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Politecnico e Amazon insieme per le ragazze nelle STEM

Spingere le ragazze a inseguire la loro ambizione di costruirsi una carriera nell’ambito delle STEM (in inglese: Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) è uno degli obiettivi di diversity&inclusion del Politecnico che, tramite il programma POP – Pari Opportunità Politecniche, si impegna per garantire un ambiente di studio e lavoro che rispetti le identità di genere, le diverse abilità, le culture e provenienze. 

Questo piano strategico si allinea spesso con gli obiettivi di grandi aziende: è il caso di Amazon che, per il quarto anni consecutivo, ha assegnato la borsa di studio Amazon Women in Innovation per supportare la formazione in ambiti in cui la presenza femminile è ancora oggi purtroppo ridotta, aiutando le vincitrici a diventare le leader del futuro tech e un esempio per tante giovani studentesse di materie scientifiche.  

La borsa di studio Amazon Women in Innovation consiste in un finanziamento di €6.000 per l’anno accademico 2021/2022, con la possibilità di rinnovo nei successivi due anni. Oltre a supportare economicamente le studentesse, Amazon metterà a disposizione delle studentesse alcune manager dell’azienda che, in qualità di mentor, aiuteranno le studentesse a sviluppare le competenze utili per il lavoro futuro, come, ad esempio, creare un curriculum efficace o affrontare un colloquio di lavoro in Amazon o in altre aziende. 

Le borse di studio di quest’anno sono quattro, di cui una bandita in collaborazione con il Politecnico di Milano. La vincitrice – Jihad Founoun – è iscritta al primo anno di ingegneria Informatica. Insieme a lei ci sono anche Valentina Cristoferi, studentessa del corso di Ingegneria Informatica al Politecnico di Torino; Elisa Cacace di Ingegneria Informatica presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”; e Giorgia Orofino, studentessa di Ingegneria Informatica dell’Università degli Studi di Cagliari.  

Jihad Founoun
Jihad Founoun

JIHAD FOUNOUN: L’INFORMATICA È “UN AFFARE DI FAMIGLIA” 

La passione per l’informatica è un “affare di famiglia” per Jihad Founoun, ventenne monzese di origini marocchine che si è iscritta al corso di Ingegneria Informatica al Politecnico di Milano grazie anche all’incoraggiamento della sorella sviluppatrice:

“Mi sono diplomata all’Istituto Professionale Odontotecnico ma sono sempre stata portata per le materie scientifiche e mia sorella mi ha spronata a cambiare rotta all’università. Mi piace la programmazione e mi affascina molto riuscire a gestire e risolvere grandi problemi attraverso un ‘semplice’ codice”.

A Jihad piacerebbe diventare insegnante per rendere l’informatica accessibile a tutti a un numero sempre maggiore di persone.

“Ritengo sia importante avere modelli femminili nelle materie STEM a cui ispirarsi, come è successo a me con mia sorella Amina. A tutte le ragazze interessate alle materie STEM dico di non farsi scoraggiare dai pregiudizi. Per fortuna esistono progetti come la borsa di studio Women in Innovation di Amazon grazie alla quale avrò il sostegno necessario per continuare il mio percorso e realizzare i miei sogni”

Anche tu puoi supportare le ragazze che vogliono studiare Ingegneria nei corsi con una bassa percentuale di partecipazione femminile: dona a Girls@Polimi Clicca qui.

Credits Header: https://uwaterloo.ca/future-students/programs/mathematical-physics

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Piazza Leonardo e il Poli: “Una volta qui erano tutte palme”

Molto prima che giungessero in Duomo (ve le ricordate?), portate da una catena di caffè americano, le palme sono arrivate a Milano, in piazza Leonardo da Vinci, con quasi un secolo d’anticipo.  

Nel 1915 veniva posata la prima pietra del complesso di Città Studi, e poco dopo venivano piantate anche le prime palme. Le cartoline dal passato, che ci portano i saluti di quell’epoca, ci raccontano che le palme erano lì anche negli anni ’30 e ’40. In quella “distesa dei prati di Lambrate”, come la definì Carlo Emilio Gadda, sorse un paesaggio esotico, panorama africano sotto il quale i primi studenti diedero inizio alla Storia. Nel 1920 si laureava in Ingegneria Elettronica al Politecnico proprio l’autore di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. Un anno prima si laureava in Architettura Gio Ponti. All’ombra di una palma ci si preparava al futuro.  

