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Prof. Maria Prandini eletta presidente della International Federation of Automatic Control  

La professoressa Maria Prandini del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano è stata eletta Presidente della International Federation of Automatic Control (IFAC) per il triennio 2026-2029.

Si tratta di un prestigioso riconoscimento da parte della comunità internazionale dell’ingegneria dei sistemi e del controllo per la professoressa Prandini, attualmente Coordinatrice del Corso di Studio in Ingegneria dell’Automazione. Nel turno elettorale finale, la professoressa del Politecnico ha vinto contro i candidati di Stati Uniti, Paesi Bassi e Cina, diventando il secondo Presidente italiano dalla fondazione di IFAC nel 1957 e il primo Presidente donna.

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Credits: Politecnico di Milano

IFAC è un’organizzazione mondiale che conta al suo interno più di 2500 volontari che ha come obiettivo quello di promuovere la scienza e la tecnologia dei controlli automatici per il benessere dell’umanità tramite l’organizzazione di conferenze, la pubblicazione di riviste di rilievo, il coordinamento di comitati tecnici, l’istituzione di premi e riconoscimenti, e il supporto ad iniziative di divulgazione dell’automatica, specialmente nei paesi in via di sviluppo.

Maria Prandini è Alumna in Ingegneria elettronica 1994. Dal 2002 al 2011 è stata Ricercatrice presso il Dipartimento di Elettronica e Informazione del Politecnico di Milano e dal 2011 a oggi è stata professoressa – prima Associata poi Ordinaria – presso lo stesso dipartimento. Tra i suoi progetti recenti e attuali, ricordiamo quelli per la Commissione Europea UnCoVerCPS Unifying Control and Verification of Cyber-Physical Systems, MoVeS Modellazione,verificae controllo di sistemi complessi: dalle fondazioni alle applicazioni delle reti elettriche e iFly Progettazione e validazione basate sulla sicurezza, complessità e responsabilità di sistemi di gestione del traffico aereo altamente automatizzati.

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Training on the Job, ovvero: la scienza imperfetta che si impara sul campo

Molti studenti di Ingegneria del Poli sono chiamati a fare un tirocinio alla fine della triennale, ma negli ultimi due anni il corso di studi in Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano ha messo a punto un’iniziativa ancora più efficace per accompagnarli alla conoscenza del mondo aziendale attraverso lo sviluppo di un project work. La particolarità del “Training on the Job”, infatti, a differenza del normale stage curricolare, è il coinvolgimento diretto e sostanziale degli Alumni. Il programma prevede per ogni studente l’assegnazione di mentor/tutor scelti tra Alumni e Alumnae con esperienza, che dedicano ai ragazzi incontri periodici online e in azienda e forniscono feedback intermedio e finale sulle attività svolte.

L’obiettivo è quello di offrire agli studenti la possibilità di confrontarsi concretamente e direttamente con progetti che nascano da realtà aziendali: sporcarsi le mani, applicare in contesti reali i modelli e le metodologie appresi in aula. Un modo per riflettere sul proprio percorso di studi, affrontandolo da una prospettiva diversa e parlandone con esperti professionisti: gli Alumni.

Gli studenti vengono inseriti in un team dedicato e lavorano a un caso reale. Nella maggior parte dei casi, non si tratta di un momento di passaggio al mondo del lavoro: la maggioranza degli studenti, dopo la laurea triennale, sceglie di continuare con la specialistica. Perché, allora, fermare gli studi per diversi mesi per “andare a lavorare”? L’abbiamo chiesto ad alcuni dei protagonisti di questa storia.

TRAINING ON THE JOB:“S’IMPARANO COSE DIVERSE”, RISPONDONO GLI STUDENTI

Daria Tortora, studentessa al terzo anno di Ingegneria Gestionale. Training on the Job in Europ Assistance. Mentor: Fabio Carsenzuola, CEO, Alumnus Ingegneria Informatica

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Daria Tortora

“Mi ha permesso di capire come funziona il mondo del lavoro, molto distante da quello a cui siamo abituati con l’università”, commenta Daria Tortora. Ha fatto il training presso Europ Assistance, sotto la supervisione del CEO Carsenzuola e dell’ing. Ezgi Dogan, Alumna MSc Ingegneria Gestionale.

