Per trovare soluzioni efficaci, bisogna innanzitutto porsi le giuste domande. È una lezione che il Politecnico tramanda di generazione in generazione ed è particolarmente importante oggi, che ci troviamo ad affrontare le sfide del cambiamento climatico, una crisi senza precedenti che coinvolge il mondo intero e la cui urgenza non può essere rimandata.
Siamo l’ultima generazione a poter fare qualcosa per salvare il pianeta: ne parleranno le Nazioni Unite, insieme ai giovani di tutto il mondo, durante la COP26, la 26esima Conferenza sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, che si terrà a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre 2021 sotto la presidenza del Regno Unito, in collaborazione con l’Italia.
IL RUOLO DELL’ITALIA
Il nostro Paese, ed in particolare Milano, ospiterà gli eventi preparatori della Conferenza, ovvero il vertice Pre-COP, evento fondamentale per discutere gli aspetti politici più critici in vista dei negoziati della COP, e il Youth4Climate 2020: Driving Ambition, un’opportunità per tutti i giovani per proporre idee e proposte concrete sui temi caldi dell’agenda del cambiamento climatico.
In preparazione di questi importanti eventi il Ministero per la Transizione ecologica ha lanciato l’iniziativa All4Climate, che darà luogo a eventi e discussioni in tutta Italia sul tema del cambiamento climatico dal 28 settembre al 2 ottobre.
Il Politecnico di Milano è partner chiave di questa iniziativa attraverso l’iniziativa Italy Goes Green, progetto che ha l’obiettivo di individuare temi e domande di stimolo per le riflessioni e le discussioni di politici e decision maker sui temi del cambiamento climatico, indirizzandoli verso riflessioni sostenibili e inclusive e la promozione di azioni tangibili che diano vita al cambiamento radicale necessario a realizzare tutto il “potenziale” dell’Accordo di Parigi.
ITALY GOES GREEN
L’iniziativa Italy Goes Green si inserisce in questo contesto ed è frutto della collaborazione tra Officine Italia, Vodafone Italia e Politecnico di Milano. Ha l’ambizione di coinvolgere tutti i cittadini italiani nella discussione sulla lotta al cambiamento climatico, con l’obiettivo di arrivare a formulare 10 domande trasformative da consegnare alla delegazione italiana che prenderà parte alla COP26.
Chiunque può porre domande ai decision maker sulle sfide della sostenibilità semplicemente collegandosi al sito www.italygoesgreen.com. Gli spunti così raccolti saranno al centro dell’evento in programma il 1° ottobre presso il Vodafone Theatre di Milano, durante il quale 50 giovani saranno chiamati a sintetizzare le dieci domande confrontandosi con mondo istituzionale e imprenditoriale.
L’APPELLO AGLI ALUMNI
Le sfide della sostenibilità toccano temi strettamente intrecciati con il lavoro degli Alumni: sfruttamento del suolo e agricoltura, smart cities ed edifici, infrastrutture di mobilità, industria manifatturiera e industria 4.0, biodiversità, energia, economia circolare e gestione dei rifiuti, salute e benessere, istruzione, finanza verde e investimenti.
È importante che gli Alumni del Politecnico partecipino attivamente alla formulazione delle domande, presentandole sul sito www.italygoesgreen.com entro il 15 settembre, per portare al tavolo la propria esperienza tecnica, scientifica, culturale e manageriale sulle tematiche strategiche nella lotta al cambiamento climatico.
Prof. Raffaella Cagliano, Vicedirettore del Dipartimento di Ingegneria Gestionale, coordinatrice del progetto per il Politecnico di Milano.
La nuova tecnologia, ideata dai ricercatori del Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano, degli istituti di Nanoscienze (Nano) e di Fotonica e nanotecnologie (Ifn) del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), insieme all’Università degli Studi di Brescia e all’Université de Paris, si basa sullo studio di nanoantenne ottiche. Si tratta di sottilissimi cilindri di materiale semiconduttore, 100 volte più sottili di un capello, progettati per assorbire lunghezze d’onda della luce visibile.
Quando la nanoantenna viene illuminata, concentra l’energia luminosa in un volume estremamente ridotto. In queste condizioni, il colore della luce può essere modificato da un fenomeno noto come generazione non lineare della luce. “Questo processo è di grande interesse in diversi settori applicativi, dalle telecomunicazioni, in cui è utilizzato per trasferire le informazioni da un canale di trasmissione ad un altro, ai visori notturni basati sulla conversione della radiazione termica infrarossa in luce visibile, alle sorgenti laser” – dice Eva Pogna, Alumna PhD in Fisica al Politecnico di Milano e giovane ricercatrice del CNR-Nano.
L’INNOVAZIONE
Fino ad oggi erano state dimostrate nanoantenne cosiddette statiche, cioè tali per cui una volta fabbricate non era possibile modificarne le proprietà, ossia riconfigurarle per cambiare le caratteristiche della luce che esse possono emettere.
