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La Milano di domani: una galleria di opere politecniche 

“Milano: quartiere che vai, Alumni che trovi”. No, non siamo impazziti, abbiamo solo letto questo articolo di Urban File, che annuncia i vincitori della seconda edizione del “Premio Architettura e Urbanistica 2021” per la città di Milano e abbiamo scoperto che ben 7 degli 8 progetti portano una firma politecnica. Non male, vero? 

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Credits: Urban File

Vediamoli insieme: chissà che non siate passati davanti ad alcuni di questi senza saperlo… 

CITTÀ STUDI – NUOVO CAMPUS LEONARDO | RENZO PIANO E OTTAVIO DI BLASI 
Arredo Urbano – Spazi pubblici – Ciclabili – Verde 

Il nostro nuovo Campus, inaugurato a giugno dell’anno scorso, vince nella categoria “Arredo Urbano – Spazi pubblici – Ciclabili – Verde”. 

La riqualificazione del campus di architettura del Politecnico è un progetto che viene da lontano e di cui si comincia a parlare nella primavera del 2017 (l’inizio della storia lo trovate su MAP #1) grazie all’idea donata da Renzo Piano al Politecnico, in seguito progettata da un altro grande Alumnus, Ottavio Di Blasi – ODB&Partners (la sua intervista su MAP #7).  

I due architetti hanno ideato e sviluppato una radicale riorganizzazione degli spazi di via Bonardi sulla filosofia che Piano definisce del “rammendo”: “ricucire” e collegare, infatti, sono tra le funzioni del nuovo Campus, pensato come uno spazio aperto a tutta la città, un parco urbano che mette in comunicazione il parco Ponzio con il sistema verde di Piazza Leonardo da Vinci. 

Nelle parole di Urban File: 

“Gli spazi prima utilizzati solo come attraversamento e di servizio, dall’aspetto privo di identità e asettico, si sono trasformati in un luogo bello, vivibile e soprattutto verde”. 

Per approfondire leggi la news: Inaugurato il nuovo Campus alla presenza del Presidente della Repubblica 

ISOLA – ALSERIO 10 | ASTI ARCHITETTI  
Rigenerazione edifici esistenti: residenziale e ricettivo 

Il progetto di Asti Architetti (studio dell’architetto e Alumnus Paolo Asti) in via Alserio 10 ha trasformato la sede degli in un raffinato edificio residenziale ribattezzato “Isola 10”

“Le sinuose curve delle ampie terrazze disegnate da Asti Architetti, i rivestimenti in legno sintetico, hanno restituito un’immagine molto più sofisticata a questo edificio dalla forma particolare, nato [nel 1970] per essere sede del Reader’s Digest”. 

PORTA TICINESE – VETRA BUILDING | STUDIO IL PRISMA  
Rigenerazione edifici esistenti: direzionale 

Parlando di rigenerazione di edifici esistenti ma di tipo direzionale, Urban File ritiene che il progetto più interessante realizzato nel 2021 in questa categoria sia il Vetra Building, in Piazza Vetra 17.  

L’edificio originario nacque nei primi anni ‘60 su progetto di Ferdinando Reggiori allo scopo di creare una nuova sede per l’Esattoria di Milano, insediandolo in un quartiere che doveva risorgere dalle devastazioni della Seconda Guerra Mondiale. Col tempo però il contesto si fece sempre più degradato, fino a quando, negli anni ‘90 il parco venne recintato per poter essere chiuso nelle fasce orarie in cui la vigilanza non poteva essere garantita, mentre tutto il fronte dell’immobile a contatto con il parco diventava una zona d’ombra e di microcriminalità. 

L’intervento della società internazionale di architettura e design Il Prisma e Artelia – che vede l’Alumnus e ingegnere edile Carlo Carone tra i suoi partner principali – ha rinnovato lo spazio pubblico attraverso la riqualificazione dell’edificio, “per ripristinare un nuovo dialogo con la città, anche attraverso l’architettura e l’arte, rivitalizzando anche i portici abbandonati al loro destino negli anni passati, aprendo anche un varco nel mezzo che unisce due lati del quartiere, inserendovi anche un’opera d’arte spettacolare di Patrick Tuttofuoco”. 

