ucraina home

Corsa alla terra causata dalla guerra in Ucraina: lo studio del Politecnico su Science 

La guerra in Ucraina potrebbe scatenare la corsa agli investimenti fondiari come avvenuto durante la crisi finanziaria del 2008: questo è quanto è stato concluso dall’analisi pubblicata dalla prestigiosa rivista Science dei ricercatori Maria Cristina Rulli del Politecnico di Milano, Jampel Dell’Angelo della Vrije Universiteit di Amsterdam, e Paolo D’Odorico della University of California at Berkeley a un anno dall’inizio del conflitto. 

“Dopo il 2008, all’indomani della crisi finanziaria e alimentare globale, si è verificato un notevole aumento di investimenti fondiari, le cosiddette acquisizioni di terreni su larga scala (LSLA)”,

spiega Maria Cristina Rulli, docente di Idrologia del Politecnico di Milano. 

Nelle precedenti crisi globali dell’approvvigionamento alimentare, i picchi nei prezzi dei prodotti alimentari e dell’energia sono stati seguiti da nuove ondate di investimenti fondiari transnazionali e accaparramenti di terreni. Gli autori forniscono un’analisi dettagliata dei fattori che sono stati identificati come driver o precursori delle “corse alla terra” avvenute nel XXI secolo – come la crisi dell’approvvigionamento alimentare in periodi di aumento della domanda di prodotti agricoli, la richiesta di produzione di energia rinnovabile o la necessità di diversificazione degli investimenti finanziari – per tracciare un parallelo con le condizioni attuali. 

“La guerra in Ucraina potrebbe stimolare una nuova corsa alla terra globale in grado di influenzare il sistema agrario mondiale. I nostri precedenti studi su questo argomento hanno dimostrato che le acquisizioni di terreno su grande scala spesso prendono di mira terreni forestali che vengono successivamente “sviluppati” attraverso il disboscamento, portando alla distruzione dell’habitat, a maggiori emissioni di gas serra e alla perdita di accesso alla terra ancestrale da parte delle popolazioni locali che storicamente facevano affidamento su queste foreste per legna da ardere, cibo o riparo.”, 

continua Rulli.

“Sosteniamo che la carenza di approvvigionamento alimentare dalla regione del Mar Nero avrà un impatto importante sullo sviluppo rurale. Sulla base delle tendenze osservate dopo le recenti crisi alimentari, prevediamo di vedere una nuova ondata di acquisizioni di terra su larga scala (LSLA) con la conseguente espropriazione delle comunità rurali. Questi cambiamenti avverranno attraverso interazioni complesse e interdipendenti che avranno effetti a cascata e duraturi su molteplici dimensioni dello sviluppo rurale”, ha affermato Jampel Dell’Angelo.  

Paolo D’Odorico spiega come “questo studio identifica alcune delle possibili risposte alla crisi indotta dalla guerra e l’impatto di esse sul sistema agrario globale, quali, ad esempio, l’espansione della produzione agricola verso i terreni incolti che potrebbe avvenire a scapito dei programmi di conservazione del suolo e/o delle riserve naturali ; intensificazione agricola in terreni che sono già stati acquisiti da investitori agroalimentari nel post 2008 che potrebbe esacerbare condizioni di scarsità idrica e di degrado del suolo; e una nuova ondata di investimenti fondiari”.  

L’analisi riflette sulle implicazioni politiche della transizione agraria associata a questa nuova ondata di acquisizioni di terra, ricordandoci che i quadri politici attualmente in vigore sono stati storicamente inefficaci nel prevenire la precedente corsa alla terra e i suoi impatti dannosi sui mezzi di sussistenza e sull’ambiente.

Credits home: Foto di Ricardo Gomez Angel su Unsplash

home 5donne

7 Alumnae politecniche che hanno fatto la storia

Oggi vogliamo raccontarvi di 7 donne politecniche che hanno fatto la storia dei loro settori professionali nel mondo dell’ingegneria, dell’architettura e del design. Sette politecniche che hanno cambiato la visione delle professioni che hanno scelto.

Premessa: non si tratta di una gara! A partire dal 1913, con la prima laureata Gaetanina Calvi, tutte le Alumnae del Politecnico sono diventate parte fondamentale di quella trasformazione culturale che ha visto le donne prendersi meritatamente (e, a volte, faticosamente) il loro spazio, tra i banchi del Poli e non solo. Ogni donna politecnica ha fatto e fa la differenza e continua a farla (ne parliamo nel libro ALUMNAE – Ingegnere e tecnologie).

Anche se nel 2021 l’Italia è salita dal 76° al 63° posto nella classifica mondiale secondo il Global Gender Gap report del World Economic Forum, quando si parla di divario di genere il nostro Paese ha ancora un gran margine di miglioramento (per approfondire: dati del 2021 da Il Sole 24 ore).

Anche per questo, il Politecnico, partendo dall’assunto che il primo vero terreno di gioco della partita contro il gender gap sia la scuola, ha aderito al programma ENHANCE (qui per saperne di più) e ha promosso Gender POP – Pari Opportunità Politecniche, che comprende iniziative come le borse di studio Girls@Polimi, create per ridurre il divario di genere nelle STEM e creare un ambiente più inclusivo.

Ma iniziamo con il nostro elenco di Politecniche che hanno fatto la storia: saranno nomi che probabilmente avrete già sentito, alcuni famosi e altri meno, ma comunque importanti per aver sfidato le regole della società in cui vivevano.

GAETANINA CALVI – ALUMNA INGEGNERIA CIVILE

Nell’anno 1913 si laurea la prima donna politecnica: Gaetanina Calvi, ingegnere civile, era l’unica donna del suo corso. I laureati di quell’anno erano 156 (di cui 149 ingegneri). Era passato mezzo secolo dalla fondazione del Politecnico di Milano (1863).

Tra i suoi traguardi professionali, ricordiamo la progettazione della nuova ala dell’Istituto per ciechi di Milano, destinato a casa di riposo nel 1925, che la vide impegnarsi in prima persona, insieme all’architetto Faravelli. Negli anni seguenti insegnò matematica e scienze sempre presso l’Istituto che iniziò a darle un compenso in denaro soltanto nel 1928 (fonte).

