persone in questo new normal? Che competenze serviranno?

Nel Digital Talk organizzato dal Chapter North America in collaborazione con Alumni Politecnico di Milano e MIP Politecnico di Milano risponderemo a queste domande assieme a:

Paolo Juvara | VP of Engineering & CIO, Google Cloud
Elena Pacenti | Dean School of Design, NewSchool of Architecture & Design
Alessandro Treccani | Senior VP, HR Luxottica North America – Operation, Distribution, Logistic

Modera Tommaso Agasisti | Associate Dean, International at MIP Politecnico di Milano Graduate School of Business, Professor of Public Management at Politecnico di Milano School of Management

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TECH BUS: Poli, ATM e Comune di Milano innovano con la guida assistita

Politecnico di Milano, ATM e Comune di Milano, insieme a Vodafone e IBM, annunciano TECH BUS, il primo filobus sviluppato attraverso un innovativo progetto di ricerca sulla mobilità che implementa tecnologie cloud ibride connesse alla rete 5G per la guida assistita.

“La mobilità è un settore chiave per lo sviluppo e per la crescita del territorio e delle città, crocevia tra tecnologia d’avanguardia e servizi di precisione – afferma Ferruccio Resta, Rettore del Politecnico di Milano. – Qui si giocano alcune delle grandi sfide del futuro. Milano, come altre realtà al mondo, diventa teatro di una sperimentazione che unisce le competenze dell’università alle tecnologie messe a disposizione da alcune grandi aziende, con le quali il Politecnico di Milano opera in sinergia da tempo. Un progetto che vuole diventare un dimostratore delle tecnologie per una mobilità sostenibile e sicura”.

Credits: forbes.it

Il progetto, appena partito e in fase di sperimentazione, nasce nell’ambito del Joint Research Lab per la mobilità urbana elettrica autonoma e connessa (JRL), un ecosistema che comprende università, industria e istituzioni: la sua missione primaria è implementare la guida autonoma e la creazione di un circuito urbano con un’infrastruttura smart e tecnologicamente avanzata, che permetta il transito di veicoli sperimentali per migliorare gli spostamenti dei cittadini e dei visitatori della città.

Si tratta di un banco di prova per Milano, da sempre in prima fila come città green e di innovazione, da portare avanti insieme ai leader della ricerca (Politecnico di Milano e Fondazione Politecnica), delle tecnologie (IBM e Vodafone) e dei trasporti (ATM Milano). È il primo passo del percorso verso la guida autonoma, con l’obiettivo di elevare ancora di più i livelli di regolarità e sicurezza del trasporto pubblico locale.

COME FUNZIONA LA TECNOLOGIA DEI TECH BUS?

Il primo TECH BUS sarà un filobus della linea 90/91 dell’ATM, scelta perché gran parte del suo percorso avviene in corsia preferenziale dedicata, e sarà riconoscibile dai colori blu e indaco, che rappresentano l’evoluzione tecnologica, e il verde, che rappresenta la sostenibilità ambientale del mezzo a trazione elettrica.

TECH BUS
Credits: https://www.comune.milano.it/

A livello tecnologico, la comunicazione V2I (Vehicle to Infrastructure) permetterà il dialogo tra i sensori intelligenti a bordo del bus e infrastrutture stradali come semafori, lampioni e pensiline. Questo continuo flusso di informazioni è garantito dalla rete 5G di Vodafone e le interfacce applicative di IBM, che parallelamente consentono la continua disponibilità di informazioni aggiuntive come la presenza di ingorghi, ostacoli, persone vicine alle strisce pedonali ai sistemi di bordo e al conducente, per supportarne la guida in sicurezza.

TECH BUS rappresenta un ulteriore progresso nello scacchiere della New Urban Mobility, che coniuga tecnologia e sostenibilità verso l’avanguardia del trasporto pubblico milanese.

La sperimentazione è appena iniziata, ma la tabella di marcia attualmente prevede che fra due anni il progetto si possa estendere agli altri filobus della flotta ATM in servizio sulla linea 90/91.

Il MAP è la rivista degli Alumni del Politecnico di Milano. È una mappa per ritrovare, scoprire e conoscere tutto quello che è nato, partito e cresciuto nel nostro Ateneo. Qui sotto trovi un articolo correlato: se ti piace quello che stai vedendo, sostienici. Potrai ritirare la tua copia gratuitamente.