“L’obiettivo del mio progetto è stato quello di identificare segmenti di clientela distinti, in modo da poter applicare strategie commerciali personalizzate per ciascun gruppo. A partire dai dati disponibili presenti nel database aziendale, abbiamo progettato e realizzato un modello di analisi e segmentazione della clientela con analisi RFM (che sta per Recency, Frequency e Monetary). Abbiamo quindi costruito il modello e interpretato i risultati ottenuti identificando possibili azioni da intraprendere per le diverse tipologie di clienti identificate, con un approccio innovativo che, da una parte, ci ha fornito una panoramica significativa, il più informativa e sintetica possibile, del bacino clienti, permettendo di migliorare la conoscenza della clientela dell’azienda e le loro caratteristiche. Dall’altra, una volta integrate con i risultati della segmentazione RFM, ci ha permesso di affinare e migliorare i servizi di personalizzazione da sviluppare per ogni gruppo individuato. L’esperienza ha superato di gran lunga le mie aspettative. Il team e il lavoro affidatomi mi hanno permesso di applicare in un contesto reale le conoscenze acquisite durante gli studi universitari. Le competenze teoriche non bastano se non si è in grado di applicarle: l’esperienza lavorativa è invece determinante per capire come queste tecniche debbano e possano essere applicate per dare valore e aiutare un’organizzazione. Nel mio caso in particolare ho visto applicati tutti i concetti imparati durante il corso Business Data Analytics svoltosi l’ultimo semestre. Come prima esperienza lavorativa della mia carriera, a livello personale, è stata di enorme valore. Ho avuto la possibilità di lavorare con persone super competenti e disponibili a darmi una mano o un consiglio e che mi hanno accolto con entusiasmo e interesse per il mio lavoro. Ho capito inoltre come lavorare in un ambiente motivante sia determinante per il raggiungimento dei risultati. Ho visto il mio team lavorare con passione ed entusiasmo rendendo il mio lavoro coinvolgente, stimolante e proficuo. Soprattutto con la vittoria al concorso aziendale World Care League, un concorso di idee organizzato da Europ Assistance, ho avuto la soddisfazione di vedermi riconosciuto l’impegno messo e di raggiungere risultati che hanno valore non solo per me ma per l’azienda. Ti rendi conto che con lavoro e impegno non solo puoi raggiungere i tuoi risultati ma i tuoi obiettivi sono condivisi e il tuo contributo diventa rilevante per tutti coloro che lavorano con te”.  

Riccardo Bertelli, appena laureato alla triennale di Ingegneria Gestionale. Training on the Job in Europ Assistance. Mentor: Fabio Carsenzuola, CEO, Alumnus Ingegneria Informatica

Riccardo bertelli
Riccardo Bertelli

Anche Riccardo Bertelli è stato seguito da Carsenzuola e dal suo team in Europ Assistance, in particolare dall’ing. Cecilia Perri. “In azienda mi sono subito trovato a mio agio nel team in cui sono stato inserito, il project management office. Il Training on the Job è durato da metà marzo fino a fine maggio, ho dedicato molto tempo per cercare di portare a termine il mio progetto nei tempi stabiliti per riuscire a laurearmi a Luglio 2022”, commenta Riccardo.

“Il mio progetto era diviso su 2 obiettivi: il primo verteva sull’analisi di come il team di PMO gestisce oggi il portafoglio progetti e il mio scopo era quello di cercare di introdurre un tool che potesse sostituire e migliorare la gestione odierna. Il secondo obiettivo, che è stato più un approfondimento, consisteva nel cercare di introdurre nella fase di set-up iniziale di ogni progetto un indicatore che analizzasse la soddisfazione dei clienti finali. Da questa esperienza mi aspettavo di crescere personalmente e di capire quali sono i ritmi lavorativi. E così è stato. Ho imparato molto sulle dinamiche lavorative, su quanto il mondo lavorativo sia diverso dalla nostra routine universitaria e quanto la soft skill della flessibilità sia fondamentale per affrontare i problemi di ogni giorno. Per la magistrale avevo già in mente di proseguire al Poli in gestionale, il Training mi ha fatto capire meglio quali potranno essere i rami di specializzazione da seguire. Questo grazie ad una sessione di feedback con l’intero team di PMO e successivamente anche con il CEO Carsenzuola personalmente, durante il quale mi sono state date delle dritte che spero possano tornare molto utili nella vita. Per svolgere al meglio il Training non sono stati fondamentali i singoli corsi svolti nella triennale, ma è stata molto utile la metodologia che ho portato dal POLI. Ovvero un modo di pensare e ragionare molto strutturato e critico che mi ha permesso di affrontare al meglio questa esperienza”.

Nicolò Guglielmetti, studente al terzo anno di Ingegneria Gestionale. Training on the Job in Tenova. Mentor: Roberto Pancaldi, AD, Alumnus Ingegneria Meccanica

Nicolò Guglielmetti
Nicolò Guglielmetti

Nicolò Guglielmetti è stato seguito dall’ing. Roberto Pancaldi, AD di Tenova (Alumnus Ingegneria Meccanica), dall’Ing. Enrico Malfa, R&D director (Alumnus Ingegneria Aeronutica) e dall’Ing. Marta Guzzon, seniore scientist per l’economia circolare (Alumna PhD). Nicolò si è occupato di metodologie e strumenti di valutazione degli impatti ambientali del ciclo di produzione dell’acciaio, con l’analisi di possibili scenari di evoluzione tecnologica anche dal punto di vista economico.

“Il mentoring è partito a dicembre 2021 ed è terminato nel giugno 2022”, commenta, “in modalità ibrida, parzialmente in presenza e parzialmente a distanza. Nel periodo più intenso del mentoring (da febbraio a maggio) mi sono recato in azienda una volta a settimana per circa 8 ore a cui va aggiunto il lavoro a casa quantificabile in circa un paio d’ore la settimana. L’esperienza è andata oltre le mie aspettative. Personalmente le due principali speranze erano di essere seguito da parte dell’azienda, non abbandonato a me stesso, e di trattare argomenti magari non trattati in precedenti corsi accademici così da arricchire il mio bagaglio culturale. Entrambe le speranze sono state soddisfatte: sono stato ampiamente seguito e ho acquisito conoscenze su argomenti come ETS, LCA, conteggio della CO2, produzione dell’acciaio che non avevo mai trattato in corsi accademici se non in maniera marginale. Grazie al mentoring sto pensando di proseguire con la specialistica in circular economy”.