Dopo Gaetanina Calvi, al Politecnico iniziavano a vedersi le prime donne: nel 1918 a laurearsi fu Maria Artini, la prima elettrotecnica italiana, mentre nel 1928 Carla Maria Bassi e Elvira Morassi Bernardis saranno le prime donne a laurearsi in architettura (abbiamo parlato di loro nel libro ALUMNAE – Ingegnere e tecnologie).

AMALIA ERCOLI-FINZI – ALUMNA INGEGNERIA AERONAUTICA

Classe 1937, nel 1962 è la prima donna in Italia a laurearsi – con il massimo dei voti – in Ingegneria aeronautica. A tal proposito racconta:

«Sono stata una tra le prime ragazze in Italia a frequentare il liceo scientifico, che allora era una scuola prevalentemente maschile. Nella mia classe, per capirci, c’erano soltanto cinque femmine su 52 alunni totali. Poi, al momento di iscrivermi all’università, i miei genitori volevano che diventassi una matematica, ma io ho preferito frequentare la facoltà di ingegneria aeronautica. Quello che a me interessava davvero, infatti, era capire come funzionano le cose nel concreto».

amalia ercoli finzi
Credits: vanityfair.it

Dopo gli studi, Ercoli-Finzi resta al suo Politecnico diventando docente (ha insegnato meccanica razionale e meccanica aerospaziale a moltissimi Alumni che leggeranno questa pagina) e ricercatrice. Le sue scoperte e i suoi esperimenti la portano a farsi un nome nel settore aeronautico internazionale. Collabora con NASA e con le agenzie spaziali italiana (ASI) ed europea (ESA).

Tra le sue più celebri iniziative ci sono il coordinamento e la partecipazione a diverse missioni spaziali, prima fra tutte la missione spaziale Rosetta, cominciata nel 2004 e conclusasi nel 2016 con l’obiettivo di studiare da vicino la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko (qui per approfondire).

Da sempre attiva nel promuovere e sostenere le donne negli ambienti considerati “maschili”, in una recente intervista con Sky difende l’importanza di spingere sempre più donne a intraprendere percorsi di ricerca scientifica:

«Mi sono accorta davvero – ha detto – che per molte donne sono stata fonte d’ispirazione, le ragazze che studiano adesso hanno pensato che la soddisfazione che io trasmettevo per il mio lavoro fosse un motivo valido per copiare e fare il mio lavoro. È una grande responsabilità, anche con le parole e gli atteggiamenti trasmettiamo la passione per i valori che abbiamo sostenuto. […] Ai miei tempi le donne come me erano delle stelle, stelle isolate, Sirio piuttosto che Aldebaran, adesso ci sono le costellazioni. Rappresentano costellazioni perché riescono a fare massa, c’è ancor da fare ma arriveremo».

CINI BOERI – ALUMNA ARCHITETTURA

Cini Boeri si laurea al Politecnico nel 1951, con un bambino di due mesi nella carrozzina e già una proposta di lavoro da parte di Gio Ponti in tasca. Dopo diverse collaborazioni, nel 1963 apre uno studio dove la sua carriera decolla tra progetti, insegnamento e ricerca, concentrandosi su case, appartamenti privati e progettazione di oggetti di uso comune, che non venissero “posseduti bensì utilizzati”.

cini boeri
Credits: Maria Mulas

«Quando progetto una casa per una coppia di coniugi, ad esempio, propongo sempre di inserire una stanza in più. Loro mi chiedono sempre: “per gli ospiti?”. Ma no! Non per gli ospiti. Perché se una sera uno ha il raffreddore può andare a dormire in un’altra stanza, per esempio. Uno dovrebbe poter scegliere, sapere che può andare a dormire con il proprio compagno, ma che può anche decidere di non farlo, senza che questo pregiudichi la vita di coppia. Credo sarebbe molto educativo insegnare i giovani che quando si uniscono in coppia non è obbligatorio dividere il letto, è una scelta. È molto più bello».

È conosciuta per il suo approccio democratico all’architettura e al design:

«È il Politecnico che ci ha abituati così. Abbiamo avuto un insegnamento molto aperto, non so se oggi sia ancora così!»

Leggi la nostra intervista a Cini Boeri (dal nostro archivio 2014)

GAE AULENTI – ALUMNA ARCHITETTURA

Laureata nel 1953, Gae Aulenti comincia la sua carriera da progettista in un momento di profonda evoluzione della cultura architettonica italiana. Dopo la laurea al Politecnico, si avvicina a due dei principali luoghi di elaborazione teorica sull’architettura dell’epoca: la rivista Casabella Continuità, diretta da Ernesto Nathan Rogers, con cui collabora tra il 1955 e il 1965, e lo IUAV – Istituto Universitario di Architettura di Venezia, dove lavora a partire dal 1960 come assistente di Giuseppe Samonà.

Per Gae Aulenti l’architettura è sempre un gesto collettivo, mai individuale, qualcosa da partecipare con una comunità. Per questo, molte delle sue opere più celebri sono spazi pubblici: tra le tante, citiamo il Museo di Arte Moderna e il Museo d’Orsay a Parigi, l’Istituto di Cultura italiana a Tokyo, la ristrutturazione di Palazzo Grassi a Venezia, delle ex scuderie papali al Quirinale e Piazza Cadorna a Milano.

«Mi fa imbestialire la ghettizzazione in genere. A cominciare da chi dice: come architetto ho preso una donna»

L’architettura per Aulenti guarda avanti, oltre alle condizioni di genere da cui liberarsi e verso un nuovo destino da progettare e da costruire con il sapere. Rifiuta l’idea della “donna-architetto”, che trova ghettizzante: parlare di architettura e design di genere, per lei, rafforza l’idea che queste due specialità per le donne siano qualcosa che le circoscrive alle superfici e ai decori, mentre il cuore e lo scheletro del progetto sono riservati a progettisti uomini.

