Intervista a Fabio Violante, CEO di Arduino

WHAT NOW? Quale sarà la prossima rivoluzione tecnologica? In attesa della Convention 2022, gli Alumni riflettono sulle strategie per gestire un mercato imprevedibile

Abbiamo avuto anni turbolenti (a dir poco). Lungi dall’essere spaesati, gli Alumni del Poli cavalcano le onde di questa complessità: pianificando dove si può, preparandosi a repentini cambi di scenario e scommettendo (ma con cognizione di causa!) sul prossimo trend. E sulla tecnologia: dal deep tech all’IoT, dalla manifattura 4.0 alla piena automazione, dall’evoluzione dei servizi alla rivoluzione delle telecomunicazioni… “WHAT, NOW?” è una serie di interviste a Alumni in posizioni apicali nel panorama delle imprese, della cultura e della tecnologia, che si chiedono: cosa dobbiamo aspettarci, adesso?

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Fabio Violante è un Alumnus ingegneria informatica “con la passione per l’hardware” – leggiamo in una news del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano. Ricopre il ruolo di CEO in Arduino, piattaforma di prototipazione rapida open-source usata ogni giorno da milioni di designer, progettisti e aziende per dare vita in modo semplice e veloce a oggetti intelligenti e dispositivi digitali. Ed è dall’hardware e dall’open source che inizia a raccontare la sua visione di futuro: “una nuova generazione sta entrando nel mercato del lavoro. Ragazze e ragazzi interessate all’impatto che il loro lavoro ha sul mondo”.

Fabio Violante headshot

Impatto, chiediamo a Violante, nei termini in cui il lavoro di ciascuno contribuisce agli obiettivi di sostenibilità? “Stare attenti all’impatto significa essere consapevoli che il proprio lavoro è un pezzo del lavoro di qualcun altro, e questo è ancora più vero grazie alle tecnologie open source. C’è quindi il gusto personale un po’ edonistico di sapere che con il mio contributo costruisco un pezzo di software che potrà essere usato da altre migliaia di ingegneri per risolvere un certo problema. A un livello più alto, i giovani che vediamo sono interessati a capire come queste tecnologie possono aiutare a fronteggiare le sfide del pianeta, come il consumo di energia: sono entusiasti quando possono dire di aver lavorato a un sistema che permette alla tale azienda di risparmiare il 40% sui consumi di acqua o di energia e di abbattere le emissioni di gas serra”.

VIOLANTE: L’IMPATTO DELLA TECNOLOGIA SUL PANETTONE CHE MANGERAI A NATALE (E SU CHI TE LO FA)

Torniamo alla collettività, quindi, a un punto di vista globale. In che direzione stanno spingendo, queste nuove generazioni, l’innovazione tecnologica? Alle nostre domande sulla tecnologia, Violante ci riporta sempre con i piedi per terra:

“Il tema principale non è la tecnologia in sé, ma il problema che aiuta a risolvere. Se mi chiedete quale sarà la prossima rivoluzione tecnologica non penso a un prodotto o a un algoritmo: penso ai problemi quotidiani, sia delle persone e sia delle aziende, che la tecnologia può contribuire a risolvere. Penso al mio sistema automatico di irrigazione, o a un dispositivo per dar da mangiare ai pesci nell’acquario, come anche all’operaio di un pastificio ha spesso le mani sporche di pasta e, ogni volta che deve avviare una macchina, deve pulirsi prima di schiacciare un bottone; questo, oltre a rallentare il suo lavoro, lo distrae e lo predispone al rischio di incidenti. O al medico che deve impostare una terapia su un macchinario.

E se potessero dare alla macchina un comando vocale, nonostante l’ambiente molto rumoroso della fabbrica e dell’ospedale? È in questa utilità spicciola della tecnologia che dobbiamo andare a cercare. Ci siamo quasi, è un layer semplice da implementare, ma molte aziende ancora non sono pronte. Poi ovviamente l’evoluzione dell’intelligenza artificiale ci porta molto più lontano. Oggi i robot sono ancora “semi-stupidi e semi intelligenti”. Manipolano un rubinetto ma non sanno che è un rubinetto, invece tra qualche anno lo sapranno e decideranno loro il tipo di intervento da fare.

Oggi sono ancora, spesso, ciechi e eseguono task ripetitivi programmati, un domani non sarà più così: machine vision & audio, motion control, machine learning nel giro di qualche anno faranno lievitare le capacità delle macchine e questo cambierà in maniera sostanziale e sperabilmente positiva, la nostra vita quotidiana”.

UN BULLONE NON È PIÙ SOLO UN BULLONE

Hai detto che le aziende non sono pronte: perché?

“Non tutte le aziende hanno capito che c’è la possibilità di accedere a certe trasformazioni tecnologiche, che possono portare a nuovi modelli di business. Il prossimo passo quindi è quello di democratizzare l’accesso alla tecnologia: consentirne l’accesso a professionisti che non hanno una formazione specifica in intelligenza artificiali, per esempio.

La nostra responsabilità di ingegneri è quella di rendere queste tecnologie più accessibili, abbassare le barriere di ingresso.

Le conseguenze di questa democratizzazione della tecnologia è che ci sono più tecnici al lavoro sullo stesso problema: persone che magari di intelligenza artificiale sanno poco, ma sono esperte di quel problema. Faccio un esempio: un team di Arduino lavora per un’azienda che produce bulloni, che sono forse la cosa meno high tech che si possa immaginare. Eppure, i bulloni finiscono in oggetti molto high tech, come razzi spaziali e auto da corsa. Lavorando con chi produce bulloni, è stato possibile capire come dotarli di sensori che rilevano vari parametri, come vibrazioni o temperatura, e che possono lanciare allarmi o prendere decisioni: possono risolvere problemi, insomma, da quelli quotidiani di un rubinetto che perde, a quelli spaziali di un satellite”.

Approfondiremo questi argomenti nell’11° Convention degli Alumni del Politecnico di Milano. Iscriviti all’evento in presenza.

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