Gabriella Caputi, studentessa al primo anno di magistrale in Management Engineering. Training on the Job in Tenova. Mentor: Roberto Pancaldi, AD, Alumnus Ingegneria Meccanica

Gabriella Caputi
Gabriella Caputi

Pancaldi e Malfa, insieme all’Alumnus Ingegneria Chimica Mattia Bissoli, R&D Specialist, hanno seguito anche Gabriella Caputi:

“Al momento sono iscritta al corso di laurea magistrale in Management Engineering al Politecnico di Milano. Come tesi per la triennale, ho scritto una relazione sul Training on the Job che ho svolto presso Tenova S.p.A. durante il secondo semestre del terzo anno. Il titolo del mio lavoro è La misurazione dell’innovazione nella crescita industriale e mi sono occupata di sviluppare un sistema di misurazione della performance per l’unità di Ricerca e Sviluppo. Ho deciso di svolgere il Training on the Job per avere un primo contatto con il mondo del lavoro e applicare ciò che ho studiato in un contesto reale. Mi aspettavo di essere trattata da studente e di dover affiancare il mio responsabile nelle proprie attività. Al contrario, mi è stato affidato un progetto nuovo in cui era mia responsabilità decidere il modo in cui procedere, secondo la mia esperienza e i miei studi, naturalmente con il supporto del mio responsabile. Ho trovato un ambiente molto accogliente e sono sempre stata trattata al pari dei colleghi, con grande rispetto verso i miei impegni e le mie necessità. Questa esperienza mi ha insegnato sicuramente come interagire con i colleghi in un contesto lavorativo e ad avere più fiducia nelle mie competenze. Penso che, in generale, un’esperienza lavorativa aiuti a vedere il proprio percorso di studi da una prospettiva diversa: ci si confronta con qualcosa che è stato appreso a livello teorico ma in una forma nuova e non sempre “perfetta” come quella raccontata sui libri. Indubbiamente questa esperienza mi ha motivata nel proseguire gli studi per riuscire a comprendere ancora meglio le varie dinamiche del mondo lavorativo e mi ha guidata nella scelta della specializzazione perché mi ha permesso di capire cosa trovo più stimolante e cosa, invece, mi interessa meno”.

IT TAKES A VILLAGE…

Ogni studente ha avuto quindi un mentore “ufficiale”, ma di fatto è stato seguito da un’intera squadra di Alumni che gli hanno mostrato i vari aspetti del lavoro. “Se ai miei tempi ci fosse stata questa possibilità l’avrei senza dubbio colta al volo”, commenta Carsenzuola: “Arriva in un momento molto azzeccato: i ragazzi hanno sufficiente maturità intellettuale, ma sono ancora in una fase di transizione, in cui devono confermare le scelte fatte fin lì oppure cambiare percorso. Il confronto con il lavoro aiuta molto in questo”.

Ma il vantaggio non è riservato solo ai trainee. Anzi, è un’opportunità anche per le aziende che li ospitano, come spiega Pancaldi: “Ho accolto l’iniziativa con favore in ottica di give-back al Politecnico di Milano, a cui devo molto. Ma, facendolo, mi sono reso conto che avere a disposizione giovani brillanti, preparati, non coinvolti nel nostro quotidiano, ci permette anche di studiare aspetti che nella routine d’azienda non riusciamo ad affrontare per mancanza di tempo”.

Un lavoro, quello di questi giovani trainee, che lascia un segno a lungo termine nelle aziende in cui “si allenano”. È il caso di Gabriella, per esempio, continua a raccontare Pancaldi: “Per valutare i risultati delle attività di ricerca e sviluppo adoperavamo un set di KPI datato e volevamo aggiornarlo. Gabriella ha fatto un lavoro di ricerca bibliografica, selezione e razionalizzazione dei KPI più usati nel mondo, poi insieme a lei abbiamo fatto la selezione di quello che è diventato per noi il nuovo set in uso. Nicolò invece si è occupato di confrontare i vari tool di valutazione dell’impatto ambientale delle nostre tecnologie. Ha confrontato 3 tool che calcolano le emissioni di CO2 aiutandoci a capire le differenze, i pro e i contro dei vari approcci. È un tema molto attuale per noi, perché siamo coinvolti nella transizione energetica e nella decarbonizzazione a tutti i livelli. Ciascuno di questi tool produce risultati differenti e quindi conoscerli a fondo è importante per prendere decisioni strategiche”.

Anche Carsenzuola concorda sull’impatto che il lavoro dei suoi trainee ha avuto, anche a lungo termine, sui processi aziendali: “abbiamo inserito Daria in un team che si occupa di customer experience, che è elemento cardine in Europ Assistance, come si può evincere anche dal nostro pay-off: You live We care. In particolare, Daria ha lavorato sugli aspetti commerciali e marketing della relazione con i nostri clienti. Ha utilizzato strumenti di carattere statistico e analitico, che sui banchi di scuola vedeva applicati a tutt’altre materie, per sviluppare uno strumento in grado di valutare la probabilità che un cliente possa decidere di interrompere la relazione con Europ Assistance, e soprattutto comprenderne le ragioni e conseguentemente definire delle concrete azioni per rafforzare la relazione, migliorando la customer experience complessiva del cliente. Il suo progetto ha anche vinto un concorso di idee, il World Care League, che teniamo internamente all’azienda ogni anno, teso a sviluppare nuove idee e finanziarne lo sviluppo. Daria si è integrata così profondamente nel team di lavoro che ha sviluppato questa idea, da essere stata selezionata come spokeperson del progetto”.