Fonti: Domus.it, Il Design è donna

ANNA CASTELLI FERRIERI – ALUMNA ARCHITETTURA

Anna Castelli Ferrieri inizia a studiare architettura al Politecnico nel 1938 ed è subito attratta dalle avanguardie e dalla Bauhaus. Durante gli anni è allieva di Franco Albini da cui apprende l’approccio razionalistico. In seguito lavora nel suo studio dove entra in contatto con gli architetti Piero Bottoni ed Ernesto Nathan Rogers, impegnati nella ricostruzione di Milano.

Nel 1942 si laurea in architettura e lascia Milano a causa dell’occupazione tedesca, per rientrarci solo nel 1946, quando diventa caporedattrice della rivista di architettura Casabella e fonda il suo studio.

Anna castelli ferrieri
Credits: sussidiario.net

A partire dal 1966, insieme al marito Giulio Castelli e alla sua azienda Kartell, è la prima donna a dedicarsi al design industriale e alla produzione di oggetti di uso quotidiano e arredi fatti in plastica: tra i più famosi ricordiamo la sedia sovrapponibile 4870 (vincitrice del Compasso d’oro) e i mobili 4970/84, contenitori componibili per la casa, progettati seguendo il suo principio secondo cui gli oggetti di uso comune debbano avere un design funzionale, che metta al centro la persona.

«Se un prodotto non ha successo è perché ha sbagliato l’architetto, non perché il pubblico non capisce. L’architetto deve solo – ma sempre – rispondere a due domande: “Cosa serve?” e “Cosa manca?”»

LILIANA GRASSI – ALUMNA ARCHITETTURA

”L’architettura, per me, è essere, proposta di libertà costantemente controllata, difesa con lo studio della storia, con la prudenza della ricerca, con la solitudine della fantasia, con il raccoglimento disinteressato…”  

Alumna in architettura nel 1947, si laurea con Ambrogio Annoni, di cui sarà assistente per diversi anni sia in cattedra che in cantiere. Anni dopo inizia a insegnare Restauro dei monumenti. Illustre figura della cultura lombarda e italiana, Liliana Grassi ricopre vari e prestigiosi incarichi istituzionali ottenendo rico­noscimenti soprattutto per il grande contributo pratico e teorico da lei portato nel campo del restauro. La sua realizzazione più importante è il restauro dell’antico Ospedale Maggiore di Milano, distrutto dai bombarda­menti del 1943 e poi adattato.

liliana grassi architettura
Credits: Sara Calabrò (a cura di) “Dal Politecnico di Milano protagonisti e grandi progetti”

Fonte: “Dal Politecnico di Milano protagonisti e grandi progetti”

FRANCA HELG

“Il dettaglio è fondamentale per la definizione dell’insieme, il dettaglio può determinare un progetto e certamente lo caratterizza. Il risultato complessivo dell’opera è connesso ai dettagli, per disegno e qualità. Il dettaglio incide sui valori spaziali e volumetrici del costruito.”

Laureata nel 1945, dopo la laurea si associa con Franco Albini, al quale rimarrà legata fino alla morte di quest’ultimo. Nel suo lavoro progettuale, Franca Helg ha sempre mostrato una cura meticolosa per il dettaglio, fondendo modernità e classicità, razionalità e creatività, dando vita ad opere connotate da eleganza e semplicità, slegati dalle mode culturali del momento. Oltre a questo c’era il design industriale: Helg ha creato vasi, maniglie, sedie, lampade da sospensione, da scrivania, da terra, e la poltrona di giunco e midollino Primavera.

Franca Helg
Credits: Sara Calabrò (a cura di) “Dal Politecnico di Milano protagonisti e grandi progetti”

L’insegnamento di Composizione Architettonica ha rappresentato una parte importante nella sua vita: prima all’istituto Universitario di Architettura di Venezia (IUAV) poi al Politecnico di Milano, dove divenne ordinaria nel 1984.

Fonti: L’Enciclopedia delle donne; Corriere della Sera

Fonti: designindex.it, Il Design è donna

Sostenendo il progetto GIRLS @ POLIMI puoi contribuire insieme ad altri donatori a creare delle borse di studio per sostenere le ragazze che si iscrivono ai corsi di laurea in ingegneria a bassa frequentazione femminile. Dona ora.

cybersecurity home

Mancano 100 mila profili professionali nella cybersecurity 

Tra le figure professionali più ricercate dalle aziende ci sono quelle che fanno parte del vasto panorama delle figure tecniche dell’informatica. La ricerca di questi professionisti, in pochi anni, è cresciuta a tal punto che i laureati non bastano a coprire tutte le posizioni aperte: secondo le stime, sarebbero circa 100 mila in meno di quelli che servirebbero a coprire il solo mercato italiano della cybersecurity. Al Politecnico si laureano alla magistrale in informatica circa 400 studentesse e studenti ogni anno e il 97% di loro ha già un contratto di lavoro stabile entro 12 mesi dalla laurea; oltre il 70%, addirittura entro un mese. 

Ma quali sono le figure più specializzate e difficili da trovare? Ne parla la rettrice prof.ssa Donatella Sciuto in un’intervista al Sole 24 Ore: “Nel mondo della cybersecurity, per esempio, servono figure come quella del penetration tester che ha il compito di provare ad attaccare i sistemi per testarne la resistenza. Nel campo della formazione c’è un progetto nazionale, il Cyber Challange, un programma per i giovani dai 16 ai 24 anni, che ha l’obiettivo di identificare e attrarre la prossima generazione dei professionisti di cybersecurity, anche in collaborazione con le università. Noi partecipiamo come Politecnico di Milano, selezioniamo i ragazzi più bravi per entrare nella squadra nazionale di cybersecurity. E i mHackeroni, nazionale italiana di hacker etici, si è piazza quinta a Las Vegas, ai mondiali di cybersecurity”. 

Donatella Sciuto cybersecurity
Credits: Sole24ore

Fondamentale, a questo punto, il rapporto tra università e imprese, rapporto chiave per creare le competenze:

“Le aziende chiedono profili già pronti. Nel campo della cybersecurity è molto difficile completare la formazione in aula e laboratorio; bisogna, quindi, strutturare collaborazioni con le aziende per formare le persone”. 