Il nuovo studio è pionieristico perché dimostra per la prima volta la possibilità di controllare il comportamento di queste nanoantenne ottiche in modo rapidissimo utilizzando la luce stessa come segnale di controllo: quando un impulso luminoso viene assorbito in una nanoantenna ne modifica infatti le caratteristiche risonanti. La modifica indotta dall’impulso di luce è reversibile e dura un tempo pari a qualche decina di picosecondi, consentendo di modulare il segnale generato dall’antenna ad una velocità senza precedenti.
UN PROGETTO INTERNAZIONALE A GUIDA ITALIANA
“Questa scoperta potrebbe aprire allo sviluppo di una nuova classe di dispositivi fotonici miniaturizzati ultraveloci basati su effetti non lineari, di interesse applicativo in svariati ambiti, dalle telecomunicazioni in fibra ottica al computer quantistico” – afferma Giuseppe Della Valle, Alumnus, docente del Dipartimento di Fisica e coordinatore del Progetto Europeo Horizon 2020 METAFAST (“METAsurfaces for ultraFAst light STructuring”).
La scoperta è frutto di un consorzio internazionale a guida italiana che vede la collaborazione fra i gruppi di nanofotonica e di spettroscopia ultraveloce di CNR e Politecnico di Milano (Prof. Giuseppe Della Valle, Dr. Eva Arianna Aurelia Pogna, Prof. Michele Celebrano, Prof. Marco Finazzi, Prof. Giulio Cerullo), dell’Università degli Studi di Brescia (Prof. Costantino De Angelis) e dell’Universitè de Paris (Prof. Giuseppe Leo).
“Il tema dell’occupazione femminile, che pure non esaurisce il dibattito sulle pari opportunità, rappresenta in modo inequivocabile uno dei punti centrali della questione, un potenziale motore di cambiamento strutturale e di rilancio del Paese”.
Così scrive la prorettrice Donatella Sciuto sul Corriere della Sera parlando di pari opportunità e di come queste siano state messe pesantemente in crisi dalla pandemia, che ha fatto emergere le debolezze strutturali in tema di occupazione femminile, carichi familiari impari e disequilibri nella vita tra uomini e donne.
Anche se i dati diffusi da Report Istat raccontano un’Italia dove le donne sono più istruite degli uomini (22,4% contro il 16,8%), la presenza femminile nelle lauree tecnico-scientifiche, anche se in crescita, è ancora molto bassa: solo il 16,2% delle donne acquisisce un titolo nelle discipline STEM (science, technology, engineering, mathemathics), contro il 37,3% degli uomini.
“A livello internazionale l’edizione 2021 del Global Gender Gap Report giunge a concludere che il tempo stimato come necessario a ‘chiudere’ il divario tra uomini e donne in questo ambito è il 276,6 anni”.
COSA SI PUÒ FARE PER COLMARE IL GENDER GAP?
“Il momento della scelta del percorso universitario può costituire un punto di svolta importante, perché questa scelta è fondamentale per favorire autonomia, libertà e consapevolezza per le giovani donne” continua la prorettrice Sciuto.
Proprio per questo, il Politecnico di Milano ha creato Girls@Polimi, delle borse di studio per future immatricolate ai corsi di ingegneria con bassa percentuale femminile (Meccanica, Elettronica e Informatica), che mettono a disposizione delle candidate meritevoli 8000 euro ciascuna, ripetibili per i tre anni della laurea, oltre all’alloggio gratuito.
Girls@Polimi è un’iniziativa che si inserisce nel piano strategico Pop – Pari Opportunità Politecniche e mira ad avvicinare le ragazze allo studio delle STEM – e nello specifico dell’ingegneria – iniziando dalle scuole superiori, per supportarle in una scelta di valore dal punto di vista della realizzazione personale ma anche lungimirante rispetto alle prospettive professionali future. Se vuoi sostenere la borsa di studio con una donazione, clicca qui.
Nel 2017 la Commissione europea anticipava il bisogno di 350 mila esperti in cyber security entro il 2022, ma oggi questo numero è già raddoppiato. Si parla di milioni di posti di lavoro che l’Europa ha bisogno di coprire, numero che continua a crescere con l’aumentare della pervasività delle tecnologie nelle nostre vite. Il Politecnico è una delle punte di diamante di questa trasformazione e ospita uno dei più consolidati centri di competenza europei in sicurezza informatica che, tra le altre cose, in questi anni ha dato vita al corso in Cyber Risk Strategy and Governance (ne parlavamo in MAP #6, a pagina 22), nato dalla collaborazione tra Politecnico di Milano e Università di Bocconi, con il sostegno di 6 partner aziendali (Cisco, Kpmg, Intesa San Paolo, Ntt Data, Spike Reply e Vodafone). Lo scorso 20 luglio hanno conseguito la laurea magistrale i primi laureati del corso: Rodrigo Messina, Alexandra Blia e Giacomo Minello. Alla prima edizione hanno partecipato 38 studenti provenienti da tutta Italia e da vari paesi europei, a regime il corso potrà ospitarne 50. Ma il tema è oggetto di studio fin dagli anni ’90 anche nei corsi di ingegneria informatica e non solo.
