Il Poli apre un nuovo capitolo che porta negli Stati Uniti

Nasce in questi giorni FPM.US, la Fondazione Politecnico di Milano negli USA, Fellows of Politecnico di Milano USA, una Fondazione di diritto americano con lo status di 501(C)3: per consolidare la rete politecnica negli Stati Uniti sulla base del lavoro portato avanti da diversi anni dal Chapter Alumni Polimi North America.


“È un’iniziativa che aggiunge forza alla nostra strategia di internazionalizzazione” secondo il prof. Andrea Sianesi (Alumnus e presidente di Fondazione Politecnico di Milano), che ci spiega come questo nuovo strumento si inserisca nel piano strategico dell’Ateneo.
“L’obiettivo è quello di potenziare la rete politecnica in Nord America, a supporto delle missioni dell’Ateneo (formazione, ricerca e impatto sociale), appoggiandoci a uno dei nostri maggiori asset: gli Alumni”.


Sono infatti circa 2000 gli Alumni del Politecnico che risiedono e lavorano negli stati Uniti. “FPM.US servirà a facilitare le collaborazioni con istituzioni e aziende radicate nel contesto americano, che segue dinamiche diverse da quelle italiane e per questo necessita di uno strumento specifico”.
La roadmap per consolidare questa rete segue 3 direzioni, ci spiega Sianesi: prima di tutto FPM.US è una charity, uno strumento di fundraising che ci permetterà di replicare in USA le raccolte fondi che l’Ateneo già promuove in Italia (come quelle dedicate alle borse di studio, a progetti didattici speciali, a progetti di ricerca specifici), garantendo ai donatori i benefici fiscali tipici di questa forma amministrativa. L’obiettivo è anche finanziare progetti specifici per il territorio, come per esempio borse per periodo di studio, stage e ricerca negli Stati Uniti.


“Una seconda linea d’azione va nella direzione di potenziare la cooperazione bilaterale tra Italia e Stati Uniti per la ricerca scientifica”: sul fronte accademico, significa la possibilità di sviluppare progetti di ricerca congiunti con centri di ricerca di eccellenza e accedere a fondi NSF per la ricerca accademica. Significa anche portare nel circuito Politecnico, aziende con le quali collaborare a livello di JRC (Joint Research Center, scopri di più sui JRC su MAP 10), fondi di venture capital e nuove opportunità per il trasferimento tecnologico.
“Una terza fase ci vedrà impegnati in collaborazioni per supporto al placement e all’education, per offrire ai nostri laureati nuovi sbocchi professionali e un solido network di Alumni a cui far riferimento. Stiamo impostando questa sfida come il beta test di una strategia che potrà essere replicata in altri contesti nel mondo”.


Presidente è Mauro Porcini, notable Alumnus, fanno parte del board FPM.US il rettore del Politecnico di Milano Ferruccio Resta, il Presidente di Fondazione Politecnico di Milano Andrea Sianesi, il Presidente di Alumni Politecnico di Milano Enrico Zio, il Direttore Generale di Fondazione Politecnico di Milano Eugenio Gatti e il prof. Luigi De Nardo, insieme agli Alumni negli Stati Uniti: Alessandra Carriero, Paolo Ciuccarelli, Annalisa Conti, Sebastiano Peluso, Alberto Sangiovanni Vincentelli, Patrizio Sbaragli, Corrado Toxiri.

Ci sono oltre 15 mila Alumni che risiedono e svolgono le proprie attività fuori dall’Italia, e di questi, circa 2000 sono negli Stati Uniti. Sono gli ambasciatori della cultura politecnica nel mondo. FPM.US offre l’opportunità agli Alumni oltre oceano di contribuire in modo diretto allo sviluppo futuro del Politecnico di Milano, sui fronti dell’internazionalizzazione, dell’innovazione didattica, del trasferimento tecnologico, della ricerca, del brand Politecnico e del sostegno economico a progetti e borse di studio. 

Enrico Zio, Presidente di Alumni Politecnico di Milano

aula natta home

Aula Natta: un pezzo di storia politecnica

Si entra come di nascosto nella C.I.1 nell’Edificio 6, ovvero l’Aula “Giulio Natta” nel Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “Giulio Natta”, un composto organico di legno, ardesia e storia politecnica.  