C’è poi un tema legato al rapporto tra professioni e intelligenza artificiale, un tema sempre più attuale e meno immediato di quanto si possa pensare: per esempio, commenta Sciuto, “la figura del data analyst richiede molte competenze statistiche e informatiche e di natura applicativa. Sono figure molto richieste e rimarranno molto richieste anche perché aiutano a valutare gli stessi sistemi di Ai e di machine learning. Occorre cioè verificare che i dati non siano bias, ma siano invece rappresentativi”. 

Leggi l’intervista completa su Il Sole 24 Ore  

adaptronics home

Adaptronics: il “polpastrello elettronico” inventato da due Alumni del Politecnico

Questa è la storia di due ingegneri e Alumni del Politecnico di Milano che sono diventati prima ricercatori e poi imprenditori. Camilla Conti ha studiato ingegneria energetica, Lorenzo Agostini ingegneria meccanica. Le loro strade si sono incrociate durante un semestre di scambio in Canada. Rientrati in Italia, si sono laureati e hanno scelto percorsi diversi: lei ha proseguito al Poli dopo un breve periodo in una multinazionale, prima con un dottorato in ing. energetica ed aerospaziale e adesso come ricercatrice post-doc, lui ha lavorato in azienda due anni prima di proseguire con un dottorato in emerging digital technologies alla scuola Superiore Sant’Anna di Pisa; successivamente è diventato ricercatore (Assistant Professor) all’Università di Bologna, dove ha svolto l’attività di ricerca su trasduttori elettro-meccanici basati sul fenomeno fisico dell’elettrostaticità nel contesto del laboratorio SAIMA (Sensori e Attuatori Innovativi per il Manifatturiero Avanzato) congiunto con l’Istituto STIIMA del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Da queste ricerche, ha preso vita una nuova tecnologia per produrre dispositivi meccatronici adattivi. Nel maggio 2022, Agostini e Conti, insieme al prof. Rocco Vertechy (UniBo), supervisor di post-doc di Agostini, hanno fondato una startup: Adaptronics, nata ufficialmente dopo un anno di lavoro sul business model, e basata sulle competenze maturate in quasi 10 anni di ricerca combinati.

adaptronics
I premiati innovazione COTEC 2022
(credits: Adaptronics)

DA UN PALLONCINO ALLA TECNOLOGIA…

La loro invenzione sfrutta il ben noto principio dell’elettroadesione: lo stesso per cui, strofinando un palloncino sui capelli, questo vi rimane attaccato. “Durante il dottorato”, spiega Agostini, “ho lavorato con un gruppo di ricerca che si occupa di sviluppo di trasduttori elettro-meccanici a base elastomerica, cioè sistemi deformabili come gomme e che, se stimolati con alimentazione elettrica, producono un’azione meccanica. Ad esempio, questa tecnologia può essere usata per creare un muscolo artificiale, morbido come uno naturale ma che si irrigidisce quando stimolato elettricamente”.

L’innovazione di Adaptronics consiste nell’aver saputo far evolvere questa base tecnologica per sviluppare una speciale pellicola composta di materiali polimerici, che permette di controllare ed ottenere un effetto elettroadesivo: il risultato è una pellicola dallo spessore inferiore a 0,5 mm, che diventa adesiva quando attivata elettricamente. È in grado di sollevare fino a 50 kg con due patch della dimensione di carte di credito (ovviamente, maggiore è la loro dimensione, maggiore sarà anche la forza esercitata), senza dover usare effetti magnetici o pneumatici, e con un consumo energetico nell’ordine di pochi Watt.

adaptronics
credits: Adaptronics

Una specie di “polpastrello elettronico sensorizzato”, quindi, in grado di rilevare il contatto con un oggetto target qualsiasi e spostarlo senza esercitare su di esso alcuna pressione che potrebbe in qualche modo danneggiarlo: può diventare una tecnologia abilitante per moltissime applicazioni, spiegano i fondatori, dallo spazio, alla logistica industriale, al trasporto merci e all’agricoltura (immagina cogliere un lampone senza doverlo stringere…).

…E DAL LABORATORIO ALLA STARTUP

“Ho sempre voluto fare l’imprenditore”, racconta Agostini, “e fondare la mia azienda. Ho scelto di studiare ingegneria e fare il dottorato perché volevo essere uno dei primi al mondo a maneggiare una tecnologia emergente”. Desiderio esaudito, e non certo strofinando una lampada magica. Per validare questa tecnologia, i fondatori e il loro gruppo di ricerca hanno lavorato in laboratorio diversi anni. Una volta dimostratone il funzionamento e verificatene le potenzialità industriali, è iniziato il lungo processo di trasferimento tecnologico (se volete scoprire come si diventa “inventori”, ne abbiamo parlato su MAP 10).

“Prima di arrivare alla forma finale di Adaptronics abbiamo presentato anche altre idee che avevano core business simili e si basavano sulla stessa tecnologia. Abbiamo partecipato a diversi concorsi di idee per start-up, (ne hanno vinti anche parecchi, tra cui la StartCup, il Premio Nazionale dell’Innovazione nella categoria Industrial, il Talentis di Confindustria Giovani Imprenditori e l’EIT Jumpstarter, n.d.r.). Queste esperienze offrono anche percorsi di formazione che sono stati utili per aiutarci a individuare il segmento di mercato su cui concentrarci”.

Oggi Adaptronics è una startup agli esordi, formata da 5 soci: Conti, Agostini, l’Università di Bologna (di cui è spin-off), il prof. Rocco Vertechy (UniBo), supervisor di post-doc di Agostini, e l’Ing. Gavino Boringhieri, manager di lungo corso e mentor di startup. Si rivolge al mercato dei sistemi robotici automatizzati per la logistica efficiente e sostenibile: automazione industriale, last-mile delivery con robot autonomi, raccolta automatizzata di frutta, rimozione dei detriti spaziali e servizi in orbita ai satelliti.

credits: Adaptronics

ADAPTRONICS: SEMPRE ALLA RICERCA DEL PROSSIMO PASSO

I due imprenditori politecnici puntano ora sulla strategia di internazionalizzazione per accedere a nuovi mercati e anche a round di finanziamento futuri. “È il momento di investire sulla formazione di un team operativo di ingegneri meccanici, elettronici e dell’automazione che ci supportino nello sviluppo prodotto. Stiamo guardando all’Europa ma anche agli Stati Uniti: sia per la maggiore accessibilità ai capitali d’investimento, sia per la prossimità con i maggiori programmi spaziali. Per noi quello è un mercato importantissimo dal momento che siamo impegnati anche nel settore aerospaziale che attualmente ha enormi potenzialità di crescita e un grande interesse da parte degli investitori. Possiamo essere una ‘enabling technology’ per operazioni in orbita, e per questo siamo incubati a Torino dal Business Incubation Center dell’Agenzia Spaziale Europea”, conclude Agostini.

