Dall’UE, quasi 8 milioni di € per la simulazione numerica di fenomeni complessi

ne parliamo con la prof. Paola Antonietti, del Dipartimento di Matematica del Poli

Alla guida del Laboratorio di Modellistica e Calcolo Scientifico MOX del Dipartimento di Matematica del Politecnico di Milano c’è la professoressa Paola Antonietti, principal investigator nel team che si è aggiudicato il Synergy Grant dell’ERC – Consiglio Europeo della Ricerca: un finanziamento pari a 7,8 milioni di euro per un periodo di sei anni. 

I numeri l’hanno affascinata da subito, tanto che Antonietti non ricorda un momento preciso in cui ha incominciato a esserne attratta. «È stato tutto molto naturale. Da bambina mostravo interesse per i giochi di logica e per quelli di costruzione come Lego e Meccano, che smontavo e rimontavo. E da ragazzina ho continuato a fare la stessa cosa con il computer: ricordo pomeriggi interi passati sul Commodore 64, per cercare di carpirne i segreti. È così che, man mano, mi sono appassionata a ciò che amo tuttora: risolvere problemi, trovare schemi, categorizzare, astrarre». La 43enne milanese non poteva immaginare che quella passione l’avrebbe condotta non solo a laurearsi in Matematica con lode, ma anche a vincere una borsa di studio che l’avrebbe portata a conseguire il dottorato in Matematica e Statistica all’Università di Pavia, per poi diventare ricercatrice presso la School of Mathematical Sciences dell’Università di Nottingham e, infine, costruirsi una carriera all’interno del Politecnico di Milano. Qui, dopo anni di ricerca e insegnamento, dal 2019 è Professore Ordinario di Analisi Numerica e dal 2023 responsabile del Laboratorio di Modellistica e Calcolo Scientifico MOX del Dipartimento di Matematica. «E pensare che dopo il liceo scientifico volevo iscrivermi a Medicina! Ma la mia famiglia e la professoressa di matematica e fisica mi hanno spinta ad assecondare il mio talento per la matematica. Anche se poi, al di là della materia, ciò che ha contato di più è che adoro studiare, per cui, semplicemente, ho fatto in modo di studiare per tutta la vita. Non mi perdo mai d’animo: se qualcosa non mi riesce, non demordo; più una questione è complicata, più mi sento stimolata a impegnarmi al massimo per scovare una soluzione. E questo, in un settore competitivo come quello scientifico-accademico, ha fatto la differenza». 

Oggi i risultati si vedono, e non sono solo tappe di crescita professionale individuale elencate in un curriculum. Con Nemesis (acronimo di NEw GEneration MEthods for Numerical SImulationS), progetto di ricerca internazionale che la vede al fianco di Lourenço Beirão da Veiga (Università degli Studi di Milano-Bicocca), Daniele Di Pietro (Université de Montpellier) e Jérôme Droniou Jérôme Droniou (direttore di ricerca del CNRS – Centre National de la Recherche Scientifique), Antonietti è impegnata nello sviluppo di metodi numerici di nuova generazione, metodi creati a partire da basi teoriche e messi in pratica attraverso l’uso di supercomputer, allo scopo di risolvere le sfide globali e tecnologiche del XXI secolo, principalmente nel campo della sostenibilità. Di recente il team ha ottenuto un riconoscimento importante: il gruppo di lavoro si è aggiudicato uno dei 37 Synergy Grant dell’ERC.

«Il progetto Nemesis è una grande iniziativa europea finanziata per migliorare la simulazione numerica di fenomeni complessi», spiega lei. «Quando vogliamo modellare fenomeni fisici, come quelli nell’ingegneria o nelle scienze, usiamo equazioni matematiche. Tuttavia, tali equazioni sono spesso troppo complesse per essere risolte direttamente, ed è qui che intervengono i metodi numerici per approssimare le soluzioni tramite calcolatori. La nostra ambizione è, allora, di sviluppare metodi migliori, più precisi ed efficienti, di quelli già esistenti, per poter elaborare approssimazioni di fenomeni complessi e implementarle su computer dotati di una potenza di calcolo estremamente elevata. A tale scopo ricorriamo a griglie di calcolo più flessibili, chiamate “politopali”, diverse dagli elementi standard, ossia da quelle forme geometriche comuni e regolari – cubi, prismi, tetraedri, esaedri ecc. – comunemente usate per semplificare la rappresentazione di un dominio di calcolo. Diverse in quanto capaci di adattarsi liberamente ai contorni o alle geometrie dei fenomeni reali che si stanno simulando». Ovvio che tutto ciò possa suonare astruso a chiunque non mastichi la matematica, ma di fatto è come se si dovesse rappresentare un paesaggio: secondo i metodi tradizionali si potrebbero usare piccoli quadrati o triangoli per raffigurare il terreno, il cielo, gli alberi, ma se il paesaggio è particolarmente irregolare o presenta delle peculiarità rispetto ad altri, quelle figure geometriche rigide potrebbero rivelarsi limitanti e per una rappresentazione più accurata sarebbe, dunque, più corretto ricorrere a pezzi di cartoncino flessibile modellati ad hoc.

