Oggi vogliamo parlare di cinque profili di Alumni e Alumnae che sono diventati celebri architetti e designer, e che hanno dato un contributo fondamentale alle loro “materie”. Lo faremo raccontandoli a partire dalle loro parole, perché “le persone cambiano, ma caratteri e virtù si tramandano”, soprattutto se si tratta di valori politecnici.
Prima di iniziare, una doverosa premessa che facciamo sempre quando stiliamo queste liste: non si tratta di una classifica. Riassumere questi grandi professionisti in poche righe è riduttivo, e sicuramente ci sono tanti altri Alumni che hanno dato un contributo fondamentale che vi vengono in mente. Per questo vi esortiamo a farceli presenti nei commenti: saremo felici di scrivere una seconda “puntata”!
«Mi fa imbestialire la ghettizzazione in genere. A cominciare da chi dice: come architetto ho preso una donna»
Laureata nel 1953, Gae Aulenti comincia la sua carriera da progettista in un momento di profonda evoluzione della cultura architettonica italiana. Dopo la laurea al Politecnico, si avvicina a due dei principali luoghi di elaborazione teorica sull’architettura dell’epoca.
L’architettura per Aulenti guarda avanti, oltre alle condizioni di genere da cui liberarsi e verso un nuovo destino da progettare e da costruire con il sapere. Rifiuta l’idea della “donna-architetto”, che trova ghettizzante: parlare di architettura e design di genere, per lei, rafforza l’idea che queste due specialità per le donne siano qualcosa che le circoscrive alle superfici e ai decori, mentre il cuore e lo scheletro del progetto sono riservati a progettisti uomini.
”L’architettura, per me, è essere, proposta di libertà costantemente controllata, difesa con lo studio della storia, con la prudenza della ricerca, con la solitudine della fantasia, con il raccoglimento disinteressato…”
Alumna in architettura nel 1947, si laurea con Ambrogio Annoni, di cui sarà assistente per diversi anni sia in cattedra che in cantiere. Anni dopo inizia a insegnare Restauro dei monumenti. Illustre figura della cultura lombarda e italiana, Liliana Grassi ricopre vari e prestigiosi incarichi istituzionali ottenendo riconoscimenti soprattutto per il grande contributo pratico e teorico da lei portato nel campo del restauro. La sua realizzazione più importante è il restauro dell’antico Ospedale Maggiore di Milano, distrutto dai bombardamenti del 1943 e poi adattato a sede dell’Università degli Studi, connotato dal rigore filologico, l’amore e il rispetto per l’oggetto artistico.
Fonte: “Dal Politecnico di Milano protagonisti e grandi progetti”
“Il dettaglio è fondamentale per la definizione dell’insieme, il dettaglio può determinare un progetto e certamente lo caratterizza. Il risultato complessivo dell’opera è connesso ai dettagli, per disegno e qualità. Il dettaglio incide sui valori spaziali e volumetrici del costruito.”
Laureata nel 1945, dopo la laurea si associa con Franco Albini, al quale rimarrà legata fino alla morte di quest’ultimo. Nel suo lavoro progettuale, Franca Helg ha sempre mostrato una cura meticolosa per il dettaglio, fondendo modernità e classicità, razionalità e creatività, dando vita ad opere connotate da eleganza e semplicità, slegati dalle mode culturali del momento. Oltre a questo c’era il design industriale: Helg ha creato vasi, maniglie, sedie, lampade da sospensione, da scrivania, da terra, e la poltrona di giunco e midollino Primavera.
L’insegnamento di Composizione Architettonica ha rappresentato una parte importante nella sua vita: prima all’istituto Universitario di Architettura di Venezia (IUAV) poi al Politecnico di Milano, dove divenne ordinaria nel 1984.
Fonti: L’Enciclopedia delle donne; Corriere della Sera
“Costruire, non ricostruire”
Con questa frase – sulla rivista stile del 1945 che aveva fondato e di cui era direttore – Gio Ponti sottolineava che solo ricostruendo non si sarebbe potuto dare una casa a tutti nell’immediato dopoguerra: c’era una notevole quantità di lavoro arretrato da fare.
Pittore, decoratore e designer, nel 1928 aveva fondato la rivista Domus su cui nel 1952 scriverà: “Torniamo alle sedie-sedie, alle case-case, alle opere senza etichette, senza aggettivi, alle cose giuste, vere, naturali, semplici e spontanee”. Due anni dopo creò il premio Compasso d’oro. Insegnò a lungo alla Facoltà di architettura del Politecnico dove costruì gli edifici Trifoglio e Nave. Suoi anche il Grattacielo Pirelli (1960) e la sedie “Superleggera”.
Fonte: “The Polimi Guide”
“Nessuna forma esiste disgiunta dal colore, come nessun colore è pensabile se non applicato a una forma”
Architetto, urbanista e designer, Marco Zanuso si laurea in architettura nel 1937 al Politecnico di Milano, dove poi tornerà in veste di professore a partire dal 1969.
Nel corso della sua attività professionale, rivolge particolare attenzione al rapporto tra architetto e industria, tra progetto e sperimentazione, tra funzioni del prodotto, forma e materiali. Dà vita a una vastissima produzione di oggetti – dai mobili Arflex e Gavina, agli apparecchi radiotelevisivi Brionvega, alle macchine per cucire Borletti -, per i quali ottiene numerosi riconoscimenti, tra cui sette Compassi d’oro e sei premi internazionali alla Triennale di Milano; diversi suoi pezzi sono presenti anche nella collezione del Museum of Modern Art di New York.
Zanuso era prima di tutto un “architetto di pensiero”, sempre pronto a ridefinire codici, a scardinare convenzioni. Il suo pensiero si proiettava in avanti, ma non tradiva mai l’ambizione di rivoluzionare il quotidiano, con immediatezza e semplicità.
Fonti: “Dal Politecnico di Milano protagonisti e grandi progetti”
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