Se anche tu vuoi partecipare al Training on the Job, scrivi a alumni@polimi.it .

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Mirko Trisolini, il ricercatore che va a caccia di “polvere di stelle”

Il Politecnico di Milano è coordinatore del progetto CRADLE (Collecting Asteroid-Orbiting Samples), finanziato nel quadro del programma europeo Marie Skłodowska-Curie Fellowship (MSCA-IF). Alla testa del progetto c’è Mirko Trisolini, 33 anni, esperto di dinamica di corpi celesti, satelliti e detriti spaziali, in particolare del moto di frammenti e particelle attorno a corpi minori del nostro Sistema Solare, come asteroidi e comete. Con il progetto CRADLE, Trisolini vuole mettere a punto un metodo innovativo per l’esplorazione e la raccolta di campioni di polveri di asteroidi e comete. 

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Credits: Mirko Trisolini

A COSA CI SERVONO GLI ASTEROIDI? 

Di questi corpi celesti sappiamo ancora molto meno di quanto ci piacerebbe. Sappiamo però che sono ricchi di risorse preziose come metalli, silicati e acqua, che potrebbero sfruttate per consentire l’autosufficienza degli equipaggi durante future missioni di lunga durata, e che ci danno informazioni sulla storia della nostra galassia.

“Esplorare la composizione di questi corpi celesti ci permetterà di migliorare la conoscenza del Sistema Solare, ma anche di imparare come sfruttare le risorse dello spazio: risorse minerarie, per esempio, e altre vitali per future missioni con equipaggio, come l’acqua che potrebbe trovarsi sotto la superficie”

spiega Trisolini, che a questo scopo studia la dinamica e la composizione delle loro polveri e vuole mettere a punto un sistema efficace per la raccolta di campioni senza bisogno di far atterrare una sonda sul corpo celeste (operazione, questa dell’atterraggio, davvero molto complessa, come abbiamo imparato dalla Missione Rosetta). 

COME FUNZIONA (IN TEORIA) 

Le particelle verrebbero generate colpendo l’asteroide con un piccolo proiettile. Le particelle generate dall’esplosione vengono espulse in orbita, dove possono essere raccolte da una sonda orbitante. Cradle quindi studia il movimento della particella attorno all’asteroide per prevedere quali regioni saranno più favorevoli alla raccolta e, stimando il numero di particelle, deriva la dimensione richiesta dello strumento per la raccolta. Lo step intermedio del progetto porterà Trisolini a sviluppare modelli più precisi per la raccolta e il comportamento in orbita dei materiali estraibili dagli asteroidi, con tecniche di image processing e ricostruzione delle caratteristiche delle particelle.

“Utilizziamo modelli statistici, integrando anche le immagini dell’evento di impatto e del sito di impatto. La raccolta delle particelle in orbita si basa sulla previsione delle posizioni delle particelle dopo l’impatto; pertanto, il miglioramento della robustezza dell’analisi di impatto unito a metodi di analisi statistica è di fondamentale importanza. La raccolta in orbita significa, inoltre, capire dove posizionare il veicolo spaziale attorno all’asteroide e con quale tipo di strumento per la raccolta deve essere equipaggiato”, spiega il ricercatore. 

cradle
Credits: https://www.compass.polimi.it/

DAL POLI SI ARRIVA OVUNQUE NEL SISTEMA SOLARE 

Mirko Trisolini lavora con il gruppo COMPASS del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali del Politecnico di Milano. Di lui abbiamo parlato anche nel 2021, quando ha vinto un grant “Marie Curie Individual Fellowship”: un assegno di ricerca dedicato a giovani ricercatori che si occupano di temi cruciali per la società. “Ho scelto il Politecnico come host institution”, ci spiega, “per l’esperienza e il background tecnico del gruppo di ricerca in cui sono inserito e le radicate collaborazioni, anche internazionali, a cui ha accesso”: Trisolini infatti sta lavorando in rete con l’Università di Padova e l’Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA) allo sviluppo della tecnologia, sotto la supervisione della professoressa Camilla Colombo del Politecnico di Milano e del professore Yuichi Tsuda della Jaxa, Project Manager della missione Hayabusa 2, che ha raccolto campioni dall’asteroide Ryugu e li ha riportati sulla Terra

Credits header: Photo by Denis Degioanni on Unsplash

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Una Biennale politecnica: 5 Alumni progettano il Padiglione Italia del 2023 

“La scelta di un giovane collettivo composto interamente da trentenni, donne e uomini, risponde pienamente al tema della 18. Biennale di Architettura, intitolata ‘Il Laboratorio del Futuro’ e chiamata a indagare le risposte sostenibili ai modi di vivere e abitare di domani” 

Con queste parole il ministro della cultura Dario Franceschini annuncia la nomina del collettivo Fosbury Architecture alla guida del prossimo Padiglione Italia della Mostra Internazionale di Architettura alla Biennale di Venezia, che si terrà dal 20 maggio al 26 novembre 2023.  

Il collettivo è stato fondato nel 2013 ed è composto da una rosa tutta politecnica: gli Alumni e architetti Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni, Nicola Campri, Veronica Caprino e Claudia Mainardi, che sono già al lavoro sul tema “Il laboratorio del futuro”, il titolo a questa 18esima edizione della Biennale di Architettura. 

