Ai blocchi di partenza: gli studenti che costruiscono automobili da corsa 

Non si studia solo in aula, ma anche in garage, con un saldatore in una mano e un algoritmo (metaforicamente) nell’altra

«Prendete pochi crediti per il tempo che sottraete alla preparazione degli esami, ma in compenso è un salto di qualità incredibile, vi costringe a metterci le mani, a capire e a immaginare». A parlare è l’ing. Giampaolo Dallara, che nel 1972, a Varano de’ Melegari, in provincia di Parma, ha fondato l’omonima azienda italiana costruttrice di automobili da competizione. Dallara è Alumnus in Ingegneria Aeronautica, appassionato di motorsport e uno dei principali sostenitori della Formula SAE in Italia. Si sta rivolgendo agli studenti del team politecnico DynamiΣ PRC: oltre 100 ragazze e ragazzi che, ogni anno, progettano e costruiscono un prototipo di auto da corsa in stile Formula.  

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foto di Tommaso Chemello, Alumnus ingegneria meccanica e membro del team DynamiΣ

LA FORMULA 1 DEGLI STUDENTI

I veicoli di DynamiΣ PRC corrono il campionato Formula SAE (in Europa si chiama Formula Student), una delle maggiori competizioni per vetture a ruote scoperte, che conta più di 15 eventi globali e coinvolge gli studenti di oltre 600 atenei in tutto il mondo. Anche i piloti sono studenti e quindi, per ragioni di sicurezza, le gare non sono ruota a ruota ma a tempo (con poche eccezioni).

Si corre in 3 categorie: motori a combustione, motori elettrici e auto a guida autonoma. Ogni gara si disputa in un Paese diverso ed è divisa in due sessioni: la prima, statica, valuta l’aspetto tecnico della vettura, quello economico e la capacità di realizzare una strategia di marketing completa. Seguono le prove dinamiche, in pista: Acceleration (accelerazione), Skidpad (bilanciamento), Autocross (miglior tempo sul giro) ed Endurance&Efficiency (affidabilità del prototipo). In Italia le gare si svolgono sul circuito di Varano de’ Melegari, a pochi passi dalla Dallara Automobili (principale sponsor dell’iniziativa). L’ing. Dallara ogni anno fa il giro dei box, il venerdì prima della gara, quando le squadre hanno finito i test e stanno ultimando gli ultimi lavori sulle macchine.

Vedere i ragazzi quando discutono su come fare l’attrezzatura di un telaio o immaginare come costruire un’ala è un ricostituente per l’entusiasmo da portare in azienda, – commenta l’ingegnere. – E poi c’è la costatazione di come i giovani siano veramente una forza del nostro Paese, di come abbiano voglia di impegnarsi anche a caro prezzo: perché, per fare questo lavoro, spesso sono costretti a rimandare qualche esame.  

Partecipare a queste competizioni è talmente impegnativo che comporta per forza qualche ritardo nella carriera accademica: per esempio Alberto Testa, studente di Ingegneria Spaziale e attuale responsabile tecnico di DynamiΣ, ci racconta che lui impegna nella squadra circa 70 o 80 ore alla settimana. «È inevitabile che gli esami passino un po’ in secondo piano».  

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foto di Tommaso Chemello, Alumnus ingegneria meccanica e membro del team DynamiΣ

AI BOX  

Moreno Palmieri si è laureato nel 2018 in Ingegneria Meccanica e oggi fa R&D in Ferrari. Durante gli studi ha fatto parte del team DynamiΣ: un team che ha vinto molto, ma che non è partito esattamente con il piede giusto.

«Nel 2014 abbiamo sperimentato per la prima volta il telaio in carbonio. Ma, non avendo tanti soldi, ci siamo ingegnati con pannelli di carbonio piani e incollati insieme. Risultava un po’ più pesante di un telaio in carbonio stampato con tecniche industriali, ma costava molto meno. Eravamo alle prime armi e abbiamo fatto un errore nella progettazione: gli inserti interni a cui saldare i componenti interni della macchina erano troppo piccoli. Durante alcuni test preliminari fatti sul circuito di Vizzola era andato tutto bene, ma sul circuito di Varano l’asfalto è molto più performante. Durante il brake test avevamo talmente tanto grip che le forze esercitate dai braccetti delle sospensioni sul telaio erano molto più forti del previsto, al punto da strappare uno degli inserti. Disastro! Eravamo sconfortati. Ma i giudici di gara, il personale della Dallara, passarono dai box per il consueto giro di ricognizione e ci incoraggiarono a cercare una soluzione. Lavorammo tutta la notte alle riparazioni, rappezzando il telaio con lastre d’acciaio. Una volta terminato, la macchina pesava 10 kg in più: sarebbe stata un po’ meno performante, ma almeno potevamo correre. La mattina seguente ci ripresentammo al brake test. Stavolta, il telaio resse, ma si ruppero i braccetti delle sospensioni, già danneggiati durante il primo test. Nuova nottata in bianco per le riparazioni, il giorno dopo ci sarebbe stata la gara, era l’ultima possibilità. Trovammo una soluzione di fortuna, ma la macchina non resse il terzo brake test e dovemmo ritirarci. Di tutta questa storia però quello che ci portammo a casa fu una grande opportunità. Gli ingegneri di Dallara ci notarono per la nostra tenacia, perché non avevamo mollato di fronte a una difficolta così grossa, avevamo tentato di tutto. Qualche mese dopo, l’ing. Dallara venne al Poli per incontrarci e ci offri la sua collaborazione per costruire il telaio con mezzi e strumenti adatti. Ci mise in contatto con la Bercella, azienda del settore, da cui anche abbiamo imparato molto sul manufacturing professionale».

