fabio violante home

Intervista a Fabio Violante, CEO di Arduino

Abbiamo avuto anni turbolenti (a dir poco). Lungi dall’essere spaesati, gli Alumni del Poli cavalcano le onde di questa complessità: pianificando dove si può, preparandosi a repentini cambi di scenario e scommettendo (ma con cognizione di causa!) sul prossimo trend. E sulla tecnologia: dal deep tech all’IoT, dalla manifattura 4.0 alla piena automazione, dall’evoluzione dei servizi alla rivoluzione delle telecomunicazioni… “WHAT, NOW?” è una serie di interviste a Alumni in posizioni apicali nel panorama delle imprese, della cultura e della tecnologia, che si chiedono: cosa dobbiamo aspettarci, adesso?

__

Fabio Violante è un Alumnus ingegneria informatica “con la passione per l’hardware” – leggiamo in una news del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano. Ricopre il ruolo di CEO in Arduino, piattaforma di prototipazione rapida open-source usata ogni giorno da milioni di designer, progettisti e aziende per dare vita in modo semplice e veloce a oggetti intelligenti e dispositivi digitali. Ed è dall’hardware e dall’open source che inizia a raccontare la sua visione di futuro: “una nuova generazione sta entrando nel mercato del lavoro. Ragazze e ragazzi interessate all’impatto che il loro lavoro ha sul mondo”.

Fabio Violante headshot

Impatto, chiediamo a Violante, nei termini in cui il lavoro di ciascuno contribuisce agli obiettivi di sostenibilità? “Stare attenti all’impatto significa essere consapevoli che il proprio lavoro è un pezzo del lavoro di qualcun altro, e questo è ancora più vero grazie alle tecnologie open source. C’è quindi il gusto personale un po’ edonistico di sapere che con il mio contributo costruisco un pezzo di software che potrà essere usato da altre migliaia di ingegneri per risolvere un certo problema. A un livello più alto, i giovani che vediamo sono interessati a capire come queste tecnologie possono aiutare a fronteggiare le sfide del pianeta, come il consumo di energia: sono entusiasti quando possono dire di aver lavorato a un sistema che permette alla tale azienda di risparmiare il 40% sui consumi di acqua o di energia e di abbattere le emissioni di gas serra”.

VIOLANTE: L’IMPATTO DELLA TECNOLOGIA SUL PANETTONE CHE MANGERAI A NATALE (E SU CHI TE LO FA)

Torniamo alla collettività, quindi, a un punto di vista globale. In che direzione stanno spingendo, queste nuove generazioni, l’innovazione tecnologica? Alle nostre domande sulla tecnologia, Violante ci riporta sempre con i piedi per terra:

“Il tema principale non è la tecnologia in sé, ma il problema che aiuta a risolvere. Se mi chiedete quale sarà la prossima rivoluzione tecnologica non penso a un prodotto o a un algoritmo: penso ai problemi quotidiani, sia delle persone e sia delle aziende, che la tecnologia può contribuire a risolvere. Penso al mio sistema automatico di irrigazione, o a un dispositivo per dar da mangiare ai pesci nell’acquario, come anche all’operaio di un pastificio ha spesso le mani sporche di pasta e, ogni volta che deve avviare una macchina, deve pulirsi prima di schiacciare un bottone; questo, oltre a rallentare il suo lavoro, lo distrae e lo predispone al rischio di incidenti. O al medico che deve impostare una terapia su un macchinario.

E se potessero dare alla macchina un comando vocale, nonostante l’ambiente molto rumoroso della fabbrica e dell’ospedale? È in questa utilità spicciola della tecnologia che dobbiamo andare a cercare. Ci siamo quasi, è un layer semplice da implementare, ma molte aziende ancora non sono pronte. Poi ovviamente l’evoluzione dell’intelligenza artificiale ci porta molto più lontano. Oggi i robot sono ancora “semi-stupidi e semi intelligenti”. Manipolano un rubinetto ma non sanno che è un rubinetto, invece tra qualche anno lo sapranno e decideranno loro il tipo di intervento da fare.

Oggi sono ancora, spesso, ciechi e eseguono task ripetitivi programmati, un domani non sarà più così: machine vision & audio, motion control, machine learning nel giro di qualche anno faranno lievitare le capacità delle macchine e questo cambierà in maniera sostanziale e sperabilmente positiva, la nostra vita quotidiana”.

UN BULLONE NON È PIÙ SOLO UN BULLONE

Hai detto che le aziende non sono pronte: perché?

“Non tutte le aziende hanno capito che c’è la possibilità di accedere a certe trasformazioni tecnologiche, che possono portare a nuovi modelli di business. Il prossimo passo quindi è quello di democratizzare l’accesso alla tecnologia: consentirne l’accesso a professionisti che non hanno una formazione specifica in intelligenza artificiali, per esempio.

La nostra responsabilità di ingegneri è quella di rendere queste tecnologie più accessibili, abbassare le barriere di ingresso.

Le conseguenze di questa democratizzazione della tecnologia è che ci sono più tecnici al lavoro sullo stesso problema: persone che magari di intelligenza artificiale sanno poco, ma sono esperte di quel problema. Faccio un esempio: un team di Arduino lavora per un’azienda che produce bulloni, che sono forse la cosa meno high tech che si possa immaginare. Eppure, i bulloni finiscono in oggetti molto high tech, come razzi spaziali e auto da corsa. Lavorando con chi produce bulloni, è stato possibile capire come dotarli di sensori che rilevano vari parametri, come vibrazioni o temperatura, e che possono lanciare allarmi o prendere decisioni: possono risolvere problemi, insomma, da quelli quotidiani di un rubinetto che perde, a quelli spaziali di un satellite”.

Approfondiremo questi argomenti nell’11° Convention degli Alumni del Politecnico di Milano. Iscriviti all’evento in presenza.

polimi ambassodor home

Polimi Ambassador: gli studenti del Poli non si stancano mai di studiare

Come se non bastasse il normale carico di studio, al Politecnico c’è un programma di alta formazione per gli studenti magistrali che vogliono diventare esperti di temi legati allo sviluppo sostenibile. Si tratta del programma di Polimi Ambassador: ce lo racconta la prof.ssa Isabella Nova, vicepreside della scuola di Ingegneria Industriale e dell’Informazione e responsabile del progetto Ambassador.

isabella nova
Isabella Nova

“È legato alla sperimentazione ‘Tecnologie per le transizioni’, accordo trans-universitario dei Politecnici di Bari, Milano e Torino, Università di Bologna, Napoli Federico II, Padova, Palermo e Roma La Sapienza. Va nella direzione degli obiettivi di sviluppo sostenibile della transizione digitale ed energetica, che ha aperto nuovi scenari e nuove sfide e che si riflette sulla professione tecnico scientifica”.

E quindi, prosegue Nova, sulla didattica e sulle università che hanno il compito di formare queste nuove figure professionali.  