Da una piccola porta ci si trova al cospetto di una grande platea: tredici ripide file di grandi e solidi banchi in legno, una parete di lavagne quasi al soffitto, salgono e scendono e si moltiplicano, ma dopo anni e anni di lezione tengono traccia sempre e solo dell’ultima lezione svolta, in un ciclo di rinascita che ricorda i cicli degli studenti, generazioni di padri, figli e nipoti che hanno studiato qui. Le finestre sono quasi completamente schermate da spesse tende, come se la luce del sole di Città Studi potesse rubare qualcosa dello spirito del tempo. La cattedra, nello stesso legno rossastro dei banchi, è quella da cui insegnò Chimica Industriale Giulio Natta, dal 1938 al 1973, mentre nei laboratori qui attorno sperimentava e scopriva la sintesi stereospecifica del polipropilene. 

giulio natta
Credits: sussidiario.net

Un’aula così grande in ogni elemento sembra essere stata costruita per studenti giganti. Quando entrano in visita, gli Alumni si fanno però piccoli, esitano circospetti sulla soglia, mentre le mogli, i mariti e i figli esplorano e si inerpicano lungo le scale, fino alla vetta, la finestra da cui si vede un albero ed il mondo intorno. I familiari vagano e gli ex studenti restano fermi nel ricordo di quello che è stato: qualcuno controlla negli angoli come quando si torna da una lunga vacanza, cercando un particolare fuori posto e trovando tutto nel solito ordine, altri cercano dei compagni di ricordo. Uno fa un giro rapido, riappropriandosi di uno spazio abbandonato, esce e con lo smartphone chiama subito un amico, gli racconta stupito di come “nulla sia cambiato nella Natta, mentre il Politecnico è tutta un’altra cosa, una cosa nuova”. 

aula natta

Inizia un elenco interminabile di corsi seguiti, “sembrano solo nomi ora – dice un Alumnus – ma al tempo erano lezioni, ore passate qui”: Chimica, Scienze delle Costruzioni, Teoria dell’Informazione e della Trasmissione. Ciascuno ricorda un mitico corso di un mitico anno, il proprio. Se si usassero i banchi come una carta-carbone si potrebbero ricalcare decine di migliaia di calligrafie, milioni di fogli di appunti, miliardi di formule. Un padre mostra al figlio le lavagne. Alcuni si riconoscono negli occhiali che portano, mostrandoseli reciprocamente:

“prima di cominciare i corsi in queste aule non avevamo gli occhiali, qui abbiamo lasciato qualche diottria per prendere appunti dalle file più lontane, intravedendo numeri a distanza”.

I figli si appoggiano sui banchi a cui i genitori arrivavano trafelati da casa nelle mattine della loro giovinezza, lasciavano sciarpe, cappelli, guanti e qualsiasi altro indumento per tenere un posto prezioso in prima fila. Per una volta gli Alumni sempre in anticipo incontrano i compagni di corso sempre in ritardo, quelli che arrivavano a lezione iniziata e per evitare lo sguardo dell’insegnante e della platea restavano fuori. 

Un ingegnere elettrotecnico della classe ’87 racconta del corso più bello della storia: Meccanica Razionale tenuto da Amalia Ercoli-Finzi, il primo ingegnere aeronautico donna d’Italia, la “signora delle comete”. Esattamente allo scoccare dell’ora, senza quarto d’ora accademico, Amalia Finzi entrava, salutava e cominciava a scrivere le note dalla lavagna in basso a sinistra, spiegando con una voce limpida e pulita che saliva verso tutta la platea, come se parlasse e spiegasse a ciascuno dei duecento studenti, guidando i giovani nei segreti dei sistemi meccanici. Quando suonava la campana la professoressa fermava il gessetto, le ultime formule stavano nell’ultima lavagna in alto a destra. Ogni giorno una parete di formule, per una stagione, finché una delle ultime ore di uno degli ultimi giorni, dalla quattordicesima fila di panche, si rompe l’incantesimo: uno studente si alza e lancia un aeroplanino di carta, il primo del corso. La prima aeronautica d’Italia vede la planata e il rovinoso atterraggio e con uno sguardo indulgente perdona il lanciatore, non si sa se per il gesto goliardico o per gli errori costruttivi. Il corso è finito senza altri aeroplanini, quarant’anni dopo Amalia Ercoli-Finzi ha festeggiato al Politecnico i suoi 80 anni, il lanciatore forse gira nella Natta cercando il suo banco, la sua sciarpa, i suoi appunti. 