Credits: BAMS photo

FIERA – CASA BORIO | CALZONI ARCHITETTI 
Edilizia residenziale di nuova costruzione 

Calzoni Architetti, studio dell’Alumna e docente della Scuola del Design del Politecnico Sonia Calzoni, ha progettato Casa Borio, il piccolo ed elegante edificio in via Monte Rosa 66. 

Dal gusto anni ‘60 e dalle linee semplici ed efficaci, l’edificio ha ampie terrazze poste sul lato rivolto a meridione e sul piccolo giardino che riscaldano e rassicurano coi loro colori ambrati. 

Interessante il trattamento “diverso delle facciate: più urbano sulle vie pubbliche e maggiormente aperto, con ampi serramenti in cristallo, inserimento di balconi continui e facciate rivestite da legno ricomposto per dialogare e appartenere al giardino stesso”. 

BARONA – THE SIGN | PROGETTO CMR 
Edilizia direzionale di nuova costruzione 

Progetto CMR dell’Alumnus Massimo Roj firma il complesso per uffici “The Sign”, che vince nella categoria “Edilizia direzionale di nuova costruzione”. 

Si tratta di un’opera che ha “risolto e ravvivato un’area altrimenti depressa di Milano, creando uno spazio lavorativo piacevole e una piazza, Piazza Fernanda Pivano, perfetta per passeggiare e rilassarsi nelle pause lavorative”. 

Il complesso comprende due edifici per uffici di 9 e 11 piani, un edificio di produzione di 3 piani e una vasta piazza pedonale e pubblica per una superficie totale di 20.400 mq. 

TRENNO – NUOVA PRIMARIA VISCONTINI | TECNICAER ENGINEERING 
Edilizia Scolastica e dello Sport 

Dietro la nuova scuola primaria di Via Viscontini a Milano c’è la Tecnicaer Engineering, che vede come architetto responsabile l’Alumna Margherita Carabillò

Si tratta di un progetto che ha messo in gioco un percorso condiviso e partecipato che ha coinvolto insegnanti, genitori, collaboratori scolastici e bambini.  

“La scuola ha una struttura all’avanguardia, a basso impatto ambientale, con pannelli fotovoltaici sul tetto e ridotti consumi di energia. L’edificio è stato progettato per garantire un’ottimale qualità acustica e assicurare una qualità dell’illuminazione naturale interna”. 

Il complesso scolastico, denominato “la scuola dei colori”, può ospitare 600 bambini ed è dotato di palestra, auditorium e biblioteca accessibili anche al di fuori dell’orario scolastico. L’edificio principale ha 20 classi e dispone di 8 laboratori. 

CENTRO – TEATRO LIRICO GABER | PASQUALE FRANCESCO MARIANI ORLANDI 
Edilizia pubblica – di servizio – culturale 

Il progetto, a opera dell’Alumnus Pasquale Francesco Mariani Orlandi, ha permesso la riapertura delle porte del teatro lirico dopo più di vent’anni di inattività.  

“Nato come Teatro della Cannobiana nel 1779, un anno dopo La Scala, il Lirico con un restauro da 16 milioni di euro ospita nella sua nuova conformazione 1.517 spettatori – 798 in platea, 505 in galleria, 120 e 36 rispettivamente nella prima e nella seconda balconata. Inoltre ospita anche un ristorante con vista sul palco, una sala multimediale da 100 posti al foyer del primo piano e altre sale laterali. Sono presenti nuovi camerini e anche una sala prove con vista sul Duomo. Un teatro del popolo, come lo definisce il direttore Matteo Forte, destinato ad arricchire sensibilmente l’offerta culturale cittadina”. 

Credits header: canva.com

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5 per mille: Poli primo in Italia per donazioni ricevute

Sono usciti i dati relativi alle donazioni del vostro 5 per mille nel 2020: per una somma complessiva di 985.530 €, sono stati 7.921 i contribuenti, in larga parte Alumni, che hanno donato al Poli il loro 5 per mille. Nella classifica degli enti ammessi al beneficio della donazione, l’Ateneo si classifica al 1° posto tra le università, relativamente all’importo delle donazioni.

