Un treno parte da Brescia, si riflette silenzioso sul lago d’Iseo e sfila poi tra le case e le montagne della Val Camonica, lasciando il paesaggio pulito, nessuna scia di fumo nero ma un vapore acqueo, segno dell’energia che lo sta mettendo in moto. È questo lo scenario previsto, tra fine 2024 e inizio 2025, quando il Coradia Stream, primo treno a idrogeno italiano, a zero emissioni dirette di CO2 nell’ambiente, sostituirà i treni Diesel sulla linea ferroviaria non elettrificata della Brescia-Iseo-Edolo. Primo dei sei esemplari commissionato da Trenord e Ferrovie nord Milano ad Alstom, avrà 600 chilometri di autonomia, 260 posti e rientrerà nell’ambito del progetto ‘H2iseO’, prima valle italiana dell’idrogeno, che contribuirà all’obiettivo di neutralità carbonica fissato per il 2050 dall’Unione europea, ovvero una riduzione del 100% dell’emissione di CO2, tanta quanta se ne produce. A mettere in moto questo treno a idrogeno e l’innovazione che porta con sé c’è anche l’Alumna Susanna Boitano, che è stata la Train Control Engineer, ovvero la responsabile dello sviluppo software del Train Control Management System (TCMS) del treno. «Il cervello del convoglio – dice – che comunica con tutti i software dei sottosistemi di bordo».
Ci spieghi meglio il funzionamento di questo cervello
L’energia viene prodotta dalle fuel cells, le celle a combustibile che si trovano sul tetto del treno, e immagazzinata dalle batterie di alta tensione in litio. Nella Power car, la carrozza che ospita questo cuore energetico, sono distribuiti i serbatoi che contengono lo stoccaggio dell’idrogeno. Gli impianti di piping, cioè di tubazioni industriali, comunicano con le fuel cell dove avviene appunto la trasformazione chimica della combinazione di idrogeno, ossigeno e scarto d’acqua. L’energia viene quindi immagazzinata nelle batterie di alta tensione, comunicanti con i motori di trazione e con i gruppi ausiliari che prendono l’energia e la distribuiscono sul resto del treno. Dove possibile, grazie al controllo del sistema di Energy Management, il consumo del carburante a idrogeno viene limitato il più possibile. Le batterie, infatti, vengono caricate sia dalla produzione a idrogeno delle fuel cell che dalla frenatura elettrodinamica del macchinista, che consente di non disperdere energia in frenata. Parte dei software di cui mi sono occupata verifica, appunto, se le batterie di alta tensione debbano essere ricaricate mediante la conversione dell’idrogeno da parte delle fuel cell oppure mediante il recupero dell’energia di frenatura,
Il treno dunque è totalmente verde?
Sì perché l’idrogeno a contatto con l’ossigeno presente nell’aria genera energia tramite le fuel cell e rilascia acqua. Lo stoccaggio dell’idrogeno viene fatto in impianti a carico del cliente, in questo caso Trenord e Ferrovie nord Milano, le quali hanno dichiarato che proprio per mantenere il circolo legato alla sostenibilità ambientale, si riforniranno da fonti rinnovabili. Il piano di fattibilità, in corso di ultimazione, prevede il ricorso iniziale alla tecnologia Steam Methane Reforming (SMR), da metano o biometano, con cattura e stoccaggio della CO2 generata, per la produzione di “idrogeno blu”. Il nostro obiettivo è consegnare il primo treno tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025.
Com’è stato salire a bordo per la prima volta?
Premetto che i test sono tutt’ora in corso. Detto ciò, si lavora tanti anni a tutto il design, non solo estetico ma anche a quello meccanico e del software, ma la vera soddisfazione si prova quando il treno è completo, nel suo insieme, e si gira la chiave e lo si accende per la prima volta. Il primo giro di chiave è il momento in cui ti dici: ecco a cosa hanno portato tutti questi anni.
A cosa hanno portato?
Al primo treno a idrogeno in Italia, ma in realtà anche a livello europeo perché attualmente l’unico altro treno a idrogeno è iLint, sempre prodotto da Alstom, per la Germania, ma pensato per un servizio commerciale limitato e basato su tecnologie di rete differente. Questo invece è il primo modello Smart Coradia a idrogeno, che fa parte della medesima cordata di treni regionali che sta sostituendo tutta la flotta dei treni regionali monopiani italiani. Lavorarci per me è stato un privilegio perché ti fa sentire di dare un contributo al tuo Paese.
Marco Piuri, Amministratore Delegato di Trenord e Direttore Generale di FNM, ha dichiarato: “Inaugurare l’uso di questa tecnologia in un ambito che connette, per vocazione, fa sì che il suo valore non solo si realizzi nel singolo progetto, ma si propaghi ad altri ambiti. Penso a industrie e servizi che potranno essere raggiunti dalla rete dell’idrogeno. Questo è l’obiettivo che puntiamo a realizzare con H2iseO: vogliamo che sia scalabile, oltre la mobilità ferroviaria e su bus”. Qual è il futuro dell’idrogeno?
In un mondo sempre più attento al tema ambientale penso sia fondamentale cercare vie alternative di produzione dell’energia. Un treno alimentato a diesel emette C02, circa 0,044 kg di CO2 per km. In Italia il 40% delle tratte è sprovviste di elettrificazione, ed elettrificare a volte è molto più dispendioso che acquistare un treno a diesel. Inoltre il paesaggio è spesso difficoltoso perché ci sono montagne, foreste o, come nel caso di Brescia-Iseo-Edolo, i binari passano fra le case in tunnel di dimensioni limitate. L’idrogeno potrebbe essere anche un’applicazione intelligente nelle industrie metallurgiche che hanno al momento dispendi energetici enormi.
Su quali binari potrà quindi condurci il treno a idrogeno?
Sicuramente ci porterà a un futuro in cui saremo più consapevoli e attenti anche alle piccole cose. A volte servono un grande messaggio e un grande cambiamento per far sì che il singolo si senta sensibilizzato. Il forte slancio verso l’innovazione collettiva potrà avere una ricaduta nelle scelte che prenderemo tutti quanti, ogni giorno, singolarmente.
Salirà sul treno a idrogeno per uno dei suoi primi viaggi?
Certo. Organizzerò una gita con la mia famiglia per mostrargli su cosa effettivamente ho lavorato per tutto questo tempo.