Oggi, come ha commentato Donatella Sciuto, prorettore del Politecnico di Milano ,“il digitale rappresenta una componente strategica del PNRR e uno degli ambiti sui quali l’Europa investe maggiormente per ritrovare unità e competitività. In un mondo digitale, la sicurezza informatica diventa fondamentale per molti settori come i trasporti, l’energia, la sanità e la finanza. A questa dobbiamo fare fronte con nuove competenze che sappiano analizzarne i rischi e le opportunità non solo dal punto di vista tecnico, ma economico e sociale.
Il Politecnico di Milano e il Centro Cardiologico Monzino hanno siglato un accordo quadro per la ricerca scientifica, che rafforzerà il ruolo delle due istituzioni nel panorama della scienza medica high tech.
L’accordo prevede lo svolgimento di attività scientifiche, tecnologiche, formazione e trasferimento tecnologico finalizzate a programmi di ricerca con personale condiviso; la partecipazione di personale del Politecnico a programmi di ricerca del Monzino finanziati dal Ministero della Salute e, viceversa, la partecipazione di personale Monzino a programmi di ricerca del Politecnico finanziati dal Ministero dell’Università e della Ricerca.
È poi prevista la creazione del nuovo Centro di RicercaCongiunto “Cardio Tech-lab, Modeling and Application for Human Health”, che accoglierà personale con doppia affiliazione presso due laboratori del Monzino:uno dedicato a progetti di tecnologie digitali, imaging, sensoring (LEGO – DigitaL tEchnologies for imaGing and sensOrs) e uno focalizzato su ingegneria tissutale e scienze biomelecolari (OASIS – Omics data, Analytics, System biology, Tissue engineering and cellS).
“Il centro di ricerca congiunto rappresenta il coronamento di un percorso di collaborazione tra i due enti consolidato negli anni ed estremamente proficuo – dichiara Alberto Redaelli, Alumnus e professore ordinario di Biomeccanica e coordinatore dell’Area di Ricerca in Bioingegneria presso il Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano – La rapida evoluzione tecnologica nell’ambito della diagnosi e della cura ha reso la collaborazione tra medico e ingegnere un elemento strategico per un utilizzo consapevole ed efficiente dei nuovi mezzi digitali e di analisi dei dati, e delle cosiddette tecnologie abilitanti. Il Centro di Ricerca Congiunto sancisce questa trasformazione e si candida come laboratorio per l’innovazione nell’ambito della formazione, della ricerca e della cura, a testimonianza dell’impegno prioritario che il Politecnico del terzo millennio pone sul tema della salute e del benessere dell’uomo”.
La convenzione permetterà di realizzare progetti congiunti di alto profilo scientifico e tecnologico oggetto di pubblicazioni comuni ad alto impact factor, domande di finanziamento a bandi competitivi quali i programmi comunitari come Horizon Europe, di attrarre gli investimenti dell’industria e di ottenere brevetti congiunti.
Il MAP è la rivista degli Alumni del Politecnico di Milano. È una mappa per ritrovare, scoprire e conoscere tutto quello che è nato, partito e cresciuto nel nostro Ateneo. Qui sotto trovi un articolo correlato: se ti piace quello che stai vedendo, sostienici. Potrai ritirare la tua copia gratuitamente.
È Senior Director di CrowdStrike, azienda leader nel campo della cyber-security, che nel 2017 ha acquisito Iperlane, fondata dall’Alumnus. Vincenzo Iozzo ha studiato ingegneria informatica al Politecnico di Milano, è angel investor e membro del Review Board della Black Hat Conference. Già ricercatore associato presso il MIT Media Lab, è coautore del “iOS Hacker’s Handbook” (Wiley, 2012).
Intervistato lo scorso aprile da Il Sole24Ore, che lo definisce “il CEO con un’anima tech”, Iozzo riflette sulle tecnologie più promettenti della nostra epoca, machine learning, intelligenza artificiale e biotech, e commenta che la nuova generazione di imprenditori e dirigenti del mondo tecnologico, che si è formata o si sta formando in questi anni, è una generazione di persone attente alle implicazioni etiche e sociali del proprio lavoro e agli impatti che esso ha in termini di equità e sostenibilità.