Il MAP è una delle tante iniziative creata da Alumni Politecnico di Milano. Se ti piacciono questa e le altre attività gratuite per tutti i laureati, puoi sostenerle con una donazione.

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In uscita il 10° numero di MAP, la rivista degli Alumni 

Torna il MAP, la rivista dedicata agli architetti, designer e ingegneri del Politecnico di Milano con un numero importante, il 10°, pietra miliare che consolida questo bel progetto editoriale costruito con il sostegno economico dei soci

Per celebrare questo traguardo abbiamo ripensato la rivista dandole una nuova veste grafica all’insegna della sostenibilità. Anche i contenuti hanno un nuovo taglio, da cui possiamo leggere, in modo ancora più chiaro, l’importanza degli Alumni che contribuiscono in modo sostanziale allo sviluppo del Politecnico e allo svolgimento delle sue importanti missioni: la didattica, la ricerca e la responsabilità sociale. 

Il MAP è una delle tante iniziative creata da Alumni Politecnico di Milano. Se vuoi ricevere a casa due numeri della rivista in formato cartaceo, puoi sostenere il progetto con una donazione.

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Al via la collaborazione per gli occhiali del futuro

EssilorLuxottica e il Politecnico di Milano danno vita al primo EssilorLuxottica Smart Eyewear Lab, il centro di ricerca congiunto per progettare gli occhiali intelligenti del futuro.

L’accordo prevede un investimento di oltre 50 milioni di euro. È stato annunciato alla presenza del Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale Vittorio Colao, del Sindaco di Milano Giuseppe Sala, dell’Assessore all’Istruzione, Università, Ricerca, Innovazione e Semplificazione della Regione Lombardia Fabrizio Sala, del Rettore del Politecnico di Milano Ferruccio Resta, e del Presidente e Amministratore Delegato di EssilorLuxottica Francesco Milleri.

Il progetto abbraccia ricerca industriale e sviluppo sperimentale di dispositivi alla base di una nuova generazione di wearable in grado di connettersi alla rete in modo completamente autonomo. Un progetto concreto e innovativo che permetterà di sviluppare tecnologie e servizi utilizzando un’interfaccia ampiamente diffusa e di uso comune come gli occhiali.

L’EssilorLuxottica Smart Eyewear Lab avrà una durata iniziale di cinque anni e impiegherà a regime oltre 100 tra ricercatori e scienziati che lavoreranno a stretto contatto tra loro in uno spazio dedicato all’interno dell’Innovation District, che il Politecnico di Milano sta sviluppando nel Parco dei Gasometri, nell’area di Bovisa a Milano. In questo modo l’Ateneo punta ad abbattere la distanza fra Università e imprese, con la creazione di un ambiente di ricerca fortemente internazionale che favorisca sinergie e trasversalità.

Credits: Polimi

La sfida principale del progetto sarà la definizione di tecnologie di base dal punto di vista hardware, software e di applicazione per permettere alla persona di interagire con il mondo digitale. I primi obiettivi riguardano lo studio e lo sviluppo di componenti elettronici, fotonici e di algoritmi che permettano di acquisire, elaborare e presentare all’utente tutte le informazioni nel mondo reale attraverso la realtà aumentata. Lo sviluppo di queste tematiche hardware e software permetterà di integrare la tecnologia all’interno di vari prototipi di occhiali, tramite lo sviluppo di materiali, sistemi di ricarica e algoritmi per validarne le prestazioni in ambienti reali.

L’EssilorLuxottica Smart Eyewear Lab di Milano lavorerà in rete con una struttura di ricerca e sviluppo del Gruppo già attiva e diffusa in tutto il mondo, che conta più di 30 R&D center dedicati a vision care, eyewear design, sostenibilità e trasformazione digitale, circa mille ricercatori e più di 11.000 brevetti.

EssilorLuxottica e il Politecnico puntano, inoltre, a realizzare insieme un percorso di studi ad hoc con un indirizzo specialistico nell’ambito del wearable e degli smart eyewear, alimentando in modo virtuoso le attività di ricerca della nuova struttura. L’intento è quello di attrarre giovani talenti – studenti, dottorandi, ricercatori e personale docente a livello internazionale – che mettano a disposizione le proprie energie in questo progetto innovativo, per formare nuove risorse in grado di rispondere alle richieste del mercato del lavoro attuale e futuro.

