Adaptronics: il “polpastrello elettronico” inventato da due Alumni del Politecnico

Può afferrare oggetti pesanti senza stringerli, è dotato di sensori sensibili al tocco e è sottilissimo: meno di 0,5 mm

Questa è la storia di due ingegneri e Alumni del Politecnico di Milano che sono diventati prima ricercatori e poi imprenditori. Camilla Conti ha studiato ingegneria energetica, Lorenzo Agostini ingegneria meccanica. Le loro strade si sono incrociate durante un semestre di scambio in Canada. Rientrati in Italia, si sono laureati e hanno scelto percorsi diversi: lei ha proseguito al Poli dopo un breve periodo in una multinazionale, prima con un dottorato in ing. energetica ed aerospaziale e adesso come ricercatrice post-doc, lui ha lavorato in azienda due anni prima di proseguire con un dottorato in emerging digital technologies alla scuola Superiore Sant’Anna di Pisa; successivamente è diventato ricercatore (Assistant Professor) all’Università di Bologna, dove ha svolto l’attività di ricerca su trasduttori elettro-meccanici basati sul fenomeno fisico dell’elettrostaticità nel contesto del laboratorio SAIMA (Sensori e Attuatori Innovativi per il Manifatturiero Avanzato) congiunto con l’Istituto STIIMA del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Da queste ricerche, ha preso vita una nuova tecnologia per produrre dispositivi meccatronici adattivi. Nel maggio 2022, Agostini e Conti, insieme al prof. Rocco Vertechy (UniBo), supervisor di post-doc di Agostini, hanno fondato una startup: Adaptronics, nata ufficialmente dopo un anno di lavoro sul business model, e basata sulle competenze maturate in quasi 10 anni di ricerca combinati.

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I premiati innovazione COTEC 2022
(credits: Adaptronics)

DA UN PALLONCINO ALLA TECNOLOGIA…

La loro invenzione sfrutta il ben noto principio dell’elettroadesione: lo stesso per cui, strofinando un palloncino sui capelli, questo vi rimane attaccato. “Durante il dottorato”, spiega Agostini, “ho lavorato con un gruppo di ricerca che si occupa di sviluppo di trasduttori elettro-meccanici a base elastomerica, cioè sistemi deformabili come gomme e che, se stimolati con alimentazione elettrica, producono un’azione meccanica. Ad esempio, questa tecnologia può essere usata per creare un muscolo artificiale, morbido come uno naturale ma che si irrigidisce quando stimolato elettricamente”.

L’innovazione di Adaptronics consiste nell’aver saputo far evolvere questa base tecnologica per sviluppare una speciale pellicola composta di materiali polimerici, che permette di controllare ed ottenere un effetto elettroadesivo: il risultato è una pellicola dallo spessore inferiore a 0,5 mm, che diventa adesiva quando attivata elettricamente. È in grado di sollevare fino a 50 kg con due patch della dimensione di carte di credito (ovviamente, maggiore è la loro dimensione, maggiore sarà anche la forza esercitata), senza dover usare effetti magnetici o pneumatici, e con un consumo energetico nell’ordine di pochi Watt.

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credits: Adaptronics

Una specie di “polpastrello elettronico sensorizzato”, quindi, in grado di rilevare il contatto con un oggetto target qualsiasi e spostarlo senza esercitare su di esso alcuna pressione che potrebbe in qualche modo danneggiarlo: può diventare una tecnologia abilitante per moltissime applicazioni, spiegano i fondatori, dallo spazio, alla logistica industriale, al trasporto merci e all’agricoltura (immagina cogliere un lampone senza doverlo stringere…).

…E DAL LABORATORIO ALLA STARTUP

“Ho sempre voluto fare l’imprenditore”, racconta Agostini, “e fondare la mia azienda. Ho scelto di studiare ingegneria e fare il dottorato perché volevo essere uno dei primi al mondo a maneggiare una tecnologia emergente”. Desiderio esaudito, e non certo strofinando una lampada magica. Per validare questa tecnologia, i fondatori e il loro gruppo di ricerca hanno lavorato in laboratorio diversi anni. Una volta dimostratone il funzionamento e verificatene le potenzialità industriali, è iniziato il lungo processo di trasferimento tecnologico (se volete scoprire come si diventa “inventori”, ne abbiamo parlato su MAP 10).

“Prima di arrivare alla forma finale di Adaptronics abbiamo presentato anche altre idee che avevano core business simili e si basavano sulla stessa tecnologia. Abbiamo partecipato a diversi concorsi di idee per start-up, (ne hanno vinti anche parecchi, tra cui la StartCup, il Premio Nazionale dell’Innovazione nella categoria Industrial, il Talentis di Confindustria Giovani Imprenditori e l’EIT Jumpstarter, n.d.r.). Queste esperienze offrono anche percorsi di formazione che sono stati utili per aiutarci a individuare il segmento di mercato su cui concentrarci”.

Oggi Adaptronics è una startup agli esordi, formata da 5 soci: Conti, Agostini, l’Università di Bologna (di cui è spin-off), il prof. Rocco Vertechy (UniBo), supervisor di post-doc di Agostini, e l’Ing. Gavino Boringhieri, manager di lungo corso e mentor di startup. Si rivolge al mercato dei sistemi robotici automatizzati per la logistica efficiente e sostenibile: automazione industriale, last-mile delivery con robot autonomi, raccolta automatizzata di frutta, rimozione dei detriti spaziali e servizi in orbita ai satelliti.

credits: Adaptronics

ADAPTRONICS: SEMPRE ALLA RICERCA DEL PROSSIMO PASSO

I due imprenditori politecnici puntano ora sulla strategia di internazionalizzazione per accedere a nuovi mercati e anche a round di finanziamento futuri. “È il momento di investire sulla formazione di un team operativo di ingegneri meccanici, elettronici e dell’automazione che ci supportino nello sviluppo prodotto. Stiamo guardando all’Europa ma anche agli Stati Uniti: sia per la maggiore accessibilità ai capitali d’investimento, sia per la prossimità con i maggiori programmi spaziali. Per noi quello è un mercato importantissimo dal momento che siamo impegnati anche nel settore aerospaziale che attualmente ha enormi potenzialità di crescita e un grande interesse da parte degli investitori. Possiamo essere una ‘enabling technology’ per operazioni in orbita, e per questo siamo incubati a Torino dal Business Incubation Center dell’Agenzia Spaziale Europea”, conclude Agostini.

“Vogliamo diventare competitivi nel mondo e vogliamo fare uno strumento che possa essere uno standard per l’automazione industriale di presa e spostamento di oggetti: se ci concentrassimo solo sull’Italia, saremmo presto superati da qualsiasi azienda asiatica o americana che può sviluppare lo stesso prodotto prendendo però soldi da tutto il mondo. Nei nostri piani però c’è quello di mantenere la ricerca e sviluppo in Italia, dove di certo i cervelli e l’eccellenza non manca e deve avere solo occasione di crescere.”

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