«Siamo in una fase di trasformazioni epocali, che si stanno compiendo davanti ai nostri occhi a una velocità mai vista prima», osserva Antonietti. «In questo contesto il linguaggio universale della matematica, ovvero la capacità di descrivere fenomeni quantitativi attraverso equazioni, è fondamentale. Perché le stesse equazioni matematiche possono essere sfruttate per studiare sia come il sangue circola nel cervello, sia come un inquinante si diffonde nell’acqua; sono solo i valori dei parametri fisici e geometrici a cambiare e questo ci consente di compiere simulazioni virtuali per ottenere risposte dettagliate e quantitative a problematiche di vario genere. Per esempio, potremmo voler valutare gli effetti di un terremoto potenziale, predire il rischio di problemi cardiaci dopo un’aritmia, ottimizzare la forma e la resistenza degli pneumatici, personalizzare i trattamenti di radioterapia per pazienti con tumori». 

È quanto fanno i ricercatori di MOX, le cui simulazioni virtuali e analisi dei dati fungono da «laboratori digitali che permettono di esplorare e quantificare una vasta gamma di fenomeni», per dirla con Antonietti, ispirata in questo dal professore di fama mondiale Alfio Quarteroni, il matematico padre fondatore del MOX, alla guida dello stesso dal 2002 al 2022. «Gli devo molto, è grazie alla sua innovativa visione che ho assimilato un modo di fare matematica al servizio delle sfide concrete e realizzato quanto conti, in tutto ciò, confrontarsi costantemente con i colleghi di altre discipline, dagli ingegneri ai designer, dagli architetti agli scienziati applicati. All’inizio non è stato tutto rose e fiori, avevo alle spalle un percorso diverso, per cui i primi anni al Politecnico non sono stati facili. Ma all’Università di Pavia avevo avuto maestri eccezionali: penso alle mie direttrici di tesi di dottorato, le professoresse Annalisa Buffa, ora all’École Polytechnique Fédérale di Losanna (EPFL), e Ilaria Perugia, attualmente all’Università di Vienna, così come a Franco Brezzi e a Donatella Marini. Questo mi ha aiutata e oggi sono fiera di essere parte di una realtà così prestigiosa: secondo l’ultimo QS World University Rankings, il Dipartimento di Matematica del Politecnico di Milano si classifica primo in Italia, 11esimo in Europa e 34esimo nel mondo, tra i competitor nella stessa materia».

Nel frattempo, anche il MOX è cresciuto: nell’anno della sua fondazione contava una decina ricercatori, oggi siamo a circa un centinaio. Il fulcro è la ricerca problem driven di carattere transdisciplinare e interdisciplinare, finalizzata all’applicazione negli ambiti più disparati, dalle neuroscienze all’ecologia, dai processi manifatturieri alla mobilità sostenibile alla digitalizzazione. «Sulla stessa linea, in Nemesis l’aspirazione è di sviluppare una nuova generazione di metodi numerici superando le barriere attuali, anche attraverso il perfezionamento delle capacità predittive con tecniche di intelligenza artificiale. Il cuore di questa ricerca sono i metodi politopali di cui sopra, che supportando griglie di calcolo composte da elementi di qualunque forma e superando così il paradigma classico, rendono possibile sia un’eccezionale capacità di approssimazione dei dati e del dominio o campo di applicazione, sia l’integrazione diretta di leggi fisiche specifiche nell’ambito numerico – integrazione che permette di rispecchiare la reale struttura del problema fisico in esame –, sia una massimizzazione dell’elaborazione computazionale». 