L’accordo con EssilorLuxottica è una pietra miliare nello sviluppo dell’area della Goccia di Bovisa, per diversi motivi. Il primo è certamente quello di avere al fianco del Politecnico di Milano un’eccellenza riconosciuta a livello internazionale, un’azienda italiana che è sinonimo di innovazione, che è un grande catalizzatore per altre realtà imprenditoriali e di ricerca all’interno del distretto di innovazione che sta prendendo forma nell’area dei Gasometri.

Il secondo è legato al terreno sul quale opereremo: il metaverso, di cui oggi riusciamo solo ad intuirne le possibilità, è un ambito di studio e di sperimentazione complesso, che chiama in causa ambiti tecnologici sviluppati all’interno dell’ateneo: dall’elettronica, alla fotonica, al data science. Apre prospettive inedite che non si limitano alla sola innovazione tecnologica o allo sviluppo di nuovi prodotti, ma che ridisegnano interi processi, servizi e relazioni. Su queste basi opererà il Joint Research Platform nei prossimi cinque anni.

Ferruccio Resta, Rettore del Politecnico di Milano

Immagini da Politecnico di Milano

De Chirico home

C’è un De Chirico in biblioteca

Oltrepassati i tornelli automatici della Biblioteca del Campus Leonardo e proseguendo dritto, poco prima delle porte a vetro che separano l’ingresso dallo studio intenso, la coda dell’occhio destro può registrare una visione: c’è lì sulla parete un oblò, lanciando lo sguardo oltre questo si può avvistare un quadro.

È appeso al di là del muro, in una piccola camera dedicata. Custodito all’interno di una teca di vetro c’è “Ettore e Andromaca”, un olio su tela di 82×56 cm. Sulla tela, in basso a destra c’è la firma: Giorgio De Chirico, 1917. «Ogni tanto qualche studente ci chiede se è vero», dicono alla reception della biblioteca. E la risposta è affermativa, è un De Chirico originale.

De Chirico

Federico Bucci, Delegato del rettore alle Politiche Culturali e prorettore del Polo di Mantova del Politecnico di Milano, ne spiega la provenienza:

«L’opera arriva da un donatore che ha chiesto di rimanere anonimo. Ha voluto privarsene ad una condizione: che il dipinto fosse espressamente usufruito dagli studenti. Così abbiamo deciso di posizionarlo in un uno dei luoghi di passaggio del Campus, e in un luogo di passaggio del pensiero. L’abbiamo inserito in uno spazio particolare, c’è l’oblò che incuriosisce, si accede allo spazio e c’è una panca su cui sedere per godere appieno dell’opera. Volevamo che davanti a questo quadro si provasse la stessa tranquillità, e ci si ritrovasse nella stessa situazione, di quando si è seduti in biblioteca davanti ad un libro, ad approfondire la materia».

Il quadro raffigura i versi dell’Iliade in cui Andromaca supplica Ettore di non uscire dalle mura di Troia per affrontare in battaglia Achille. Scrive in quei versi Omero: Strignendolo, e per nome in dolce suono Chiamandolo, proruppe: Oh troppo ardito! Il tuo valor ti perderà: nessuna Pietà del figlio nè di me tu senti […] Ch’altro mi resta che perpetuo pianto?.

De Chirico

A pochi passi da questa immagine, nella Sala Guernica c’è la riproduzione del Guernica di Picasso, realizzata nel 1973 dal Movimento Studentesco. Bucci rievoca quel periodo:

«Erano anni in cui l’impegno ideologico degli studenti li portava a replicare un’opera, ancora attuale, contro la guerra. Riprodurre quell’opera di Picasso avevo un preciso significato: qui si studia, si lavora su un dato tema ma poi si alza lo sguardo e si riflette sul futuro della società, su una meta di pace. Aver posizionato questo De Chirico oggi  ha la stessa valenza».

