A cavallo tra Europa, Americhe, Oceania e Asia si incontrano gli studenti di fisica per sfidarsi a colpi di rompicapo sul campo dell’IPT, l’International Physicists Tournament, competizione di fisica sperimentale organizzata e gestita da studenti universitari.
I problemi da risolvere sono pratici e difficili, divertenti e un po’ assurdi. Qualche esempio:
– Costruire la più alta torre di mattoncini tipo “Lego”… Però attenzione: i mattoncini sono fatti di gelatina alimentare
– Capire quando il miele è completamente sciolto nel tè caldo
– Costruire con la carta dei modellini di semi dell’acero, che sono quelli che cadono con un volo a spirale grazie ad un’elica particolare
– Ricreare l’aurora boreale in una palla di vetro
– Mettere la grafite in un microonde e portarla alla temperatura giusta per farla illuminare
– Costruire un accendino con le cose che aveva a disposizione un uomo dell’età del bronzo
La squadra del Poli esiste da cinque anni grazie a uno studente francese in Erasmus a Milano. Come ha spiegato il professor Giacomo Ghiringhelli, del dipartimento di Fisica, è stato lo studente francese a introdurre il Poli a questa competizione. Del resto, questo torneo è nato in Francia. Al momento la squadra del Poli è l’unica italiana a prendere parte all’IPT. Il professor Ghiringhelli ci ha messo in contatto con tre studenti di 23 anni che hanno partecipato lo scorso anno: Sophie Cavallini, Luca Perego e Dario Ventura.
I tre hanno spiegato come funziona la competizione: “Dura da ottobre fino alla primavera, ci sono varie fasi da superare. La finale di solito si disputa in una città diversa, l’anno scorso eravamo in Colombia, quest’anno è stata a Parigi dal 23 al 29 aprile” ha spiegato Sophie. La squadra in cui erano Luca, Sophie e Dario lo scorso anno è arrivata settima su 15 partecipanti nel mondo. Quest’anno la squadra del Politecnico è arrivata sesta: “Il miglior risultato di sempre” ha commentato il professor Ghiringhelli. C’è ancora strada da fare!
Ogni competizione presenta una quindicina di problemi diversi, proposti dagli studenti stessi o da dei dottorandi. Ogni squadra ha circa 10-15 componenti. Le squadre hanno 10 minuti per presentare la soluzione al problema e un’ora per discuterne con la squadra avversaria, mentre una terza squadra (detta “reviewer”) monitora la situazione e decide sui conflitti, come una sorta di arbitro. Una commissione composta da dottorandi assegna i voti alle varie squadre. Le squadre all’inizio sono divise in due gironi, le migliori accedono alle semifinali e da lì le migliori due alla finale.
A riassumere perché è un’esperienza da fare è stata un’ottima frase di Dario: “Stimolare il dibattito scientifico”. “Partecipare – ha aggiunto Luca – è utile anche perché si fanno cose pratiche e si impara a fare le presentazioni”. Ma cosa si vince? “Niente… cioè l’onore e la gloria! – ha detto ridendo Sophie –. Ma è una bellissima esperienza che ci permette di conoscere coetanei di tutto il mondo che hanno i nostri stessi interessi”.