L’obiettivo primario è di congegnare un quadro matematico rigoroso e algoritmi efficienti per abilitare e agevolare questo nuovo modo di fare simulazioni che, in ultimo, andranno a determinare le strategie politiche nei vari settori. «In particolare, come team Nemesis ci occuperemo di mitigazione degli effetti delle attività antropiche nel sottosuolo, per esempio costruendo scenari virtuali per prevedere gli effetti delle attività di stoccaggio della CO2 o della produzione di energia geotermica. E ancora, di equazioni della magnetoidrodinamica o MHD, cioè delle istruzioni matematiche che ci raccontano come si comportano i liquidi conduttori di elettricità in presenza di un campo magnetico, utilizzate per studiare i complessi meccanismi della fusione nucleare, la meteorologia spaziale e molto altro. Le equazioni MHD rivestono un ruolo chiave nella modellazione al calcolatore dei processi di produzione dell’alluminio, che sono ad alta intensità energetica e che necessitano, perciò, di essere ottimizzati nel rispetto dell’ambiente».

All’epoca della sua laurea si parlava ancora poco di gender gap nelle discipline STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), argomento oggi al centro del dibattito pubblico e da tempo una priorità per il Politecnico, dove le donne sono meno del 30% dei 47000 studenti e dei 1400 ricercatori. «C’è ancora molta strada da fare, ma le cose stanno cambiando», commenta Antonietti. «Sono state introdotte azioni concrete in tal senso: tra le tante, attività di orientamento rivolte alle studentesse delle scuole superiori verso le materie STEM, borse di studio per studentesse che scelgono di immatricolarsi ai corsi di ingegneria con minore presenza femminile, asili nido e centri estivi per la comunità universitaria… Come mamma di due figlie femmine di 6 e 11 anni posso testimoniare che sono iniziative che possono fare la differenza: gli esempi sono più incisivi delle parole e credo sia essenziale dimostrare con i fatti, alle bambine e alle giovani ragazze, che “si può fare”. Cosa che per me vale anche nel privato: nella mia famiglia non vige alcuna separazione dei ruoli». Quanto all’ambito professionale, Antonietti afferma di non avere «mai sentito il peso di essere una donna, nemmeno quando, come spesso accadeva e accade, ero l’unica donna al tavolo». Ma sottolinea di aver «sperimentato, negli anni, il peso della segregazione orizzontale – le donne nelle materie STEM sono sotto-rappresentate – e di quella verticale, legata alla disparità di genere nei ruoli apicali». E continua: «Serve un cambiamento culturale. Sotto questo aspetto la Commissione Europea, tramite l’inserimento della dimensione di genere in tutte le politiche di sviluppo, sta facendo molto: i segnali di un progresso iniziano a vedersi un po’ ovunque, non è un caso che il Politecnico sia oggi guidato, per la prima volta dalla sua nascita, da una rettrice».

Anche da questa prospettiva, aggiudicarsi un ERC Synergy Grant è un traguardo da festeggiare: quest’anno, su 395 progetti che hanno partecipato al bando, solo 37, cinque dei quali partecipati da scienziati italiani, hanno ottenuto il finanziamento, coinvolgendo 135 ricercatori chiamati a realizzarli presso 114 università e centri di ricerca in 19 Paesi europei e non solo. «Quella di ERC è senza dubbio la linea più prestigiosa di finanziamento della ricerca a livello europeo», dichiara Antonietti. «Sono orgogliosa di questo traguardo raggiunto con Nemesis, anche perché a essere valutate sono proposte in ogni campo della scienza, senza argomenti predefiniti e valutate sulla base del solo criterio dell’eccellenza scientifica». E gettando lo sguardo indietro, a quando, ancora bambina, si divertiva ad assemblare i mattoncini del Lego, precisa: «Non sono ossessionata dalla matematica, mi piace anche leggere, anzi, sono una divoratrice di libri. E ce n’è uno che per me ha significato tantissimo, “Cuore” di Edmondo De Amicis: mi fu regalato alle elementari dalla maestra, come premio per essere stata una lettrice d’eccezione, e mi ha accompagnata nei momenti più importanti della mia vita, quando sono andata via di casa, quando mi sono sposata, quando l’ho passato alle mie figlie. Perché è un inno all’educazione, al rispetto, alla gentilezza, alla gratitudine, al coraggio, al sacrificio, ed è dall’educazione e dalla cultura che passano i valori imprescindibili di tutela e difesa dei diritti di tutti».

ALTRI ARTICOLI DELLA SEZIONERicerca
IN PRIMO PIANO