Si tratta di figure con una solida base scientifica e tecnologica, ma aperte alle sfide geopolitiche, integrate in un sistema complesso e interdisciplinare, che sappiano progettare pensando già alle nuove emergenze e ai cambiamenti che stiamo vivendo. Il Politecnico ha quindi messo a disposizione degli studenti che lo vogliano, in modo del tutto inclusivo e senza limitazioni, la possibilità di integrare i propri studi con percorsi tematici: “il punto centrale di un percorso Ambassador è quello di acquisire strumenti e metodi interdisciplinari e un’attitudine a operare con una visione più sistemica e in contesti multisettoriali”.  

polimi ambassador
Photo by Headway on Unsplash

Nel primo anno e mezzo di questa sperimentazione (iniziata nello scorso anno accademico), sono stati circa 800 gli studenti che hanno deciso di seguirla: 800 ragazze e ragazzi che hanno investito il loro tempo e le loro energie per seguire corsi supplementari e costruire il proprio piano di studi, ponendo particolare attenzione a questi temi.

“Si chiede agli studenti uno sforzo in più: non solo di acquisire i classici 120 crediti necessari per la laurea magistrale, ma di acquisirne un totale di 130, di cui 30 devono essere legati a insegnamenti relativi al tema di cui si vuole diventare Ambassador, da un elenco di quelli messi a disposizione dall’Ateneo per quel tema e al di fuori del proprio corso di laurea. Sono stati anche attivati dei nuovi insegnamenti ad hoc, ciascuno con i contributi di almeno due docenti che tipicamente appartengono a dipartimenti diversi, sempre nell’ottica di una maggiore interdisciplinarietà e pensati anche per un pubblico misto: designer, architetti e ingegneri insieme”. 

Le prime esperienze pilota del progetto sono la formazione di professionalità ingegneristiche qualificate ad affrontare i problemi multidimensionali posti dalla transizione ecologica (Green Technologies) e dalla transizione digitale delle infrastrutture (Smart Infrastructures), temi che rivestono grande rilevanza strategica anche nella prospettiva della valorizzazione nel contesto delle misure PNRR per le competenze trasversali. E il progetto è destinato a crescere. Da questo settembre è stato aggiunto un programma di Polimi Ambassador in Inclusive Design, è in fase di approvazione un nuovo percorso che verrà attivato nel settembre 2023 sulle tecnologie per “Creative Thinking”, e è stato aperto un dialogo col ministero per l’ufficializzazione di questi percorsi a livello nazionale.   

“Sviluppare professionalità multidisciplinari significa preparare le nuove generazioni alle sfide del futuro, caratterizzate da una complessità crescente. Vanno in questa direzione le iniziative del Politecnico di Milano e del sistema universitario rivolte a una formazione ‘orizzontale’, lontana dal tradizionale approccio multidisciplinare ed esclusivamente tecnico – ingegneristico. Una visione rivolta ai grandi temi della sostenibilità e a un’evoluzione delle competenze che va alimentata anche all’interno dei percorsi di carriera. Le grandi questioni legate all’energia, al digitale e alle infrastrutture verdi, non a caso, sono al centro del PNRR e degli interessi della Comunità Europea. Tematiche di punta sulle quali dobbiamo investire come sistema universitario, come tessuto produttivo e, in ultima analisi, come Paese.”

ha commentato il rettore Ferruccio Resta

Questa e tante altre news le potrai trovare nel prossimo numero di MAP. Per riceverlo, diventa socio.

.

Credits header: Photo by Headway on Unsplash

Credits home: Photo by Element5 Digital on Unsplash

10 milioni di volte grazie dagli studenti e dai ricercatori del Politecnico di Milano

Nel triennio 2020-2022 il Politecnico ha ricevuto oltre 10 milioni di euro in donazione da individui e da aziende. “Abbiamo raggiunto l’obiettivo che ci eravamo posti all’inizio del triennio, come comunità di donatori”, commenta il prof. Enrico Zio, presidente Alumni Politecnico di Milano e delegato del rettore anche al fundraising individuale. “Una community impegnata nello sviluppo del suo Politecnico, che lo sostiene finanziariamente sia a livello personale, sia tramite il coinvolgimento, in progetti di fundraising, delle proprie realtà professionali”.

Leggi su Map 10: Un bilancio delle vostre donazioni

5 AREE DI INTERVENTO PER LE VOSTRE DONAZIONI

Prima di tutto, sostegno al merito: di questi 10 milioni, circa la metà è stata usata per finanziare a 483 borse di studio, destinate a premiare gli studenti meritevoli. Una quota è stata riservata per incentivare l’immatricolazione al Poli delle ragazze nei percorsi di studio STEM (science, technology, engineering and mathematics) e un’altra (circa 600 mila euro) hanno finanziato 15 borse di dottorato: 15 giovani ricercatori che hanno portato avanti progetti di ricerca. I temi principali su cui si focalizzano sono legati a tecnologie per la salute, al mondo della transizione ecologica e a quello dei trasporti.

Circa 1 milione e 800 mila euro hanno contribuito all’ammodernamento di laboratori, strumenti, infrastrutture e campus del Politecnico. Circa 550 mila euro hanno finanziato progetti di didattica innovativa. Oltre 2 milioni e 200 mila euro sono stati dedicati a progetti di ricerca a alto impatto sociale (li puoi scoprire tutti a questo link). Il progetto Alumni è stato finanziato grazie a quasi 300 mila euro di donazioni.

10 MILIONI

“Sono particolarmente grato e orgoglioso di poter dire che questi fondi hanno permesso a tanti studentesse e studenti di frequentare il Politecnico”, commenta il prof. Zio: “questo eccezionale risultato è stato raggiunto anche grazie al supporto degli Alumni e, in questo caso, c’è spesso anche il valore aggiunto dell’incontro con i donatori, che sono affermati professionisti e mettono a disposizione, oltre al sostegno economico, anche il loro tempo e le loro competenze. Per continuare in questa direzione, vi invito a continuare a donare e sostenere le attività di Alumni Politecnico di Milano, per far crescere gli strumenti di questa community affinché diventi sempre più partecipe e coesa.”

Leggi anche:

best of 2022 home

Awards 2022: un anno di Alumni e progetti politecnici premiati nel mondo 

GENNAIO 

  • Simone Callegari, Alumnus Ingegneria dei Materiali e Nanotecnologie 2015, riceve il CERN Alumni Champion Award per i suoi contributi sul blog del CERN durante il periodo della pandemia.  
simone callegari
Credits: Simone Callegari 

MARZO 

  • Ilaria Marelli, designer e Alumna Architettura, ha ricevuto il Wallpaper Design Awards 2022 nella categoria Best Outdoor Living per il suo il divano Calipso, “the floating sofa”, progettato per Ethimo. 
ilaria marelli
Credits: Linkedin

Premiati i vincitori dell’Intellectual Property Award. Dal Poli:  

  • Andrea Bernasconi, Fabio Biondani, Luca Capoferri, Alberto Favier, Federico Gualdoni, Carlo Riboldi, Lorenzo Trainelli, Carmen Velarde Lopez de Ayala, gli inventori di HYBRIS: batterie strutturali per velivoli elettrici  
  • Luca Magagnin, Gabriele Panzeri, Eugenio Gilbertini, Alessandra Accogli, Matteo Salerno, Luca Bertoli, inventori di SINERGY, batteria a celle di flusso metallo-polisolfuri. 