Federico bucci
Federico Bucci

Poi si addentra nella descrizione della scena, «è un quadro di ambientazione architettonica, a partire dalla prospettiva centrale del pavimento, che presenta lo stesso cromatismo dei due manichini. I personaggi sono due oggetti sartoriali, che non possono abbracciarsi, a indicarci così che l’uomo contemporaneo ha bisogno di cuore, spirito, umanità. E ci ricorda che mentre sono qui e studio analisi matematica o scienze delle costruzioni, mentre progetto il futuro – perché è questo ciò che facciamo noi al Poli, gettiamo avanti delle cose per il futuro – ecco, sono richiamato all’umanità. È un modo per riflettere che, certo, diventerai architetto, ingegnere, designer, magari ambisci a essere un Nobel della chimica, ma l’importante è rimanere se stessi. Mettere dunque un artista qui corrisponde all’aver affisso un messaggio di avanguardia, per comunicare che sì, abbiamo la professione, ma non dimentichiamoci che siamo persone».

 «UN’OPERA D’ARTE IN BIBLIOTECA CI RICORDA CHE MENTRE STUDIAMO PER PROGETTARE FUTURI SIAMO CHIAMATI ALL’UMANITÀ»

Andrea, studente di Ingegneria Elettronica, si ferma davanti al dipinto e commenta: «Trovarsi in un luogo di conoscenza, circondato da icone, mi stimola a studiare. È come sentirsi in un museo ma in qualche modo aperto solo per te». Gianluca, studente di Ingegneria Meccanica aggiunge: «Avere un’opera d’arte come questa dà personalità alla biblioteca. I personaggi sembrano possibili studi di aerodinamica applicati all’uomo». Beatrice, studentessa di Ingegneria Gestionale, che ha scelto fra i corsi  opzionali quello di Storia dell’arte contemporanea, dice: «In un ambiente di menti tecniche vedo l’arte come una forma di libertà, una ricchezza in più, una nota che ci suggerisce che qui possiamo usare l’immaginazione. Il fatto poi che il dipinto sia quasi da scoprire dietro questo oblò racconta il senso del ricercare le cose e mi fa pensare che il Poli è un luogo legato anche all’arte».

Guernica
Credits: Polimi

Nel catalogo della Biblioteca Campus Leonardo ci sono alcuni titoli dedicati proprio a De Chirico, come il libro dello storico dell’arte Vincenzo Trione, “Giorgio De Chirico. Le città del silenzio: architettura, memoria, profezia” (Skira editore). Uno studente ha lasciato il segno sottolineando a matita alcuni passaggi: “ciò che lo interessa non è la solida realtà, ma la teatralità dello spazio. Compie riprese e abbandoni, in un gioco tra omaggi letterali e camuffamenti. Si basa sempre su cifre vere, che in seguito modifica, fino a renderle quasi irriconoscibile, echi di un mondo aurorale”.

Pensando agli studenti, Federico Bucci osserva che «negli anni ’20 del ‘900 uno studente del Politecnico conosceva la pittura metafisica, probabilmente si era ritrovato a sua volta davanti a questo quadro. È importante che ci siano un recupero e uno scambio tra le giovani generazioni di allora e quelle contemporanee. In biblioteca abbiamo affisso anche dei disegni d’archivio, realizzati dagli studenti fra l’800 e il ‘900, proprio perché stiamo pensando ad una raccolta d’arte che sia in grado di interagire con le nostre memorie».

Intanto una ragazza, subito dopo essere passata dai tornelli d’ingresso della biblioteca, rallenta il passo. Prima di accedere all’aula studio, per un attimo, si affaccia incuriosita all’oblò.

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Polimi Open Knowledge: formazione continua made in Politecnico

Laurearsi non basta più: la formazione continua (o life long learning) è ormai la normalità per la maggior parte dei professionisti. “Il Politecnico mette a disposizione da molto tempo percorsi di formazione continua e post laurea, soprattutto tramite i suoi consorzi e dipartimenti, che offrono corsi professionalizzanti, master e formazione aziendale”, spiega il prof. Federico Caniato, delegato del rettore alla formazione continua. “Negli ultimi anni però è emersa anche l’esigenza di un nuovo tipo di formazione, online, autogestita ma affidabile, fruibile nei ritagli di tempo con un ritmo personalizzato, che si collega anche al tema della formazione gratuita”.

La risposta dell’Ateneo è Polimi Open Knowledge, piattaforma che raccoglie video-lezioni modulari progettate ad hoc dai docenti del Politecnico e corredate da materiali di studio e test di valutazione. Questo tipo di formazione è sempre più diffusa in tutto il mondo con il nome di MOOC, massive open online courses. La piattaforma del Poli contiene decine di MOOC dedicati ai professionisti; in particolare agli Alumni interessati ad approfondire o rispolverare temi trasversali quali soft skills, intelligenza artificiale, tecnologie sostenibili, ma anche conoscenze di base come il project management professionale. “Possono essere seguiti online gratuitamente e in autonomia, in ottica di democratizzazione della conoscenza”.