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Fosbury Architecture. Foto © Gianluca di Ioia, La Triennale

Tra i vari criteri che hanno spinto la Direzione Generale Creatività Contemporanea a sceglierli ci sono “le esperienze maturate in campo nazionale e internazionale, l’attività scientifica, curatoriale e di ricerca, garantendo un’equilibrata distribuzione di genere”. Il collettivo Fosbury Architecture ha infatti già partecipato a numerose esperienze progettuali e curatoriali in importanti istituzioni museali e in spazi privati. 

“Con immenso onore e riconoscenza, accogliamo la nomina a curatori del Padiglione Italia 2023 alla 18. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia. Ringraziamo il Ministro della Cultura Dario Franceschini e la Direzione Generale Creatività Contemporanea per la fiducia accordata a noi e a tutte le professioniste ed i professionisti che hanno sostenuto questo progetto. Lavoreremo con il massimo impegno, consapevoli del valore che questa nomina rappresenta soprattutto per le giovani generazioni”

commentano i curatori, che dovranno allestire i 1200 mq e i 900 mq di spazio in esterno che compongono il Padiglione Italia e saranno responsabili dell’immagine del Made in Italy e della ricerca italiana davanti a esperti e appassionati di architettura provenienti da tutto il mondo.  

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Nasce MUSA, l’ecosistema della tecnologia e dell’innovazione sostenibile

Nasce a Milano l’ecosistema della tecnologia e dell’innovazione sostenibile MUSA (Multilayered Urban Sustainability Action): la collaborazione tra l’Università di Milano-Bicocca, ente proponente, il Politecnico di Milano, l’Università Bocconi e l’Università Statale di Milano consentirà di sviluppare soluzioni smart per l’energia rinnovabile e la gestione dei rifiuti, studiare nuovi modelli di mobilità green, creare un polo di incubazione e accelerazione per startup, ottimizzare l’utilizzo dei big data per la salute e il benessere dei cittadini, mettere a punto nuove soluzioni di finanza sostenibile e creare le condizioni per una società sempre più inclusiva, libera da disuguaglianze.

Trasformare l’area metropolitana di Milano in un ecosistema di innovazione per la rigenerazione urbana, un modello replicabile a livello nazionale ed europeo. È questa l’ambiziosa sfida che i quattro atenei affronteranno nei prossimi tre anni grazie alle partnership con 24 soggetti pubblici e privati e a un investimento complessivo di 116 milioni di euro, finanziato per 110 milioni dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

Gli ambiti di intervento del progetto, chiamati “spoke”, sono sei, ognuno coordinato da uno o più atenei:

  • Rigenerazione urbana (Urban regeneration – City of tomorrow)
  • Big data e open data per le Scienze della vita (Big Data-Open Data in Life Sciences)
  • Imprenditorialità e trasferimento tecnologico (Deep Tech: Entrepreneurship & Technology Transfer)
  • Impatto economico e finanza sostenibile (Economic Impact and Sustainable Finance)
  • Moda, lusso e design sostenibili (Sustainable Fashion, Luxury and Design)
  • Innovazione per società sostenibili e inclusive (Innovation for Sustainable and Inclusive Societies)

MUSA è stato presentato presso l’Università di Milano-Bicocca alla presenza dei rettori dei quattro atenei: Giovanna Iannantuoni (Università di Milano-Bicocca), Ferruccio Resta (Politecnico di Milano), Gianmario Verona (Bocconi), Elio Franzini (Università Statale di Milano), del presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, dell’assessore per l’Istruzione, università, ricerca, innovazione e semplificazione della Regione, Fabrizio Sala, del sindaco di Milano, Giuseppe Sala, e del presidente di Fondazione Cariplo, Giovanni Fosti.

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Gianmario Verona (Università Bocconi), Elio Franzini (Università Statale di Milano), Giovanna Iannantuoni (Università di Milano-Bicocca), Ferruccio Resta (Politecnico di Milano). | Credits Polimi

Sviluppare tecnologie per la sostenibilità economica e circolare e promuovere l’imprenditorialità high-tech. Sono questi i due principali obiettivi del Politecnico di Milano all’interno dell’ecosistema MUSA. La Regione Lombardia e l’area metropolitana di Milano, in particolare, rappresentano un unicum nel contesto nazionale, a partire da settori di punta, come la moda e il design, via via fino alle nuove imprese ad alto tasso di innovazione. La Fondazione Politecnico di Milano, da sempre vicino ai bisogni delle aziende, gestirà insieme all’ateneo i due spoke di riferimento.

ha commentato Ferruccio Resta.

Nell’immagine di copertina, da sinistra a destra, i rettori dei quattro atenei: Gianmario Verona (Università Bocconi), Elio Franzini (Università Statale di Milano), Giovanna Iannantuoni (Università di Milano-Bicocca), Ferruccio Resta (Politecnico di Milano).

Leggi anche: polimi.it

Credits header: lombardiaeconomy.it

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Uno studio del Politecnico svela uno dei misteri di Stonehenge

Stonehenge continua ad attirare l’attenzione di studiosi e ricercatori a più di quattro millenni dalla sua costruzione. Il Professor Giulio Magli del Politecnico di Milano e il Professor Juan Antonio Belmonte dell’Instituto de Astrofísica de Canarias e Universidad de La Laguna di Tenerife hanno pubblicato su Antiquity, autorevole rivista di Archeologia, uno studio innovativo che aiuta a spiegare la funzione originaria del monumento: la teoria per la quale la funzione di Stonehenge sarebbe stata quella di calendario solare è errata. La sua conformazione mostrerebbe invece un interesse simbolico dei costruttori per il ciclo solare e sarebbe legata alla connessione tra vita ultraterrena e solstizio d’inverno, presente nelle società neolitiche.