“Vogliamo diventare competitivi nel mondo e vogliamo fare uno strumento che possa essere uno standard per l’automazione industriale di presa e spostamento di oggetti: se ci concentrassimo solo sull’Italia, saremmo presto superati da qualsiasi azienda asiatica o americana che può sviluppare lo stesso prodotto prendendo però soldi da tutto il mondo. Nei nostri piani però c’è quello di mantenere la ricerca e sviluppo in Italia, dove di certo i cervelli e l’eccellenza non manca e deve avere solo occasione di crescere.”

Intelligenza artificiale per proteggere i fondali oceanici 

VisionAnchor è un progetto – e un prodotto – realizzato dal centro politecnico di innovazione digitale Cefriel con una startup slovena, la SeaVision. Sfrutta l’intelligenza artificiale e il deep learning per raccogliere dati sui fondali marini tramite le ancore delle imbarcazioni: gli “occhi elettronici” sono costituiti da un sistema di boe, capaci di scattare immagini dei fondali durante l’operazione di ancoraggio, che comunicano con l’algoritmo sviluppato da Cefriel, in grado di riconoscere i fondali più adatti attraverso la classificazione automatica delle immagini sulla base di alcune caratteristiche morfologiche.

La sua applicazione commerciale immediata, sviluppata da Sea Vision, trasforma lo Smart Anchoring System in una “ancora smart” che consente di analizzare i fondali marini e individuare il punto migliore per l’ancoraggio, evitando ecosistemi delicati, come barriere coralline o altri punti di interesse. Le informazioni vengono trasmesse ai marinai tramite un’app scaricabile da qualsiasi cellulare. Il prototipo è stato sviluppato con il coinvolgimento di due studenti del Politecnico di Milano e dell’Università di Milano-Bicocca, nell’ambito delle attività supportate da EIT Digital, community europea che riunisce le migliori realtà che si occupano di innovazione digitale. 

Ma la tecnologia ha anche altre interessanti potenzialità di sviluppo, offrendosi come strumento di mappatura dei fondali oceanici, dei quali conosciamo ancora poco più del 20%.  

“L’analisi e comparazione di grandi quantità di immagini è una delle opportunità offerte dall’applicazione dell’intelligenza artificiale. In questo caso in particolare, l’algoritmo potrebbe avere molteplici applicazioni anche legate alla sostenibilità ambientale, quali per esempio l’individuazione e mappatura di relitti o la segnalazione di eventuali rifiuti presenti nei fondali, magari con l’obiettivo di migliorare lo stato di salute di alcune zone marine”.

spiega Alfonso Fuggetta, AD e direttore scientifico di Cefriel. 

Scopri di più a questo link  

Datrix nomina il prof. Enrico Zio (Polimi) nuovo direttore scientifico 

Sviluppare modelli di data science che applicano l’AI a processi gestionali e industriali, per avvicinarli agli obiettivi di sostenibilità e impatto positivo sulla società. Questo il cuore della strategia del neo-insignito direttore scientifico del Gruppo Datrix (gruppo di Tech Company specializzato in Augmented Analytics e Machine Learning): Enrico Zio, docente di reliability, safety and risk analysis al dipartimento di Energia del Politecnico di Milano e delegato del Rettore per gli Alumni. “Nell’attuale contesto di molteplici transizioni”, commenta, “l’industria è chiamata a guidare il proprio sviluppo tecnologico verso soluzioni efficienti, sicure e sostenibili, ponendo l’ambiente e il benessere delle persone al centro nella visione emergente di Industria 5.0”. 

Datrix, società quotata sull’Euronext Growth Milan specializzata nello sviluppo di soluzioni e servizi di Augmented Analytics basati su Intelligenza Artificiale e Modelli di Machine Learning, ha infatti comunicato la nomina del prof. Enrico Zio quale nuovo direttore Scientifico del Gruppo. Già presidente e direttore scientifico delle attività di ricerca e sviluppo svolte da Aramis, Zio è una figura di spicco nel panorama accademico internazionale. È autore di numerosi testi scientifici e oltre 500 articoli pubblicati su riviste internazionali; è, inoltre, presidente e vice-presidente di numerose conferenze internazionali, editore associato e referente di molteplici riviste internazionali.  È stato insignito nel 2020 del premio internazionale Humboldt Research Award, uno dei premi di ricerca più prestigiosi al mondo per le discipline scientifiche, e da anni è incluso nella lista World’s Top 2% Scientists degli scienziati più autorevoli al mondo, stilata dalla Stanford University sulla base di indicatori di quantità, qualità e impatto del lavoro scientifico prodotto. 

“Sono molto onorato per, e motivato da, questa nuova sfida come Direttore Scientifico del Gruppo Datrix, che offre un punto di osservazione e azione privilegiato per portare avanti la ricerca e mettere a terra innovazione per il mondo industriale. Gli sforzi del Gruppo Datrix e quelli di Aramix, sono rivolti allo sviluppo di soluzioni e alla condivisione di competenze per “far parlare” i dati, le immagini, i testi, estraendo conoscenza e informazioni, utili ai decisori dell’industria per fare scelte di progetto, operazione, manutenzione, organizzazione che siano efficienti e sicure”. 

conclude il professor Enrico Zio. 

Harp Pub

“Io sono sempre qui, ma non mi laureo mai” 

Dal nostro archivio MAP 2: leggi l’articolo completo

Il Corbetta solleva lo sguardo verso l’alto e guarda il padre che veglia sopra di lui, nella foto incorniciata sulla parete dell’Harp Pub, piazza Leonardo da Vinci al numero 20. Il locale ha aperto nel 1976, e quell’epoca, qui dentro, non è mai passata. 