APRILE 

  • Paolo Asti, Carlo Carone, Sonia Calzoni, Massimo Roj, Margherita Carabillò, Pasquale Francesco Mariani Orlandi: gli Alumni alla testa di 7 progetti premiati da Urban File
urban file home

GIUGNO 

I politecnici vincitori della XXVII edizione del Compasso d’Oro

  • Antonio Citterio – Compasso d’oro alla carriera 
  • Giulio Cappellini – Compasso d’Oro alla carriera 
  • Cini Boeri – Compasso d’Oro alla Carriera del Prodotto 
  • Bilancia per la donazione del Sangue “Milano” | Cefriel 
  • Springa, fondata nel 2016 dall’idea dei tre Alumni Davide Cevoli, Lorenzo Frangi e Alessandro Trifoni. 
  • Ricehouse, co-fondata dall’Alumna Tiziana Monterisi 
  • Gli Alumni Naomi Hasuike, Luca Catrame e Andrea Sechi fanno parte del team di Makio Hasuike & Co che ha creato LAMBROgio 
  • Nel team di lavoro che ha progettato E-Worker c’è l’Alumnus Felice Contessini 
  • Eduardo Staszowski è tra gli editor di Designing in Dark Times, “un libro e una nuova collana per avviare una riflessione sulle ragioni e le responsabilità del design oggi”. 

LUGLIO 

  • La prof. Maria Prandini è eletta presidente della International Federation of Automatic Control.
maria prandini
Credits: Politecnico di Milano

AGOSTO 

  • Manfredi Rizza porta a casa il podio per l’Italia ai campionati europei di Monaco nella canoa – K2 200m maschile. 
  • Pietro Ravasi vince con gli Sharks lo scudetto di campioni d’Italia nel powerchair hockey. 
sharks ravasi
Foto di: Sharks Monza, Marco Mancinelli e Mirco Esposto

SETTEMBRE 

earhart home
  • Annalisa Andaloro, Giulia Rossi, Maria Vittoria Trussoni sono le 3 politecniche nella classifica Fortune 40 under 40.
fortune home
Credits: FORTUNE Italia
  • Biennale 2023: gli Alumni e architetti Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni, Nicola Campri, Veronica Caprino e Claudia Mainardi, nel collettivo Fosbury Architecture vincono il progetto del Padiglione Italia.
Biennale collettivo fosbury
Fosbury Architecture. Foto © Gianluca di Ioia, La Triennale
  • Giorgia Lupi vince il National Design Award for Communication Design.
giorgia lupi
Credits: Giorgia Lupi on Instagram

OTTOBRE 

  • L’architetto Rajendra Kumar, Alumnus del Politecnico di Milano, selezionato tra i Most Admired Education Influencers in India.
Rajendra Kumar home
  • Alla presenza di Sergio Mattarella, sono stati premiati i vincitori Eni Award 2022. Tra questi, le pluripremiate Sinergy Flow, creata da tre Alumni e ricercatori politecnici e Ricehouse, start-up dell’Alumna e architetta Tiziana Monterisi.
Eni Award 2022 02
Credis: eni.com

NOVEMBRE 

  • L’Alumna Elena Bottinelli, laureata in ingegneria e Head of innovation and digitalization del Gruppo San Donato, è stata inserita nella lista delle 50 Most Powerful Women della rivista Fortune Italia.
elena bottinelli
Credits: FORTUNE Italia

DICEMBRE 

  • Paola Scarpa, Alumna Ingegneria gestionale, è una delle vincitrici del premio internazionale Standout Woman Award, premio internazionale dedicato alle donne che per talento, coraggio, sensibilità e determinazione, si sono contraddistinte per loro azioni e che potranno essere esempio alle nuove generazioni.
paola scarpa
Credits: Paola Scarpa on Linkedin

Il MAP è una delle iniziative dedicate agli Alumni del Politecnico di Milano. Per ricevere una copia cartacea direttamente a casa tua, sostieni la redazione con una donazione annuale.

palazzina lerici home

Inaugurata la nuova Palazzina Lerici

È stata inaugurata al Campus Leonardo la nuova Palazzina Lerici, quella che da oggi verrà conosciuta come “Edificio 3A”.

L’intervento potenzia gli spazi del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, donando alla comunità politecnica ulteriori aree di qualità per vivere ancora più pienamente il nostro campus.

Il nuovo edificio è stato realizzato nell’area di 1.278 mq tra gli edifici 3 e 5 e via Celoria, prima occupata dall’antico edificio Lerici costruito tra gli anni ’40 e ‘50 del secolo scorso.

A pianta rettangolare, la nuova costruzione si sviluppa su un piano seminterrato, due piani fuori terra e copertura finale piana con solai impostati a quote diverse. La composizione dei volumi ha permesso di realizzare tre livelli di coperture a verde, su cui sono stati piantati nove nuovi alberi ad alto fusto.

L’edificio è caratterizzato da facciate continue in vetro e pannelli opachi, con murature a vista in blocchi di calcestruzzo e finiture a intonaco colorato.

La facciata verso via Celoria è a verde intensivo, in modo da creare continuità in verticale con le terrazze a giardino.

All’inaugurazione erano presenti il Rettore Ferruccio Resta, il Prorettore Delegato Emilio Faroldi, il Direttore Generale Graziano Dragoni, il Direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale Alberto Guadagnini e l’Architetto Daniel Marcaccio dell’Area Tecnico Edilizia, responsabile del progetto.

Leggi anche: https://www.polimi.it/articoli/inaugurata-la-nuova-palazzina-lerici

lucia frigerio home

Vendere la regia di filiera: intervista a Lucia Frigerio, imprenditrice di quarta generazione

Abbiamo avuto anni turbolenti (a dir poco). Lungi dall’essere spaesati, gli Alumni del Poli cavalcano le onde di questa complessità: pianificando dove si può, preparandosi a repentini cambi di scenario e scommettendo (ma con cognizione di causa!) sul prossimo trend. E sulla tecnologia: dal deep tech all’IoT, dalla manifattura 4.0 alla piena automazione, dall’evoluzione dei servizi alla rivoluzione delle telecomunicazioni… “WHAT, NOW?” è una serie di interviste a Alumni in posizioni apicali nel panorama delle imprese, della cultura e della tecnologia, che si chiedono: cosa dobbiamo aspettarci, adesso? 

—  

Il bisnonno faceva impastatrici per lavorare la pasta. Dalle trafilatrici agli impianti per la lavorazione di cavi in metallo, il passo è tutt’altro che breve: oltre 120 anni di storia, per la precisione. Oggi MFL, fondata da Mario Frigerio nel 1897, è una multinazionale di ingegneria con 450 dipendenti, un fatturato consolidato di 100 milioni di euro e sedi, oltre che in Italia, anche in Germania, Spagna, Cina e Stati Uniti. Il core business è la progettazione e produzione di macchinari per la produzione di cavi, fili e funi di acciaio, alluminio e rame. Macchinari prodotti interamente in Europa ed esportati in tutto il mondo.   