Le cartoline sono arrivate a noi grazie al bel progetto di archivio virtuale Milano Sparita e da Ricordare, una pagina Facebook che raccoglie immagini e foto della Milano di una volta. Tanti i commenti e le condivisioni delle foto del Politecnico al tempo delle palme. C’è chi scrive: “Mio padre se lo ricorderebbe così” e chi informa che “Sono state sostituite nell’immediato dopoguerra con robinie e cespugli di pungitopo”. Alla base di questa raccolta c’è la voglia di riscoprire insieme le meraviglie passate e attuali “di una città che in molti pensano sia solo nebbia e smog”, dicono gli amministratori della pagina. E, invece, aggiungiamo noi, è anche palme vintage

Guarda la gallery: 

Il MAP è una delle tante iniziative creata da Alumni Politecnico di Milano. Se ti piacciono questa e le altre attività gratuite per tutti i laureati, puoi sostenerle con una donazione.

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Il Politecnico di Milano vince premio europeo per l’inclusione nello sport

Ricerca e innovazione tecnologica, da un lato, per lo sviluppo di ortesi di nuova generazione; sul fronte sociale invece, la ricerca ha coinvolto le famiglie, gli insegnanti della scuola primaria e le associazioni sportive. L’obiettivo è compensare il deficit funzionale dei bambini emiplegici, permettendo loro di avvicinarsi alla pratica sportiva insieme ai loro compagni di classe. 

È il progetto GIFT (enGIneering For sporT for all) del Politecnico di Milano, ed è tra i vincitori dei 2021 #BeInclusive EU Sport Awards, la competizione promossa dalla Commissione Europea per celebrare le organizzazioni che ricorrono allo sport per migliorare l’inclusione sociale di gruppi svantaggiati. GIFT ha ottenuto il primo posto nella categoria “Breaking barriers” Abbattere le barriere, dedicata a progetti che danno dimostrazione del concetto di resilienza fornendo esempi di come superare gli ostacoli alla partecipazione all’attività sportiva

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Credits: resegoneonline.it

Come punto di partenza, la ricerca si è concentrata su 19 bambini emiplegici frequentanti la scuola primaria, con l’ambizione futura di estendere il progetto nel tempo ad altre disabilità motorie, cognitive e sensoriali.  

A cura del laboratorio E4Sport, laboratorio interdipartimentale del Politecnico di Milano dedicato al mondo dello sport, GIFT è partito nel 2019 grazie alle vostre donazioni del 5 per mille e con il supporto di numerosi partner: IRCCS Eugenio Medea – Associazione La Nostra Famiglia, Università Cattolica di Milano, le associazioni Edumoto Yuky ONLUS, Polha Varese e Polisportiva Milanese 1979 Sport Disabili Onlus, assieme alle aziende ITOP, BTS e Math&Sport. Il progetto si avvale inoltre della collaborazione di Claudio Arrigoni (Gazzetta dello Sport). 

Credits home: www.som.polimi.it
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Andrea Algeri

Formula 1: “una rivoluzione totale, si parte da un foglio bianco”

Brembo serve i team che si giocano il mondiale in Formula 1. Una sfida dopo l’altra a ritmo serratissimo, come racconta, su Gazzetta Motori, Andrea Algeri, responsabile F1 di Brembo e Alumnus Politecnico in Ingegneria Meccanica.

andrea algeri
Credits: Linkedin

Sono 10 i team di Formula 1 equipaggiati con sistemi frenanti e frizioni Brembo: “Nel mondo racing è ancora la sostanza a fare da padrona”, commenta Algeri. “Una storia iniziata quasi 50 anni fa, nel 1975, dai primi freni in ghisa”, storia che oggi è più che una sfida: è una rivoluzione totale, come l’ingegnere definisce il nuovo cambio di regolamento. Che non è il certamente il primo. Rivoluzioni che hanno ripercussioni a cascata sulla vita di tutti, perché il motorsport è il più grande campo di sperimentazione dell’automotive, un laboratorio collettivo e un luogo dove serve, oltre alla competenza, anche un esercizio di fantasia, di visione:

“Siamo leggermente più avanti di quanto possiate pensare. Cerchiamo di immaginare il futuro e come sarà. Adesso è l’elettrico, il recupero di energia è al centro dell’attenzione dei nostri tecnici e progettisti”.