“La clientela qui ha sempre la stessa età”, racconta Angelo, “Va dai diciotto anni delle matricole ai venticinque anni dei laureandi. Finisce un ciclo e ne inizia un altro”. C’è una linea di confine immaginaria fra i tavoli e il bancone. Ai tavoli ci sono gli studenti, il bancone è il territorio di chi ha sessant’anni, ex studenti, professori. 

Luigi Dadda, ingegnere a cui si deve l’arrivo dell’informatica in Italia, è stato testimone di nozze del Corbetta e di sua moglie Pina. E i nomi e i ricordi di chi ha frequentato questo posto si accavallano: luminari con la testa fra le nuvole che dopo aver mangiato il panino chiedevano: “Ma ho già mangiato il panino?”, oppure il ragazzo con i più begli occhi di Città Studi, secondo la definizione data da Pina.  

“Una volta c’era una tenda a dividere lo spazio fra il pub e la sala sottostante – dice il Corbetta – Un giorno vidi alcuni studenti che, camminando a passi felpati s’intrufolavano dietro la tenda. Poi scoprii che il professor Vittoriano Viganò gli aveva assegnato come esercitazione la ristrutturazione del pub”.  

La premiazione dei progetti naturalmente fu organizzata al pub, qualcuno degli studenti aveva immaginato di trasformare in un grande blocco d’acciaio suddiviso su due piani. Invece da allora nulla è cambiato.  

“E nulla deve cambiare”, precisa il Corbetta che aggiunge, “Ogni tanto entra qualcuno, si guarda intorno e lo dice: «Non è cambiato niente». Ieri per esempio è passato un ex studente, non tornava qui da quarant’anni. L’ho riconosciuto, si è commosso e ha chiamato la moglie per dirglielo: «Mi hanno riconosciuto al pub».  

Qualcun altro entra e, come in un Ritorno al futuro, ordina panini che sono fuori menù da vent’anni: il Cosacco, la Vecchia Vienna, che aveva l’ingrediente segreto di una fettina d’arancia, il Gourmandise, sparito dopo che questo formaggio francese era diventato introvabile. Oggi a fare i panini in cucina, e dietro il bancone a spillare birra e a fare cocktail, ci sono i due figli del Corbetta, Riccardo e Francesco. Lui invece, seduto alla cassa, in camicia e papillon, occhiali da vista sopra i capelli bianchi, dice: “Io sono sempre qui. Ma non mi laureo mai”. 

banner MAP ita
rettorato home

Presentata la squadra di governo del rettorato 2023-2028

La rettrice del Politecnico Donatella Sciuto ha presentato la squadra di delegati che l’accompagnerà alla guida dell’Ateneo durante il rettorato 2023-2028. 

La struttura delle deleghe rispecchia quelle che sono le missioni del Politecnico: Formazione, Ricerca, Responsabilità sociale, attenzione alle persone.

“Quattro pilastri con lo stesso ordine di importanza”, commenta Sciuto, “collegate tra loro, che vanno insieme nella direzione di uno sviluppo sostenibile”.

Per mettere in pratica questa visione, lo statuto del Politecnico prevede una serie di organi decisionali e operativi che collaborano su vari fronti (puoi scoprire tutti gli organi di Ateneo a questo link).  

I PRORETTORI 

Il rettore in carica assegna i ruoli di prorettore vicario, prorettore delegato e prorettori dei poli territoriale:  

  • Prorettore Delegato: Isabella Nova 
  • Prorettore Vicario: Emilio Faroldi 
  • Prorettore del Polo di Cremona: Gianni Ferretti 
  • Prorettore del Polo di Lecco: Manuela Grecchi 
  • Prorettore del Polo di Mantova: Federico Bucci 
  • Prorettore del Polo di Piacenza: Dario Zaninelli 
  • Prorettore del Polo Territoriale Cinese: Giuliano Noci 

PROF. ENRICO ZIO CONFERMATO ALLA DELEGA ALUMNI E FUNDRAISING INDIVIDUALE 

Oltre a scegliere i prorettori, il rettore può dare delle deleghe su delle competenze specifiche. Partiamo dagli Alumni: il prof. Enrico Zio è confermato come delegato agli Alumni e al Fundraising individuale. Lavorerà con il gruppo coordinato dal prof. Daniele Rocchi, titolare della delega ai Rapporti con le Imprese: una delega che ha il compito di definire e sviluppare, assieme a realtà imprenditoriali, iniziative congiunte di ricerca, formazione e innovazione, facilitando il trasferimento delle competenze dal mondo universitario a quello industriale. Sotto questo cappello si trova anche la delega al Trasferimento Tecnologico, assegnata al prof. Marco Bocciolone

Milano, 2 febbraio 2023, Politecnico sede centrale Presentazione delle delegate e dei delegati da parte della rettrice Donatella Sciuto. foto di Matteo Bergamini, © Lab Immagine Design POLIMI (progettazione, produzione e gestione di prodotti comunicativi) Dipartimento di DESIGN, Politecnico di Milano – 02-2399.7805/06 – labimmagine-design@polimi.it

La crescente complessità dei domini da presidiare, infatti, richiede un coordinamento tra i vari delegati: il rettorato 2023-2028 sarà quindi caratterizzato dalla definizione di tavoli di coordinamento delle deleghe, dove i coordinatori formeranno un board a diretto riporto della rettrice. Nel nostro caso, la delega agli Alumni, al Fundraising individuale e al Trasferimento Tecnologico rispondono a quella più generale dei Rapporti con le Imprese.  

Vediamo insieme gli altri delegati. 

TUTTI I DELEGATI DEL RETTORATO 2023-2028 

Prof. Emilio Faroldi – delega allo Sviluppo e valorizzazione degli spazi di Ateneo 

Ha l’obiettivo di delineare le strategie di integrazione tra spazi dell’università e luoghi della città, finalizzate alla rigenerazione sociale e fisica dei Campus politecnici esistenti e in corso di progettazione/realizzazione nella loro relazione con i contesti urbani e i territori di competenza. Il focus è la visione strategica dei campus del Politecnico quali luoghi d’avanguardia e collaudo urbano, capaci di tradurre le istanze della crescita culturale dell’Ateneo nella fisicità dei suoi spazi, modellando il contesto accademico e definendo una realtà originale titolare di una propria identità all’interno del contesto urbano.  

