I circuiti ottici “programmabili” sono oggi la nuova frontiera della fotonica integrata. Le loro potenzialità sono state pubblicate dalla prestigiosa rivista Nature, in uno studio del Politecnico di Milano insieme alla Stanford University, al Max Planck Institute, al Massachusetts Institute of Technology, all’Universiteit Gent e all’Universitat Politècnica de València.
La fotonica sta avendo una diffusione pervasiva in moltissimi contesti applicativi, ed è ormai necessario avere circuiti ottici “general purpose” programmabili direttamente dall’utilizzatore finale. Questi circuiti rappresentano la versione ottica delle ben note FPGA (field programmable gate array) elettroniche, che si contrappongono ai circuiti specifici realizzati per svolgere una sola funzione. Questa versatilità permette di avere un unico prodotto per tante applicazioni diverse, quindi tempi di ricerca e sviluppo ridotti, sensibile riduzione dei costi e maggiore accessibilità a queste tecnologie.
I circuiti ottici programmabili sono oggetti del tutto generici che possono essere configurati “on-demand” per una particolare finalità. La strategia più utilizzata è quella di predisporre su un chip fotonico delle maglie (mesh) di piste ottiche interconnesse, i cui nodi possono essere configurati via software e possono essere gestiti attraverso opportuni algoritmi di calibrazione e controllo. In questo modo la luce viene distribuita, reindirizzata e ricombinata in modo tale da svolgere la funzione desiderata molto velocemente e a basso consumo energetico. Se si desidera poi cambiare la funzione svolta dal circuito basta riprogrammarlo, senza doverlo sostituire fisicamente.