L’immaginazione accomuna tutti gli Alumni che lavorano in Formula 1: come Lucia Conconi, Alumna Ingegneria Aerospaziale e Head of Vehicle Performance in Alfa Romeo F1 Team ORLEN, che alla redazione Alumni ha raccontato la doppia anima, quella in laboratorio e quella in pista, di ogni team F1; o Alberto Taraborrelli, Trackside Control Systems Engineer in Alpine F1 Team, che ci ha raccontato i giorni a ridosso dell’inizio del mondiale: “sono tra i più duri e difficili dell’anno, specialmente perché le macchine sono così diverse e quindi così sconosciute”. Taraborrelli ha sempre sognato di lavorare in Formula 1. Si è laureato in Ingegneria Meccanica a indirizzo meccatronica e robotica e, del Poli, il ricordo più bello è quello del Dynamis PRC, team di Formula Student del Politecnico di Milano.

Scopri anche: Record mondiale di velocità per l’auto a guida autonoma del Politecnico

Credits header: Sole24ore

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Cos’è il neurone artificiale quantistico sviluppato al Politecnico  

Nature Photonics ha pubblicato uno studio frutto di una collaborazione tra Politecnico di Milano, CNR e Università di Vienna, dedicandogli anche la copertina del numero di aprile della rivista. Non capita tutti i giorni: e in effetti è stata fatta una cosa mai fatta prima. I giornali ne stanno parlando come del primo “neurone artificiale quantistico” (per esempio ne parlano Ansa e RaiNews). Promette di diventare l’anello mancante per collegare quantum computing e intelligenza artificiale. Perché è così importante? A cosa può servire?  

L’abbiamo chiesto a Andrea Crespi, ricercatore del Politecnico di Milano e Alumnus PhD in ingegneria Fisica, parte del team che l’ha messo a punto.  

LO STATO DELL’ARTE FINO A OGGI  

Alcune tra le reti neurali “classiche” più efficienti, su cui si basano i moderni algoritmi di intelligenza artificiale, sono composte da connessioni tra “neuroni artificiali” chiamati memristor (memory-resistor). Si tratta di componenti elettronici che cambiano la loro resistenza elettrica sulla base di una memoria della corrente che li ha attraversati in precedenza. Le reti neurali artificiali possono essere “educate” all’apprendimento grazie a questa proprietà: è così che imparano a svolgere compiti complessi, quali comprendere un discorso, riconoscere un volto, interpretare immagini (ad esempio a scopi diagnostici) o guidare un’automobile (anche da corsa: lo fa la squadra Polimove, che programma l’auto a guida autonoma più veloce al mondo). È la tecnologia alla base dell’intelligenza artificiale.  

POI ARRIVA IL QUANTUM COMPUTING  

Fin qui, abbiamo parlato di dispositivi elettronici. Nel frattempo, però, il mondo scientifico ha sviluppato anche una nuova generazione di informatica, il quantum computing. La differenza fondamentale è che, invece di utilizzare impulsi elettronici, la computazione quantistica sfrutta singole particelle per codificare l’informazione. Ad esempio, impulsi ottici costituiti da singoli fotoni, che hanno un comportamento diverso da quello della corrente elettrica. Ne risulta un potere di calcolo potenzialmente assai superiore a quello dei maggiori supercomputer “classici” (cioè elettronici).  

Siccome il vantaggio del quantum computing aumenta proporzionalmente al numero delle operazioni da effettuare, è particolarmente efficiente nel caso di alcuni problemi che richiederebbero, a un dispositivo elettronico, un altissimo numero di operazioni (e quindi ti tempo ed energia) per essere risolti. Esempi di applicazione si trovano per esempio in crittografia, negli algoritmi di ricerca e nelle simulazioni di sistemi fisici.  