Prof.ssa Isabella Nova – delega all’Attuazione del Piano Strategico 

Opera nell’ambito del processo di programmazione, gestione, attuazione e valorizzazione delle linee strategiche di Ateneo, secondo quanto delineato dal Piano Strategico dove sono riportati i principali obiettivi, i KPI e gli orientamenti di fondo che ispirano le scelte relative alla didattica, alla ricerca e alla responsabilità sociale del sistema Politecnico.   

Prof. Gianpaolo Cugola – delega alle Infrastrutture e servizi digitali 

Obiettivo chiave della delega è proseguire il percorso di digitalizzazione dei servizi offerti dall’Ateneo, sfruttando al meglio le potenzialità offerte dalle tecnologie dell’informazione per snellire e rendere sempre più efficaci i processi legati ai tre ambiti in cui l’Ateneo opera: la formazione, la ricerca, la responsabilità sociale. 

Prof.ssa Cristina Masella – delega all’Organizzazione e sviluppo del Personale 

Il lavoro si inserisce nell’ambito delle attività legate alla programmazione del personale, allo sviluppo delle logiche di distribuzione delle risorse, alla lettura dell’impatto organizzativo delle scelte politiche e alla definizione delle azioni di supporto alla loro implementazione nel rispetto dei vincoli di bilancio. 

Prof.ssa Carolina Pacchi – delega ai Rapporti istituzionali e con il territorio  

Gli obiettivi della delega sono la promozione del ruolo, dell’identità e della riconoscibilità del Politecnico di Milano sul territorio; il rafforzamento e la migliore articolazione dei sistemi di relazione in atto con i soggetti istituzionali e i portatori di interesse, a differenti livelli; la creazione di nuovi canali di relazione, scambio e apprendimento mutuo; la connessione tra i processi formativi, la produzione di ricerca e conoscenza, interni all’Ateneo, e il contesto esterno, nel rispetto della libertà e della forma delle relazioni che già le diverse componenti intrattengono. 

Prof. Umberto Tolino – delega alla Comunicazione 

Lavorerà con il prof. Davide Fassi – delega Attività culturali, la prof.ssa Ingrid Paoletti – delega Mostre ed Eventi e il prof. Federico Bucci – delega Sistema archivistico, bibliotecario e museale. Il gruppo opera all’interno dei processi di comunicazione alla base delle attività di Ateneo, attuando una strategia che integra didattica, ricerca, terza missione ed eventi pubblici, al centro di un sistema di identità comune. 

Prof. Stefano Ronchi – delega alla Didattica 

Il Politecnico vuole giocare un ruolo rilevante nella formazione a livello internazionale; in un mondo generalmente caratterizzato da un aumento degli attori nel mondo della formazione e del tasso di scolarizzazione, deve essere in grado di aumentare il proprio prestigio al fine di attrarre i migliori talenti da tutto il mondo e fornire loro le competenze e gli strumenti necessari per migliorare la società del futuro. Insieme al prof. Federico Caniato – delega Formazione Continua, al prof. Maurizio Zani – delega Diritto allo studio e contribuzione studentesca, alla prof.ssa Mariapia Pedeferri – delega Promozione e orientamento e al prof. Tommaso Agasisti – delega Learning Analytics, il prof. Ronchi si occuperà di potenziare l’attrazione di talenti, la formazione delle loro competenze, l’arricchimento dell’esperienza vissuta durante i percorsi formativi e l’impatto sul mondo del lavoro tramite le politiche di placement e di formazione continua.  

Prof.ssa Ilaria Valente – delega alle Relazioni internazionali  

È obiettivo del Politecnico promuovere e sostenere le relazioni internazionali per la didattica e la ricerca. In particolare, in questa complessa fase di consistenti e rapide trasformazioni dello scenario mondiale, il Politecnico intende porsi come nodo europeo di una rete di relazioni internazionali con il fine di formare una qualificata comunità internazionale e multiculturale di studenti, docenti, ricercatori. Gli obiettivi sono l’ampliamento e il consolidamento delle reti europee e internazionali negli ambiti dell’architettura, del design e dell’ingegneria, l’attrazione e la selezione di talenti; il potenziamento delle opportunità di esperienze internazionali, l’attrazione di docenti internazionali. Insieme a prof.ssa Valente lavoreranno i numerosi delegati alle diverse Aree Geografiche, alle Reti Internazionali, ai Progetti Strategici e i delegati delle scuole. Scoprili a questo link

Prof. Alberto Guadagnini – delega alla Ricerca  

Coordina e supporta le attività di ricerca, promuovendone gli aspetti di base e trasformativi in un contesto Europeo, stimolandone l’aspetto interdisciplinare ed inclusivo. Supporta la ricerca strategica nel contesto di reti di ricerca Europee ed internazionali, infrastrutture di ricerca, politiche di open science e di valutazione della qualità della ricerca, coerentemente con il programma strategico di Ateneo e con continue interazioni con il Ministero. Lavorerà con la prof.ssa Francesca Rizzo – delega Progetti di ricerca europei, il prof. Francesco Topputo – delega Reti di ricerca internazionali, il prof. Davide Moscatelli – delega Infrastrutture di ricerca e la prof.ssa Anna Maria Antola – delega Valutazione qualità della ricerca. 

Prof. Paolo Biscari – delega allo Sviluppo dei talenti  

Strettamente in continuità con il gruppo sopra, il prof. Biscari lavorerà con il prof. Matteo Maestri – delega Programmi internazionali Giovani Ricercatori e i proff. Alessandra Oppio (Alta Scuola Politecnica) e Daniele Rocchi (Scuola di Dottorato di Ricerca). Obiettivo del gruppo è il monitoraggio e coordinamento delle azioni attivate a supporto dei giovani ricercatori, intesi come i ricercatori presenti in ateneo con al più sette anni di esperienza dopo il conseguimento del titolo di dottorato (vincolo per partecipazione a ERC Starting Grant). 