Tra gli enti di ricerca, compresi quelli non universitari, il Poli scala tre posizioni, dal 9° (2019) al 6° posto. Negli ultimi 9 anni il Politecnico di Milano ha ricevuto dalle donazioni del 5 per mille circa 5 milioni di euro.

Grafico 5 Per Mille 2020 Ita

VERSO UNO SVILUPPO SOSTENIBILE E RESPONSABILE

L’Ateneo ha investito questi fondi in progetti di ricerca ad alto impatto sociale, integrandoli con una parte di co-finanziamenti stanziati dai dipartimenti stessi o da enti pubblici e sponsor, secondo la visione politecnica di sviluppo sostenibile che promuove il coinvolgimento di privato, pubblico, società civile, mondo della ricerca e istituzioni finanziarie.

Ambiente, energia, salute, rigenerazione urbana, sostegno a popolazioni e territori fragili (ma l’elenco potrebbe continuare) sono sfide globali che riguardano tutti e che pongono domande a cui la ricerca scientifica è chiamata a rispondere. È un impegno che il Politecnico di Milano ha nel proprio DNA.

I progetti di ricerca finanziati vengono selezionati ogni anno attraverso un concorso di proposte, il Polisocial Award. Primo in Italia tra le iniziative accademiche di questo tipo, ha l’obiettivo di sostenere e avviare progetti di ricerca e un approccio etico al lavoro accademico che valorizzino l’impatto sociale delle competenze politecniche, in un’ottica di sostenibilità nel tempo e con l’obiettivo di dare spazio ai giovani ricercatori.

SCOPRI LA RICERCA A ALTO IMPATTO SOCIALE DEL POLITECNICO DI MILANO

I progetti finanziati nel 2021, partiti in questi ultimi mesi, si concentrano su metodi, strategie e strumenti capaci di ridurre gli squilibri sociali aggravati dall’emergenza Covid-19, favorendo l’accesso a risorse e opportunità da parte di persone, categorie o comunità vulnerabili, in un’ottica di equità e sostenibilità. Nel 2020 abbiamo posto l’attenzione ai contesti di fragilità sanitaria e alle conseguenze sociali che si portano dietro.

Andando ancora più indietro nel tempo, abbiamo lavorato su progetti di attività sportiva come leva d’inclusione: per contrastare fenomeni di disagio giovanile e esclusione delle diversità, favorire il dialogo tra culture, promuovere la riqualificazione sociale e ambientale dei quartieri. Molti di più ve ne abbiamo raccontati, negli anni, sulla rivista MAP, il Magazine degli Alumni del Politecnico di Milano: scopri tutti i progetti politecnici finanziati con il tuo 5 per mille.

dona al 5 per mille

QS Ranking: Politecnico 13° al mondo per ingegneria

Il QS World University Rankings by Subject 2022, la classifica delle università migliori al mondo per ambito disciplinare, rafforza il trend di crescita del Politecnico di Milano.

Per Ingegnerianegli ultimi 6 anni il nostro Ateneo ha scalato 11 posizioni in classifica, raggiungendo oggi il 13° posto al mondo (dal 24° posto del 2016).

In Architettura e Design ha guadagnato 5 posizioni: rispettivamente, dal 15° e 10° posto del 2016, al 10° e 5° dello scorso anno, confermati anche dalla nuova classifica.

In Europa siamo al 7° posto nell’area Engineering and Technology, al 3° per Art & Design e al 5° per Architecture & Built environment.

Questi risultati rispecchiano, tra i vari parametri presi in considerazione, anche la valutazione degli Alumni sulle competenze acquisite in relazione al contesto lavorativo.

Il risultato raggiunto è decisamente positivo e ne siamo orgogliosi. Non solo per le riconferme nei campi dell’Architettura e del Design, eccellenze mondiali, ma soprattutto a fronte delle posizioni scalate nell’ingegneria, contesto altamente competitivo e di più difficile posizionamento per gli atenei italiani.

commenta Ferruccio Resta, Rettore del Politecnico di Milano.

Rispetto allo scorso anno, all’interno della macrocategoria Ingegneria, il Politecnico ha guadagnato posizioni significative in ingegneria chimica (+7 posizioni), civile (+2), meccanica (+2), elettrica ed elettronica (+3), ingegneria dei materiali (+21) e ambientale (+8).