L’archeoastronomia, che spesso utilizza le immagini satellitari per studiare l’orientamento di siti archeologici, ha un ruolo chiave in questa interpretazione, poiché Stonehenge mostra un allineamento astronomico rispetto al sole in connessione sia all’alba del solstizio d’estate, che al tramonto del solstizio d’inverno.

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Credits: Robert Anderson on Unsplash

Nell’articolo, Magli e Belmonte confutano la teoria secondo cui il monumento sarebbe stato utilizzato come un gigantesco calendario basato su 365 giorni all’anno, suddivisi in 12 mesi, con l’inserimento di un anno bisestile ogni quattro, un calendario identico a quello Alessandrino, introdotto più di due millenni dopo, alla fine del I secolo a.C., come combinazione del Calendario Giuliano e del Calendario Egizio. Gli autori mostrano che questa teoria si basa su una serie di interpretazioni forzate delle connessioni astronomiche del monumento, oltre che su discutibili numerologie e analogie non supportate.

Magli e Belmonte analizzano in primo luogo l’elemento astronomico: mostrano che il lento movimento del sole all’orizzonte nei giorni prossimi ai solstizi rende impossibile controllare il corretto funzionamento del presunto calendario, poiché il dispositivo, composto da enormi pietre, dovrebbe essere in grado di distinguere posizioni molto precise, meno di 1/10 di grado.

In secondo luogo, la numerologia. Attribuire significati ai “numeri” in un monumento è una procedura sempre rischiosa: per esempio, in questo caso, un “numero chiave” del presunto calendario, 12, non è riconoscibile in nessun elemento di Stonehenge.

Infine, i modelli culturali. Una prima elaborazione del calendario di 365 giorni più 1 è documentata in Egitto solo due millenni dopo Stonehenge (ed è entrata in uso secoli dopo). Un trasferimento e un’elaborazione di nozioni con l’Egitto avvenuto intorno al 2600 a.C. non ha basi archeologiche.

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Chi sono le 3 politecniche nella classifica Fortune 40 under 40

Manager, ricercatori, content creator e sportivi: anche quest’anno Fortune Italia ha stilato la lista dei giovani under 40 che stanno cambiando il Paese portando innovazione nei loro settori di riferimento. Tra questi, ci sono anche tre Alumnae politecniche che si sono distinte per la loro professionalità, il talento e le idee. Conosciamole meglio. 

ANNALISA ANDALORO 

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Credits: Fortune Italia

Alumna magistrale in ingegneria dei sistemi edilizi e PhD, Annalisa Andaloro è Innovation manager di Alperia Spa, una multiutility per la quale sta sviluppando l’ecosistema di innovazione del gruppo, con focus su operation e formazione. È membro de ‘La carica delle 101’ dal 2021, un network di donne che opera pro-bono nel sostegno alle aziende emergenti, fornendo consulenze sullo sviluppo e la scalabilità del business.

Esperta di efficienza energetica nell’edilizia, ha coordinato diversi progetti europei. È direttore scientifico per il master internazionale di livello executive “Face”, sul tema dell’architettura e costruzione sostenibile delle facciate. 

GIULIA ROSSI 

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Credits: Fortune Italia

Dopo il Master al MIP Politecnico di Milano, Giulia Rossi è approdata ad Amazon nel 2019, per poi andare a ricoprire nel 2021 il ruolo di Principal digital innovation lead Southern Europe presso Amazon Web Services (AWS). Il suo obiettivo: sostenere le aziende nel percorso di trasformazione e accelerazione del loro business, e potenziare le loro competenze. Per oltre 15 anni è stata Innovation advisor e digital strategist, creando offerte di portafoglio di prodotti e strategie di mercato in settori come le telecomunicazioni, la sicurezza informatica e anche nel settore energetico, maturando esperienze in Silicon Valley, nel Regno Unito e nella penisola iberica.

Nel suo attuale ruolo in Amazon Web Services, supporta le aziende nell’adozione di un approccio innovativo e nello sviluppo di soluzioni basate sul cloud di AWS Cloud. Rossi è molto attiva nel sostegno alla parità di genere, ed è board member di Women & Technologies, oltre ad essere Executive MBA MIP Alumni ambassador. 

MARIA VITTORIA TRUSSONI 

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Credits: Fortune Italia

Laureata in Ingegneria matematica, Maria Vittoria Trussoni è Head of sustainability & green tech di NTT Data Italia. In questo momento sta lavorando a tecniche di AI e digital twin computing per monitorare e prevedere l’impatto ambientale di alcuni processi ed edifici (come ad esempio i data center), e a un filone di ricerca che ha come obiettivo la costruzione di modelli di quantificazione dell’impatto in termini di produzione di CO2 equivalente dell’informatica e della tecnologia. “Il green tech è il punto di incontro tra la necessità di ridurre le emissioni o l’impatto in termini di sostenibilità e l’espansione della tecnologia: le prospettive sono (quasi) infinite”, ha detto Trussoni a Fortune Italia. E aggiunge: 

“[Il consiglio che do ai giovani che vogliono inseguire i propri sogni è] essere poliedrici, dinamici, curiosi, sapersi contaminare con passioni e competenze diverse e focalizzarsi molto sulle persone e l’empatia”. 