FORMAZIONE EUROPEA

Il Poli sta lanciando anche un nuovo progetto didattico post laurea in collaborazione con altre 4 università tecniche d’eccellenza: ETH, Aachen, Delft e Chalmers. “Con questi partner europei esiste da molti anni un’alleanza chiamata IDEA League, che si declina in tante iniziative di ricerca, didattica e responsabilità sociale. Anche il progetto di Life Long Learning va in questa direzione. Gli Alumni potranno accedere a percorsi formativi online, strutturati con il supporto di un supervisor e contenuti tecnici forniti da tutti e 5 gli atenei”. Il percorso dura circa un anno e ha un costo di 5 mila euro. Si conclude con una settimana in presenza (la prima edizione si terrà tra Zurigo e Milano) insieme a professionisti di diversi paesi europei, che incontreranno i docenti e svilupperanno un capstone project di chiusura del corso.

Insomma: se pensavi di aver chiuso i libri una volta per tutte, è tempo di ripensarci.

Credits home/header: https://www.pok4professionals.polimi.it/

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Record di occupazione per i laureati del Politecnico di Milano

Non si ferma il trend di crescita occupazionale dei laureati del Politecnico di Milano. Sale di 2 punti la percentuale di occupazione dei laureati magistrali italiani, il 98% lavora infatti già a un anno dal titolo, quasi totale l’occupazione degli ingegneri (che passano dal 98 al 99%), ma anche degli architetti e dei designer (rispettivamente dal 93 al 97% i primi; dall’88 al 94% i secondi) e si confermano al 99% gli occupati a 5 anni.

Sono i dati che emergono dall’indagine occupazionale resa nota dal Politecnico di Milano, realizzata con un doppio riferimento temporale, ovvero a un anno e a cinque anni dal titolo di studio.
La quasi totalità dei laureati (91%) svolge un lavoro coerente con il titolo di studio conseguito, e un terzo degli intervistati lo ottiene già prima della laurea, merito di uno sguardo attento alle dinamiche esterne e di una formazione al passo con le esigenze del mercato.
In deciso aumento anche il contratto di lavoro a tempo indeterminato, lo ottengono il 60% a un anno dal titolo, il 90% a 5 anni.

Il 90% dopo 5 anni è occupato nel settore privato e il 54% lavora in una PMI anche se sono in crescita i contratti con le grandi multinazionali, il principale mercato di sbocco resta l’Italia (83%).

Nonostante in Italia gli stipendi rimangano sostanzialmente invariati, un laureato magistrale del Politecnico di Milano vede crescere il proprio stipendio a 5 anni dalla laurea fino a un valore medio di € 2.187 con un incremento, rispetto alla retribuzione da neolaureato, di circa 700 euro netti al mese in busta paga, una crescita che va di pari passo con la carriera professionale e l’assunzione di ruoli di responsabilità.

Balzo in avanti nel mondo lavorativo (+7%) anche per i laureati magistrali stranieri formati nelle aule del Politecnico, passati dall’82 all’89% a un anno dalla laurea, percentuale che sale al 95% dopo cinque anni. Si ritengono soddisfatti dell’Ateneo e del titolo di studio perché coerente con il lavoro svolto, ma meno del 50% resta a lavorare nel nostro Paese.

In crescita (+5%) anche l’occupazione dei laureati triennali, il 92% di loro è occupato a un anno dal titolo, nonostante una leggera flessione in termini di compensi, indice che l’investimento in formazione tendenzialmente ripaga.

“Occupazione record per i nostri laureati. È questo il merito di una formazione al passo con le aspettative del settore privato, principale bacino d’utenza per i nostri neo laureati, così come del settore pubblico, dove si concentreranno gli sforzi maggiori nei prossimi anni per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. – commenta Ferruccio Resta, Rettore del Politecnico di Milano – I dati raccolti riconfermano inoltre, in controtendenza rispetto alla situazione nazionale, quella che è una delle caratteristiche del Politecnico di Milano: la coerenza tra il titolo di studio conseguito dai nostri laureati e l’impiego assunto. Ultimo, ma non meno importante, è il dato che riguarda gli studenti stranieri. Formati nelle nostre aule, solo la metà di loro lavora in Italia. Una rotta che sarebbe opportuno invertire, contribuendo così ad accrescere il potenziale di innovazione dei nostri territori e la definizione di politiche attive di lungo corso”.

