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Quante volte al giorno entriamo nel campo visivo di una videocamera di sorveglianza, senza nemmeno accorgercene? Sappiamo dove verranno raccolte e custodite le nostre immagini? Sappiamo chi le userà, e a che scopo? Generalmente, la risposta è no. È la premessa da cui parte Rachele Didero, Alumna designer del Politecnico di Milano, che ha brevettato Adversarial Knitted Textile, un metodo per tessere abiti in grado di proteggere chi li indossa contro il riconoscimento facciale automatico.
Funziona grazie a adversarial pattern (“immagini avversarie”): immagini apparentemente astratte in grado di confondere gli algoritmi delle telecamere di sorveglianza. In sostanza, se indosso un capo che riproduce un’immagine avversaria, i miei dati biometrici del volto non possono essere rilevati, oppure vengono associati a una categoria errata: per esempio, “animale” invece di “persona”, e quindi non conservati.
Il metodo Adversarial Knitted Textile, brevettato insieme al Politecnico di Milano con il supporto del prof. Giovanni Maria Conti, consente di trasferire l’algoritmo avversario in un tessuto in maglia senza che se ne perda l’efficacia. I motivi della maglia confondono le telecamere del riconoscimento facciale e proteggono l’identità della persona.
Rachele Didero, 27 anni, dopo il diploma si iscrive a Design della Moda al Politecnico di Milano. Durante gli studi viaggia molto e fa esperienze di scambi internazionali: frequenta la scuola di design ESDI di Barcellona, il Shenkar College di Tel Aviv e il Fashion Institute of Technology di New York. È lì che, nel 2019 scopre il potenziale della combinazione tra computer science e tessile, racconta.
“Ho deciso di approfondire la ricerca una volta tornata a Milano e portarla come argomento di tesi magistrale. I primi esperimenti, nel gennaio 2020, sono avvenuti al Politecnico di Milano”.
Dopo mesi di ricerca, in collaborazione con il Shenkar College, tra tessile, machine learning e studio dei volumi del corpo, prende forma il tessuto adversarial. Didero lo mette alla prova contro YOLO, il più avanzato sistema di riconoscimento di oggetti in tempo reale, e lo brevetta, in co-proprietà con il Politecnico, nel febbraio 2021. La struttura tridimensionale e i motivi della maglia riproducono le immagini avversarie in modo da contrastare efficacemente gli algoritmi di riconoscimento facciale, proteggendo di fatto l’identità di chi la indossa.
Nel 2021, Didero fonda la start-up Cap_able, con la quale prototipa la prima collezione di abbigliamento Adversarial Knitted Textile, la Collezione Manifesto. Un nome scelto non a caso, racconta.
Ogni mattina, appena ci svegliamo scegliamo gli abiti da indossare, che ci accompagneranno per tutta la giornata e che rappresentano la nostra immagine nel mondo, nelle interazioni con gli altri. Per Didero, si tratta della prima azione consapevole di comunicazione che compiamo, una scelta che può farsi veicolo dei nostri valori, diritti umani inclusi.
“In un mondo in cui i dati sono la più grande risorsa economica, Cap_able affronta la questione della privacy, aprendo la discussione sull’importanza della protezione dall’uso improprio delle telecamere di riconoscimento biometrico”.
La nostra immagine facciale appartiene alla categoria dei dati biometrici allo stesso modo delle nostre impronte digitali o del nostro DNA. Le persone dovrebbero essere in grado di dare il loro esplicito consenso al trattamento dei loro dati, ma questo è impossibile nel caso del riconoscimento facciale, considerando che dovrebbe avvenire ogni volta che si accede a spazi pubblici in vengono utilizzate videocamere di sorveglianza.
“L’obiettivo di Manifesto è quello di sensibilizzare le persone sul diritto alla privacy e sulla tutela dei dati biometrici, una questione spesso sottovalutata nonostante riguardi la maggior parte dei cittadini di tutto il mondo. Il valore di questo progetto è duplice: il capo non è solo uno scudo contro il riconoscimento biometrico, ma è anche e soprattutto un manifesto che intende stimolare il dibattito sull’importanza della protezione dall’uso improprio delle telecamere del riconoscimento facciale”.