L’ANELLO MANCANTE  

I computer quantistici non sono una novità, tuttavia ancora oggi una vera e propria una rete neurale quantistica non è ancora stata realizzata. Mancava, infatti, un fondamentale anello mancante: il quantum memristor, il neurone artificiale quantistico. “L’idea esiste da alcuni anni, ma solo recentemente un gruppo di fisici dell’Università di Vienna ha dimostrato che si poteva fare”, commenta Crespi. Il suo gruppo di ricerca, guidato dal prof. Roberto Osellame, ha progettato e ingegnerizzato il primo vero e proprio prototipo di quantum memristor, un dispositivo ottico con le stesse caratteristiche funzionali del memristor, capace di operare su stati quantistici della luce:

“L’informazione non è più codificata in un segnale elettronico, come nel memristor classico. Quello che varia è invece la trasmissione ottica, cioè la quantità di luce che può passare attraverso il device, in funzione qui quella che ci è passata prima”.

Un oggetto del genere era stato fino ad oggi soltanto teorizzato. Quello realizzato dal Politecnico è quindi il primo prototipo di memristor quantistico: forse, il primo “neurone” di una rete neurale artificiale quantistica.  

Credits home e header: Equinox graphics

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10 cose che ti mancano del Poli

10 anni sui social sono tanti, e quello che abbiamo notato durante questo tempo insieme a voi Alumni è che niente (niente!) vi scatena in positivo e in negativo – ma soprattutto in positivo! – come un bel viaggio nei ricordi politecnici. 

Così abbiamo deciso di appuntarci luoghi e situazioni che solleticano la vostra nostalgia, e il risultato è stato un elenco lunghissimo. Dopo un’accurata selezione, siamo arrivati a stilare un decalogo delle “10 cose che ti mancano del Poli”. Sicuramente ce ne sono di più, sicuramente alcune ce le siamo dimenticate o non hanno raggiunto la top 10: in questo caso, scrivetecelo nei commenti! Chissà, magari riusciremo a scrivere la puntata 2… 

Siete pronti? Iniziamo! 

1. La piscina di via Ponzio 

Chi aveva lezione o esami al Trifoglio d’estate sapeva che il suo spirito sarebbe stato messo alla prova non solo dallo studio, ma anche dall’eco dei tuffi provenienti dalle finestre aperte. Una cosa è certa: ne siete usciti temprati sia fisicamente che moralmente. 

7 cose politecnico piscina
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2. I colori e la street art della Bovisa 

Blu, rosso e giallo sono i colori che vengono in mente quando si parla di Bovisa, ma – per i più giovani – anche i tantissimi murales che l’hanno trasformata in un vero e proprio museo a cielo aperto. 

3. Le nottate di studio al patio di architettura 

Eterno melting pot di facoltà da mattina a sera, dove affrontare sessioni di studio matto e disperatissimo e dove confrontarsi. 

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4. Lo studio più taciturno sotto l’occhio di Guernica nella biblioteca di architettura 

Si tratta di una riproduzione 1:1 della celebre opera di Pablo Picasso, realizzata nel 1973 dal Movimento Studentesco.  

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5. L’aperitivo all’Harp pub/al La Rossa/al bar di via Ampère, all’ombra di un albero in piazza

Ideale per riprendersi da post-lezioni e post-esami.

6. Le panche “diversamente comode” dell’Aula Natta 

Dove seguire le lezioni in religioso silenzio (anche se ogni tanto partiva qualche aeroplanino…) 

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7. I viaggi eroici con plastici e modellini

La fatica incredibile per far arrivare i plastici interi in aula tra viaggi in macchina, metro, treno, tram… 

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8. E a proposito di tram: ovviamente il compianto 23! 

Come dimenticarselo? Ha accompagnato generazioni di studenti al Campus Leonardo fino al 2017, quando è stato mandato in pensione. 

9. Uno dei più grandi misteri della Bovisa: la porta volante 

Qualcuno sa perché è lì? 

10. Le infinite “sfide” tra ingegneri, architetti e designer 

Anche se, in fin dei conti, quello che davvero ci unisce è essere tutti, orgogliosamente, politecnici!