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DIANA: studiare farmaci per il cervello con una piattaforma miniaturizzata

Il Politecnico di Milano ha sviluppato un innovativo dispositivo tecnologico, per utilizzo industriale, destinato allo studio di nuovi farmaci per il trattamento di patologie cerebrali come la malattia di Alzheimer o il morbo di Parkinson. È il principale risultato del progetto europeo DIANA (Organ-on-a-chip Drug screenIng device to tArget braiN diseAse), finanziato nel 2019 dal bando Proof-of Concept dell’ERC (Consiglio Europeo della Ricerca).

DIANA ha riunito università e aziende in un consorzio tra il Politecnico di Milano e la PMI innovativa Neuro-Zone srl, specializzata in attività di discovery a supporto dello sviluppo di farmaci nell’ambito delle malattie neurologiche e neurodegenerative. Il progetto è stato potenziato dal coinvolgimento di Diego Albani, ricercatore in neuroscienze dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano,  esperto di approcci farmacologici innovativi per le malattie neurodegenerative.

La piattaforma Chip4D Brain sviluppata da DIANA è basata su una tecnologia d’avanguardia nota come “organ-on-a-chip” che consente di riprodurre funzionalità complesse di organi su sistemi della dimensione di un vetrino da microscopio.

spiega Carmen Giordano, docente di Bioingegneria al Politecnico di Milano.

Si tratta di un ulteriore tassello verso lo sviluppo di modelli in vitro evoluti, che possono riprodurre alcune delle caratteristiche fondamentali dei sistemi biologici, come ad esempio la tridimensionalità o la presenza contemporanea di diversi tipi di cellule, proprio come nel nostro cervello, per valutare il potenziale di nuovi farmaci di attraversare la barriera ematoencefalica e raggiungere efficacemente il tessuto cerebrale.

La piattaforma miniaturizzata innovativa è in grado di integrare in un unico sistema in vitro la barriera emato-encefalica, che protegge il nostro cervello dall’aggressione di molecole ed agenti esterni, ed un modello di tessuto cerebrale.

Chip4D Brain ha permesso anche l’implementazione dei modelli cellulari di barriera ematoencefalica e cervello, già in uso presso Neuro-Zone, rendendoli più prossimi al profilo biologico di un paziente grazie all’uso di cellule staminali umane commerciali.

Carmen Giordano aggiunge:

In uno scenario internazionale dove le restrizioni o le valutazioni etiche verso l’uso di modelli animali anche nell’ambito delle neuroscienze sono molto articolate, sono sempre più urgenti i modelli in vitro predittivi ed avanzati.

La missione che DIANA ha affrontato è di forte attualità: nei prossimi decenni le patologie cerebrali come la malattia di Alzheimer o il morbo di Parkinson avranno un notevole incremento, ma sfortunatamente lo sviluppo di farmaci efficaci richiede un processo decennale, investimenti di miliardi di euro a fronte di un tasso di fallimento, che, per la sola malattia di Alzheimer, è prossimo al 95%.

Per saperne di più: Scheda del progetto DIANA
Il progetto Diana su CORDIS

Leggi anche: https://www.polimi.it/it/dettaglio-apertura/article/10/diana-studiare-farmaci-per-il-cervello-con-una-piattaforma-miniaturizzata-10421/

Credits header: Photo by Solen Feyissa on Unsplash

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STEM 4 Women: assegnata la borsa di studio del Gruppo 24 ORE

In Italia, nonostante le donne siano oltre la metà dei laureati (il 58,7% del totale nel 2020), solo 16 su 100 hanno un titolo in discipline STEM, contro 35 uomini (Istat, 2021): un gap importante se si considera che le carriere connesse agli ambiti scientifici sono quelle dei cosiddetti “lavori del futuro”, in grado di influire su innovazione, benessere sociale, crescita inclusiva e sviluppo sostenibile.

