2020: 5 per mille a Vulnerabilità e Innovazione  

Finanziati con le donazioni 5 per mille, sono 5 i progetti di ricerca per tutelare la salute di tutti

I progetti vincitori dell’edizione 2020 di Polisocial sono partiti la scorsa primavera, quando le energie dell’Ateneo erano in particolar modo tese a sostenere il contesto sociale in un momento ancora molto delicato dal punto di vista dell’emergenza pandemica. Il Politecnico ha voluto valorizzare gli sforzi dei gruppi di ricerca, dedicando 500 mila euro (donazioni 5 per mille del 2018) al tema «Vulnerabilità e Innovazione», che pone attenzione ai contesti di fragilità sanitaria e alle conseguenze sociali che si portano dietro. 

Risparmiare acqua e portare tecniche produttive dove non ci sono 

Il progetto di Hands, finanziato con le donazioni del 5 per mille, trasaferisce le competenze politecniche in Mozambico.

Dipartimenti: DASTU, DCMC, DABC, DENG, DICA
Tag: salute, spazio urbano, slum upgrading 
Contesto: Maputo, Mozambico

Partner: AICS Mozambico, AVSI, Architetti Senza Frontiere Italia e Spagna, Universidade Eduardo Mondlane.

polisocial hands
Credits: Polisocial

La recente pandemia ha evidenziato la vulnerabilità della popolazione che vive nel quartiere di Chamanculo a Maputo, vulnerabilità che tuttavia era preesistente, a causa della mancanza di servizi sanitari, dell’inadeguatezza dell’infrastruttura urbana come strade e spazi pubblici), del sovraffollamento e dell’inadeguatezza nella gestione dei rifiuti.

I ricercatori del Politecnico, con il progetto HANDS, hanno attivato un “Laboratorio Sociale” dedicato alla produzione di Polichina, il liquido igienizzante Made in Politecnico. Oltre all’immediata utilità pratica, questa iniziativa ha anche lo scopo di trasferire conoscenze e competenze agli attori locali, per una migliore gestione dei rifiuti e per un modello di produzione energetica adatto sia alla scala urbana che a quella domestica.  

«Immaginiamo un sistema automatizzato poco più grande di una macchinetta da caffè», spiega l’Alumnus e ricercatore Mattia Sponchioni, «a questo colleghiamo quattro serbatoi diversi contenenti gli elementi per produrre la Polichina: acqua, etanolo, acqua ossigenata e glicerolo. Si imposta una precisa quantità e il sistema la produce”. Il prototipo sarà testato in alcuni punti nevralgici di Chamanculo come scuole, piazze, mercati: stazioni di rifornimento quindi da integrare con un sistema di gestione intelligente dei rifiuti generatisi in seguito all’emergenza sanitaria, come mascherine e dispenser di liquido igienizzante.

Nel “Laboratorio Sociale” si sperimenteranno inoltre metodi di produzione di energia elettrica per l’alimentazione dei distributori di Polichina e per l’approvvigionamento locale delle materie prime da fonti rinnovabili in situ. In questa particolare situazione, l’uso di Polichina ha un impatto positivo anche in termini di risparmio di acqua. «Riduciamo il consumo dalla scala dei litri a quella dei millilitri», commenta Sponchioni, «nel lavaggio delle mani si consumano litri di acqua potabile, con la Polichina basta una nebulizzazione di pochi millilitri, andando a risparmiare oltre il 95% di acqua che, soprattutto nei luoghi più degradati e dove c’è il pericolo di altre patologie come la tubercolosi, scarseggia». 

Si può collegare tanti pazienti allo stesso respiratore? 

Con i comuni ventilatori, è un azzardo. Il Poli ha progettato MakingMEV, un ventilatore multiplo, per la ventilazione assistita di 10 pazienti contemporaneamente. 

Dipartimenti: DEIB, DMEC, DIG
Tag: ventilazione respiratoria, supporto emergenziale, innovazione clinica
Partner: Alberto Zanella, anestesista e rianimatore presso Fondazione IRCCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico (Milano) e ricercatore presso il Dipartimento di Fisiopatologia Medico-Chirurgica e dei Trapianti, Università degli Studi di Milano   

makingmev
Photo by Adhy Savala on Unsplash

Il sistema MEV (Multiple Emergency Ventilator) è una rivisitazione del supporto emergenziale alla ventilazione respiratoria: un ventilatore in grado di supportare la respirazione di fino a 10 pazienti contemporaneamente, intrinsecamente sicuro e personalizzato per ciascun paziente

Il suo cuore è una miscela di ossigeno a pressione inspiratoria massima intrinsecamente sicura (Ppeak), per prevenire il danno da ventilazione meccanica. La ventilazione è fornita un massimo di 10 pazienti, assistiti in modo personalizzato riguardo al volume controllato e alle durate inspiratorie ed espiratorie. Il sistema meccanico è composto da una campana rovesciata con tenuta ad acqua, che fissa il Ppeak in base al principio di Archimede. La campana, in acciaio inox, del diametro di 50 cm e con una altezza di 60/70 cm, è inserita all’interno di un cilindro, che grazie all’intercapedine d’acqua mantiene l’ossigeno alla pressione desiderata. Il gas è distribuito ai pazienti intubati mediante semplici tubi di acciaio inox da 2” facilmente montabili, autoportanti e modulari per poter essere adattati a diversi ambienti come triage, ospedali da campo, ospedali normali. L’intero sistema di distribuzione è compatibile con alte concentrazioni di ossigeno. 