Un risultato possibile grazie ad azioni strategiche ben precise portate avanti dalla nostra università negli ultimi sei anni. Tra queste, il consolidamento del rapporto con le aziende, che passa anche attraverso il sostegno alle start-up e allo sviluppo d’impresa, con la creazione di numerosi Joint Research Center.

La reputazione accademica (Academic Reputation) è l’indicatore su cui si rileva un miglioramento forte ed è anche il più importante del ranking. Infatti, compone almeno il 40% della valutazione finale nelle discipline del Politecnico, ed è basato sulle valutazioni di oltre 130.000 accademici da tutto il mondo.

Non una piacevole sorpresa, piuttosto il meritato riconoscimento del valore delle politiche attivate in questi ultimi anni: dagli investimenti in infrastrutture di ricerca alle alleanze internazionali. Un indicatore importante della nostra reputazione e della nostra attrattività verso ricercatori e studenti di talento, dentro e fuori dai confini nazionali.

aggiunge Resta.

Il Politecnico di Milano ha costruito in questi anni un modello di strette alleanze tra le più importanti Università tecnologiche europee, con lo scopo di dare vita a un nuovo spazio accademico per l’interazione tra progresso tecnologico, società e ambiente. Grazie a questo processo di internazionalizzazione, siamo riusciti a raggiungere una delle nostre missioni primarie dell’ultimo triennio, diventando così una delle “European Leading University”, capace di guidare la ricerca e l’innovazione scientifica e tecnologica per contribuire a uno sviluppo sostenibile e inclusivo.

Nel panorama italiano, il Politecnico di Milano si conferma primo assoluto in Architettura, Design e per la quasi totalità delle materie di Ingegneria (Computer Science & Information Systems; Chemical Engineering; Civil & Structural Engineering; Electrical & Electronic Engineering; Mechanical, Aeronautical & Manufacturing Engineering).

Il nostro Paese, settima economia mondiale, dovrebbe aspirare ad avere almeno un’università tra le prime dieci al mondo in ogni disciplina.

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Politecnico e Bocconi insieme per formare i top manager della sostenibilità

È stato presentato ieri – in conferenza stampa dai Rettori di Bocconi e Politecnico di Milano, Gianmario Verona e Ferruccio Resta, con il Ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani – il nuovo Master of Science in Trasformative Sustainability, nato dalla collaborazione tra Politecnico di Milano e l’Università Bocconi.

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Credits: tiresia.polimi.it

Il master of science congiunto – diretto dalla professoressa Raffaella Cagliano del Politecnico e dal professore Francesco Perrini della Bocconi – si pone come un unicum nel panorama della formazione universitaria in Europa proprio perché vuole formare i futuri top manager della sostenibilità, dei ‘manager-tecnologi’ sempre più richiesti dal mercato del lavoro con una prospettiva fortemente integrata, innovativa e multidisciplinare sulla sostenibilità.

“La trasformazione sostenibile è oggi una sfida imprescindibile per le imprese. La sostenibilità non è solo uno dei pilastri su cui si basano i piani per l’Europa del futuro, ma oggi deve entrare a far parte del dna di ogni modello di business affinché l’impatto delle imprese possa essere sempre più positivo. È fondamentale per noi formare futuri manager che abbiano questa visione.”

spiega il Rettore della Bocconi, Gianmario Verona.

“La tecnologia è, senza ombra di dubbio, il fattore abilitante delle grandi trasformazioni in atto, come nel caso della sostenibilità in tutte le sue accezioni. Impatta in modo decisivo sui processi di business e orienta imprese ed enti pubblici verso piani di sviluppo complessi di cui gli SDGs sono elementi fondativi. Da qui il contributo del Politecnico di Milano e la necessità di combinare le competenze tecniche e formative dei nostri due atenei su tematiche chiave per la crescita economica e sociale.”

aggiunge il Rettore del Politecnico di Milano, Ferruccio Resta.