LUIGI REBUFFI
È segretario generale dell’ECSO, European Cyber Security Organisation. Alumnus ingegneria nucleare al Politecnico di Milano, ha lavorato in Thomson CSF/Thales tra Francia e Germania, diventando nel 2003 Direttore per gli Affari europei per le attività civili del gruppo. Ha coordinato la creazione di EOS, European Organisation for Security, di cui è stato CEO per 10 anni, ha contribuito alla creazione di ECSO e partecipato a diverse iniziative in questo ambito come supporto alla Commissione Europea. Nel 2019 ha partecipato alla creazione della Fondazione Women4Cyber, “un’idea nata nel 2017 durante una conversazione con la prof.ssa Sciuto, prorettore del Politecnico di Milano”, ricorda Rebuffi, per promuovere la partecipazione delle donne nel settore della cybersecurity. Nel 2020 è entrato nella lista “IFSEC Global Influencers in security – Executives“. Ha preso parte alla nascita di Stem in the City e alla creazione del corso di laurea congiunto tra Politecnico e Bocconi in Cyber Risk Strategy and Governance. Leggi di più sulla nuova laurea in Cybersecurity
“Trovarmi nominato in una lista è una cosa che mi sorprende sempre”, commenta Rebuffi. “Non mi è mai venuto in mente di essere un influencer, ma mi rendo conto che oggi è importante essere riconosciuti per il lavoro che si fa”. E continua: “Le nostre università devono potenziare le possibilità per gli studenti di orientarsi verso questa trasformazione delle competenze, che risponde alle necessità della trasformazione digitale: tecnici e scienziati, ma anche avvocati, manager e persone in grado di valutare l’impatto del rischio informatico a 360°”.
GIOVANNI VIGNA
Vive in California, dove è docente presso il Dipartimento di Informatica dell’Università della California a Santa Barbara (UCSB). “Mi sono laureato e ho fatto il PhD al Politecnico di Milano”, racconta Giovanni Vigna. “Ho finito nel ’97 e sono andato a fare un postdoc in UCSB: doveva durare 6 mesi, ma dopo due anni di postdoc il dipartimento mi ha chiesto di restare come docente e sono ancora lì 24 anni dopo”. La ricerca di Vigna si focalizza su diverse aree, quali l’analisi del malware, lo studio del crimine informatico, l’analisi delle vulnerabilità, la sicurezza del web e l’applicazione dell’apprendimento automatico a tematiche di sicurezza.
“La bellezza del fare ricerca è che ti mette sempre a contatto con idee nuove”, commenta, “ma penso che l’impatto del lavoro di un docente e ricercatore vada oltre alle idee e ai contributi scientifici. È soprattutto un impatto umano: quello di formare individui che a loro volta daranno il loro contributo”. In questo approccio, racconta, c’è molto Politecnico: “è stato l’ambiente in cui sono cresciuto e mi sono formato: il mio advisor, Carlo Ghezzi, non era un esperto di sicurezza informatica ma era un mentore eccezionale e mi ha insegnato a fare ricerca e a seguire gli studenti. Quasi tutti i miei colleghi di dottorato, infatti, sono entrati in grandi università in tutto il mondo”.
STEFANO ZANERO
È professore associato al Politecnico Milano. Alumnus ingegneria informatica 2002, si occupa di sicurezza dei sistemi cyber-fisici, di virologia informatica e analisi dei dati applicata alla sicurezza. Ha avviato diverse startup di settore.
“Il Poli ha una lunga tradizione legata alla cyber security che risale alla metà degli anni ’90, con i contributi del prof. Dècina”, commenta Stefano Zanero. “Siamo stati uno dei primi atenei al mondo a partecipare a competizioni internazionali universitarie di hacking nei primi anni 2000, e ad inserire l’insegnamento di sicurezza come obbligatorio nel corso di laurea magistrale in ingegneria informatica, nel 2010. Negli anni, tanti Alumni si sono formati qui e oggi sono ben inseriti nel mondo accademico e industriale, anche se non sono sulla lista stanno facendo cose molto interessanti”.
Una delle particolarità di chi si è formato in sicurezza informatica al Politecnico è la capacità di prendere in considerazione il lato umano di questi strumenti. “Faccio l’esempio più diffuso, quello delle password per accedere ai servizi”, continua Zanero. “Se il sistema di autenticazione chiede password impossibili da ricordare, so già che l’utente se le scriverà su un post-it, compromettendo la propria sicurezza. Le politiche di sicurezza devono tenerne conto ed essere pensate per essere usate dalle persone, altrimenti non funzionano”. La parte tecnologica, insomma, è importante (diremmo un prerequisito), ma c’è altro: “L’elemento di natura economica di analisi del rischio sottende a tutto, come anche quello di natura sociale e psicologica”. Autenticarsi a Netflix, insomma, non è la stessa cosa che accedere al proprio conto in banca.
