“Io sono sempre qui, ma non mi laureo mai” 

Abbiamo incontrato Angelo Corbetta, l’uomo in papillon che dal bancone dello storico HARP PUB ha visto passare generazioni di studenti

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Il Corbetta solleva lo sguardo verso l’alto e guarda il padre che veglia sopra di lui, nella foto incorniciata sulla parete dell’Harp Pub, piazza Leonardo da Vinci al numero 20. Il locale ha aperto nel 1976, e quell’epoca, qui dentro, non è mai passata. 

“La clientela qui ha sempre la stessa età”, racconta Angelo, “Va dai diciotto anni delle matricole ai venticinque anni dei laureandi. Finisce un ciclo e ne inizia un altro”. C’è una linea di confine immaginaria fra i tavoli e il bancone. Ai tavoli ci sono gli studenti, il bancone è il territorio di chi ha sessant’anni, ex studenti, professori. 

Luigi Dadda, ingegnere a cui si deve l’arrivo dell’informatica in Italia, è stato testimone di nozze del Corbetta e di sua moglie Pina. E i nomi e i ricordi di chi ha frequentato questo posto si accavallano: luminari con la testa fra le nuvole che dopo aver mangiato il panino chiedevano: “Ma ho già mangiato il panino?”, oppure il ragazzo con i più begli occhi di Città Studi, secondo la definizione data da Pina.  

“Una volta c’era una tenda a dividere lo spazio fra il pub e la sala sottostante – dice il Corbetta – Un giorno vidi alcuni studenti che, camminando a passi felpati s’intrufolavano dietro la tenda. Poi scoprii che il professor Vittoriano Viganò gli aveva assegnato come esercitazione la ristrutturazione del pub”.  

La premiazione dei progetti naturalmente fu organizzata al pub, qualcuno degli studenti aveva immaginato di trasformare in un grande blocco d’acciaio suddiviso su due piani. Invece da allora nulla è cambiato.  

“E nulla deve cambiare”, precisa il Corbetta che aggiunge, “Ogni tanto entra qualcuno, si guarda intorno e lo dice: «Non è cambiato niente». Ieri per esempio è passato un ex studente, non tornava qui da quarant’anni. L’ho riconosciuto, si è commosso e ha chiamato la moglie per dirglielo: «Mi hanno riconosciuto al pub».  

Qualcun altro entra e, come in un Ritorno al futuro, ordina panini che sono fuori menù da vent’anni: il Cosacco, la Vecchia Vienna, che aveva l’ingrediente segreto di una fettina d’arancia, il Gourmandise, sparito dopo che questo formaggio francese era diventato introvabile. Oggi a fare i panini in cucina, e dietro il bancone a spillare birra e a fare cocktail, ci sono i due figli del Corbetta, Riccardo e Francesco. Lui invece, seduto alla cassa, in camicia e papillon, occhiali da vista sopra i capelli bianchi, dice: “Io sono sempre qui. Ma non mi laureo mai”. 

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