Il nuovo corso di laurea vedrà la realizzazione di una didattica congiunta, ma secondo le proprie aree di competenza: i docenti Bocconi si occuperanno degli insegnamenti più legati alle discipline delle scienze sociali, del management, dell’economia, della finanza e del diritto necessarie per gestire una transizione sostenibile circolare “giusta”, mentre i docenti del Politecnico formeranno gli studenti sulle tecnologie più avanzate, in particolare nelle aree dell’energia, dell’ambiente, della chimica e della mobilità, oltre a trasferire un approccio ingegneristico orientato a progettare, innovare e gestire sistemi sostenibili. Nel nuovo corso non mancheranno insegnamenti di data analytics, di etica, di diversity e di inclusione.

Il master of science in Trasformative Sustainability, che inizierà nell’anno accademico 2022/2023, è il secondo corso di laurea congiunto tra Politecnico e Bocconi dopo la laurea magistrale in Cyber risk strategy del 2019 (ne abbiamo parlato qui).

Sostieni studenti e le studentesse: con una donazione a partire da 10€ puoi contribuire a finanziare le borse di studio. Dona ora.

Credits home/header: tiresia.polimi.it

Sciuto: nell’ambito dell’innovazione, la tecnologia non è l’unico fattore-chiave

“Non credo che, se avessimo a disposizione un computer un milione di volte più potente, riusciremmo a mettere a punto sistemi di intelligenza artificiale più vicina a quella umana”.

Tendiamo a pensarla anche noi come Donatella Sciuto, prorettrice del Politecnico di Milano, che così ipotizza in un editoriale sul Corriere della Sera intitolato «Un elogio della velocità». Spoiler: la velocità non è sempre un bene. Per gestirla serve puntare sul capitale umano: nel grande “gioco” dell’innovazione, il ruolo degli stimoli che arrivano dalla società, dalla cultura, dalla scienza, dalla politica e in generale dall’ecosistema delle attività umane sono altrettanto determinanti della tecnologia.

donatella sciuto
Credits: Wired Trends

Per mettere a sistema tutti questi elementi e anticipare il cambiamento tecnologico (ma, soprattutto, per stimarne e indirizzarne l’impatto sul mondo in cui viviamo) il Politecnico di Milano ha da poco inaugurato il Technology Foresight Center, uno strumento fatto di competenze specialistiche e reti di esperti accademici e industriali, nazionali e internazionali, che ha il duplice obiettivo di elaborare previsioni di sviluppo tecnologico e fornire indicazioni utili a supporto delle scelte di investimento pubblico e privato.

 “Negli ultimi cinquant’anni il numero di transistor disponibili su un chip di pari dimensioni (l’elemento di base delle operazioni digitali) è raddoppiato ogni diciotto mesi, seguendo la così detta legge di Moore, che nel 1965 predisse empiricamente l’aumento della capacità di elaborazione nel tempo”,

commenta Sciuto.

Biotecnologie e life sciences, energia, intelligenza artificiale, mobilità, nuovi materiali: sono alcuni dei campi di ricerca più urgenti in cui la velocità di innovazione delle tecnologie tende a crescere in modo esponenziale. “Di solito si sovrastima l’impatto di una tecnologia nel breve periodo e lo si sottostima nel lungo periodo”, spiega, in una video-lezione agli Alumni, la prof. Cristiana Bolchini, docente della Scuola di Ingegneria Industriale e dell’Informazione del Politecnico di Milano e membro del comitato scientifico del Technology Foresight Center. “Perché non è semplice avere un’idea dell’interdipendenza [della tecnologia] con gli aspetti sociali politici ambientali ed economici”.

Con un focus importante sugli obiettivi di sostenibilità condivisi su scala globale, il Technology Foresight Center si chiede, continua Sciuto sul Corriere, in che misura sia possibile “anticipare il cambiamento tecnologico, stimarne la velocità, la capacità di diffusione e l’impatto”. Rispondere a queste domande diventa ancora più urgente oggi, in vista, conclude la prorettrice “dei grandi investimenti in atto. Il Paese ha di fronte a sé un’occasione imperdibile. A partire dalle infrastrutture digitali, alle tecnologie verdi, all’investimento in ricerca, l’innovazione tecnologica ci offre grandi opportunità. Dobbiamo saperle cogliere a tre condizioni: agire in modo rapido ed efficace, correre sulle lunghe distanze e puntare sul valore del capitale umano, che è il vero fattore abilitante di ogni cambiamento”.