La sicurezza informatica è un campo in cui il Politecnico investe molto anche in termini di ricerca. “Il rischio zero non esiste: al Poli studiamo come rompere le cose, anche i sistemi di sicurezza, per trovare soluzioni più difficili da rompere”, continua Zanero, sottolineando che quanto più informatizziamo la produzione e il digitale diventa diffuso nelle nostre vite, tanto più questo rappresenta un rischio (si pensi per esempio alla protezione dei dati sensibili, ma anche alla domotica sempre più presente nei trasporti, nella gestione di edifici e spazi, l’internet of things ecc.) e quindi la sicurezza informatica deve diventare altrettanto pervasiva. “La pervasività è una delle principali sfide dei ricercatori: ovunque ci sia un oggetto informatico deve esserci un sistema di sicurezza, dal computer che regola la distribuzione di energia elettrica all’app per smartphone con cui accendo le luci in casa”.
Valentina Sumini, Alumna e Visiting Professor del Politecnico di Milano, è stata nominata “Ambasciatore del Design Italiano per il 2021”. Il titolo le è stato conferito a Washington durante la quinta edizione dell’Italian Design Day, promosso dall’Ambasciata italiana per celebrare il design e la creatività italiana nel mondo.
PROGETTARE PER LO SPAZIO
“Sono sempre stata affascinata dallo spazio e già da studente del Politecnico mi ero potuta cimentare nell’affrontare un progetto per la creazione di un’infrastruttura ricettiva sulla Luna. Il mio desiderio è quello di riuscire a progettare una struttura che permetta all’uomo di diventare una specie multiplanetaria, dove la Terra sarà sempre il nostro pianeta madre” ha raccontato Sumini a Forbes.
Secondo l’architetta, proprio per la sua naturale propensione al viaggio la specie umana è destinata a diventare multi-planetaria, e le prime tappe non possono che essere la Luna e Marte. Per questo è importante essere preparati: si tratta infatti di arrivare su altri pianeti e restarci, e di conseguenza progettare soluzioni abitative è di primaria importanza.
“Il punto fondamentale da cui partire, – dichiara l’Alumna al Sole24ore – è considerare bene la differenza fra l’ambiente in cui viviamo e ci siamo evoluti e gli altri due che consideriamo. Qui da noi la gravità è determinante, addirittura il nostro corpo è modellato da millenni e millenni di azione della gravità sulle nostre ossa, sistema venoso e dell’equilibrio. Se parliamo invece di Luna e Marte scendiamo a 1/6 per il nostro satellite e a 1/3 circa per il Pianeta Rosso. Una persona di 60 chili ne pesa solo 10 sulla Luna e circa 20 su Marte, per avere un’idea. Il problema, quindi, non è l’azione verticale costante della gravità, che in pratica spinge verso il basso anche gli edifici, ma si sposta verso i problemi dati dalla differenza di temperatura e pressione atmosferica e dalla presenza o meno di radiazione nociva all’essere umano.”
DESTINAZIONI: STAZIONE SPAZIALE – LUNA – MARTE
Progettare per lo spazio per gli architetti come Sumini significa pensare a tre stadi diversi: il primo è il più “vicino” a noi, a 400 chilometri dalla Terra, e consiste nel mandare in pensione la Stazione spaziale internazionale – il più grande manufatto costruito ad oggi nello Spazio – per trasformarla in un albergo, da costruire proprio sullo scheletro dell’ISS. Attorno al nucleo centrale sono state progettate 12 camere realizzate in tessuto super resistente ma anche leggero, per potere arrivare in orbita più facilmente, piegato.
Il secondo stadio prevede la realizzazione del progetto Moon Village, l’insediamento sulla Luna di un villaggio formato da piccole abitazioni, ciascuna pensata per quattro ospiti, realizzate anche con materiali locali, come la regolite. La criticità principale della Luna è la scarsità d’acqua, che è presente in zone limitate; per questo le “case” saranno costruite in una regione al Polo Sud del Satellite, in una zona con più disponibilità di acqua, di energia solare e con vista costante sulla Terra.
“Mai come ora è necessario, quasi urgente, sviluppare una visione architettonica su un possibile insediamento lunare “permanente” che recuperi quello spirito e dia linee guida e prospettive di condivisione e di sviluppo pianificato, quindi un vero e proprio masterplan in cui aree residenziali, infrastrutturali e produttive evolvano secondo una filosofia unitaria, un po’ come se ci si rifacesse al concetto delle “città ideali” teorizzato tante volte in passato, dal Palladio a Le Corbusier” ha aggiunto l’architetta sul Corriere Innovazione.
L’ultimo stadio è l’insediamento su Marte: per questo è stato scelto un cratere in una zona depressa del pianeta, che garantirebbe una maggiore densità dell’atmosfera e più acqua nel sottosuolo e un minor livello di radiazione. La gran parte dei locali come case, uffici, palestre e uffici saranno sottoterra, sotto delle cupole trasparenti.