Prof. Alessandro Perego – delega allo Sviluppo sostenibile e impatto 

Scopo dell’attività è lo sviluppo sostenibile (sociale e ambientale) come prospettiva unificante che deve permeare tutte e tre le missioni dell’Ateneo – Ricerca, Didattica e Responsabilità sociale – e dare forma al modo di relazionarsi con le Persone generando un impatto positivo su tutti gli stakeholder dell’Ateneo, generazioni future comprese. Il nutrito gruppo di lavoro comprenderà la prof.ssa Anna Paganoni – delega Data Analytics, il prof. Pierangelo Metrangolo – delega Attività sportive, la prof.ssa Mara Tanelli – delega Diversità e Inclusione, la prof.ssa Francesca Cognetti De Martiis – delega Iniziative off Campus, il prof. Stefano Maffei – delega Innovazione sociale, il prof. Alessandro Campi – delega Multichance, il prof. Mario Grosso – Rapporti con le reti accademiche per la sostenibilità, la prof.ssa Emanuela Colombo – delega Science Diplomacy, la prof.ssa Licia Sbattella – delega Supporto psicologico, il prof. Mario Motta – delega Transizione energetica. 

rachele didero

Proteggere i dati biometrici: dovremmo stare più attenti quando mostriamo la faccia

Ci preoccupiamo di rifiutare l’uso dei cookie, ci arrabbiamo se una compagnia di telemarketing ottiene il nostro numero di telefono a nostra insaputa. Consideriamo importante la nostra privacy, eppure non sempre siamo consapevoli di metterla a repentaglio.

Quante volte al giorno entriamo nel campo visivo di una videocamera di sorveglianza, senza nemmeno accorgercene? Sappiamo dove verranno raccolte e custodite le nostre immagini? Sappiamo chi le userà, e a che scopo? Generalmente, la risposta è no. È la premessa da cui parte Rachele Didero, Alumna designer del Politecnico di Milano, che ha brevettato Adversarial Knitted Textile, un metodo per tessere abiti in grado di proteggere chi li indossa contro il riconoscimento facciale automatico.

rachele didero
Credits: Fondazione CRT

Funziona grazie a adversarial pattern (“immagini avversarie”): immagini apparentemente astratte in grado di confondere gli algoritmi delle telecamere di sorveglianza. In sostanza, se indosso un capo che riproduce un’immagine avversaria, i miei dati biometrici del volto non possono essere rilevati, oppure vengono associati a una categoria errata: per esempio, “animale” invece di “persona”, e quindi non conservati.

Il metodo Adversarial Knitted Textile, brevettato insieme al Politecnico di Milano con il supporto del prof. Giovanni Maria Conti, consente di trasferire l’algoritmo avversario in un tessuto in maglia senza che se ne perda l’efficacia. I motivi della maglia confondono le telecamere del riconoscimento facciale e proteggono l’identità della persona. 

RACHELE DIDERO: DESIGNER, RICERCATRICE E IMPRENDITRICE TRA MODA E HIGH-TECH 

Rachele Didero, 27 anni, dopo il diploma si iscrive a Design della Moda al Politecnico di Milano. Durante gli studi viaggia molto e fa esperienze di scambi internazionali: frequenta la scuola di design ESDI di Barcellona, il Shenkar College di Tel Aviv e il Fashion Institute of Technology di New York. È lì che, nel 2019 scopre il potenziale della combinazione tra computer science e tessile, racconta.

“Ho deciso di approfondire la ricerca una volta tornata a Milano e portarla come argomento di tesi magistrale. I primi esperimenti, nel gennaio 2020, sono avvenuti al Politecnico di Milano”.

Dopo mesi di ricerca, in collaborazione con il Shenkar College, tra tessile, machine learning e studio dei volumi del corpo, prende forma il tessuto adversarial. Didero lo mette alla prova contro YOLO, il più avanzato sistema di riconoscimento di oggetti in tempo reale, e lo brevetta, in co-proprietà con il Politecnico, nel febbraio 2021. La struttura tridimensionale e i motivi della maglia riproducono le immagini avversarie in modo da contrastare efficacemente gli algoritmi di riconoscimento facciale, proteggendo di fatto l’identità di chi la indossa. 

rachele didero cap_able
Credits: Wired

UN MANIFESTO PER I DIRITTI UMANI 

Nel 2021, Didero fonda la start-up Cap_able, con la quale prototipa la prima collezione di abbigliamento Adversarial Knitted Textile, la Collezione Manifesto. Un nome scelto non a caso, racconta.

Ogni mattina, appena ci svegliamo scegliamo gli abiti da indossare, che ci accompagneranno per tutta la giornata e che rappresentano la nostra immagine nel mondo, nelle interazioni con gli altri. Per Didero, si tratta della prima azione consapevole di comunicazione che compiamo, una scelta che può farsi veicolo dei nostri valori, diritti umani inclusi.

“In un mondo in cui i dati sono la più grande risorsa economica, Cap_able affronta la questione della privacy, aprendo la discussione sull’importanza della protezione dall’uso improprio delle telecamere di riconoscimento biometrico”.

La nostra immagine facciale appartiene alla categoria dei dati biometrici allo stesso modo delle nostre impronte digitali o del nostro DNA. Le persone dovrebbero essere in grado di dare il loro esplicito consenso al trattamento dei loro dati, ma questo è impossibile nel caso del riconoscimento facciale, considerando che dovrebbe avvenire ogni volta che si accede a spazi pubblici in vengono utilizzate videocamere di sorveglianza.

“L’obiettivo di Manifesto è quello di sensibilizzare le persone sul diritto alla privacy e sulla tutela dei dati biometrici, una questione spesso sottovalutata nonostante riguardi la maggior parte dei cittadini di tutto il mondo. Il valore di questo progetto è duplice: il capo non è solo uno scudo contro il riconoscimento biometrico, ma è anche e soprattutto un manifesto che intende stimolare il dibattito sull’importanza della protezione dall’uso improprio delle telecamere del riconoscimento facciale”.