L’unico “pezzo speciale” nel progetto del MEV è la campana. Per la linea comune è composto da elementi di utilizzo industriale, mentre gli stacchi inspiratori ad ogni paziente e la linea espiratoria sono mutuati dai comuni ventilatori. Tutte le parti meccaniche possono essere conservate in magazzino per un tempo indefinito e sanificate per essere usate subito nel momento del bisogno, al contrario dei ventilatori tradizionali che, se conservati troppo a lungo, prima dell’uso hanno bisogno di una manutenzione che può durare fino a un mese: specialmente in momenti di emergenza su larga scala, come quella occorsa nel corso della pandemia di Coronavirus. MEV potrebbe quindi evitare il congestionamento delle aziende di manutenzione e provvedere all’intubazione di emergenza di un alto numero di pazienti contemporaneamente. 

L’idea è nata durante l’onda pandemica italiana di inizio 2020”, spiega l’Alumnus, e ricercatore del Politecnico di Milano, Beniamino Fiore. Tuttavia, in un panorama di più ampio respiro, si prevede un beneficio per situazioni emergenziali in generale, e per i sistemi sanitari meno organizzati di Paesi in via di sviluppo”, e aggiunge “MakingMEV è stata la nostra risposta all’emergenza, il nostro modo di dire: facciamo qualcosa di concreto!”. 

Dal Poli nuove tecnologie per la sicurezza del supporto respiratorio 

Il progetto SAFER, finanziato con le vostre donazioni del 5 per mille, sviluppa un respiratore portatile e poco costoso per contesti a basso e medio reddito.

Dipartimenti: DEIB, DMEC, DCMC
Tag: tecnologie respiratorie, emergenze, aree a scarsità di risorse
Contesto: Vietnam, Africa Occidentale, Italia

Partner: MTTS Asia (impresa sociale); ONG Day One Health; Società Italiana di Neonatologia; CUAMM ONG; ASST Bergamo – Dipartimento di Pneumologia; altri professionisti medici 

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credits: Polisocial

Nei paesi a basso e medio reddito, la mancanza di ossigeno e ventilatori per l’assistenza respiratoria causava migliaia di morti all’anno anche in tempi pre-pandemia, con patologie come polmonite infantile, distress respiratorio neonatale, emorragia postpartum e lesioni traumatiche – che sarebbero prevenibili con una disponibilità diffusa ed equa di risorse di supporto respiratorio. Il progetto SAFER, iniziato la scorsa primavera, mira a sviluppare un dispositivo respiratorio personale, semplice, robusto, portatile e poco costoso (una semplice interfaccia utente che include un monitor della saturazione di ossigeno) per la somministrazione di supporto respiratorio al di fuori delle unità di terapia intensiva, soprattutto in situazioni a risorse limitate. Il gruppo di ricerca ha progettato il dispositivo integrando i sottosistemi e ottimizzando l’efficienza della compressione dell’aria, rendendo il dispositivo robusto ed in grado di operare anche in condizioni non ideali. 

Al vaglio, nuove tecnologie di produzione e materiali innovativi, come pezzi di ricambio dei materiali di consumo stampati in 3D, che facilitano la loro fornitura durante le emergenze e nei paesi a basso e medio reddito, oltre a sistemi di controllo intelligente che adattino la produzione di ossigeno alle necessità del paziente, sincronizzando l’erogazione di ossigeno alla respirazione del paziente.  Tale soluzione potrebbe essere infatti utilizzata nella terapia domiciliare anche in contesti più vicini al nostro, per esempio nel caso di pazienti con malattie respiratorie croniche o lievi, risparmiando le risorse di terapia intensiva per i pazienti gravi, alleviando la pressione sui centri di terapia intensiva. In contesti con poche risorse, l’adozione della tecnologia proposta e delle competenze acquisite con il programma di capacity building ridurrà la mortalità associata a malattie respiratorie acute, anche in tempi ordinari, riducendo le morti prevenibili. 

Un’idea semplice per combattere la mortalità post parto delle madri 

Balloon Against Maternal BleedIng, nome in codice “BAMBI”: finanziato con le vostre donazioni del 5 per mille.

