Come si aggiusta il Duomo di Milano, secondo il Poli 

Dal nostro archivio MAP, il progetto di collaborazione fra il Politecnico e la Veneranda Fabbrica del Duomo coordinato dall’Alumnus Stefano Della Torre

“Se fosse stata una cosa semplice non avrebbero chiamato il Politecnico”, dice l’Alumnus Stefano Della Torre ridendo, eppure mantenendo una certa serietà e un certo orgoglio di fondo. Professore alla Facoltà di Architettura del Politecnico, Della Torre è responsabile dell’attività consulenziale dell’ateneo con la Veneranda Fabbrica del Duomo, una collaborazione che coinvolge una decina di donne e uomini politecnici da tutti i dipartimenti e che ha come obiettivo quello di razionalizzare e implementare la conservazione e il restauro della cattedrale di Milano. Il Duomo, in sé, è un monumento unico. Non soltanto per il valore affettivo dei milanesi, e forse nemmeno per quello puramente architettonico. È l’intrinseca natura del Duomo a essere speciale,

“Il Duomo è sempre stato un luogo di sperimentazione – spiega Della Torre – E quindi è interessante questa continuità ideale tra la sperimentazione artistica e le nostre sperimentazioni nel campo della conservazione”. 

duomo
Credits: Steffen Schmitz

Per il Politecnico, oggi il Duomo è anche un cantiere-laboratorio: un luogo in cui i nostri studenti e ricercatori possono fare ricerca sul campo e confrontarsi con problemi reali usando le tecnologie più all’avanguardia, in un contesto impossibile da riprodurre in un laboratorio on campus. 

Il Politecnico, spalla a spalla con la Veneranda Fabbrica («l’impresa più antica d’Italia!», commenta ancora Della Torre), si prende cura, giorno per giorno, della chiesa più simbolica del Nord Italia. Come dice il professore, “è un lavoro incredibile” per le dimensioni del Duomo e per i rischi – i danni – a cui è sottoposto ogni giorno in una città come Milano: i visitatori, il clima e l’umidità, l’inquinamento, persino i concerti in piazza. “La logica del nostro intervento è quella di applicare al Duomo i più moderni dettami della conservazione, che si chiama conservazione programmata. Ovvero non intervenire “a spot” quando c’è un problema, ma coordinare e programmare tutte le attività”. 

ALTRI ARTICOLI DELLA SEZIONENel Mondo
IN PRIMO PIANO