foto di Tommaso Chemello, Alumnus ingegneria meccanica e membro del team DynamiΣ

Da quel momento DynamiΣ ha recuperato la sconfitta del 2014 molte volte, piazzandosi sempre sul podio nelle edizioni successive. «Gli studenti spesso mi sorprendono con espressioni di grande creatività e immaginazione, – racconta Dallara ricordando le innumerevoli visite ai box. – Sulle nuove tecnologie sono proiettati in avanti, invece a volte le parti più convenzionali, come l’attacco di una sospensione, sono caratterizzati da una certa ingenuità. Ma mi sorprende anche la velocita con cui imparano. I team arrivano la prima volta senza esperienza, sono molto distanti dalle squadre di punta. Ma nel giro di un anno o due recuperano il divario e raggiungono un pari livello di competitività».  

SPORT SIGNIFICA UN LIMITE INCOGNITO  

Alberto Testa fa parte della squadra dal 2019, anno in cui il Poli si classifica al quarto posto nella classifica mondiale e al primo in Italia, correndo nella categoria Combustion. «Dopo questo successo abbiamo deciso di accettare una nuova sfida, anzi, due. Nel 2020 abbiamo costruito il primo prototipo elettrico e da quest’anno verrà aggiunto alla macchina anche un sistema di guida autonoma, per poter gareggiare nel campionato elettrico sia con pilota sia nella categoria Driverless≫.

Anche Filippo Piovani e studente di Ingegneria Aeronautica: «in teoria ultimo anno≫, dice. È la sua terza stagione in DynamiΣ. Lo incontriamo in officina, dove, raccolti intorno al nuovo prototipo, i membri del team lavorano in parallelo su molte cose contemporaneamente: chi rifinisce dei pezzi, chi ne monta degli altri, chi fa e rifà i conti per controllare i risultati, chi sta in cabina di verniciatura per trattare lo stampo dell’inverter container. Stasera resteranno qui fino a mezzanotte, con un permesso speciale dal Dipartimento di Ingegneria Meccanica (che rimarrà aperto apposta per loro). «Una delle sfide dell’inverter container è la schermatura dell’interferenza elettromagnetica, causata dall’elettronica ad alta tensione, – racconta Filippo. – Rischia di sporcare i segnali di quella a bassa tensione che controlla il funzionamento della macchina. L’anno scorso era la prima volta in cui avevamo la macchina elettrica e c’erano dei momenti in cui i sensori di controllo dei parametri vitali restituivano informazioni sbagliate a causa di questo problema, trasmettendo l’errore al computer che gestisce la macchina. Quest’anno abbiamo aggiunto alla fibra di carbonio delle molecole di nichel, che dovrebbero aumentare la schermatura e risolvere il problema. Almeno in teoria, ma bisogna provare per scoprirlo».

Dopo il fire-up, i test in pista andranno avanti fino a metà luglio. Il campionato inizia il 12 luglio e proseguirà tutta l’estate: il Poli sarà a Varano dal 17 al 19 luglio, in Ungheria dal 7 al 13 agosto e in Germania dal 15 al 21 agosto. Che risultato vi aspettate?, chiediamo a Filippo.

Vincere, sempre e comunque. Poi si cerca di migliorare rispetto all’anno scorso. L’obiettivo è tornare con l’elettrico dove eravamo nel ’19 con il modello a combustione: quarti a livello mondiale.

«La squadra del Poli è abituata così, – commenta ridendo Dallara. – Non vogliono solo partecipare, sono abituati a vincere. Ma non sono gli unici. Quello della Formula Student è un campionato che diventa ogni anno più competitivo. Il Poli ha vinto molto, ma anche gli altri hanno voglia di vincere. Non basta più migliorare un po’: il confronto sportivo non ha un livello definito da superare, non è la ricerca di un record, è essere migliori del tuo avversario. Questo significa che il limite è incognito finché non ci si confronta in pista».    

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