Puoi sostenere anche tu le borse di studio Girls@Polimi con una donazione a partire da 10 euro. Clicca qui.

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Due ricercatrici politecniche premiate con la prestigiosa Amelia Earhart Fellowship

Dal 1961, anno del primo volo orbitale, circa 600 persone sono andate nello spazio. Le donne a farlo sono state 75 (secondo i dati di marzo 2022, fonte: nasa.gov).

Guarda la lista delle astronaute nella storia

Senza andare tanto lontano, anche sulla Terra le professioni dell’aerospace sono dominate prevalentemente da uomini. Nel mondo, le donne in questo comparto industriale rappresentano circa il 25% della forza lavoro. È un tema di cui sempre più si occupano il mondo accademico, le aziende, le istituzioni e le fondazioni in tutto il mondo: un terreno fertile per i player che fanno sistema verso l’obiettivo di un maggior equilibrio di genere, anche attraverso borse di studio e di dottorato dedicate alle donne che intraprendono questa strada (lo spieghiamo anche qui e qui).

È il caso delle ricercatrici Eleonora Andreis e Mariachiara Gallia, dottorande del dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali del Politecnico di Milano, che nel 2022 hanno vinto due prestigiose borse di studio Amelia Earhart Fellowship, assegnata annualmente da Zonta International a 30 giovani donne che perseguono un dottorato di ricerca in campo aerospaziale o astrofisico in tutto il mondo. Abbiamo parlato con le due ricercatrici politecniche premiate quest’anno e ci siamo fatti raccontare su cosa stanno lavorando.

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Eleonora Andreis

Eleonora Andreis, 25 anni, triennale in ingegneria aerospaziale in e magistrale in ingegneria spaziale, con un Erasmus all’università di Liegi in Belgio.

“Il tema di ricerca del mio Phd riguarda lo sviluppo di algoritmi per la navigazione autonoma di satelliti miniaturizzati nello spazio profondo, nel contesto del progetto EXTREMA (vincitore di un ERC- Consolidator Grant nel 2019). Lavoro nel DART GROUP supervisionato dal professor Francesco Topputo”.

Il progetto di Andreis consiste nello sviluppare algoritmi che permettano ad un satellite miniaturizzato di localizzarsi autonomamente nello spazio interplanetario: il satellite osserva l’ambiente esterno con delle fotocamere posizionate a bordo e riesce a ricavare la sua posizione triangolando le informazioni che ne estrae, “similmente – ci spiega Andreis – a quello che facevano i naviganti nell’antichità osservando il cielo stellato”.

Il suo progetto si focalizza su satelliti piccoli e a basso costo, che promettono di essere i principali protagonisti della ricerca spaziale nei prossimi anni. Ma navigare da Terra un satellite miniaturizzato ha un costo simile a pilotare un satellite standard, quindi Andreis lavora soprattutto per rendere autonomo il satellite nel compiere le sue operazioni di navigazione. Al contempo, sviluppa tecnologie e metodologie di navigazione piccole ed economiche, testandole su hardware rappresentativi della strumentazione a bordo.

“Un altro aspetto innovativo del mio progetto risiede nel contesto in cui gli algoritmi di navigazione vengono applicati, ovvero quello dello spazio profondo. Oggigiorno, la ricerca nel campo della navigazione ottica autonoma è maggiormente concentrata su altri casi studio, in particolare casi in cui il satellite è vicino o mediamente vicino al corpo che sta osservando che può essere ad esempio un corpo celeste o un altro satellite, mentre pochi gruppi di ricerca lavorano sull’applicazione interplanetaria”.

“In realtà durante gli anni universitari non avevo programmato di fare il dottorato”, conclude Andreis. “È stata una decisione presa nel corso dell’ultimo anno, mentre stavo lavorando per la tesi magistrale. Le tematiche su cui stavo lavorando in tesi mi avevano intrigato molto e allo stesso tempo si erano aperte delle posizioni di dottorato su temi di ricerca molto simili nel contesto di un progetto molto importante (EXTREMA), quindi ho preso la palla al balzo. Dopo aver concluso il mio percorso di dottorato, il mio progetto è di rimanere nell’ambito della ricerca”.

Mariachiara Gallia, 26 anni, triennale in ingegneria aerospaziale e magistrale in ingegneria aeronautica. Durante la magistrale ha svolto un periodo in Erasmus all’università di Southampton.

“Fin da quando ero bambina ho sempre avuto passione per la matematica e la fisica. Sono sempre stata molto curiosa e in particolare mi hanno sempre affascinato i velivoli e il loro funzionamento. Però dopo aver fatto il liceo scientifico avevo scelto di iscrivermi alla facoltà di matematica guidata dalla passione che avevo coltivato durante il liceo. Dopo pochi mesi, mi sono accorta che in realtà la matematica che avevo studiato alle superiori non aveva niente a che vedere con quello che stavo facendo. Quindi ho deciso di spostarmi su una facoltà più pratica e più vicina alla realtà. Ho quindi deciso di iscrivermi a ingegneria aerospaziale e ho subito capito che sarebbe stato l’ambito in cui avrei voluto lavorare, in particolare mi appassionava molto l’aeronautica e l’aerodinamica dei velivoli”.

