Vi sarà certamente capitato di correre da un’aula all’altra per la prossima lezione e trovarvi improvvisamente di fronte a delle opere d’arte. Le collezioni del Poli raccolgono moltissimi oggetti firmati da grandi artisti e grandi progettisti, oggetti che raccontano la storia, i valori e il DNA dell’Ateneo. Un museo a campo aperto che ha la sua porta d’ingresso, idealmente, ne cuore del Campus Leonardo, in Piazza Leonardo da Vinci 32 (ve l’abbiamo raccontata su MAP 9, Made in Polimi) e che è possibile visitare anche virtualmente su www.museovirtuale.polimi.it.
Ne abbiamo parlato con il prof. Federico Bucci, delegato del rettore alle Politiche Culturali:
Di Ettore e Andromaca abbiamo parlato su MAP 10. A Bucci chiediamo quale sia il valore di queste donazioni: “Un’opera che arriva da una collezione privata viene resa disponibile a tutti, e in particolare ne possono godere i nostri studenti, che le passano accanto ogni giorno. Gli studenti sono così immersi in un clima culturale di altissimo valore, ne ricevono stimolo e motivazione, lo assorbono”.
Il Museo Virtuale, come quello fisico diffuso per gli spazi politecnici, è un work in progress, mai finito, sempre in evoluzione. “Non solo arrivano opere nuove, ma ci sono molti oggetti di grande valore ancora custoditi e protetti negli armadi, che devono essere valorizzati e esposti in modo coerente, raccontando la storia dei pionieri che ci hanno preceduto, offrendo una cornice narrativa alle rappresentazioni del DNA politecnico ad opera dei grandi artisti che ce le hanno donate nel corso dei decenni. Da storico dell’arte, credo molto in questo progetto, che non è mera conservazione: è un invito a tradurre la memoria in prospettiva, come facevano anche i nostri padri, come Brioschi e Colombo, che lavoravano sulla storia per progettare futuro. Affidare un oggetto di valore alle nuove generazioni è un invito a creare qualcosa di nuovo”, conclude Bucci.
Sul Museo Virtuale potete navigare tra centinaia di opere e oggetti d’epoca. Oggi vi invitiamo a visitare tre di queste sale virtuali (perché tutte, qui, non ci stanno; ma le trovate online).
La mitica CRC 102A, il calcolatore a valvole prodotto dalla Computer Research Corporation. Fu il nucleo attorno al quale si sviluppò la Scuola di Ingegneria Informatica al Politecnico di Milano, sia nell’ambito della ricerca che in quello della didattica, venne messo a disposizione del territorio e delle industrie partner, e rimase in funzione fino al 1963.
“Mi piace immaginare un giovane Dadda, appena venticinquenne, appena tornato dagli Stati Uniti, sbarcare dalla nave con una grossa cassa contenente il primo calcolatore d’Europa”, commenta Bucci.
Il Museo di Corrosione, collezione Intitolata al prof. Pietro Pedeferri, Alumnus Ingegneria Chimica 1963, Ordinario dal 1983 prima di “Elettrochimica” e poi di “Corrosione e protezione dei materiali” e in seguito Direttore di Dipartimento di Chimica dei Materiali. Consiste in una raccolta di circa 140 casi-studio che testimoniano il comportamento dei metalli sottoposti a diversi tipi di corrosione.
La collezione Giò Pomodoro, composta da 19 sculture e due dipinti. Le opere, affidate all’Ateneo dall’Archivio Gio’ Pomodoro, sono esposte in una mostra permanente tra gli edifici e i dipartimenti del Campus Bovisa. Per questo progetto artistico, che ha per titolo La dimensione esterna della scultura, nel 2018 presso la sede del Parlamento Europeo di Bruxelles, il Politecnico di Milano ha ricevuto il premio Mecenati del XXI Secolo, “per aver trasformato il campus in un museo a cielo aperto con mostre permanenti e temporanee”