Credits header: Photo by Ant Rozetsky on Unsplash
Credits home: allaguida.it

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Il riscaldamento globale è (anche) un problema da ingegneri

Per fronteggiare l’emergenza climatica, l’Europa dovrebbe raggiungere la carbon neutrality entro il 2050: è un obiettivo ambizioso, ma non irraggiungibile, spiega l’Alumnus Lorenzo Rosa, ricercatore internazionale attualmente di stanza all’ETH di Zurigo, inserito nella classifica dei “30 under 30” di Forbes per le sue ricerche innovative su riscaldamento globale e sostenibilità.

“Possiamo arrivarci in due modi: il primo è quello di utilizzare fonti di energia a impatto zero (o quasi) come eolico e solare, in sostanza eliminando l’emissione di CO2 dai nostri processi produttivi; ma, realisticamente, dobbiamo ammettere che ci sono settori industriali in cui questa possibilità è ancora lontana, basti pensare al trasporto aereo o alle industrie dell’acciaio e del cemento e all’agricoltura. Noi dobbiamo agire adesso: dove non si può decarbonizzare, è necessario bilanciare le emissioni di CO2. Piantare foreste serve, ma non basta: bisogna rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera nel momento in cui viene emessa”.

Uno studio a firma di Rosa, insieme a un altro Alumnus del Politecnico, Marco Mazzotti, è stato recentemente pubblicato sulla prestigiosa Energy & Environmental Science. “Assessment of carbon dioxide removal potential via BECCS in a carbon-neutral Europe” descrive i risultati dei ricercatori che hanno analizzato per la prima volta le potenzialità di una strategia di rimozione della CO2 su scala europea. 

Lorenzo rosa
Credits Lorenzo Rosa
CATTURARE L’ANIDRIDE CARBONICA

“Ovunque possibile, è sempre meglio utilizzare fonti di energia a impatto zero, ma, dove non è applicabile, la bioenergia è una fonte preferibile ai combustibili fossili perché è rinnovabile. Resta il problema della raccolta e stoccaggio dell’anidride carbonica, che oggi, per la maggior parte, viene invece rilasciata nell’atmosfera. BECCS (Bioenergy with Carbon Capture and Storage) è una tecnologia di Carbon Dioxide Removal (CDR), cioè rimozione dell’anidride carbonica, conosciuta ma ancora poco applicata: esistono due o tre grossi impianti negli USA, uno in UK e qualche piccolo impianto pilota in Europa”.

Consiste nel catturare la CO2 prodotta dai processi di combustione e nella sua raccolta in siti di stoccaggio sotterranei, almeno a 800 metri sotto la superficie, dove resta intrappolata e non può essere rilasciata in atmosfera.

Questo studio quantifica le potenzialità di questa tecnologia e ne analizza le ricadute ambientali e industriali “con una risoluzione al km”: descrive quindi le attuali disponibilità di biomassa dei paesi europei, gli impianti e le infrastrutture già presenti sul territorio, i risultati che possiamo aspettarci e anche i potenziali rischi che un eventuale “mercato del carbonio” avrebbe in termini di consumo di suolo e biodiversità.

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Credits Photo by Marek Piwnicki on Unsplash
UN EQUILIBRIO DELICATO

La bioenergia si ottiene dalla combustione di biomassa: legname, per esempio, o coltivazioni come i residui agricoli, ma anche rifiuti organici. La biomassa come fonte di energia è preferibile ai combustibili fossili, sia perché è rinnovabile, sia perché è più semplice sequestrare (cioè raccogliere) la CO2 biogenica.

BECCS associa produzione di bioenergia alla rimozione dell’anidride carbonica all’origine, nello stesso impianto, evitandone il rilascio in atmosfera. “Gli obiettivi di decarbonizzazione potrebbero indirizzare il mercato energetico verso la bioenergia”, ci spiega il ricercatore.

“Sarebbe auspicabile, ma comporta dei problemi. Se diventasse molto conveniente produrre energia da biomassa, il rischio è che interi territori vengano sottratti alle foreste o alla coltivazione per produrre questo combustibile. Sta già accadendo, e i risvolti sono drammatici in termini di deforestazione e aumento dei prezzi del cibo, un problema che non farà che crescere nei prossimi decenni con l’aumentare della popolazione terrestre e che interessa anche dinamiche geopolitiche molto delicate tra paesi produttori e paesi consumatori”.

Lo studio mette in luce alcuni di questi aspetti e indirizza la strategia verso l’impiego di biomassa già disponibile come scarto industriale, agricolo e urbano: per esempio, gli scarti delle coltivazioni (tutta la parte della pianta che non viene utilizzata per produrre cibo o foraggio), il trattamento di rifiuti e acque reflue, i rifiuti organici e il letame dagli allevamenti, rendono disponibile una certa quantità di biomassa utilizzabile per produrre energia.