Gallia si sta occupando di simulazione numerica dell’accrescimento di ghiaccio e dei sistemi di protezione anti-ghiaccio su velivoli ad ala fissa e rotante, tramite lo sviluppo del framework di simulazione PoliMIce. “Lavoro con il gruppo di ricerca del prof. Guardone con Dr. Barbara Re, Dr. Giulio Gori, Dr. Camilla Conti e i miei colleghi dottorandi: Tommaso Bellosta, Andrea Rausa, Alessandro Donizetti, Luca Abergo, Francesco Caccia e Yang Peng. L’obiettivo principale del mio progetto di ricerca è quello di sviluppare un framework che possa aiutare nel design e ottimizzazione di sistemi anti-ghiaccio.

Una parte del mio progetto consiste nello studiare la fisica del problema quindi l’aerodinamica del velivolo, la traiettoria delle particelle della nuvola che impattano sul velivolo e in particolare gli scambi die energia e di massa che regolano la formazione e lo scioglimento (quando viene attivato il sistema anti-ghiaccio) del ghiaccio. La seconda parte consiste nell’applicazione di metodi di ottimizzazione al design di un sistema anti-ghiaccio. In particolare, il fattore innovativo riguarda l’ottimizzazione che viene svolta in maniera robusta, cioè considerando le incertezze nei parametri di design in modo da ottenere un sistema più affidabile e sicuro anche fuori dalle condizioni deterministiche di design”.

Come Andreis, anche Gallia era inizialmente convinta di voler andare a lavorare in azienda una volta finita l’università. “Ho iniziato ad appassionarmi alla ricerca grazie all’ambiente sereno e stimolante che ho trovato mentre scrivevo la tesi con il prof. Guardone e il suo gruppo di ricerca. Così, finita la tesi, ho deciso di provare a intraprendere questo percorso che per ora, nonostante i normali alti e bassi, mi sta portando molte soddisfazioni. Il Poli è riconosciuto all’estero come un polo d’eccellenza, offre molte possibilità per svolgere la propria ricerca e anche possibilità di collaborazioni con istituzioni europee e extra-europee, permettendo di lavorare in un ambiente internazionale e costantemente connesso con il resto del mondo. Infine, grazie ai rapporti con le aziende è possibile vedere applicati “nel mondo reale” i risultati della ricerca che svolgiamo. Dopo il PhD mi piacerebbe sicuramente continuare a lavorare nell’ambito della ricerca magari anche in ambito accademico, in Italia o all’estero in base alle opportunità che si presenteranno in futuro”.

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Politecnico e il gruppo NHOA per un nuovo JRP

Il Gruppo NHOA (NHOA.PA, ex Engie EPS) e il Politecnico di Milano firmano l’accordo per la creazione di un Joint Research Platform (JRP) con l’obiettivo di sviluppare maggior innovazione, ricerca e formazione nel settore dell’energia per consentire la transizione globale verso l’energia pulita e la mobilità sostenibile.

L’accordo di collaborazione scientifica consolida la storica partnership tra il Gruppo NHOA e il Politecnico di Milano e nasce dalla volontà comune di sviluppare iniziative congiunte di formazione, ricerca e innovazione. L’obiettivo principale è quello di affrontare temi di ricerca all’avanguardia in ambiti strategici come lo stoccaggio dell’energia, la mobilità elettrica e le risorse energetiche distribuite.

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La collaborazione si concentra sulle seguenti aree:
•    controllo e progettazione di innovativi convertitori elettronici di potenza per sostenere le reti elettriche più deboli;
•    sviluppo di nuove tecnologie nell’ambito delle batterie, con particolare riguardo alla seconda vita delle batterie dei veicoli elettrici;
•    soluzioni all’avanguardia per la ricarica dei veicoli elettrici combinate con stoccaggio di energia rinnovabile;
•    sistemi di gestione dell’energia e cloud computing per sfruttare al meglio le risorse energetiche distribuite.

Sostenibilità, transizione globale, energia pulita e mobilità sostenibile non sono slogan. Sono impegni concreti e importanti priorità per la ricerca e per le agende economiche e politiche. Un obbligo per il Politecnico di Milano, prima università tecnica in Italia e una delle prime istituzioni in Europa.

commenta Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano.

Tra le numerose iniziative, NHOA Energy, Atlante e Free2move eSolutions, le tre Global Business Lines del Gruppo NHOA, investono molto sul futuro delle prossime generazioni, sostenendo dottorandi e giovani ricercatori.

NHOA Energy contribuisce inoltre al programma Pari Opportunità Politecniche (POP) con l’iniziativa Girls@Polimi, che prevede la donazione di una borsa di studio a ciclo unico per incentivare le studentesse dell’ultimo anno delle scuole superiori a iscriversi alle discipline STEM.

Le attività del JRC del Gruppo NHOA comprenderanno 8 nuove borse di studio di dottorato per sostenere le diverse iniziative di ricerca e nel 2023 la creazione di un laboratorio del JRC in cui studenti, ricercatori, professori del Politecnico di Milano e ingegneri del dipartimento R&D del Gruppo NHOA lavoreranno congiuntamente per sviluppare nuovi prodotti per NHOA Energy, Atlante e Free2move eSolutions.

La collaborazione con il Gruppo NHOA dà vita a un Joint Research Platform che non solo nasce da solide basi, ma riflette anche una visione di lungo periodo e un approccio reciproco che è paradigmatico nell’affrontare scenari globali complessi e altamente esigenti.

conclude Resta.