La squadra maschile di inseguimento su pista formata dai ciclisti Filippo Ganna, Simone Consonni, Francesco Lamon e Jonathan Milan ha vinto la medaglia d’oro e stabilito un nuovo record del mondo (3:42.032) in una gara all’ultimo secondo. l’Italia ha vinto con una rimonta mozzafiato di oltre mezzo secondo di svantaggio, come racconta Il Post, “tirata” da Ganna e strappando l’oro ai campioni in carica della squadra danese.
Record del mondo e 30° medaglia conquistata per l’Italia durante queste Olimpiadi: un’“impresa epica per un titolo olimpico nell’inseguimento che mancava da più di 60 anni”, riporta la Gazzetta, che continua sottolineando i progressi “impetuosi” fatti da questo gruppo negli ultimi anni.
UN SUCCESSO ITALIANO E POLITECNICO
L’impresa del C.T. Marco Villa e della squadra italiana passa anche per il Politecnico di Milano, in particolare passa dalla Galleria del Vento, il grande laboratorio di ricerca di cui vi abbiamo raccontato su MAP 6 a pagina 40. “Per preparare al meglio le Olimpiadi di Tokyo, i quartetti dell’inseguimento su pista maschile e femminile sono venuti in Galleria del Vento per ottimizzare le prestazioni dal punto di vista aerodinamico, verificando i materiali e la posizione in sella. Le prove sono state fatte in stretta collaborazione con i commissari tecnici FCI e l’istituto di scienza dello sport del CONI”, commenta il prof. Marco Belloli, docente del Dipartimento di Meccanica che nel video qui sotto racconta il “behind the scene” di uno dei laboratori di ricerca più straordinari al mondo, la Galleria del Vento del Politecnico di Milano, di cui è direttore scientifico.
Le prestazioni aerodinamiche sono determinanti negli sport che sono caratterizzati da alte velocità perché permettono di guadagnare secondi preziosi. Nel corso degli anni, oltre all’Italia Olimpica dell’inseguimento su pista, alla nostra Galleria del Vento hanno provato campioni come Elia Viviani, Oro Olimpico a Rio, Alex Zanardi con la sua handbike, la campionessa slovena di sci Tina Maze, il campione olimpico di slittino Armin Zoeggeler e Luna Rossa.
Come racconta focus.it in questo video, all’interno del LaST i ricercatori studiano come ridurre il rischio di lesioni per gli occupanti di un mezzo di trasporto, dalle automobili ai treni e persino agli elicotteri.
Le attività del laboratorio si occupano di sicurezza passiva e attiva. Il Poli è uno dei pionieri del campo fin dagli anni ‘60 e la storia di LaST inizia proprio in quegli anni, come il primo laboratorio di crash test a livello accademico in Italia.
I ricercatori e gli studenti che gravitano intorno a LaST si occupano di valutare il comportamento delle strutture durante un impatto, dal singolo componente a veicoli o velivoli in scala reale, di modellazione di eventi catastrofici e del comportamento del corpo umano. Per esempio, si fanno prove di assorbimento di energia su oggetti accelerati e poi distrutti dinamicamente per valutarne il comportamento durante l’urto; prove in decelerazione per le componenti che non sono coinvolte direttamente nell’impatto ma che ne ricevono gli effetti, come i sedili delle auto; o anche prove di bird impact, rischio sempre più grave vista la crescita del traffico aereo.
Questo tipo di attività di ricerca al Politecnico di Milano si avvale anche della collaborazione di moltissime imprese nel settore dei trasporti, per progetti condivisi che vanno dalla progettazione alla certificazione di prodotti che poi entrano in circolazione sulle nostre strade e nei nostri cieli.
Alumnus in disegno industriale a indirizzo multimediale, Mario Taddei è uno dei primi designer al mondo ad aver preso la strada della realtà virtuale. “Nel 1998 feci la tesi su uno dei primi caschi virtuali: volevo ricostruire il Castello Sforzesco così com’era al tempo di Leonardo da Vinci, ma era ancora fantascienza, la tecnologia non era pronta. I caschi facevano venire il mal di testa e la risoluzione delle immagini era ancora deludente rispetto alle aspettative delle persone”.
Vent’anni dopo, la tecnologia ha recuperato terreno e Taddei è di nuovo uno dei primi designer al mondo a realizzare una postazione per la realtà virtuale in un museo: si trova in piazza della Scala a Milano, al museo di Leonardo 3, di cui Taddei è stato curatore e co-founder.
“Adesso i caschi sono leggeri e user-friendly. Possiamo vedere le cose in risoluzione molto alta, in fotorealismo e possiamo quindi davvero realizzare i musei virtuali in esperienza immersiva. Nelle mostre che realizza, per la prima volta, è possibile per esempio visitare la scena dell’Ultima Cena ricostruita così come doveva essere al tempo di Leonardo da Vinci: il visitatore mette il casco e improvvisamente si ritrova nel 1500, nel refettorio di Santa Maria delle Grazie, può muoversi al suo interno e osservarne le parti che oggi non esistono più, come il soffitto e le pareti laterali che Leonardo aveva dipinto”.