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Credits: www.rinnovabili.it
QUESTIONE DI NUMERI

Per rispettare la scadenza del 2050, è necessario rimuovere 7.5 miliardi di tonnellate di CO2, ovvero circa 250 milioni all’anno per 30 anni, che equivale a mitigare il 5% delle emissioni annue di anidride carbonica.

“5% è l’obiettivo minimo: alcune stime dicono che, per mettere al sicuro il pianeta, serve una rimozione molto più drastica, del 30%. Il 5% però è quello che ci permetterebbe di guadagnare tempo”.

Lo studio dimostra che il potenziale di questa tecnologia in Europa sarebbe in grado di rimuovere 200 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, sufficiente a coprire la soglia del 5%, ma la distribuzione di questo potenziale non è uniforme sul territorio europeo.

“Pochi paesi hanno abbastanza biomassa per raggiungere la propria quota di neutralizzazione delle emissioni tramite BECCS. Altri paesi potrebbero importarla, ma, naturalmente, questo comporterebbe un’ulteriore produzione di CO2 per il trasporto di questo materiale”.

E in Italia? “In Italia si emettono quasi 400 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. La biomassa già disponibile per la produzione energetica permetterebbe di mitigare solo il 2% delle emissioni (i dati sono del 2018). Rimane un 3% minimo: quindi l’Italia dovrà sviluppare altre strategie di cattura del carbonio alternative”.

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Credits infobuildenergia.it

Credits header: planetarenewables.com

Unconventional Digital Talks | Lorenzo Petrangeli intervista Tommaso Loiacono e Matteo Marzorati

Lorenzo Petrangeli intervista Tommaso Loiacono e Matteo Marzorati, co-founders di Cordens Interactive.

I due Alumni sono creatori di Vesper, primo videogioco dell’azienda, in uscita quest’anno e uno dei 5 titoli finalisti al Red Bull Indie Forge 2020.

Quali sono le tappe per passare da un’idea di videogioco al primo prototipo, quanto costa e quali professionalità sono necessarie per farlo nascere e farlo conoscere?

Fili pari home

Due Alumnae a capo della start up dei tessuti ottenuti dal marmo

MARM\MORE è il prodotto di una start up sostenibile “made in Polimi” e incubata in Polihub chiamata Fili Pari: le due fondatrici sono Alice ZantedeschiFrancesca Pievani, Alumnae in Design per il Sistema Moda.

“Oggi oltre il 30% del marmo lavorato finisce in scarto. A volte molto di più. Una quantità altissima se pensiamo che si tratta di una materia nobile che in alcuni casi viene riutilizzata per fini di riqualificazione ambientale ma in altri finisce direttamente in discarica”, spiega Zantedeschi a Repubblica.

L’idea delle due Alumnae è di usare il marmo poco prima che diventi rifiuto speciale (rifiuti derivanti da attività produttive di industrie e aziende, gestiti e smaltiti da aziende autorizzate allo smaltimento), quando è ancora puro e utilizzabile. Da qui nasce MARM\MORE, un materiale realizzato in polvere di marmo impermeabile, traspirante e antivento, creato per i tessuti.

“Abbiamo cercato di abbracciare i valori dell’economia circolare, generando una sinergia tra due settori, quello tessile e quello lapideo, che non avevano mai comunicato fino a oggi”.

Fili Pari, nata nel 2020, ha consolidato una partnership industriale con un’azienda vicino a Lecco, che fornisce lo “scarto” del marmo che viene poi usato in capi di abbigliamento che coniugano stile, innovazione e performance tecniche.

Proprio qualche settimana fa è stata presentata Fili Pari Collection, la nuova collezione Spring Summer 2021 rainwear, dalle linee pulite ed essenziali, realizzata in Italia.

La particolarità?

“Per questa collezione abbiamo accoppiato il nostro tessuto di marmo al nylon riciclato. Le colorazioni sono totalmente naturali grazie alla presenza della polvere di marmo al suo interno per oltre il 50% della spalmatura.” dichiara Zantedeschi.

NON SOLO ABBIGLIAMENTO

Il futuro si preannuncia favorevole per l’attività delle due Alumnae: stanno studiando modi per applicare il tessuto anche nel footwear ed è prevista una collaborazione con il marchio dell’arredamento di lusso Bentley Home, per la realizzazione di una serie di sedute che useranno MARM\MORE come rivestimento degli imbottiti.

Credits home:  capolettera.com

Il MAP è la rivista degli Alumni del Politecnico di Milano. È una mappa per ritrovare, scoprire e conoscere tutto quello che è nato, partito e cresciuto nel nostro Ateneo. Qui sotto trovi un articolo correlato: se ti piace quello che stai vedendo, sostienici. Potrai ritirare la tua copia gratuitamente.