“Cavi, funi e fili di metallo si trovano ovunque”, ci spiega l’ing. Lucia Frigerio (bisnipote di Mario e Alumna in Ingegneria Meccanica), oggi alla guida del gruppo, rimasto sempre nelle mani della famiglia attraverso numerose trasformazioni. Si trovano ovunque, letteralmente: nelle pagliuzze delle spugne, nelle grucce per gli armadi (a Milano si chiamano “omètti”), nei cavi che fanno funzionare ascensori, gru, funivie, montacarichi, nei muri delle nostre case e nel cemento armato, nei ponti, e ancora in qualsiasi apparecchio elettronico, nelle reti di distribuzione di energia, nelle reti di telecomunicazione.

“C’è l’acciaio a basso tenore di carbonio che è usato nelle produzioni a basso valore aggiunto, appunto quelle domestiche che hai citato come le spugne, ma anche i carrelli per il supermercato, chiodi ecc. L’acciaio a alto tenore di carbonio è usato soprattutto nel mondo delle costruzioni. Rame e alluminio invece nel mondo delle telecomunicazioni e della trasmissione di potenza, sia reti energetiche che veicoli”. Sono i fili di cui è intessuto il mondo che abbiamo costruito intorno a noi. MFL group produce le macchine per “filarli”.  

Lucia Frigerio
Credits: Polimi

MACCHINARI CHE COSTANO MILIONI DI EURO NON SI VENDONO TUTTI I GIORNI 

“Un impianto come il nostro ha una durata media di 30 anni, infatti non è che ne vendiamo tutti i giorni. Ovviamente copriamo manutenzione e retrofitting, li diamo per scontati, ma il nostro mercato principale, oggi, serve l’aumento di capacità produttiva dei nostri clienti (appunto i produttori di questi fili, come per esempio Prysmian, un gigante cresciuto in un mercato frammentato come quello italiano). Sono materiali che si consumano, quindi la produzione è costante”. E il mercato anche. Costante, affidabile e prevedibile, o almeno lo è stato fino a un paio di anni fa. Ma Frigerio non si è fatta cogliere impreparata. “La nuova frontiera della manifattura è di servitizzare le macchine. Cioè, ti vendo l’asset, ma questo asset è dotato della capacità di darti delle informazioni preziose tanto quanto il prodotto che producono”. 

Di per sé, non è una novità: è una tendenza che nasce già negli anni ‘70, ma naturalmente la quantità e qualità dei dati che possiamo raccogliere oggi sono infinitamente più ricche. In potenza, quanto meno. Ed è un mondo in crescita. “Sapendo questo, sono anni che lavoriamo per arricchire ancora l’insieme di informazioni che le nostre macchine possono restituire, in modo di aiutare sia i nostri clienti sia noi a prendere delle decisioni strategiche. La novità in questo tipo di manifattura è che non vogliamo dare un servizio one-shot, ma una sorta di abbonamento, sul modello delle società high-tech e deep-tech”.  

Lucia Frigerio
MFL (courtesy of Lucia Frigerio)

FORSE NON ABBIAMO ANCORA COLTO CHE COSA PUÒ FARE LA MANIFATTURA SE VA IN CLOUD 

Secondo questo modello, spiega Frigerio, MFL gestirebbe i server con i dati estratti dalle macchine connesse.

“Oltre vendere il macchinario, otterremmo un ricavo ricorrente sulla stessa vendita, in cambio di informazioni in real time sul funzionamento, per esempio per diagnostica o previsione del rischio, e di interventi tempestivi in caso di segnalazione automatica di problemi. Questo è il prossimo futuro, se pensiamo nel breve termine. Pensando a uno step ancora successivo, a un medio termine (5-10 anni), questo investimento ci avrà permesso di raccogliere moltissime informazioni. E quindi usarle per strutturare degli algoritmi predittivi, non solo per rilevare tempestivamente i problemi ma per anticiparli, per pianificare investimenti strategici, per avviare campagne di ricerca e sviluppo”.  

Il “WHAT, NOW?”, quindi, va nella direzione di una sempre maggiore interazione tra manifattura e intelligenza artificiale. “Sì, ma non solo. Il punto è l’interazione uomo-macchina, o meglio, sistema-macchina. Non è più una questione di automazione della manifattura, ma di condivisione di razionalizzazione di tutta la filiera produttiva, da chi estrae la materia prima, all’acciaieria, attraverso di noi che fabbrichiamo le macchine, al produttore di cavo e infine a chi lo usa: tutta la catena del valore beneficerebbe di questa regia. E oggi non esiste”.  

SE VOLEVI SOLO COMPRARE UNA MACCHINA, TI TROVI NEL SECOLO SBAGLIATO 

Perché non esiste?, chiediamo a Frigerio. “La tecnologia per farlo c’è, ma serve un cambio di mentalità, di paradigma. Proporre la vendita di servizi digitali, per chi è un produttore di macchine, è complicato: perché tu sei abituato a vendere “ferro”. Da lì, a vendere un servizio digitale impalpabile, ne corre. E prima di convincere il cliente, che pure è abituato a comprare “ferro” e che spesso in fabbrica non ha nemmeno il 56 K, devo convincere i miei venditori che il prodotto principale non è più la macchina ma il servizio, il cloud, la regia di filiera. È quella la direzione in cui voglio portare il gruppo”.  E come sta andando? “Bene, per gli obiettivi che ci siamo posti in questi primi anni: cioè, fare il pitch, come dicono gli americani, innumerevoli volte, a prescindere dalla situazione.

Lo sforzo dei miei commerciali è stato quello di capire che non importa se il cliente è interessato o no, noi dobbiamo proporre questa regia, e soprattutto dobbiamo capire come viene recepita. È l’unico modo in cui si può avere la sensazione di come andare sul mercato. 20 anni fa, fatto 100 il valore di una macchina, il cliente percepiva che il 90% era costituito dal mezzo e il 10% dall’automazione. Oggi la proporzione è 30% il mezzo, 30% l’automazione e 30% i servizi. È il caso Tesla: non la compro per la meccanica, che è brutta, fatta male, si rompe. La compro perché è un computer con 4 ruote e mi offre dei servizi, e sono questi servizi che io pago annualmente. Il concetto è quello: siamo ancora in una fase molto precoce, ancora prima che embrionale. Ma ci abbiamo scommesso tanto e abbiamo investito in una società terza che si occupa proprio di questo. Stiamo seminando, prima o poi il fiore nascerà sicuramente”.  

NESSUN PRODOTTO SARÀ PIÙ MERCE DI SCAMBIO: I PRODUTTORI VENDERANNO SERVIZI, CONNESSIONE, INTERAZIONE 

Quindi la prossima rivoluzione tecnologica, secondo Frigerio, non sarà una tecnologia o un insieme di tecnologie, ma l’integrazione reale e completa di tecnologie che già esistono. Un salto molto più lungo di quello che possiamo immaginarci quando, semplicemente, pensiamo alla guida autonoma o ai computer quantistici. E, a proposito di Tesla, tradizionalmente il mercato dell’automotive è quello che spinge l’innovazione industriale, una sorta di cartina tornasole del progresso tecnologico. Ma è ancora così?

