Mancano 100 mila profili professionali nella cybersecurity 

Il punto sulle competenze nel settore, dove mancano 100mila figure, con la rettrice del Politecnico di Milano, Donatella Sciuto

Tra le figure professionali più ricercate dalle aziende ci sono quelle che fanno parte del vasto panorama delle figure tecniche dell’informatica. La ricerca di questi professionisti, in pochi anni, è cresciuta a tal punto che i laureati non bastano a coprire tutte le posizioni aperte: secondo le stime, sarebbero circa 100 mila in meno di quelli che servirebbero a coprire il solo mercato italiano della cybersecurity. Al Politecnico si laureano alla magistrale in informatica circa 400 studentesse e studenti ogni anno e il 97% di loro ha già un contratto di lavoro stabile entro 12 mesi dalla laurea; oltre il 70%, addirittura entro un mese. 

Ma quali sono le figure più specializzate e difficili da trovare? Ne parla la rettrice prof.ssa Donatella Sciuto in un’intervista al Sole 24 Ore: “Nel mondo della cybersecurity, per esempio, servono figure come quella del penetration tester che ha il compito di provare ad attaccare i sistemi per testarne la resistenza. Nel campo della formazione c’è un progetto nazionale, il Cyber Challange, un programma per i giovani dai 16 ai 24 anni, che ha l’obiettivo di identificare e attrarre la prossima generazione dei professionisti di cybersecurity, anche in collaborazione con le università. Noi partecipiamo come Politecnico di Milano, selezioniamo i ragazzi più bravi per entrare nella squadra nazionale di cybersecurity. E i mHackeroni, nazionale italiana di hacker etici, si è piazza quinta a Las Vegas, ai mondiali di cybersecurity”. 

Donatella Sciuto cybersecurity
Credits: Sole24ore

Fondamentale, a questo punto, il rapporto tra università e imprese, rapporto chiave per creare le competenze:

“Le aziende chiedono profili già pronti. Nel campo della cybersecurity è molto difficile completare la formazione in aula e laboratorio; bisogna, quindi, strutturare collaborazioni con le aziende per formare le persone”. 

C’è poi un tema legato al rapporto tra professioni e intelligenza artificiale, un tema sempre più attuale e meno immediato di quanto si possa pensare: per esempio, commenta Sciuto, “la figura del data analyst richiede molte competenze statistiche e informatiche e di natura applicativa. Sono figure molto richieste e rimarranno molto richieste anche perché aiutano a valutare gli stessi sistemi di Ai e di machine learning. Occorre cioè verificare che i dati non siano bias, ma siano invece rappresentativi”. 

Leggi l’intervista completa su Il Sole 24 Ore  

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