Oltrepassati i tornelli automatici della Biblioteca del Campus Leonardo e proseguendo dritto, poco prima delle porte a vetro che separano l’ingresso dallo studio intenso, la coda dell’occhio destro può registrare una visione: c’è lì sulla parete un oblò, lanciando lo sguardo oltre questo si può avvistare un quadro.
È appeso al di là del muro, in una piccola camera dedicata. Custodito all’interno di una teca di vetro c’è “Ettore e Andromaca”, un olio su tela di 82×56 cm. Sulla tela, in basso a destra c’è la firma: Giorgio De Chirico, 1917. «Ogni tanto qualche studente ci chiede se è vero», dicono alla reception della biblioteca. E la risposta è affermativa, è un De Chirico originale.
Federico Bucci, Delegato del rettore alle Politiche Culturali e prorettore del Polo di Mantova del Politecnico di Milano, ne spiega la provenienza:
«L’opera arriva da un donatore che ha chiesto di rimanere anonimo. Ha voluto privarsene ad una condizione: che il dipinto fosse espressamente usufruito dagli studenti. Così abbiamo deciso di posizionarlo in un uno dei luoghi di passaggio del Campus, e in un luogo di passaggio del pensiero. L’abbiamo inserito in uno spazio particolare, c’è l’oblò che incuriosisce, si accede allo spazio e c’è una panca su cui sedere per godere appieno dell’opera. Volevamo che davanti a questo quadro si provasse la stessa tranquillità, e ci si ritrovasse nella stessa situazione, di quando si è seduti in biblioteca davanti ad un libro, ad approfondire la materia».
Il quadro raffigura i versi dell’Iliade in cui Andromaca supplica Ettore di non uscire dalle mura di Troia per affrontare in battaglia Achille. Scrive in quei versi Omero: Strignendolo, e per nome in dolce suono Chiamandolo, proruppe: Oh troppo ardito! Il tuo valor ti perderà: nessuna Pietà del figlio nè di me tu senti […] Ch’altro mi resta che perpetuo pianto?.
A pochi passi da questa immagine, nella Sala Guernica c’è la riproduzione del Guernica di Picasso, realizzata nel 1973 dal Movimento Studentesco. Bucci rievoca quel periodo:
«Erano anni in cui l’impegno ideologico degli studenti li portava a replicare un’opera, ancora attuale, contro la guerra. Riprodurre quell’opera di Picasso avevo un preciso significato: qui si studia, si lavora su un dato tema ma poi si alza lo sguardo e si riflette sul futuro della società, su una meta di pace. Aver posizionato questo De Chirico oggi ha la stessa valenza».
Poi si addentra nella descrizione della scena, «è un quadro di ambientazione architettonica, a partire dalla prospettiva centrale del pavimento, che presenta lo stesso cromatismo dei due manichini. I personaggi sono due oggetti sartoriali, che non possono abbracciarsi, a indicarci così che l’uomo contemporaneo ha bisogno di cuore, spirito, umanità. E ci ricorda che mentre sono qui e studio analisi matematica o scienze delle costruzioni, mentre progetto il futuro – perché è questo ciò che facciamo noi al Poli, gettiamo avanti delle cose per il futuro – ecco, sono richiamato all’umanità. È un modo per riflettere che, certo, diventerai architetto, ingegnere, designer, magari ambisci a essere un Nobel della chimica, ma l’importante è rimanere se stessi. Mettere dunque un artista qui corrisponde all’aver affisso un messaggio di avanguardia, per comunicare che sì, abbiamo la professione, ma non dimentichiamoci che siamo persone».
Andrea, studente di Ingegneria Elettronica, si ferma davanti al dipinto e commenta: «Trovarsi in un luogo di conoscenza, circondato da icone, mi stimola a studiare. È come sentirsi in un museo ma in qualche modo aperto solo per te». Gianluca, studente di Ingegneria Meccanica aggiunge: «Avere un’opera d’arte come questa dà personalità alla biblioteca. I personaggi sembrano possibili studi di aerodinamica applicati all’uomo». Beatrice, studentessa di Ingegneria Gestionale, che ha scelto fra i corsi opzionali quello di Storia dell’arte contemporanea, dice: «In un ambiente di menti tecniche vedo l’arte come una forma di libertà, una ricchezza in più, una nota che ci suggerisce che qui possiamo usare l’immaginazione. Il fatto poi che il dipinto sia quasi da scoprire dietro questo oblò racconta il senso del ricercare le cose e mi fa pensare che il Poli è un luogo legato anche all’arte».
Nel catalogo della Biblioteca Campus Leonardo ci sono alcuni titoli dedicati proprio a De Chirico, come il libro dello storico dell’arte Vincenzo Trione, “Giorgio De Chirico. Le città del silenzio: architettura, memoria, profezia” (Skira editore). Uno studente ha lasciato il segno sottolineando a matita alcuni passaggi: “ciò che lo interessa non è la solida realtà, ma la teatralità dello spazio. Compie riprese e abbandoni, in un gioco tra omaggi letterali e camuffamenti. Si basa sempre su cifre vere, che in seguito modifica, fino a renderle quasi irriconoscibile, echi di un mondo aurorale”.
Pensando agli studenti, Federico Bucci osserva che «negli anni ’20 del ‘900 uno studente del Politecnico conosceva la pittura metafisica, probabilmente si era ritrovato a sua volta davanti a questo quadro. È importante che ci siano un recupero e uno scambio tra le giovani generazioni di allora e quelle contemporanee. In biblioteca abbiamo affisso anche dei disegni d’archivio, realizzati dagli studenti fra l’800 e il ‘900, proprio perché stiamo pensando ad una raccolta d’arte che sia in grado di interagire con le nostre memorie».
Intanto una ragazza, subito dopo essere passata dai tornelli d’ingresso della biblioteca, rallenta il passo. Prima di accedere all’aula studio, per un attimo, si affaccia incuriosita all’oblò.