“Secondo me no”, conclude Frigerio: “l’automotive sta perdendo questo primato. Non perché ce ne sia un altro, ma perché non ci sarà più nessun prodotto capace di essere all’avanguardia. Il tempo di produrlo ed è già obsoleto. Il prodotto fisico sarà una commodity, il vero prodotto vendibile sarà il nostro modo di interagirci”.   

Approfondiremo questi argomenti nell’11° Convention degli Alumni del Politecnico di Milano. Iscriviti all’evento in presenza.

.

Credits home: www.expometals.net

lucia frigerio home

Vendere la regia di filiera: intervista a Lucia Frigerio, imprenditrice di quarta generazione

Abbiamo avuto anni turbolenti (a dir poco). Lungi dall’essere spaesati, gli Alumni del Poli cavalcano le onde di questa complessità: pianificando dove si può, preparandosi a repentini cambi di scenario e scommettendo (ma con cognizione di causa!) sul prossimo trend. E sulla tecnologia: dal deep tech all’IoT, dalla manifattura 4.0 alla piena automazione, dall’evoluzione dei servizi alla rivoluzione delle telecomunicazioni… “WHAT, NOW?” è una serie di interviste a Alumni in posizioni apicali nel panorama delle imprese, della cultura e della tecnologia, che si chiedono: cosa dobbiamo aspettarci, adesso? 

—  

Il bisnonno faceva impastatrici per lavorare la pasta. Dalle trafilatrici agli impianti per la lavorazione di cavi in metallo, il passo è tutt’altro che breve: oltre 120 anni di storia, per la precisione. Oggi MFL, fondata da Mario Frigerio nel 1897, è una multinazionale di ingegneria con 450 dipendenti, un fatturato consolidato di 100 milioni di euro e sedi, oltre che in Italia, anche in Germania, Spagna, Cina e Stati Uniti. Il core business è la progettazione e produzione di macchinari per la produzione di cavi, fili e funi di acciaio, alluminio e rame. Macchinari prodotti interamente in Europa ed esportati in tutto il mondo.   

“Cavi, funi e fili di metallo si trovano ovunque”, ci spiega l’ing. Lucia Frigerio (bisnipote di Mario e Alumna in Ingegneria Meccanica), oggi alla guida del gruppo, rimasto sempre nelle mani della famiglia attraverso numerose trasformazioni. Si trovano ovunque, letteralmente: nelle pagliuzze delle spugne, nelle grucce per gli armadi (a Milano si chiamano “omètti”), nei cavi che fanno funzionare ascensori, gru, funivie, montacarichi, nei muri delle nostre case e nel cemento armato, nei ponti, e ancora in qualsiasi apparecchio elettronico, nelle reti di distribuzione di energia, nelle reti di telecomunicazione.

“C’è l’acciaio a basso tenore di carbonio che è usato nelle produzioni a basso valore aggiunto, appunto quelle domestiche che hai citato come le spugne, ma anche i carrelli per il supermercato, chiodi ecc. L’acciaio a alto tenore di carbonio è usato soprattutto nel mondo delle costruzioni. Rame e alluminio invece nel mondo delle telecomunicazioni e della trasmissione di potenza, sia reti energetiche che veicoli”. Sono i fili di cui è intessuto il mondo che abbiamo costruito intorno a noi. MFL group produce le macchine per “filarli”.  

Lucia Frigerio
Credits: Polimi

MACCHINARI CHE COSTANO MILIONI DI EURO NON SI VENDONO TUTTI I GIORNI 

“Un impianto come il nostro ha una durata media di 30 anni, infatti non è che ne vendiamo tutti i giorni. Ovviamente copriamo manutenzione e retrofitting, li diamo per scontati, ma il nostro mercato principale, oggi, serve l’aumento di capacità produttiva dei nostri clienti (appunto i produttori di questi fili, come per esempio Prysmian, un gigante cresciuto in un mercato frammentato come quello italiano). Sono materiali che si consumano, quindi la produzione è costante”. E il mercato anche. Costante, affidabile e prevedibile, o almeno lo è stato fino a un paio di anni fa. Ma Frigerio non si è fatta cogliere impreparata. “La nuova frontiera della manifattura è di servitizzare le macchine. Cioè, ti vendo l’asset, ma questo asset è dotato della capacità di darti delle informazioni preziose tanto quanto il prodotto che producono”. 

Di per sé, non è una novità: è una tendenza che nasce già negli anni ‘70, ma naturalmente la quantità e qualità dei dati che possiamo raccogliere oggi sono infinitamente più ricche. In potenza, quanto meno. Ed è un mondo in crescita. “Sapendo questo, sono anni che lavoriamo per arricchire ancora l’insieme di informazioni che le nostre macchine possono restituire, in modo di aiutare sia i nostri clienti sia noi a prendere delle decisioni strategiche. La novità in questo tipo di manifattura è che non vogliamo dare un servizio one-shot, ma una sorta di abbonamento, sul modello delle società high-tech e deep-tech”.  

Lucia Frigerio
MFL (courtesy of Lucia Frigerio)

FORSE NON ABBIAMO ANCORA COLTO CHE COSA PUÒ FARE LA MANIFATTURA SE VA IN CLOUD 

Secondo questo modello, spiega Frigerio, MFL gestirebbe i server con i dati estratti dalle macchine connesse.

“Oltre vendere il macchinario, otterremmo un ricavo ricorrente sulla stessa vendita, in cambio di informazioni in real time sul funzionamento, per esempio per diagnostica o previsione del rischio, e di interventi tempestivi in caso di segnalazione automatica di problemi. Questo è il prossimo futuro, se pensiamo nel breve termine. Pensando a uno step ancora successivo, a un medio termine (5-10 anni), questo investimento ci avrà permesso di raccogliere moltissime informazioni. E quindi usarle per strutturare degli algoritmi predittivi, non solo per rilevare tempestivamente i problemi ma per anticiparli, per pianificare investimenti strategici, per avviare campagne di ricerca e sviluppo”.  

Il “WHAT, NOW?”, quindi, va nella direzione di una sempre maggiore interazione tra manifattura e intelligenza artificiale. “Sì, ma non solo. Il punto è l’interazione uomo-macchina, o meglio, sistema-macchina. Non è più una questione di automazione della manifattura, ma di condivisione di razionalizzazione di tutta la filiera produttiva, da chi estrae la materia prima, all’acciaieria, attraverso di noi che fabbrichiamo le macchine, al produttore di cavo e infine a chi lo usa: tutta la catena del valore beneficerebbe di questa regia. E oggi non esiste”.  