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Perché stiamo parlando di MADE, il competence center di Milano?

MADE è un hub di sviluppo per progetti di ricerca applicata e trasferimento tecnologico. È anche un “demo center” dove poter vedere e toccare con mano le tecnologie allo stato dell’arte dell’industria manifatturiera. Girando per i suoi 2500 m2 di nastri trasportatori, bracci meccanici e sensori, si ha quasi l’impressione di trovarsi in una fabbrica nel futuro; in realtà, il futuro che immaginiamo è già qui.

Guidato dal Politecnico di Milano, MADE unisce 4 università (oltre al Poli, collaborano le Università di Bergamo, Brescia e Pavia), INAIL e 43 imprese (tutti i partner a questo link) del territorio lombardo. Vi convergono quindi i più aggiornati metodi, strumenti e conoscenze sulle tecnologie digitali, dalla progettazione all’ingegnerizzazione, dalla gestione della produzione al termine del ciclo vita del prodotto. Ciascuno dei partner porta in MADE una dimostrazione della propria tecnologia, mostrando quali potenzialità si aprono quando le tecnologie esponenziali incontrano l’operation technology e non solo.

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Credits: Alessandro Spada

Progettato pre-pandemia e inaugurato a fine 2020, oggi MADE torna a occupare spazio nel discorso pubblico. Come mai? Ne abbiamo parlato con Stefano Rebattoni, Alumnus ingegneria gestionale e amministratore delegato di IBM Italia, uno dei partner fondatori del competence center.

“MADE è un luogo in cui mostrare alle PMI, gruppi industriali, start up innovative e incubatori cosa si può ottenere ripensando la fabbrica in termini di collaborazione tra information technology e operation technology. È stato creato sul territorio lombardo, caratterizzato dalla presenza di università di eccellenza e un forte tessuto imprenditoriale, per fare sistema tra questi player di punta e trainare il territorio circostante. Il PNRR oggi ci dà la grande opportunità di portare tutto questo su un fattore di scala differente, non più regionale e locale ma nazionale. Questo vuol dire maggiore occupazione e rapido sviluppo: migliora la competitività dell’intero settore manifatturiero italiano. Il quale, ci tengo a precisarlo, già oggi ha una posizione di assoluta rilevanza: è il secondo in ordine di importanza a livello europeo, con una decisa presenza delle PMI, ossatura del sistema economico del Paese”.

TRA LE MURA DEL MADE, 3 CAMPI DI RICERCA CON IMPATTO GLOBALE

Non solo per l’Italia, ma per tutto il mondo, ripensare il manifatturiero significa per prima cosa doversi occupare con urgenza di cyber security e efficientamento energetico. “Erano temi importanti quando abbiamo pensato MADE, oggi sono diventati un’emergenza”, commenta Rebattoni. Poi si lavora anche su altre cose, come il cloud, prerequisito per un concept di fabbrica più aperta, sicura ed efficiente.

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Credits: Digital4

Qualche esempio? “Come IBM, stiamo lavorando con MADE a diversi progetti, ne cito alcuni. Lato cyber security: attraverso l’utilizzo della piattaforma QRadar, è possibile monitorare accessi alle risorse e identificare in anticipo comportamenti sospetti che si devono intercettare prima che si verifichino danni agli impianti o furti di dati. Sul controllo qualità, sviluppiamo un sistema di sensori che raccolgono immagini lungo tutto il ciclo di produzione. Questi dati vengono poi utilizzati dai modelli di intelligenza artificiale per identificare i difetti di fabbricazione e istruire le macchine per eliminarli. Sul fronte energia, lavoriamo con Icopower a un sistema in grado di monitorare il consumo energetico dei grandi macchinari industriali, rilevando comportamenti straordinari rispetto alle medie attese e normalizzando i profili di carico e consumo dell’energia”.

Come gruppi industriali, istituzioni e società in tutto il mondo siano ormai legati a doppio filo gli uni alle altre è qualcosa che possiamo leggere ogni giorno nei titoli di tutti i giornali. Quali criticità si nascondono in un sistema sempre più integrato?