“La Città Proibita, lo dice il nome stesso, è un luogo visitabile solo dall’esterno: gli interni sono chiusi ai turisti. La realtà virtuale permetterà di entrarci, ammirare l’architettura cinese antisismica dell’anno 1000 e i suoi meravigliosi incastri; non solo, con il manipolatore VR, si potranno toccare e maneggiare manufatti che oggi sono assolutamente inaccessibili. Per la prima volta, il visitatore li può prendere in mano, ruotare, portarseli davanti agli occhi, persino romperli, se vuole. L’unica cosa che batte la realtà virtuale è andarci di persona, e neanche sempre: in VR puoi interagire con l’artefatto in modi che dal vivo non sarebbero possibili”.
NUOVE PROFESSIONI PER MONDI VIRTUALI
Quello dei musei virtuali, e della realtà virtuale in generale, è un mondo in espansione e apre la strada a molte professioni completamente nuove: designer, programmatori, architetti, scenografi specializzati in VR, esperti di modellazione.
Il lavoro che sta dietro a questa tecnologia è estremamente complesso e i dispositivi non sono semplici da usare, per un utente poco esperto: ci vogliono tecnici specializzati che personalizzino ogni utilizzo. “Per ora si vede solo in qualche museo. Ma non è lontano il giorno in cui chiunque possieda un visore potrà comprare su uno store online una visita virtuale alla Città Proibita, al Louvre, agli Uffizi, alla Stazione Spaziale Internazionale, senza coda e con la possibilità di fare esperienze inimmaginabili dal vivo. Siamo molto vicini, questione di al massimo un paio d’anni”.
L’arte virtuale è il campo di studi d’elezione di Taddei, che ha pubblicato in proposito il saggio “Leonardo da Vinci è morto!”, appena uscito su Amazon. Parla di arte digitale e NFT, un quadro divulgativo su questa tecnologia dalle potenzialità disruptive nel mondo dell’arte digitale.
Book – LEONARDO DA VINCI È MORTO – Come fare soldi con gli NFT e arte digitale COVER e retroBook – LEONARDO DA VINCI È MORTO – Come fare soldi con gli NFT e arte digitale Credits: Mario Taddei
“Le stesse problematiche che affrontavano sia Michelangelo che Leonardo sul concetto (assurdo e a volte paradossale) di copyright sono ancora più attuali nel mondo digitale. Il libro vuole far riflettere sul fatto che gli artisti del passato sono morti e sono a quelli contemporanei che un investitore dovrebbe guardare; e, proprio come i nostri antichi maestri utilizzavano il massimo della tecnologia a loro disposizione, anche gli artisti di oggi fanno lo stesso”.
IL CUCCHIAIO NON ESISTE… MA A NOI SERVE LO STESSO!
Taddei sarà uno dei primi a esplorare il nuovo mestiere di curatore d’arte virtuale: “I miei studi politecnici mi tornano utili ancora una volta, in particolare quelli di usability, ergonomia e propriocezione. Non posso mandare un utente qualsiasi in un ambiente a cui non è abituato. Facendo l’esempio del museo virtuale, come ti muovi tra le varie stanze? Cammini o ti teletrasporti schiacciando un pulsante? Di per sé, l’ambiente virtuale non ha bisogno di regole fisse: non servono pavimenti, luce naturale, la fisica può essere ingannata. Ma il nostro corpo, invece, ne ha bisogno, altrimenti sta male, prova nausea, vertigini, persino panico. Tutto è possibile, ma non tutto è tollerato dal sistema nervoso. Per rendere la realtà virtuale usufruibile da tutti, bisogna applicare le regole del mondo fisico a cui siamo abituati. Vale anche per la possibilità di fare viaggi, esperienze, lezioni virtuali a distanza indistinguibili dall’esperienza reale”.
Taddei è anche un artista digitale: “L’opera a cui sono più affezionato ha un carattere digitale tutto suo. Non è come le altre… vive da 16 anni!”. Sponge, creata nel 2004, è una forma dinamica digitale le cui strutture geometriche si modificano su tre piani di simmetria.
“La sua forma originale risiede in una quarta dimensione (temporale) e si manifesta proprio come farebbe un oggetto tetradimensionale nel nostro spazio 3D, assumendo cioè diverse forme nel momento in cui attraversa i suoi piani di simmetria”.
Vive, insomma, nelle intenzioni dell’artista, all’interno di un software. “Ci sono affezionato perché si potrebbe considerare la più antica forma d’arte digitale vivente ad oggi, vive in un pc da 16 anni. Anche se ogni tanto salta la corrente, lei ritorna in vita da dove la avevo lasciata. Nel 2006 è stata pubblicata su diverse riviste d’arte e nel 2013 è stata esposta in diverse gallerie d’Italia sia in forma digitale sia reale, attraverso la stampa 3D. Nel 2021 è diventata un NFT ed è entrata nel museo Virtuale Neoart3”.