SE VOLEVI SOLO COMPRARE UNA MACCHINA, TI TROVI NEL SECOLO SBAGLIATO 

Perché non esiste?, chiediamo a Frigerio. “La tecnologia per farlo c’è, ma serve un cambio di mentalità, di paradigma. Proporre la vendita di servizi digitali, per chi è un produttore di macchine, è complicato: perché tu sei abituato a vendere “ferro”. Da lì, a vendere un servizio digitale impalpabile, ne corre. E prima di convincere il cliente, che pure è abituato a comprare “ferro” e che spesso in fabbrica non ha nemmeno il 56 K, devo convincere i miei venditori che il prodotto principale non è più la macchina ma il servizio, il cloud, la regia di filiera. È quella la direzione in cui voglio portare il gruppo”.  E come sta andando? “Bene, per gli obiettivi che ci siamo posti in questi primi anni: cioè, fare il pitch, come dicono gli americani, innumerevoli volte, a prescindere dalla situazione.

Lo sforzo dei miei commerciali è stato quello di capire che non importa se il cliente è interessato o no, noi dobbiamo proporre questa regia, e soprattutto dobbiamo capire come viene recepita. È l’unico modo in cui si può avere la sensazione di come andare sul mercato. 20 anni fa, fatto 100 il valore di una macchina, il cliente percepiva che il 90% era costituito dal mezzo e il 10% dall’automazione. Oggi la proporzione è 30% il mezzo, 30% l’automazione e 30% i servizi. È il caso Tesla: non la compro per la meccanica, che è brutta, fatta male, si rompe. La compro perché è un computer con 4 ruote e mi offre dei servizi, e sono questi servizi che io pago annualmente. Il concetto è quello: siamo ancora in una fase molto precoce, ancora prima che embrionale. Ma ci abbiamo scommesso tanto e abbiamo investito in una società terza che si occupa proprio di questo. Stiamo seminando, prima o poi il fiore nascerà sicuramente”.  

NESSUN PRODOTTO SARÀ PIÙ MERCE DI SCAMBIO: I PRODUTTORI VENDERANNO SERVIZI, CONNESSIONE, INTERAZIONE 

Quindi la prossima rivoluzione tecnologica, secondo Frigerio, non sarà una tecnologia o un insieme di tecnologie, ma l’integrazione reale e completa di tecnologie che già esistono. Un salto molto più lungo di quello che possiamo immaginarci quando, semplicemente, pensiamo alla guida autonoma o ai computer quantistici. E, a proposito di Tesla, tradizionalmente il mercato dell’automotive è quello che spinge l’innovazione industriale, una sorta di cartina tornasole del progresso tecnologico. Ma è ancora così?

“Secondo me no”, conclude Frigerio: “l’automotive sta perdendo questo primato. Non perché ce ne sia un altro, ma perché non ci sarà più nessun prodotto capace di essere all’avanguardia. Il tempo di produrlo ed è già obsoleto. Il prodotto fisico sarà una commodity, il vero prodotto vendibile sarà il nostro modo di interagirci”.   

Approfondiremo questi argomenti nell’11° Convention degli Alumni del Politecnico di Milano. Iscriviti all’evento in presenza.

.

Credits home: www.expometals.net

bovisa-goccia home

Rigenerazione dell’area di Bovisa-Goccia

Firmato il Protocollo d’Intesa per la realizzazione dell’intervento di rigenerazione urbana sostenibile e di qualità nell’area milanese “Bovisa-Goccia-Villapizzone”. 

L’intervento, che tra gli altri vede coinvolto l’architetto Renzo Piano, interessa una superficie di circa 325.000 mq, di proprietà del Comune di Milano (circa 234.000 mq) e del Politecnico (circa 91.000 mq) con l’obiettivo di riqualificare l’ambito di Bovisa-Goccia. 

Varie le azioni in programma: 

Nuovo campus universitario: il Politecnico di Milano prevede la realizzazione di interventi di riqualificazione all’interno dell’area al fine di realizzare un parco scientifico/polo dell’innovazione e l’ampliamento degli spazi dell’attuale Campus Bovisa con aree dedicate a servizi per gli studenti e la cittadinanza. 

Scuole civiche: nell’ambito di Bovisa-Goccia è prevista la realizzazione di 2 edifici destinati a Fondazione Milano – Scuole Civiche con l’obiettivo di concentrare in un unico polo le scuole civiche della città. 

Rete delle stazioni di Bovisa e Villapizzone: si prevede il miglioramento delle connessioni tra le due stazioni ferroviarie e tra queste e i nuovi insediamenti previsti all’interno della Goccia tramite un nuovo sistema integrato di collegamenti ciclopedonali, tranviari e stradali.  

Foresta urbana: si prevede la realizzazione di un grande parco pubblico urbano entro il 2030, rifunzionalizzando le aree verdi esistenti e programmando nuove piantumazioni in un processo innovativo di riforestazione.  

Il Protocollo di Intesa è stato siglato dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, dal Ministero dell’università e della Ricerca, Politecnico di Milano, Regione Lombardia, Comune di Milano, FNM, Rete Ferroviaria Italiana (Gruppo FS).

“Questo protocollo è un passo concreto verso l’attuazione del progetto di riqualificazione dell’area”, ha spiegato l’assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi a La Repubblica: “questa sezione di Milano diventerà un altro tassello della città policentrica”.

Credits home: Milano Città Stato

Credits header: Urban File

phononic-vibes home

Il pannello-labirinto che imprigiona il rumore è un’invenzione politecnica

Forbes li definisce “gli Ingegneri del silenzio”: sono Luca D’Alessandro, Giovanni Capellari e Stefano Caverni, tre Alumni e ricercatori politecnici e fondatori della startup Phononic Vibes, nata nel 2018 come spin off del Politecnico di Milano e recentemente vincitrice di un round di investimento da 6 milioni. 

phononic-vibes
Credits: Forbes

Alla base di questa rapida ascesa c’è un’invenzione (e 12 brevetti): un dispositivo modulare per l’isolamento di vibrazioni a bassa frequenza ed ampio spettro, in sostanza pannelli antirumore e antivibrazioni fatti di “metamateriali labirintici” in grado di assorbire le onde sonore e meccaniche. Questi metamateriali sono creati artificialmente con proprietà elettromagnetiche peculiari che li differenziano dagli altri materiali, le cui caratteristiche macroscopiche non dipendono solo dalla loro struttura molecolare, ma anche dalla loro geometria realizzativa.