Dipartimenti: DCMC, DMEC, DESIGN
Tag: emorragia post-partum, accesso alle cure, tecnica CBT
Contesto: Africa Centrale, Sud America, Sudest Asiatico

Partner: Dr. Alberto Zanini; CUAMM – Medici con l’Africa; Soleterre Onlus 

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credits: Polisocial

L’emorragia post-partum (EEP) è un’emergenza ostetrica globale: è la principale causa di mortalità materna al mondo. Dei circa 140.000 decessi per EPP annuali, il 99% avviene nei paesi in via di sviluppo, con costi sociali devastanti per comunità già fragili a causa di condizioni economiche precarie. Nei casi più gravi di EEP si può giungere a perdite di mezzo litro di sangue al minuto arrivando, nel giro di pochi minuti, alla morte della paziente. In paesi in cui i parti avvengono per lo più in ambito domestico, senza la presenza di un medico, ed è spesso difficile (se non impossibile) raggiungere in tempo un ospedale in caso di EPP. Mentre lo standard di riferimento per la gestione della EPP nei paesi industrializzati è il dispositivo Bakri®, a causa del suo elevatissimo costo non si presta ad applicazioni su larga scala nei paesi in via di sviluppo. Obiettivo principale del progetto BAMBI è realizzare un nuovo dispositivo in grado di eseguire una corretta ed efficace gestione della EPP con un costo inferiore ai 5 dollari per unità

Il dispositivo deve essere facile e intuitivo per essere usato, nei casi più estremi, anche senza il supporto di personale medico o in ospedali da campo. Dopo la realizzazione del primo prototipo, grazie ai finanziamenti ricevuti tramite donazione del 5 per mille, nel 2021 i ricercatori si sono concentrati sulla risoluzione di alcuni problemi tecnici legati alla disponibilità dei materiali, alle modalità di assemblaggio dei vari componenti e all’impossibilità di eseguire l’operazione in ambiente sterile. È in corso di avvio l’iter di validazione e di sperimentazione sul campo. 

Città e Case della Salute per Comunità resilienti 

Mettiamo a terra il progetto per una sanità territoriale. Un progetto di ricerca finanziato con le donazioni del 5 per mille.

Dipartimenti: DASTU, DABC, DIG, DESIGN, DMEC
Tag: assistenza socio-sanitaria, cultura della salute, innovazione urbana
Contesto: Piacenza, Italia 

Partner: Azienda USL di Piacenza; Comune di Piacenza; Comitato Consultivo Misto delle Associazioni; Regione Emilia-Romagna; Associazione Diabetici Piacenza; Comitato Sportivo Italiano (CSI) – Comitato Territoriale di Piacenza 

polisocial coltivare salute
Credits: Polisocial

L’emergenza legata alla diffusione dei contagi da Covid-19 ha evidenziato le vulnerabilità del nostro sistema sanitario nazionale, con le sue strutture entrate rapidamente in sofferenza per la debole risposta dei servizi territoriali. Proprio al potenziamento della rete sul territorio, attraverso il ruolo centrale delle Case della Salute della Comunità (CdS), anche definiti Centri Socio Sanitari Territoriali, è rivolto il progetto di ricerca Coltivare_Salute.com. Un progetto multidisciplinare che affianca alle competenze mediche dell’Azienda USL di Piacenza e a quelle di altri partner istituzionali e del volontariato, quelle dell’architettura, dell’ingegneria gestionale e del design della comunicazione. 

«Già prima della pandemia», spiega la ricercatrice Maddalena Buffoli, «avevamo condotto lavori di ricerca e visitato alcune Case della Salute di eccellenza, anche in contesto europeo, che rappresentavano un punto di riferimento per l’assistenza sul territorio. Tali strutture hanno l’obiettivo di essere un riferimento per il cittadino per tutte quelle patologie o quegli eventi meno gravi che non richiedevano un’emergenza da gestire in ospedale: poliambulatori, centri prelievi, servizi di prevenzione, raggruppamenti di medici di base, diagnostica di base, pronto soccorso per codici minori, ambienti adatti alle procedure per le cronicità».

La salute è intesa come benessere psicofisico delle persone e pertanto le Case della Salute affiancano al ruolo sanitario anche quello sociosanitario e sociale, puntando alla presa in carico completa della persona con le sue problematiche in un’idea integrata di assistenza di prossimità. L’obiettivo della ricerca è definire le Linee Guida progettuali, organizzative, comunicative e di localizzazione delle Case della Salute post-Covid, in particolare in ambito urbano: non più solo centri di erogazione di servizi sanitari ma occasioni di rigenerazione urbana, sociale, architettonica e ambientale dove “coltivare salute” nei quartieri. Per valorizzarne la funzione territoriale, la ricerca ha attivato un tavolo di coprogettazione con l’Azienda USL della città di Piacenza, sede di uno dei poli territoriali dell’Ateneo, che prevede la realizzazione di una nuova struttura, la quale costituirà una condizione di sperimentazione operativa e metodologica di un progetto applicabile a tutte le Case della Salute per la Comunità sul territorio nazionale. 

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