Le sue opere sono esposte in tutto il mondo: per esempio il museo d’arte contemporanea Yellow Box Art a Quingdao, in Cina, gli ha dedicato un’intera sezione: “Non ci sono mai stato fisicamente e questa è anche una delle tante rivoluzioni che il digitale ci insegna. Ho trasferito le mie opere digitali, immagini, modelli 3d e video via internet. Il museo le ha stampate e sistemate in un allestimento che ho curato stando comodamente seduto nel mio laboratorio in Neoart3, dall’altra parte del globo”.
“Oggi lavoro come architetto curatore di mostre e musei virtuali e collaboro con uno dei grandi galleristi di Milano, Deodato, con il quale stiamo preparando in anteprima mondiale una mostra virtuale che presenteremo ad ottobre e che collegherà arte e tecnica, passato e presente con la tecnologia odierna della realtà virtuale”.
Ricerca e tecnologia a supporto della competitività delle imprese, questo il focus dell’accordo siglato da Politecnico e Regione Lombardia, che punta sullo sviluppo di ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico nell’ambito del programma di interventi per la ripresa economica. L’accordo svilupperà tre macro-obiettivi con investimenti sulla ricerca di frontiera e sullo sviluppo di infrastrutture all’avanguardia. Vediamoli.
UNA RETE DI COMUNICAZIONE VELOCE E CRIPTATA A MILANO
Il progetto POLIQI – POLItecnico Quantum Infrastructure, a partire dalle fibre ottiche di telecomunicazioni standard già installate nel territorio, intende realizzare una rete di comunicazione quantistica ancora più veloce e in grado di trasmettere dati con livelli di sicurezza inviolabili, con possibili applicazioni in ambito finanziario, amministrativo, sanitario e di intelligence. La ricerca servirà anche a sperimentare nuove soluzioni di cifratura grazie a chiavi quantistiche intrinsecamente sicure.
L’accordo prevede inoltre un focus sulla “manifattura avanzata” su due fronti, life sciences e green deal.
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BIOSTAMPA 3D PER LA MEDICINA
Il Politecnico si doterà di una delle prime installazioni su scala mondiale di un sistema di biostampa 3D multifotone per tessuti vascolarizzati, primo passo verso la stampa di tessuti organici per la ricerca in medicina e farmacologia. Negli ultimi anni l’Ateneo sta portando avanti diversi progetti a supporto delle Scienze della Vita (ne abbiamo parlato in diverse occasioni su MAP), impegno che si è tradotto anche nella creazione di un nuovo corso di Laurea Magistrale (Medtech, in collaborazione con Humanitas) volto a formare la nuova figura professionale del medico-ingegnere (info qui, a pag. 22).
Credits: Regione Lombardia
NANOMATERIALI E IDROGENO PER LA TRANSIZIONE ENERGETICA
La collaborazione punta inoltre a potenziare le infrastrutture di ricerca per lo sviluppo di materiali innovativi e sostenibili al servizio del comparto manifatturiero anche in ottica di soluzioni innovative per l’energy storage e la transizione energetica: al centro degli studi ci saranno la prototipazione e il testing di innovativi dispositivi elettrochimici per la conversione e l’accumulo di energia, in particolare batterie e celle a combustibile ad idrogeno. Per la progettazione dei nanomateriali che saranno utilizzati, il Politecnico si doterà di uno dei laboratori ai raggi X tra i più attrezzati di Europa.
UN LINK TRA RICERCA E MONDO PRODUTTIVO
L’intesa prevede uno stanziamento complessivo 4.163.400 euro, di cui 1.687.500 euro saranno finanziati da Regione Lombardia, il resto dal Politecnico di Milano. “Vogliamo sostenere i nostri atenei e promuovere le loro esigenze al fine di garantire una sempre maggiore competitività del territorio, anche attraverso la sperimentazione di nuove tecnologie”, commenta l’assessore all’Istruzione, Ricerca, Università, Innovazione e Semplificazione Fabrizio Sala. “Questi investimenti – ha aggiunto Sala – sono infatti mirati allo sviluppo di soluzioni che abbiano una ricaduta concreta e che leghino sempre di più il mondo universitario con quello produttivo”.
Secondo il rettore del Politecnico di Milano Ferruccio Resta, “La ricerca avanzata come motore dello sviluppo del territorio lombardo: grazie all’accordo con Regione Lombardia, frutto di un’interazione costante tra istituzioni, dotiamo Milano e il suo indotto di infrastrutture competitive. Un vantaggio non solo per l’università, grande laboratorio di idee e di sperimentazione, ma per il tessuto socio-economico”.
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