Hanno una particolare struttura “a labirinto” che permette all’onda di riflettersi più volte al loro interno, riducendosi progressivamente fino a cancellarsi. Le sue strutture periodiche sono realizzate con materiali di comune utilizzo nei campi di ingegneria civile e meccanica, quali acciaio e calcestruzzo, o anche plastiche di recupero stampate in 3D. Possono essere organizzate in moduli affiancati gli uni agli altri per la creazione di vere e proprie barriere isolanti. Il dispositivo è quindi in grado di limitare la propagazione di vibrazioni, sia elastiche che acustiche, generate da traffico, macchinari ed impianti, con l’obiettivo di contenere sia danni strutturali agli edifici sia i rumori tipici dell’ambiente urbano. Fonte: Polilink  

EFFICACI, BELLI ED ECONOMICI 

La particolare struttura dei pannelli Phononic Vibes viene stampata 3D con plastiche di scarto e permette un abbattimento delle vibrazioni superiore di diversi ordini di grandezza rispetto a quello ottenuto con le tecnologie attualmente disponibili sul mercato a con costi nettamente inferiori. È in grado di cancellare molti tipi di rumori: dai suoni a media frequenza, tipici del parlato e di alcuni strumenti musicali, fino a quelli a bassa frequenza, causati dai motori. Anche i settori di applicazione sono diversi, dall’edilizia all’automotive, fino agli impieghi domestici.  

phononic-vibes
Credits: Sole24ore

Scrive Forbes che la tecnologia ha superato l’esame di quella che viene definita “l’Harvard dei trasporti”, cioè la Deutsche Bahn, la compagnia ferroviaria tedesca. “Abbiamo sviluppato per loro un pannello trasparente e altamente assorbente da usare nei luoghi attorno a stazioni o binari, in alternativa alle pareti di acciaio attualmente utilizzate per ridurre l’impatto acustico”, racconta D’Alessandro. “Una vetrata fa tutt’altro effetto nello spazio urbano, ma di solito il vetro riflette il suono, non lo assorbe”. A differenza di quello prodotto da Phononic Vibes. 

GLI ALUMNI FONDATORI 

L’esperienza di Phononic Vibes è uno dei tanti esempi di come il trasferimento tecnologico del Politecnico di Milano ha un impatto concreto sul tessuto produttivo ad alta tecnologia, portando fuori dai laboratori e dentro al mondo industriale i risultati di attività di ricerca.

Giovanni Capellari ha ottenuto il titolo di dottore di ricerca presso il Politecnico di Milano nel 2018 con una tesi in Machine Learning, lavorando e trascorrendo alcuni mesi presso l’università ETH di Zurigo. Stefano Caverni ha conseguito la laurea specialistica in Ingegneria Civile, ad indirizzo Strutture, nel 2017 con tesi di laurea nel campo dei metamateriali. 

Luca D’Alessandro ha conseguito il PhD al Politecnico di Milano con un periodo all’estero all’MIT di Boston, specializzandosi nel campo dei metamateriali e dell’ottimizzazione di strutture periodiche per l’isolamento acustico e vibrazionale. Proprio la tesi di dottorato di Luca è stata il punto di partenza della startup. Dopo aver partecipato a Switch2Product, l’Innovation Challenge del Politecnico di Milano, Luca decide di intraprendere questo percorso imprenditoriale coinvolgendo i due founder Giovanni, collega di dottorato e Stefano, collaboratore e tesista al Politecnico di Milano. Una crescita rapida che vede oggi il team operativo composto da 10 persone. Fonte: Fondazione Politecnico di Milano, “Il coraggio di innovare”  

alfio quarteroni home

Prof. Alfio Quarteroni riceve il premio Lagrange 2023

Alfio Quarteroni, direttore del MOX (Laboratory of Modelling and Scientific Computing) e professore del Politecnico di Milano, è stato insignito del premio Lagrange 2023 dall’ICIAM, il Consiglio Internazionale per la Matematica Industriale e Applicata. 

Il Premio Lagrange viene assegnato ogni 4 anni e fornisce un riconoscimento internazionale a quei matematici che hanno dato un contributo eccezionale alla matematica applicata e per i lavori innovativi nel campo dell’analisi numerica nel corso della loro carriera. 

“Il Premio ICIAM Lagrange 2023 – si legge sul sito dell’ICIAM – viene assegnato ad Alfio Quarteroni per il suo lavoro innovativo nei metodi agli elementi finiti e spettrali, nei metodi di decomposizione del dominio, nei metodi discontinui di Galerkin, nella soluzione numerica delle equazioni di Navier-Stokes incomprimibili, nella modellazione multifisica e multiscala, con applicazioni alla fluidodinamica, alla geofisica, al cuore umano e al sistema circolatorio, all’epidemia di Covid-19, nonché al miglioramento delle prestazioni sportive per la competizione velica America’s Cup.” 

Quarteroni nel 2022 si era già qualificato come primo matematico d’Italia e 48esimo nel mondo nella classifica “Top mathematics scientist” pubblicata dalla società Research.com, che elabora la classifica sulla base del numero di lavori dei luminari, citati nelle ricerche scientifiche. Il professore del Politecnico è stato infatti citato 38.000 volte negli articoli di ricercatori nazionali e internazionali. 

Il Premio Lagrange 2023 sarà assegnato durante la cerimonia di apertura del Congresso internazionale di matematica industriale e applicata, ICIAM 2023, che si terrà a Tokyo dal 20 al 25 agosto 2023.   

Leggi anche: Prof. Maria Prandini eletta presidente della International Federation of Automatic Control 

Credits home & cover photo: Linkedin

yape home

Che fare se incontri per strada un droide a guida autonoma? 

Forse avete sentito parlare di YAPE, il drone di terra a guida autonoma creato per le consegne “dell’ultimo miglio”. È pensato per trasportare piccoli pacchi, fino a 10 kg, tra marciapiedi, passanti, veicoli, rotaie, sanpietrini, pavé e semafori, affrontando gli imprevisti della giungla metropolitana nel minor tempo possibile e con la massima efficienza energetica, ad una velocità di 6 km/h. A concepirlo è stato un team di ricercatori del Politecnico di Milano all’interno del gruppo di ricerca MOVE, uno dei maggiori gruppi di ricerca al mondo nel campo della guida autonoma, che l’ha sviluppato e realizzato in collaborazione con la fabbrica di imprese e-Novia (ne abbiamo parlato sul MAP #7).  

La novità è che quest’estate è iniziata la sperimentazione in ambiente urbano: per i prossimi mesi, 10 esemplari di YAPE si aggireranno liberamente (o quasi) all’interno di UpTown, il nuovo distretto residenziale high-tech nel quartiere di Cascina Merlata a Milano. “Stiamo lavorando alla costruzione di quell’ecosistema collaborativo e iper-connesso che oggi caratterizza le moderne Smart City”, ha dichiarato Vincenzo Russi, Alumnus, CEO di e-Novia e Presidente di YAPE, “a cominciare dalla possibilità di offrire veicoli innovativi per la mobilitazione di merci. Progetto che in Italia, ma anche in Europa, deve tenere conto della particolare configurazione delle città, molto diverse, per esempio, da quelle americane. Il nostro drone autonomo è pensato proprio per potersi muovere dai vicoli medievali fino alle complesse topologie delle città italiane ed europee, abilitando una delivery veramente sostenibile”. 

Ne abbiamo parlato anche con Enrico Silani, Alumnus, Chief of Entrepreneur di e-Novia e Managing Director della neonata YAPE S.R.L.: è lui che ha preso in mano le redini dallo sviluppo del prototipo alla creazione dell’azienda. “L’autorizzazione alla sperimentazione di YAPE”, ci spiega “è il risultato della collaborazione tra il Dipartimento per la trasformazione digitale, il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili e il Comune di Milano, nell’ambito di Sperimentazione Italia, la sandbox normativa che consente a startup, imprese, università e centri di ricerca di sperimentare progetti innovativi attraverso una deroga temporanea alle norme vigenti”. 