È dunque nella direzione del sostegno della presenza femminile in corsi di laurea Stem che si è mosso il Gruppo 24 ORE con la propria borsa di studio destinata a ragazze iscritte a ingegneria presso il Politecnico di Milano: inserito nella più ampia iniziativa del Politecnico “Girls@Polimi”, il bando “STEM 4 Women @Gruppo 24 ORE”, apertosi lo scorso 4 ottobre, si è concluso con l’assegnazione della borsa di studio a Valeria Pantè, studentessa di Ingegneria Informatica.

“Ringrazio infinitamente il Gruppo 24 ORE ed il Politecnico di Milano per questa meravigliosa iniziativa, che incentiva l’inclusione in ambito STEM e ne sottolinea l’importanza. In questo ambito di studi si fa ancora fatica ad avere una parità di genere in termini di iscritti, nonostante non esista alcuna barriera per superare questo ostacolo: uomini e donne hanno le stesse abilità e capacità. L’inclusività e la diversità sono elementi essenziali per avere punti di vista differenti e trovare soluzioni più efficaci.”

valeria pantè
Credits: Polimi

Questa borsa di studio si inserisce tra le iniziative – anche in sinergia con aziende e Alumni – del Politecnico che si propongono di favorire la presenza femminile nei corsi di studio di ingegneria in cui le donne sono al di sotto del 35%, come spiega il rettore Ferruccio Resta:

“La collaborazione con il Sole 24 Ore si inserisce in un percorso che il Politecnico di Milano ha tracciato con chiarezza tra le sue linee strategiche, quello di aumentare la presenza femminile all’interno di corsi di studio in cui le donne sono al di sotto del 35%. È fondamentale che la questione di genere sia condivisa dalle imprese in una sorta di passaggio del testimone tra l’aspetto formativo e la crescita professionale. I due devono andare a braccetto. Riconoscere e incentivare il talento è il primo passo in questa direzione.”

Puoi sostenere anche tu le borse di studio Girls@Polimi con una donazione a partire da 10 euro. Clicca qui.

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L’Appia antica vivrà per sempre con la tecnologia 4D del Politecnico

Il Parco Archeologico dell’Appia Antica è stato istituito nel 2016 e rappresenta l’area urbana tutelata più estesa d’Europa, con 4.500 ettari di paesaggio con aree archeologiche che si susseguono, costeggiando gli oltre 16 km della Via Appia Antica ‘Regina Viarum’. 

Da oggi il Parco non temerà più lo scorrere del tempo: grazie al lavoro effettuato con Politecnico di Milano è stato possibile creare un vasto progetto organico e sistematico di rilievo e di digitalizzazione del territorio, allo scopo di dare forma a un moderno Atlante geografico.

appia gicarus
Credits: Polimi

L’obiettivo è quello di creare un “living digital twin 4D”, cioè un gemello digitale vivo da accrescere e monitorare nel tempo, a disposizione di esperti, curatori e fruitori, che si occupano di restaurare e conservare l’area urbana sotto tutela più estesa d’Europa. 

“Un gemello digitale vivo (digital twin) – commenta Raffaella Brumana del laboratorio GIcarus ABCLab del Politecnico di Milano, che si è occupato del coordinamento – che si estende nel tempo passato e futuro a n-dimensioni, fatto da modelli informativi a supporto dei progetti e del monitoraggio conservativo, dei piani di vulnerabilità sismica, collegabile a sensori IOT wifi. Implementabile, aggiornabile e interrogabile, consente correlazioni sincroniche e diacroniche, aggiunge conoscenza via via che cresce. Ri-usabile per la divulgazione dei contenuti e la fruizione interattiva, immersiva e da remoto”.

ATLANTE GEOGRAFICO DIGITALE IN 4D: COME FUNZIONA?

L’Atlante a oggi comprende oltre 200.000 immagini e 20 Tera di dati e modelli, dove poter estrarre le informazioni correlate ai modelli tridimensionali nello spazio geografico del Parco.

Il rilievo di elevata precisione è stato condotto tramite laser scanner terrestri (TLS) e portatili (MMS – Mobile Mapping System), fotogrammetria terrestre e aerea, droni, camere sferiche e sensori multispettrali e ha permesso di ottenere un modello HBIM a 4 dimensioni (spazio e tempo) che, correlato a informazioni storiche, ai materiali e ai sensori di monitoraggio di dissesto e degrado, consente di comparare le tecniche costruttive succedutesi nei secoli.