I rischi sono sempre proporzionali alle opportunità. Si va verso una economia di piattaforme digitali, i dati sono distribuiti, le infrastrutture devono essere in grado di comunicare. L’opportunità è quella della scalabilità e della flessibilità; i rischi sono soprattutto legati al tema della cyber security (per esempio alla governance dei dati), all’aggiornamento delle infrastrutture, che devono essere resilienti e in grado di gestire carichi sempre più imprevedibili. E poi ci sono gli investimenti per le competenze: senza le adeguate professionalità, non saremo in grado di cogliere tutte le opportunità che oggi ci offre l’innovazione tecnologica”.

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Credits header: Ashtart Consultancy

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Zanuso e Mendini: i due grandi architetti e Alumni in mostra al museo dell’ADI

Due grandi Alumni e professionisti dell’architettura e del design a confronto: è la mostra “Marco Zanuso e Alessandro Mendini. Design e Architettura”, in esposizione all’ADI Design Museum di Milano.

“Una mostra che intende porre le basi per una riflessione attorno al design made in Italy e ai suoi valori” afferma Luciano Galimberti, Presidente ADI Associazione per il Disegno Industriale, e che ruota attorno a un percorso espositivo che stimola la riflessione giocando sulla contrapposizione delle opere dei due architetti, grazie a un percorso di rimandi e influenze.

ZANUSO E MENDINI: DUE VOLTI DEL MADE IN ITALY, DIVERSI MA FORSE COMPLEMENTARI

Marco Zanuso, Alumnus e professore del Politecnico, è considerato uno dei fondatori del design industriale italiano.

A partire dal secondo dopoguerra, uno dei suoi interessi principali furono l’accessibilità e i costi degli articoli della produzione di massa, che lo spinsero a diventare il primo a interessarsi all’uso di nuovi materiali e tecnologie per gli oggetti comuni e ai problemi di industrializzazione del prodotto.

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Credits: Grand Vintage

Alessandro Mendini, invece, si laurea nel 1959 e inizia a praticare durante le stagioni dell’architettura radicale e del postmoderno, occupandosi dei suoi progetti di “redesign”, riesce a dare vita a pezzi classici del design reiventandoli con colori e materiali nuovi.

Il suo è un approccio eclettico, di cui abbiamo parlato direttamente con lui nel MAP 0:

“Ho fatto molta fatica a capire che cosa fossi. Ho una certa indifferenza tecnica: mi piace pitturare, scrivere, fare grafica ecc… una cosa non prevale sull’altra. Mi spiego meglio: Medardo Rosso era uno scultore con la cera. Sapeva fare solo quello, e lo faceva in modo eccellente. Oppure, dal punto di vista dei contenuti, Morandi si è centrato sulle bottiglie. Io invece sono dispersivo, eclettico. Sono sempre attratto da quello che non mi appartiene e spreco le mie energie cercandolo. Pertanto mi è molto difficile dire che cosa faccio e quali obbiettivi ho raggiunto. È tutto molto frammentato e caleidoscopico.  Ma in tutto questo casino che ho nella testa, c’è anche un metodo, un’ipotesi di lavoro. Lavoro come un operaio, dalla mattina alla sera, anzi di più, perché un operaio non lavora la domenica.”

Alessandro Mendini PH Montibeller
Credits: Montibeller

La mostra diventa quindi un modo di mettere a confronto il metodo progettuale e rigoroso di Zanuso e il procedimento postmoderno di Mendini, che ha saputo fare rielaborazioni poetiche dell’esistente.

A proposito della mostra, il curatore Pierluigi Nicolin sottolinea:

“Oltrepassando lo stesso contesto italiano possiamo vedere come le tematiche moderniste ‘forti’ alla Zanuso e quelle postmoderniste ‘deboli’ alla Mendini si fondano sulla capacità di invalidare le premesse da cui partono e, nel particolare ‘viaggio sentimentale’ che li accomuna, vedere come ciascuno finisca per negare a modo suo l’esistenza di un confine invalicabile alla propria esperienza”.

La mostra sarà visitabile fino al 12 giugno 2022.

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Credits header e home: ADI Design Museum