#1: SE VUOI COMPRARNE UNO PER CASA… 

Ci chiediamo prima di tutto a chi sia rivolto il drone YAPE: è pensato per essere venduto anche ai privati? “Non ci siamo dati un limite, ma la risposta più corretta è no: YAPE è pensato per far parte del sistema logistico, anche per un motivo di costo. In genere, i costi nell’ambito dell’elettronica digitale seguono una curva che vede riduzioni significative legate alla potenza di calcolo dei sistemi. Nell’ultimo anno però questo trend si è modificato e i costi si sono moltiplicati a parità di prestazioni. Quindi siamo in una situazione in cui è impossibile fare previsioni”.

Anche il costo delle materie prime, per non parlare dell’elettronica, varia di settimana in settimana. Come si orienta un’analisi di mercato, una strategia o anche semplicemente un preventivo per un potenziale cliente, in una situazione di questo tipo? “I preventivi variano in funzione di operazioni commerciali, ormai vale per tutti i venditori, dal concessionario ai provider di servizi. Il prezzo lo fa il venditore, in funzione dei tempi che il cliente è disposo ad attendere. Si va caso per caso e, se il cliente ha stabilito con noi un contratto che definisce un prezzo, noi lo dobbiamo gestire anche se le condizioni cambiano. Qualche volta capita che il prezzo concordato sia al di sotto del costo di produzione e in quel caso apriamo una negoziazione con il cliente, per capire se sia disposto a mediare. Che è un po’ quello che si fa anche con i nostri fornitori.

È un problema molto complesso di ingegneria gestionale che ci porta fino al punto di rivedere le architetture hardware e software dei nostri sistemi, individuando alcuni componenti che sono più disponibili di altri sul mercato in modo da poter rimodulare tutto in base alla necessità. Questo ci permette di tenere sotto controllo il prezzo del prodotto”.  

yape
Credits: courtesy of YAPE

#2: IN CASO DI SINISTRO, IL DRONE HA RAGIONE? 

O, in altre parole, chi gli dà la patente? “La patente non gli serve: prima di tutto, perché ha una cilindrata inferiore ai 50 cc. YAPE ancora non è classificato dal codice della strada, ma concettualmente oggetti di questo tipo sono a metà tra un pedone, nel senso che del pedone ereditano le regole di circolazione, e mezzi come le carrozzine elettriche (per quanto riguarda ingombri e potenze). E poi non c’è un umano che lo guida, ma un’intelligenza artificiale. Sarà la sperimentazione tecnica a raccogliere i dati per capire se YAPE è in grado di circolare in sicurezza in un’area pubblica.”.

Ma cosa succede, per esempio, se YAPE passa col rosso? Anche qui, la domanda è troppo umana: è molto difficile che un’intelligenza artificiale commetta un’infrazione così banale, perché è dotata di sensori e algoritmi che possono gestire un gran numero di situazioni prevedibili come questa.  

#3: DEVO TENERGLI APERTE LE PORTE DELL’ASCENSORE? 

Diverso invece è chiedersi come il drone si comporti con i diversi terreni e ostacoli: per esempio, prende l’ascensore o le scale?

“Non pensiamo agli ascensori di vecchia generazione, per la maggior parte in circolo oggi, che richiederebbero a YAPE di avere un braccio estraibile per pigiare bottoni collocati ad altezza uomo (ricordiamo che YAPE è alto circa mezzo metro). È invece pensato per interagire con sistemi in grado di scambiarsi messaggi, come smart building e sistemi IoT, per esempio potrebbe chiamare l’ascensore via Bluetooth.

Salire le scale e premere dei pulsanti si può certamente fare, dal punto di vista tecnico, ma aggiunge livelli di complessità che rischiano di compromettere la convenienza economica di YAPE. È tutta una questione di rapporto tra costi e benefici. Il quartiere di Cascina Merlata è di nuova generazione e è in sé una sperimentazione di smart city, quindi per YAPE diventa più semplice”. 

yape
Credits: courtesy of YAPE

#4: SI ASPETTA CHE GLI DIA IL BUONGIORNO?  

Cosa succede se YAPE viene colpito da una palla perché ci sono bimbi che giocano in cortile? O se incontra una persona a ridotta mobilità? Come sono le prime interazioni con pedoni e altri utenti della strada? “Distinguiamo tra interazioni naturali con persone o oggetti, come automobilisti e motociclisti, da quelli che sono tentativi di incursione di sicurezza o vandalismo. L’interazione naturale è una delle cose più studiate e abbiamo anche un progetto di ricerca con il Politecnico per la modellizzazione dei comportamenti dei pedoni di fronte a ostacoli che si muovono rispetto a ostacoli passivi. Il risultato principale che stiamo rilevando è che YAPE viene accolto molto positivamente: è una novità e quindi genera curiosità.

Poi c’è il tema del design: YAPE è stato disegnato in modo da avere connotati amichevoli e empatici. Torniamo al caso dell’ascensore. È un problema che ci poniamo anche con i nostri “fellow humans”: come mi devo comportare con chi mi sta intorno? Si aspetta che io parli? Devo stare zitto? Tant’è che stiamo implementando il sistema di interazione vocale perché YAPE possa dare informazioni cadenziate su quello che sta facendo”.  

REGOLA #5: E SE C’È UN IMPREVISTO? 

Cosa succede se qualcuno lo aggredisce? “YAPE è dotato di una serie di algoritmi per rilevare sollevamento da terra, tentativi di scasso, intrusione, manomissione e urti. Ha un track GPS e è in contatto continuo con una control room, che consente agli operatori di ricevere segnali d’allarme, controllare lo stato di telemetria e avere accesso a una parte di comando da remoto. Ma anche qui non parliamo veramente di “imprevisti”.

È, piuttosto, una questione di risk assesment, riguarda il rapporto rischi/benefici. È chiaro che non ci si può proteggere da tutto: tecnicamente tutto è fattibile, ma costruire un dispositivo con i sistemi antintrusione di un bancomat per consegnare un pacco di piccole dimensioni non è conveniente. Non ci pensiamo, ma lo stesso vale quando a eseguire delle operazioni sono gli esseri umani. Vediamo quotidianamente situazioni in cui il corriere che ci consegna i pacchi lascia il furgone aperto o la bicicletta incustodita per salire a farsi firmare l’avvenuta consegna, assumendosi un margine di rischio e lasciando i beni incustoditi per un breve tempo.

Quando parliamo di temi legati alla sicurezza, avere a che fare con una macchina ci porta a farci delle domande che ignoriamo nel caso di procedure che invece prevedono l’intervento umano, anche se in realtà sono pertinenti. Quando demandiamo la responsabilità a un computer, istintivamente ci poniamo domande che invece, nel caso di operatori umani, gli utilizzatori non si pongono più”.  

Leggi anche: YAPE, il robot a guida autonoma made in Politecnico